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Geni di natura e talenti migliorabili

Per Edvard Brandes esistevano tre categorie di attori: (1) geniali, (2) di talento e (3) senza qualità. Il ricorso, da parte di Edvard Brandes, alla categoria romantica della genialità, riconosciuta, ad esempio, a Frederik Høedt ("Har Geni", EB 1880, 35; "hvis artistiske Sans er medfødt", ibid., 37), è una testimonianza della discrepanza fra l'ideale drammaturgico di tendenza naturalista e la pratica ammirazione per gli attori che possedevano la dote, ritenuta naturale, di catalizzare su di sé l'attenzione del pubblico e suscitarne il coinvolgimento emotivo. Langsted (1972) ha dimostrato, attraverso l'analisi di Dansk Skuespilkunst e Frammed Skuespilkunst, che in Edvard Brandes ci fosse una contraddizione tra l'ideologia naturalista e il pratico coinvolgimento in aspetti romantici dello spettacolo. La contraddizione risulta dal fatto che, mentre a livello teorico Edvard Brandes invocava la nascita di un teatro moderno che trattasse di problemi sociali e di una messa in scena dove tutti gli attori avessero la stessa dignità perché ugualmente subordinati all'unità dello spettacolo, a livello pratico si dilungasse nella descrizione della recitazione di attori "di genio" e delle loro interpretazioni emotivamente coinvolgenti. Hvidt spiega questo "strano paradosso" con l'infantile fascinazione per i grandi attori romantici.

hjemme» 1880-1881, 91-92 ) e offrire una selelzione di capolavori stranieri, antichi e moderni, come Shakespeare, Molière, e Ibsen (del quale a proposito di Et Dukkehjem scrisse: "Det er saadannne Stykker, som det er en Ære og en Lære for Theatret at spille" EB, «Ude og hjemme» 1880-1881, 499; ed era favolrevole anche alla rappresentazione di Gengangere, che era invece stato rifiutato dal Teatro Reale, Ibid., 438). Poiché il Teatro Reale non assolveva a questo compito e la maggior parte dei testi su cui possedeva i diritti non venivano mai messi in scena, Edvard Brandes, considerando che questo rappresentasse una perdita di patrimonio culturale per tutta la nazione e facendo anche appello i principi di libertà e libera concorrenza, riteneva che il monipolio del teatro Reale andasse abolito: "Dt kgl. Teatrets Monopol bør hæves, for Tiden er ikke mere til Monopoler og særlig dette gør kun Skade, idet vor nationale Literatur derved gemmes for Folket. Og dernæst kræves fuldt Teaterfrihed! Lad enhver, der kan, bygge et Teater og lad dem spille, hvad han formaar […]" (EB «Tilskueren» 1884, 445). Edvard Brandes presentò una proposta di legge per la riduzione dell'esclusiva sui drammi riservata al Teatro Reale a dieci anni. La legge passò, nonostante provenisse dall'opposizione, grazie all'appoggio dei Ministeri della Cultura, della Chiesa e dell'Istruzione e grazie al fatto che la parte della Venstre che usava votare contro le porposte del radicale Brandes votò a favore in cambio dell'appoggio in un altro ambito (riferisce P. Hansen: "en bahændig Anvendelse af Kompensationsprincipet do ut det, idet Theaterlovens Skjæbne blev sammenknyttet med en foreliggende Lov om Hundehold, saa at disse to heterogene Forslag skulde følges ad i Liv og Død" Hansen 1889/1896 III , 284). Venne poi istituita anche una commissione per la modifica del regolamento del Teatro Reale (Theater-Regulativ-Kommissionen) di cui facevano parte, oltre ad Edvard Brandes, W. Bloch, Holger Drachmann, H.P. Holst, Krohn, Emil Poulsen e Ch. Shaw. La commissione completò i lavori in tre anni rivedendo i regolamneti sui diritti d'autore, il salario e il pensionalmento degli attori. Langsted ritenne i principi che erano stati alla base della proposta di legge di Edvard Brandes fossero ancora validi a distanza di un secolo e sostenne che avrebbero dovuto essere utilizzati come fonte di ispirazione per la riforma della legislazione teatrale danese che doveva essere effettuata nel 1970 (Langsted 1970).

"Denne modsætning mellem den i og for sig tørre og virkelighedsnære personlighed og hans fuldstændige forelskelse i scenens illusion er et mærkeligt paradoks i Edvard's Brandes liv. Det skabte også nogle modsætninger i hans helhedsopfattelse af treatret og dramaturgi i det hele taget, som blev afgørende for ham selv og for dansk teaterhistorie og teaterkritik. Der opstod en dualisme ved, at han først med barnets umiddelbare modtagelighed blev bjergtaget af dansk, romantisk teatertradition, men siden blev grebet af ideen om at gøre scenekunsten naturalistisk og meget bevidst som teaterkritiker og skuespilforfattere førte dette program frem. Der skete herved et stadigt sammenstød mellem barndommens romantiske oplevelser og den voksne kritikers bevidste opfattelse" (Hvidt 2005, 37).

Il talento, nell'uso che Edvard Brandes fece del termine, era una versione minore del genio, una dote di grado inferiore. Degli attori cui riconosceva il talento Edvard Brandes apprezzava alcune caratteristiche della recitazione e ne criticava altre. Un'importante conseguenza di questo assunto era che la genialità, in quanto categoria totale, non potesse essere analizzata ma solo esperita, mentre il talento poteva essere scomposto in elementi singoli e venire in questo modo descritto e compreso razionalmente. Sia la genialità sia il talento erano, secondo Edvard Brandes, doti di natura che non potevano essere acquisite da chi ne fosse privo ma, mentre il genio non si poteva presentare in gradi intermedi, il talento poteva essere migliorato con lo studio e l'applicazione di tecniche (cfr. il § 5.1). Gli attori che non meritarono nessun apprezzamento da parte di Edvard Brandes erano quelli che seguivano la vecchia tradizione della declamazione e della recitazione egoistica e non dedicavano alcuna attenzione al significato complessivo dello spettacolo.

La contraddizione evidenziata da Langsted e Hvidt tra teoria (l'ideale estetico di ispirazione naturalista) e pratica (la critica teatrale con influenze romantiche) viene minimizzata se si tiene conto del fatto che la qualità principale che Edvard Brandes ricercasse e lodasse negli attori, anche in quelli di genio, fosse la naturalezza, che era considerata l'obiettivo esteticamente più alto, e anche il più difficile da raggiungere. La recitazione richiedeva infatti, rispetto alle altre arti, secondo Edvard Brandes, una maggiore dose di riflessione che poteva facilmente risultare in una declamazione artificiosa. Edvard Brandes interpretava come un difetto la volontà manifestata da alcuni attori, in particolare tedeschi, di far risiedere in ogni battuta molti livelli di senso ulteriori a quello letterale considerando non solo che questo fosse innaturale ma anche che fosse anche

inutile, perché nessuno spettatore sarebbe stato in grado di decifrare tutti i sensi sottintesi45.

"Men hin Betragtnings maade fører meget tidt til en, i Tydskland ofte fremtraadt, Retning i Skuespilkonsten, som med Vold og Magt vil vride noget Hemmelighedsfuldt ud af ethvert nok saa lille Ord, som vil, at Alt skal betyde Noget, som stræber efter at overraske med de mærkværdigste Pointer og fortælle at helt Liv i en halv Sætning, som oftest gaaer det med den Art hyperreflecterte Spillen saaledes, at Publicum, og det med Rette, ikke aner, hvilke titaniske Kræfter der have været sat i Bevægelse for at frembringe dette vidunderlige Resultat, men, hvis Skuespilleren har Talent, uden Anstrengelse opfatter hans Tale, fordi det er ganske umuligt at høre Saameget i Ordene, som han har villet lægge i dem" (EB IT 645, 191-192).

Pur criticando l'eccesso di razionalizzazione, Edvard Brandes riteneva comunque indispensabile che gli attori prendessero le distanze dal personaggio interpretato. La naturalezza era per Edvard Brandes un effetto da raggiungere attraverso lo studio e l'applicazione, un risultato ottenuto attraverso l'uso di tecniche e non dato dall'immediatezza del sentimento. Edvard Brandes riteneva ad esempio che per interpretare il ruolo dell'ingenua fosse più adatta un'attrice matura ed esperta piuttosto che una giovane debuttante perché le attrici giovani, per la loro vicinanza alle caratteristiche del personaggio da interpretare, avrebbero avuto difficoltà a prenderne le distanze dal ruolo e proporne una interpretazione obiettiva46

. Edvard Brandes non escludeva per principio che potesse esistere un'attrice giovane così riflessiva da avere, oltre all'età adatta per interpretare il ruolo dell'ingenua, anche le capacità necessarie, ma dichiarava di non conoscerne nessuna.

"Intet kræver større Konst at fremstille, end det absolut Naturlige og Naive; en conpliceret, forstilt eller eller skjult Charakteer, et Menneske, i hvis Tale der saa at sige er flere Lag, er det altid lettere for Skuespilleren at gjengive, fordi han fra det daglige Liv har god Kundskab til de Accenter, han her skal bruge; vort Samfund forlanger jo megen Falskhed, megen Comoediespillen, hvorimod den fulkomme Oprigtigheds Tone og Selskabstonen sjeldent falde sammen. Desuden fordrer den sceniske Konst en høi Grad af Reflexion hos sine Dyrkere, langt mere f. Ex. end Musiken og

45 EB stesso ammise di aver previsto tre diversi livelli di significato in uno dei propri drammi, che

venne proprio per questo giudicato da GB inadatto alla messa in scena, cfr. § 11.1.

46 E' possibile tuttavia che il giudizio di Edvard Brandes in proposito fosse condizionato dall'ammirazione per Betty Hennings che, ormai adulta, interpretava con successo ruoli come quello della quattordicenne Hedvig in Anatra Selvatica, ma anche J.H. Heiberg interpretò, quasi cinquantenne, il ruolo della giovane Elisabeth in Elverhøj, mentre la parte maschile era interpretata da un attore di diciassette anni (Hvidt 2005, 38). Sul ruolo dell'ingenua nel teatro nordico tra il XIX e il XX secolo si veda Perrelli 2006.

Malerkonsten, og Skuespilleren staar derfor som saadan Naiviteten overmaade fjern, og maa foretage en Tilbageskrnen af sit hele Væsen, der let kan ende med Affectation. Alligevel troer jeg det bedre vil lykkes for en ældre Kvinde at fremstille en ung naiv Pige. end for en Skuespillerinde, hvis Alder saa temmelig svarer til den, Rollen har. Det er kun en betydelig Overlegenhed med sin Forstaaen gjennem Modsætningen, der kan gjenfinde Naivitetens Udtryk, og en ung Kvinde vil staae Rollens Tankegang altfor nær til, at hun er i stand til at faae den saa langt ud fra sig, at hun kan overskue den. Dog er der naturligviis ikke ligefrem Noget til Hinder for, at en ung Skuespillerinde kunde være en meget reflecteret Natur, og i sin Fremstilling drage Fordel af, at hendes Ydre passede godt til Rollens Krav" (EB IT 647, 207).