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LA NATURA E L’EFFICACIA DEI LODI SPORTIVI PRONUNCIATI IN MATERIA RIENTRANTE NELLA GIURISDIZIONE ORDINARIA

CAPITOLO V – LA NATURA E L’EFFICACIA DEI LODI SPORTIVI

15. LA NATURA E L’EFFICACIA DEI LODI SPORTIVI PRONUNCIATI IN MATERIA RIENTRANTE NELLA GIURISDIZIONE ORDINARIA

La natura della materia patrimoniale e la competenza a decidere sulla stessa, normativamente riconosciuta all’Autorità Giudiziaria Ordinaria, non pongono particolari problemi per la qualificazione degli arbitrati e dei lodi sportivi in subiecta materia. Hic, l’ontologico carattere alternativo-derogatorio rispetto alla giurisdizione statale consente di inquadrare astrattamente il giudizio arbitrale de quo tanto come rituale, quanto come libero; spetterà alla specifica clausola compromissoria stabilire se, in concreto, si tratti di arbitrato rituale o irrituale, con la precisazione che, allorquando non fosse espressamente specificato, ai sensi dell’art. 808 ter, comma I c.p.c. dovrà darsi preferenza al primo, piuttosto che al secondo479. Tale premessa, se da un lato rende più semplice il riconoscimento della procedura arbitrale in esame e priva di incertezze l’individuazione della specifica disciplina normativa applicabile, dall’altro, aiuta a comprendere di nuovo come tutte le riserve espresse nel paragrafo precedente a proposito dell’arbitrato rituale sportivo siano da confinare al solo

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Sul punto appare illuminante la lettura di G. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, II ed., Torino, Giappichelli, 2006, pagg. 34 e ss., in cui si chiarisce come la corretta interpretazione della norma di cui all’art. 808 ter, comma I c.p.c., dopo l’avvenuta regolamentazione dell’arbitrato irrituale, induca a ritenere che: “Sotto il profilo applicativo si può dire che una convenzione di arbitrato avrà ad oggetto un arbitrato libero solamente se le parti stabiliscano espressamente e in modo non equivoco che vogliono che la controversia sia decisa con un lodo contrattuale non omologabile. Le clausole dubbie dovranno essere interpretate in favore dell’arbitrato rituale, essendo quello libero una figura eccezionale”.

ambito di esclusiva autonomia del fenomeno Sport; circostanza questa che ulteriormente induce a comprendere come, quando vengano in rilievo posizioni giuridiche rilevanti anche per l’ordinamento della Repubblica ( il discorso, ovviamente, vale pure per il giudizio arbitrale in materie residuali ex art. 3 D.L. 220/2003 ), non si potrà più manifestare il timore per l’uscita dall’ordinamento dello Sport di questioni ad esso originariamente appartenenti: in tali casi, infatti, l’intervento del giudice statale è previsto come “naturale” dalla legge.

Tanto precisato, può ora procedersi all’esame delle due distinte forme di giudizio arbitrale in ambito patrimoniale sportivo. Quanto all’arbitrato irrituale, deve tornare a ribadirsi la propria natura tipicamente, se non necessariamente, negoziale. In dottrina, dopo la consacrazione nel codice di rito civile di tale forma di regolamentazione privata delle dispute ( anche sportive ), avvenuta a seguito della riforma realizzata dal D.Lgs. 40/2006, si è in parte dubitato della sopravvivenza dell’arbitrato libero, in quanto l’attuale assoggettamento ad una disciplina ( pubblicistica ) non farebbe altro che svilire l’originaria natura dell’istituto in argomento, nato libero e da sempre affrancato da una vera e propria regolamentazione statale; da sempre, infatti, la giurisprudenza, forse più incline di certa dottrina ad avere un rapporto pragmatico con gli istituti giuridici, ha ritenuto l’arbitrato irrituale il vero arbitrato, poiché libero da regole che non fossero quelle dettate dalle parti e non soggetto a limitazioni che non fossero quelle previste ex lege per i rapporti contrattuali480. Nonostante la codificazione dell’istituto possa apparire, dunque, almeno formalmente ed in astratto, una contraddizione in termini, in sostanza, però, non ne fa venir meno la natura eminentemente negoziale, atteso che il dato letterale dell’art. 808 ter c.p.c. ( e per quanto riguarda le ipotesi di arbitrato laburistico, degli artt. 412 e 412 quater c.p.c. ) sembra al contrario esaltare, normativizzandole, le prerogative di “libertà” dell’arbitrato irrituale; basti pensare che, tutte le caratteristiche ad esso riconosciute, quali l’insuscettibilità all’impugnazione per nullità, la necessità di essere impugnato davanti al giudice ordinario negli stessi termini previsti per i contratti, la possibilità di far valere particolari tipologie di vizi, sono oggi, più o meno espressamente, prese in considerazione dal Legislatore. Un simile strumento di risoluzione delle controversie,

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Si veda ancora: G. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, II ed., Torino, Giappichelli, 2006, pagg. 34 e ss.

pertanto, ben appare idoneo per sua stessa natura a risolvere controversie afferenti quelle posizioni giuridiche che più delle altre sono espressione dei diritti disponibili: le controversie aventi ad oggetto la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i soggetti privati dell’ordinamento giuridico, ivi comprese, per quanto qui interessa, quelle originanti dal mondo dello Sport. Controversie patrimoniali di vario genere e di particolare rilevanza, se si riflette un istante sul potenziale economico che nel mondo moderno, aperto al libero marcato, ha il fenomeno sportivo. Un valido esempio nel senso poco sopra chiarito è costituito dalle numerose clausole compromissorie contenute negli Statuti o nei Regolamenti federali, che prevedono il deferimento delle dispute economiche a collegi arbitrali o arbitri unici, da sole o congiunte a questioni di altro genere ovvero a questioni sottoposte al vincolo di giustizia domestica oppure rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; questo è il caso delle clausole dichiaratamente per arbitrato libero contenute, tra gli altri, nell’art. 44, comma I Statuto F.I.P. 2009481, nell’art. 41, commi I e III Statuto F.I.D.A.L.482 e negli artt. 44, comma III e 45, comma II Statuto F.C.I. 2010483, le quali, in linea di massima, così recitano: “Le Società affiliate e i tesserati si impegnano a rimettere ad un giudizio arbitrale irrituale la risoluzione di controversie tra essi insorte, che siano originate dalla loro attività sportiva od associativa e che non rientrino nella competenza normale degli Organi di Giustizia federale ovvero nella competenza del Giudice Amministrativo”.

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Disposizione che così recita: “Le Società affiliate e i tesserati si impegnano a rimettere ad un giudizio arbitrale irrituale la risoluzione di controversie tra essi insorte, che siano originate dalla loro attività sportiva od associativa e che non rientrino nella competenza normale degli Organi di Giustizia federale ovvero nella competenza del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 806 e segg. del Codice di Procedura Civile, sempre che trattasi di controversie per le quali la Legge non escluda la compromettibilità in arbitri”.

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“Normativa” che deve essere interpretata alla luce del combinato disposto dei commi I, contenente la clausola compromissoria vera e propria, e III, in cui si richiede che gli arbitri decidano in qualità di amichevoli compositori della lite; trattasi di interpretazione a favore dell’arbitrato libero, confermata esplicitamente dall’art. 1, comma III Regolamento procedure arbitrali F.I.D.A.L..

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L’art. 44, comma III Statuto F.C.I. 2010, così stabilisce: “E’ fatto altresì obbligo agli affiliati ed ai tesserati di rimettere ad un giudizio arbitrale definitivo la risoluzione di controversie che siano originate dalla loro attività sportiva od associativa, che possono essere rimesse ad arbitri, ai sensi dell’art. 806 e seguenti del c.p.c. e che non rientrino nella competenza normale degli Organi di Giustizia Federale e nella competenza esclusiva del Giudice Amministrativo. L’arbitrato è regolato dagli artt. 24 e 25 del Regolamento di Giustizia e Disciplina”. L’art. 45, comma II, prevede, poi, che: “Componenti del Collegio Arbitrale, sul mandato loro conferito dalle parti, provvedono, con apposito giudizio, alla regolamentazione del conflitto di interessi in atto tra le parti stesse e giudicano, inappellabilmente, sulla controversia, devoluta al loro esame, nella veste di amichevoli compositori, con le modalità previste dal Regolamento di Giustizia e Disciplina Federale”.

Nel campo del giudizio arbitrale di tipo irrituale, poi, merita una menzione a parte l’arbitrato da lavoro sportivo484; quest’ultimo si rende applicabile al fenomeno Sport, pur sempre in via alternativa e non esclusiva, a causa della possibilità di inquadrare il lavoro svolto da alcune figure professionali prettamente sportive ( ad es.: atleta, allenatore, preparatore atletico, fisioterapista, etc… )485 nelle fattispecie previste dal Libro V del Codice Civile, cosicché il rapporto contrattuale tra “sportivo” - prestatore di lavoro e “società o Federazione sportiva”- datore di lavoro dovrà essere necessariamente regolato ( e le eventuali controversie risolte dinanzi al giudice ordinario, in funzione del giudice del lavoro486 ) alla luce dei principi e delle norme del diritto dell’ordinamento generale, nonché in forza delle disposizioni provenienti dalla contrattazione collettiva487. Tutto ciò purché, in sede giudiziale, rilevino in tal senso il petitum e la causa petendi, nonché tutte le argomentazioni svolte da chi agisce in giudizio a sostegno delle proprie pretese ovvero allorquando questi elementi “si ricolleghino senza dubbi alla allegazione della esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, con un soggetto privato, che prescinda e, pertanto, si collochi al di fuori del rapporto associativo con la Federazione”488.

L’arbitrato da lavoro sportivo, inoltre, quale species del più ampio genere della procedura arbitrale in materia laburistica, deve, come quest’ultima, essere

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Si consideri, fra molte: Cass., sent. 06.04.1990, n. 2889, in www.cortedicassazione.it, per cui: “In tema di rapporti fra società e tesserati della F.I.G.C., la devoluzione della controversia al collegio arbitrale costituito a norma dell’art. 4 della legge 23 marzo 1981 n. 91, comporta un arbitrato irrituale ( ammesso ex art. 5 legge n. 533 del 1973 )”.

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Elenco ritenuto dalla giurisprudenza assolutamente tassativo; cfr. sull’argomento: Cass., sent. 11.04.2008, n. 9551, in www.cortedicassazione.it.

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In argomento si veda, in giurisprudenza, ex multis: Cass. S.U., sentenza 18.12.1990, n. 12002, in www.cortedicassazione.it, secondo cui: “Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle società sportive ( per azioni od a responsabilità limitata ) ha natura privatistica, e, pertanto, è devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che dette società [ … ] mantengono i connotati di autonomi e distinti enti di diritto privato”.

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Cfr., in giurisprudenza: Cass., Sez. Lav., sent, 01.08.2003, n. 11751, in www.cortedicassazione.it, secondo cui sia l’arbitrato rituale che quello irrituale, i quali nelle controversie di cui all’art. 409 c.p.c. sono ammessi solo se previsti dai contratti collettivi e da norme di legge, costituiscono strumento alternativo, e non esclusivo, per la risoluzione delle controversie di lavoro ( artt. 4 e 5 della legge 11 agosto 1973 n. 533 ), non rilevando in contrario il fatto che tale facoltatività non sia prevista, atteso che, avuto riguardo al precetto di cui all’art. 24 Cost., alla citata normativa sul processo del lavoro ed all’art. 6 della Convenzione 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, essa deve intendersi automaticamente inserita nelle clausole compromissorie relative alle controversie di lavoro ( cfr. Cass., sent. 13.04.1995, n. 4219; Cass., sent. 14.01.1987, n. 214, entrambe in www.cortedicassazione.it ).

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Sic: Cass. S.U., sent. n. 23.04.2008, n. 10465. In senso conforme, si vedano pure: Cass, Sez. Lav. sent. 11.04.2008, n. 955; Cass., sent. 28.12.1996, n. 11540; Cass., sent. 17.01.1996, n. 354; Cass., sent. 08.06.1995, n. 6439, tutte in www.cortedicassazione.it, le quali postulano la necessità di valutare caso per caso, con i criteri del diritto comune, l’esistenza di un vincolo di lavoro tra sportivo e società sportiva o Federazione e C.O.N.I..

riconsiderato alla luce delle norme del codice di rito civile489 e, in particolare, del cosiddetto “Collegato lavoro” ( Legge 04.11.2010, n. 183 ), intervento normativo che ha sensibilmente rivisitato, in chiave meno stringente, la precedente disciplina codicistica. Le nuove disposizioni, che debbono pertanto trovare diretta applicazione anche nel caso dell’arbitrato da lavoro sportivo, prevedono, in potenziale deroga490 alla normativa sull’arbitrato libero tout court ex art. 808 ter c.p.c., due ipotesi di arbitrato laburistico, la prima delle quali trova realizzazione dinanzi ad organismi precostituiti, quali la commissione di conciliazione della Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio ( art. 412 c.p.c. ) oppure le sedi previste dalla contrattazione collettiva ( art. 412 ter c.p.c. ), mentre la seconda prevede la costituzione ad hoc dell’organo arbitrale ( art. 412 quater c.p.c. ). In questo secondo caso, poi, il Legislatore si mostra puntuale nel descrivere la procedura da seguire491,

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Secondo M. VESCOVI,“Giustizia sportiva ed arbitrato”, a cura di Cesare Vaccà, Giuffré, Milano, 2006, pag. 106, non può parlarsi gi applicazione delle norme codicistiche in materia di arbitrato laburistico sportivo per la F.I.G.C., “in quanto la procedura segue un proprio regolamento, accettato dalle parti al momento della stipula del contratto di lavoro subordinato sportivo che non rimanda al Codice di procedura civile”. Tale considerazione appare criticabile, piché in ragione del valore della disciplina del codice di rito in tale materia, apparirebbe necessaria una deroga espressa per giungere ad escludere l’applicazione delle norme statali.

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Deroga che, in caso di contrasto con la disciplina dell’art. 808 ter c.p.c., sarà dovuta in virtù del criterio della specialità ( lex specialis derogat generali ).

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Così testualmente recita l’art. 412 quater, dal comma III al comma X c.p.c.: “La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all'altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. Il ricorso deve contenere la nomina dell'arbitro di parte e indicare l'oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda. Il ricorso deve contenere il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l'eventuale richiesta di decidere secondo equita', nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari. Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l'altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. Ove cio' non avvenga, la parte che ha presentato ricorso puo' chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario e' la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso e' presentato al presidente del tribunale del luogo in cui e' sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale e' addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, la parte convenuta, entro trenta giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l'indicazione dei mezzi di prova. Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente puo' depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto puo' depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva. Il collegio fissa il giorno dell'udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima. All'udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione. Se la

al fine di offrire, vista la peculiarità della materia e delle posizioni giuridiche coinvolte, un parametro di riferimento che garantisca a priori la parità formale e sostanziale dei contendenti, nonché riduca il potenziale squilibrio di partenza dovuto alla disparità di mezzi e risorse delle parti; puntualità che, tuttavia, appare lontana, come si chiarirà tra breve, da quella con cui, in passato, il “vecchio” art. 412 ter c.p.c. richiedeva l’adempimento di particolari formalità.

Se si eccettua la libertà riconosciuta dalla legge alle parti dei contratti collettivi di lavoro ( anche sportivo ) di disciplinare le modalità di svolgimento della procedura arbitrale de qua, e si circoscrive alla sola ipotesi di giudizio arbitrale dinanzi alla D.P.L. l’adempimento delle formalità di cui all’art. 412, comma II c.p.c. ( indicazione nel mandato dalle parti conferito alla commissione di conciliazione492 per la risoluzione arbitrale della controversia giuslavoristica: 1) del termine per l'emanazione del lodo, che non può comunque superare i sessanta giorni dal conferimento del mandato, spirato il quale l'incarico deve intendersi revocato; 2) delle norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l'eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari ), la nuova disciplina codicistica dell’arbitrato da lavoro appare proceduralmente uniforme, con particolare riferimento all’efficacia da attribuire all’emananda decisione arbitrale. Il lodo pronunciato a conclusione dell'arbitrato, sottoscritto dagli arbitri ed autenticato produrrà infatti, tra le parti gli effetti di cui agli artt. 1372 e 2113, comma IV c.c. e sarà impugnabile ai sensi dell'art. 808 ter c.p.c.. Come in passato, però, sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale irrituale deciderà in unico grado il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione é la sede dell'arbitrato; il ricorso potrà essere ancora depositato entro il termine di trenta giorni

conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell'articolo 411, commi primo e terzo. Se la conciliazione non riesce, il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove, altrimenti invita all'immediata discussione orale. Nel caso di ammissione delle prove, il collegio puo' rinviare ad altra udienza, a non piu' di dieci giorni di distanza, l'assunzione delle stesse e la discussione orale. La controversia e' decisa, entro venti giorni dall'udienza di discussione, mediante un lodo. Il lodo emanato a conclusione dell'arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui agli articoli 1372 e 2113, quarto comma, del codice civile. Il lodo e' impugnabile ai sensi dell'articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validita' del lodo arbitrale irrituale, ai sensi dell'articolo 808-ter, decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione e' la sede dell'arbitrato”.

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Il ricorso alla Camera di Conciliazione della competente D.P.L., lo si ricorda, è ora divenuto facoltativo, cosicché questa, per espressa previsione normativa, potrà costituire in ogni caso opportuna sede per lo svolgimento di procedure arbitrali irrituali.

dalla notificazione del lodo, decorso il quale, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso é stato giudizialmente respinto, il lodo sarà depositato presso la cancelleria dell’organo giurisdizionale adito, nella cui circoscrizione é la sede dell'arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiarerà esecutivo con decreto. A ben vedere, sono stati eliminati ( rectius: abrogate ) o, in parte, espressamente sostituite ex lege con specifiche disposizioni, tutti quei “correttivi” o “cautele” originariamente contenute nell’art. 412 ter, comma I, lett. a), b), c), d) ed e) c.p.c. e che inducevano gran parte della dottrina493, a giusta ragione, a ritenere che si trattasse di una procedura arbitrale solo formalmente irrituale. Dopo l’entrata in vigore della Legge 04.11.2010, n. 183 sembra, infatti, ancor più esaltato il carattere prettamente libero dell’arbitrato del lavoro ( anche sportivo ), il quale potrà avere, seppur solo in presenza di un’espressa previsione unanime delle parti in tal senso, l’equità come canone di giudizio; al riguardo, basti pensare al richiamo operato, quoad effectum, dal nuovo art. 412 c.p.c. all’art. 1372 c.c., il quale ultimo ben attribuisce, senza possibilità di diversa interpretazione, l’efficacia di determinazione contrattuale al lodo pronunciato in materia laburistica, discostandolo sensibilmente da quello rituale avente gli effetti ( non esecutivi ) della sentenza pronunciata dall’Autorità Giudiziaria della Repubblica.

In ogni caso e tornando al più generico tema dell’arbitrato irrituale in subiecta materia, occorre dire che dal riconoscimento dell’idoneità del giudizio arbitrale libero a risolvere questioni lato sensu patrimoniali ( sportive ), consegue che nella materia in esame ( sempre per le controversie laburistiche, mentre per le altre solo laddove le clausole compromissorie prevedano un arbitrato irrituale ), il lodo pronunciato dal collegio arbitrale sportivo ( endo o eso-federale ) sarà sempre impugnabile per i motivi di cui all’art. 808 ter, comma II c.p.c. e più precisamente:

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Per tutti si veda: G. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, II ed., Torino, Giappichelli, 2006, pagg. 44 e ss., secondo cui l’arbitrato disciplinato del precedente art. 412 ter c.p.c. era “chiaramente un arbitrato da legge”. In particolar modo, poi, “appare evidente che [ … ] siamo di fronte a un arbitrato che di “irrituale” ha soltanto il nome. Se si preferisce, il legislatore ha cercato di salvare il carattere “negoziale” della decisone arbitrale, ma ha, poi, così limitato l’autonomia delle parti, che è