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LA NATURA E L’EFFICACIA DEI LODI SPORTIVI PRONUNCIATI IN MATERIA INTERNA ALL’ORDINAMENTO SPORTIVO

CAPITOLO V – LA NATURA E L’EFFICACIA DEI LODI SPORTIVI

14. LA NATURA E L’EFFICACIA DEI LODI SPORTIVI PRONUNCIATI IN MATERIA INTERNA ALL’ORDINAMENTO SPORTIVO

Nei capitoli precedenti si è ampiamente argomentato su quanta incidenza abbia il criterio di riparto tra “giurisdizioni”453 introdotto dal Decreto Legge 220/2003 ( e confermato dalla successiva Legge di conversione 280/2003 ) nei confronti dell’arbitrato sportivo, soprattutto in ragione del riconosciuto disinteresse dello Stato per una serie di questioni prettamente sportive454. Il riferimento è alle cosiddette questioni “tecnico-sportive”, da un lato, e “disciplinari”, dall’altro, ovvero a quelle coperte dal vincolo di giustizia, la cui conoscibilità è riservata, tanto per l’ordinamento particolare, quanto per l’ordinamento generale, agli organi della giustizia istituzionale sportiva, con impossibilità di attribuzione della competenza a decidere alle corti di giustizia della Repubblica. Sul punto, come detto, nulla quaestio; problemi, al contrario, derivano in concreto dalla possibilità di ricondurre determinate ipotesi alle categorie dogmatiche di cui alle lettere a) e b) dell’art. 2, comma I D.L. 220/2003, con conseguente sottrazione della controversia alla giustizia del mondo dello Sport, in favore di quella dello Stato. Problema che si riflette inevitabilmente sulla possibilità di attribuire all’arbitrato sportivo in subiecta materia la forma della procedura arbitrale rituale o libera, atteso che l’irrilevanza per la Repubblica di alcuni aspetti del fenomeno sportivo ( proprio quelli tecnico-sportivi e disciplinari ) si traduce necessariamente nell’attribuzione all’arbitrato di una veste tale da non consentire al relativo lodo la possibilità di travalicare i confini del più ristretto ordinamento sportivo, onde scongiurare l’approdo, seppur eventuale e successivo ( fase dell’impugnazione ), dinanzi ai giudici dello Stato.

Per tale motivo si è tradizionalmente ritenuto doversi escludere il ricorso a forme alternative-derogatorie della giustizia istituzionalizzata455 di tipo rituale: l’impiego di una procedura arbitrale di tale forma e natura, infatti, avrebbe determinato e

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Sempre inteso in senso atecnico, come ampiamente supra precisato.

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Questioni, tuttavia, indicate genericamente ed in astratto, così come impone la natura del provvedimento normativo adottato.

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determinerebbe tuttora456, laddove una delle parti ritenesse ingiusta la decisione, la necessaria applicazione della disciplina del regime impugnatorio prevista dagli artt. 828 e ss c.p.c., la qual cosa vorrebbe dire ricorso al giudice dello Stato ( più correttamente al giudice ordinario di secondo grado ) per far valere i soli vizi che ex art. 829 c.p.c. comportano la nullità del lodo rituale. E’ di immediata evidenza, infatti, come in questo caso la singola questione coperta dal vincolo di giustizia e, pertanto, riservata ai soli organi giudiziali domestici, sia endofederali, che esofederali, pur trovando composizione in un primo momento all’interno del fenomeno sportivo ( perché ha trovato attuazione la clausola compromissoria prevista in un determinato Statuto o Regolamento federale ), finirebbe inevitabilmente per essere riproposta in seconda battuta dinanzi ad un organo giurisdizionale, che sulla stessa non potrebbe avere, per scelta del Legislatore, alcuna autorità cognitiva e decisionale: tutto ciò con la conseguenza che, anche se il giudice statale rilevasse il proprio deficit giurisdizionale ( ammesso e non concesso che non si possano mai verificare anche ipotesi in cui il giudice erroneamente radichi presso di sé la competenza ), la questione “riservata” sarebbe comunque uscita dall’ordinamento particolare, violando il vincolo di giustizia ed integrando le ipotesi sanzionatorie tradizionalmente previste dagli Statuti e dai Regolamenti delle varie Federazioni e Discipline. Su questo particolare punto, si tornerà tra breve, poiché, dopo l’entrata in vigore del nuovo Statuto C.O.N.I. 2008 e del Codice dei giudizi innanzi al T.N.A.S., potrebbe intendersi risolto e superato il problema che la questione in esame pone.

Una volta esclusa la forma rituale, pertanto, non è rimasto che ammettere la possibilità che gli strumenti risolutivi di controversie alternativi-derogatori alla giurisdizione istituzionalizzata e previsti nelle carte federali e del Comitato Olimpico Nazionale Italiano sotto la rubrica “Clausola compromissoria”, avessero ed abbiano tuttora solo natura irrituale. In tal senso si sono espresse prevalente dottrina457 e

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Almeno, secondo l’orientamento dottrinario prevalente; sul punto si tornerà tra poco, ove si dirà ampiamente dell’esistenza di una corrente dottrinaria recente ed ancora minoritaria, la quale, tuttavia, sembra poggiare su solide basi logiche ed argomentative.

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In particolare, si considerino: G. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, II ed., Torino, Giappichelli, 2006, pag. 25, in cui si legge: “In questo ambito [ n.d.a.: art. 2, comma I, lette. a) e b) D.L. 220/2003 ] si deve ritenere escluso il ricorso all’arbitrato rituale e possibile il solo ricorso all’arbitrato irrituale, che, peraltro, da’ vita a decisioni non impugnabili dinanzi ai giudici statali per carenza di giurisdizione”. Analogamente: P. AMATO, Il vincolo di giustizia sportiva e la rilevanza delle sanzioni disciplinari per l’ordinamento statuale. Brevi riflessioni alla luce delle recenti pronunce del Tar Lazio, in Riv. Dir. Econ. Sport, Vol. II, Fasc. 3, 2006, pag. 52; F. GOISIS, Il lodo

costante giurisprudenza458, le quali, a dire il vero, nell’opera di interpretazione della forma dell’arbitrato sportivo in materie riservate, si sono trovate dinanzi ad un dato letterale inequivocabile: la maggior parte degli Statuti e dei Regolamenti delle Federazioni e Discipline, senza contare l’art. 12, comma VIII Statuto C.O.N.I. 2004 ( ed antecedenti ), che precisava espressamente come nelle materie riservate fosse possibile il solo ricorso alla procedura arbitrale libera, hanno da sempre espressamente previsto, infatti, il ricorso a procedure arbitrali irrituali per tutte le controversie sportive non altrimenti attribuite agli organi giudiziali domestici o statali. L’effetto di una simile conclusione, a ben vedere, comporta, in caso di impugnazione, il non darsi luogo ad ipotesi di indebita ( riuscita o tentata ) ingerenza dell’ordinamento statale in quello sportivo, poiché la nota natura meramente negoziale del lodo libero consentirebbe solo il ricorso all’autorità giudiziale ( necessariamente sportiva ) aliter competente a conoscere la materia in cui verteva la controversia arbitrata; se, infatti, nell’ordinamento della Repubblica le parti di una disputa decidono di compromettere la stessa in arbitri in forma libera e, poi, una di esse, ravvisandovi un vizio, decidesse di impugnare il relativo lodo, non avrebbe altra scelta ( dopo il D.Lgs. 40/2006, definitivamente sancita ex art. 808 ter c.p.c. )

arbitrale ( irrituale ) della Camera di conciliazione e arbitrato Coni e la giurisdizione amministrativa, in Giornale di diritto amministrativo, 2005, pagg. 960 ss.; L. FERRARA, L’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale si imparruccano di fronte alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, in Foro amministrativo-Consiglio di Stato, 2005, pagg. 1233 ss.; C. CORBI, La giustizia sportiva c.d. “tecnica” tra arbitrato irrituale e litisconsorzio necessario, in Riv. Arb., 2009, pagg. 366 ss.; T.E. FROSINI, L’arbitrato sportivo: teoria e prassi, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2010, il quale ricorda che a confortare la tesi dell’irritualità concorrevano, sotto la vigenza della C.C.A.S., quattro punti: “a) una decisione, di dieci anni fa, della Suprema Corte di Cassazione ( la n. 12728 del 17 novembre 1999 ); b) i “Principi di giustizia sportiva” deliberati dal CONI nel 2007, che parlano, all’art. 6, di «clausole per arbitrato libero o irrituale»; c) il Regolamento della CCAS deliberato nel 2005 all’art. 8, comma 7: «La procedura arbitrale di cui al presente Regolamento ha natura irrituale. Gli arbitri decidono applicando le norme e gli usi dell’ordinamento sportivo nazionale ed internazionale»; d) la giurisprudenza della CCAS, che riconosceva in irrituale il suo pronunciamento di lodo”.

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Cfr., in particolar modo: Cass., Sez. I, 27.09.2006, n. 21006, in Rass. dir. econ. sport, 2007, pag. 353, con nota di NASINI, Vincolo di giustizia e limiti al sindacato del giudice ordinario: la cassazione ribadisce la legittimità della clausola compromissoria; Cass., Sez. I, sentenza 28.09.2005, n. 18919, in Dir. e gius., 2005, fasc. 40, pag. 37. In A.M. MARZOCCO, Sulla natura e sul regime di impugnazione del lodo reso negli arbitrati presso il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, in www.judicium.it, 2010. Le due sentenze affermano la natura negoziale del vincolo di giustizia e, inoltre, osservano come questo integri una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, fondata sul consenso delle parti, le quali, aderendo in piena autonomia agli statuti federali, accettano anche la soggezione agli organi interni di giustizia. Il vincolo, secondo queste sentenze, fonda ora la propria legittimità anche su una fonte legislativa, per effetto delle disposizioni del D.L. 220/2003, che prevede l’onere di adire gli organi della giustizia sportiva nelle materie riservate all’ordinamento sportivo e subordina al previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva anche il ricorso a quella statuale.

che adire il giudice ordinario di primo grado459 ovvero colui il quale, alla luce delle norme sulla competenza, avrebbe avuto l’autorità per giudicare quella determinata querelle. Orbene, mutatis mutandis, poiché nel caso in esame si versa in ipotesi di materie riservate alla giustizia sportiva, l’intervento di un arbitrato irrituale fa sì che il conseguente lodo debba essere impugnato davanti all’organo giudiziale altrimenti competente, vale a dire l’organo giudiziale rispetto al quale la procedura arbitrale conclusasi sia risultata alternativa o derogatoria; in altri termini, solo davanti al giudice sportivo di primo grado ( sia esso federale oppure esofederale ), con conseguente salvezza del vincolo di giustizia e salvaguardia delle prerogative di autonomia dell’ordinamento sportivo.

Tuttavia, in dottrina è stato sollevato un dubbio di non poco conto, che deve necessariamente essere preso in considerazione, poiché trova la propria origine nella stessa ratio giustificatrice della riserva in favore dell’ordinamento dello Sport. Più correttamente, il rilievo fatto da questa parte della dottrina muove dalla corretta individuazione dei termini in cui deve essere intesa l’indifferenza-irrilevanza460 per lo Stato delle questioni tecniche e disciplinari sportive e, quindi, dei termini in cui tale indifferenza-irrilevanza deve declinarsi in relazione all’arbitrato sportivo. La ricostruzione del giudizio arbitrale in materie riservate come arbitrato irrituale, una volta limitata l’operatività del vincolo alle controversie non rilevanti per l’ordinamento statale, infatti, appare ad alcune autorevoli voci dottrinarie “come una sorta di retaggio storico, dal momento che la qualificazione come arbitrato irrituale contrasta con l’irrilevanza della controversia per l’ordinamento statale, tenuto conto anche della ricostruzione in termini contrattuali del lodo irrituale ( cfr. art. 808 ter c.p.c. ) e dell’oggetto possibile del contratto ai sensi dell’art. 1321 c.c.”461.

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Specifica conferma, se ve ne fosse bisogno, si rinviene nella giurisprudenza di legittimità, la quale dichiara l’inammissibilità dell’impugnazione dinanzi alla Corte d’appello del lodo irrituale: Cass., Sez. I, 01,02.2007, n. 2213, in Rep. Foro it., 2007, voce Arbitrato, n. 193; Cass., Sez. I, 18.05.2004, n. 9392, in Dir. e gius., 2004, fasc. 25, pag. 36.

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Per la ricostruzione dell’autonomia sportiva in termini di irrilevanza per lo Stato, si veda F.P. LUISO, Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, in www.judicium.it, 2010, mentre per la ricostruzione del fenomeno de quo in termini di indifferenza, si consideri G. VERDE, Sul difficile rapporto tra ordinamento statale e ordinamento sportivo, in Fenomeno sportivo e ordinamento giuridico, Napoli, 2009, pag. 676.

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Così, testualmente: A.M. MARZOCCO, Sulla natura e sul regime di impugnazione del lodo reso negli arbitrati presso il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, in www.judicium.it, 2010, il quale aggiunge pure la notazione che: “Dalla ricorrente affermazione che il vincolo di giustizia ha natura negoziale e che esso integra una clausola compromissoria per arbitrato irrituale accettata volontariamente con l’adesione agli statuti federali, si è tratta la limitazione del suo oggetto ai diritti disponibili”. Sulla notazione, cfr., anche: P. SANDULLI, Etica, Giudizio e Sport, in Dir. sport., 2008,

A parere di chi scrive, l’accoglimento di una tale concezione può condurre a due distinte soluzioni:

a) ritenere indifferente la forma rituale o libera della procedura arbitrale;

b) ritenere che le varie clausole compromissorie per arbitrato irrituale non siano veramente tali e non introducano, pertanto, veri arbitrati.

La seconda ipotesi, dunque, presupporrebbe l’esistenza di strumenti di risoluzione delle controversie costituenti un quid alium, tanto rispetto alla giustizia istituzionale, quanto rispetto all’arbitrato; esisterebbero, in altri termini, mezzi di risoluzione delle controversie ( prettamente sportive ) non riconducibili alla disciplina degli artt. 806 e ss. c.p.c. o dell’art. 808 ter c.p.c., come tali insuscettibili di qualificazione come “rituale” o “irrituale”, nonché, ovviamente, di impugnazioni per nullità o negoziali. Strumenti operanti nel solo mondo dello Sport e, di conseguenza, ontologicamente inidonei a portare fuori dai confini dell’ordinamento particolare la singola questione risolta attraverso di essi. Questa soluzione, tuttavia, non appare convincente: tertium non datur. Ammesso e non concesso, infatti, che l’autonomia riconosciuta dallo Stato allo Sport debba essere intesa, in primis, in senso positivo e, in secondo luogo, talmente ampia da prevedere la possibilità di creazione ex novo di mezzi atipici di risoluzione delle controversie, il richiamo operato expressis verbis dagli Statuti e Regolamenti federali e del C.O.N.I. ( il dato letterale ) ai termini propri dell’arbitrato di cui agli artt. 806 e ss. ed 808 ter c.p.c.462, da un lato, ed i continui riferimenti ad istituti tipici del diritto dell’arbitrato463, dall’altro, conducono necessariamente a considerare l’arbitrato sportivo in materie riservate come l’arbitrato operante anche

pag. 187; V. VIDIRI, Autonomia dell’ordinamento sportivo, vincolo di giustizia sportiva ed azionabilità dei diritti in via giudiziaria, in Corr. giur., 2007, pag. 1120; V. VIGORITI, Arbitrato sportivo, in Arbitrati speciali, a cura di Carpi, Bologna, 2008, pag. 363. In senso contrario si pone, però, Cass., sentenza n. 18919/2005, che, alla luce del D.L. 220/2003, ha escluso la limitazione ai diritti disponibili, se non nell’ambito delle materie riservate alla giustizia sportiva. In condivisibile atteggiamento critico verso questa sentenza, si veda: F. GOISIS, La natura del vincolo di giustizia sportiva nella più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione: alcune considerazioni critiche, in Dir. Proc. Amm., 2007, pagg. 261 ss.. Nel senso della non necessità dell’irritualità sembra anche F.P. LUISO, Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, in www.judicium.it, 2010.

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Si pensi, oltre al termine “arbitrato”, ovviamente, ai riferimenti agli “arbitri” o “arbitro unico” oppure agli “amichevoli compositori”, al “lodo”, etc…

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Il riferimento qui è alla procedura di nomina degli arbitri, alle ipotesi di ricusazione o revoca dei giudici privati, alla possibilità di impugnazione del lodo, etc…

nell’ordinamento generale e disciplinato dal codice di rito, poiché neppure riconducibile alla giustizia sportiva istituzionale. Se si ammettesse, infatti, per un attimo che le Federazioni e le Discipline sportive, quali soggetti di diritto privato, in ragione della riconosciuta autonomia negoziale, potessero regolare i propri interessi attraverso qualsiasi mezzo, persino non tipizzato dall’ordinamento, purché ciò avvenga sempre al fine di soddisfare interessi meritevoli di tutela, si tratterebbe pur sempre di uno strumento negoziale, vale a dire avente la stessa natura dell’arbitrato ( rituale e libero ); allora, stante le coincidenze tra la disciplina dell’arbitrato di cui al codice di procedura civile e quella dell’arbitrato descritto negli Statuti e nei Regolamenti sportivi, non vi sarebbe alcuna valida ragione per ritenere che la procedura di risoluzione delle controversie sportive in materie riservate non possa essere la procedura arbitrale regolata dalla normativa statale.

La prima ipotesi, invece, se si ricollega alla teoria prevalente nella parte in cui ammette la forma irrituale della procedura arbitrale, si pone in posizione antitetica a questa nella parte in cui finisce per ammettere anche la forma rituale, incontrando le obiezioni di cui si è detto poco sopra. Il problema principale in tali casi è, come più volte detto, quello di non consentire, neppure in teoria, la trasmigrazione della questione tecnica o disciplinare dall’ambito prettamente sportivo a quello dell’ordinamento generale, cosicché la ritualità del giudizio arbitrale e del relativo lodo dovrebbe trovare ferma opposizione per la sua idoneità a consentire la riproposizione della questione dinanzi ai giudici della Repubblica. Trattasi di un problema che, se effettivamente sussistente per il passato, oggi trova quanto meno un ridimensionamento nelle ipotesi in cui l’arbitrato sia quello amministrato dal T.N.A.S.: le nuove disposizioni dello Statuto C.O.N.I. 2008 ( art. 12 ter, comma III ), infatti, prevedono, a fronte della dichiarata e tendenziale natura rituale della procedura arbitrale amministrata dal Tribunale Nazionale, l’indiretta impossibilità di impugnare il lodo qualora esso sia intervenuto a risolvere una controversia vertente in materia ricompressa nelle lettere a) e b) dell’art. 2, comma I D.L. 220/2003. Fermo restando che al momento la soluzione così prospettata deve essere limitata alle sole ipotesi di procedure arbitrali esofederali ovvero a quelle che abbiano ad oggetto liti tra affiliati-associati, da un lato, e Federazioni e Discipline, dall’altro, ed espressamente deferite dal singolo Statuto federale agli organi arbitrali del C.O.N.I.., perché la tesi dell’ammissione della forma arbitrale rituale anche in materia riservata

possa trovare accoglimento, sarà necessario verificare se in questo modo non si travolgano i principi fondamentali dell’ordinamento generale, i quali altro non sono che i limiti dell’autonomia dell’ordinamento sportivo stesso; ciò, in particolar modo, con specifico riferimento alla sottrazione della decisione arbitrale all’impugnazione ex art. 828 c.p.c.. Sul punto occorre ragionare: in termini di principio, la scelta della esclusione di qualsiasi forma di impugnazione ( non solo quella di nullità, ma anche la revocazione e l’opposizione di terzo ) dinanzi ai giudici dello Stato dei lodi pronunciati su questioni tecnico-sportive e disciplinari potrebbe trovare una propria giustificazione tanto in ragioni di carattere logico, quanto di natura giuridica. Come è noto, principio fondamentale del nostro ordinamento è quello di uguaglianza formale e sostanziale consacrato nell’art. 3 Cost., da cui è stato possibile trarre il cosiddetto corollario del criterio di ragionevolezza, ovvero il principio secondo cui è necessario disciplinare in modo uguale casi uguali ed in modo diverso casi diversi. L’esistenza di una differenziazione di disciplina tra casi e casi non è sempre indice di discriminazione, anzi laddove trovi fondamento in una diversità sostanziale delle situazioni da disciplinare, rende la stessa assolutamente indefettibile, poiché ragionevole. Nel caso in esame, la ragionevolezza della scelta di escludere il ricorso ( successivo ed eventuale ) al giudice della Repubblica è insita nell’esistenza di una sfera di autonomia legislativamente riconosciuta, tanto a livello ordinario, che costituzionale, in favore dell’esperienza sportiva, cosicché è assolutamente rispondente alla logica pensare ad una differenziazione tra lodo sportivo rituale e lodo rituale tout court ( anche soltanto a livello impugnatorio ) che si basi su una simile ratio. Il punto è un altro: ammesso e non concesso che l’art. 12 ter, comma III Statuto C.O.N.I. 2008, pur nella sua formulazione inversa464, integri una rinuncia preventiva, tra le altre, all’impugnazione per nullità, come tale non ammessa ex art. 829, comma I c.p.c., quali sono le conseguenze che se ne debbono trarre? Una illegittimità costituzionale della disposizione statutaria e, quindi, della forma rituale dell’arbitrato sportivo in materia riservata oppure una semplice considerazione della “rinuncia” all’impugnazione ( per nullità ) come tamquam non esset? O ancora, un’assoluta non curanza dello Stato per le questioni prettamente ed esclusivamente

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Inversa o indiretta perché non si esclude direttamente l’impugnazione dinanzi ai giudici della Repubblica per le questioni afferenti materie rilevati per il solo ordinamento sportivo, ma la si ammette per quelle rilevanti anche per lo Stato, così vietando di fatto per le prime qualsiasi forma di ricorso agli organi giurisdizionali statali.

sportive, in generale, e per le modalità procedurali per la loro risoluzione, in particolare? Quanto ad una eventuale illegittimità costituzionale, l’unico parametro degno di nota sembra essere, almeno apparentemente, quello del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., poiché escludere ogni forma di impugnazione di un provvedimento giudiziale ( o ad esso in gran parte parificato come per il giudizio arbitrale rituale ) inciderebbe in maniera negativa sulla possibilità dei singoli di far valere sino in fondo le proprie ragioni; a ben vedere, però, l’art. 24 Cost. fa espresso riferimento ai soli diritti soggettivi ed interessi legittimi, ponendo al riparo dalla propria efficacia precettiva quelle posizioni giuridiche non qualificabili come tali e, dunque, anche le situazioni giuridiche soggettive che vengono in rilievo nella materia tecnico-disciplinare sportiva. Esclusa ogni ipotesi di incostituzionalità, va stabilito, pertanto, se l’art. 829, comma I c.p.c. trovi applicazione necessaria al caso in esame. Il problema, lo si ricorda, attiene ai soli casi di lodo pronunciato dagli arbitri del T.N.A.S. in materia riservata, per cui è fondamentale prendere in considerazione la relativa disciplina ed in particolar modo l’art. 4, comma II Codice dei Giudizi innanzi al T.N.A.S.; quest’ultimo, infatti, colma lo spazio altrimenti vuoto della disciplina del “nuovo” arbitrato esofederale attraverso il richiamo espresso alle norme di cui agli artt. 806 e ss. c.p.c., ivi compreso l’art. 829 c.p.c.. Aliunde, però, l’art. 12 ter Statuto C.O.N.I. 2008 esclude indirettamente la possibilità di ricorso ai mezzi di impugnazione esperibili davanti ai giudici della Repubblica ( per nullità, revocazione ed opposizione di terzo ) nelle materie di cui alle lettere a) e b) dell’art. 2, comma I