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Si è dimostrato come il neoliberismo funzioni non solo come pensiero economico, ma anche come politica culturale; si è parlato delle sue componenti ideologiche e della prassi neoliberale in atto con la

globalizzazione. Il discorso sulle basi ideologiche dei due fenomeni in questioni aiuterà, in questo paragrafo, ad individuarne le relazioni ed i collegamenti con i concetti di imperialismo e colonialismo. Tali relazioni rivelano ed espongono le radici della critica al sistema globale

contemporaneo non solo da parte di Salgado attraverso la sua fotografia, ma anche da parte di alcuni dei suoi soggetti, come ad esempio i membri del Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (o più semplicemente Movimento Sem Terra, d'ora in poi MST).

Per imperialismo si intende una “politica di potenza e di supremazia di uno Stato tesa a creare una situazione di predominio, diretto o indiretto, su altre nazioni, mediante conquista militare, annessione territoriale,

sfruttamento economico o egemonia politica69”. Abbiamo esaminato come

68 R.L.Harris, op. cit, 9

la globalizzazione in chiave neoliberale non sia stata un processo spontaneo e “naturale”, e come essa si muova lungo gli assi di gruppi di interesse ben precisi, localizzati negli Stati del Nord del mondo e nelle élite degli Stati del Sud; abbiamo osservato come la gran parte del Sud del mondo non sia nella posizione di negoziare una globalizzazione nei propri termini; abbiamo accennato ai modi in cui le risorse della periferia alimentano la crescita del centro; questi elementi suggeriscono sia in atto un nuovo tipo di

imperialismo che, pur ricorrendo in minor misura alla conquista militare e all'annessione di territori, fa comunque dello sfruttamento la base per

l'accumulazione a vantaggio delle potenze attuali – potenze che, attualmente, non sono solo gli attori statali, ma anche e soprattutto i gruppi

multinazionali. Nel suo saggio The new imperialism, David Harvey esplica questo processo che si attua su scala internazionale riformulando il concetto marxista di accumulazione primitiva, denominandolo “accumulation by dispossession”70 e per spiegarlo utilizza una divisione tra modi di

accumulazione del capitale formulata da Rosa Luxemburg. Secondo questa divisione, l'accumulazione si realizza in due modi: uno è quello “classico”, ovvero la produzione di un surplus tramite capitale e lavoro (agricoltura, miniera, industria) e attraverso il mercato. Il secondo tipo di accumulazione si attua tramite modi di produzione alla cui base non vi è una dialettica capitale-lavoro, che attualmente predominano sulla scena internazionale. Si tratta delle politiche coloniali, della guerra e, elemento essenziale dell'epoca neoliberale, dei flussi finanziari internazionali, soprattutto in forma di prestiti (vedi i già nominati SAP). Se in entrambi i modi di accumulazione lo scambio può diventare sfruttamento e l'uguaglianza può trasformarsi in dominio di classe, violenze e sfruttamento sono condizione intrinseca per il secondo modo di accumulazione. Quest'ultimo è osservabile, ad esempio, nell'azione di istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca mondiale, che agiscono da veicoli di universalizzazione di pratiche

neoliberali, e lo fanno su basi non democratiche (manca infatti il criterio di rappresentanza: i loro membri non sono eletti dai cittadini71).

70 D. Harvey, The new Imperialism, Oxford University Press, 2003, 137

71 Il Consiglio Esecutivo del FMI conta un rappresentante per ogni Paese membro: per l’Italia, è il Ministro delle Finanze (cfr.

Alla base del legame tra le prassi capitalista-neoliberale ed imperialista- coloniale starebbe il fatto che, per superare le proprie inevitabili crisi cicliche di iperaccumulazione, il sistema economico capitalista ha bisogno di rinnovarsi attingendo da qualcosa di esterno da sé, ovvero da un settore di risorse che non sia coinvolto in modi di produzione capitalisti. Harvey definisce queste riparazioni imperialistiche alle crisi interne del capitalismo neoliberale “spatio-temporal fixes”, ovvero sfere di influenza che si

estendono nel tempo (per permettere la durata) e nello spazio (per

permettere l'espansione) del sistema, stabilendo così una relazione di potere di tipo gerarchico e servendosi di un nuovo tipo di imperialismo per

attingere a risorse necessarie. Così, l'“accumulation by dispossession” diventa la chiave per comprendere l'analogia tra globalizzazione neoliberale ed imperialismo coloniale. La metropoli basa la propria crescita sulle colonie; “capitalism creates its own “other” in order to feed upon it”72. Utilizzando una terminologia presa in prestito dalla teoria politica del postmodernismo, questo “settore esterno” necessario al capitalismo per autoperpetuarsi sarebbe quindi l'“altro da sé” del capitalismo (oggi, del neoliberismo) che viene spossessato delle proprie risorse per garantire la sopravvivenza. Nel caso in cui queste risorse esterne al sistema oppongano resistenza, esse devono essere prese con la forza; se invece esse non esistono, perché esaurite o inglobate all'interno del sistema, esse devono essere create (ad esempio attraverso l'estromissione della forza lavoro dal sistema). Se è vero che l'“accumulation by disposession” non è prerogativa della fase neoliberale, ma caratterizzava anche il capitalismo delle origini, è anche vero che l'assetto neoliberale del sistema economico internazionale non fa che agevolare questa pratica di sfruttamento, tramite misure che inevitabilmente avvantaggiano il fattore “capitale” e non il fattore “lavoro” – tanto più che Harvey sottolinea tale modus operandi in un'opera di critica

http://www.dt.tesoro.it/it/attivita_istituzionali/rapporti_finanziari_internazionali/fmi.html),

il quale, in quanto parte del governo, non è eletto dai cittadini in maniera diretta. Il rappresentante italiano per il Consiglio dei Governatori della Banca Mondiale, invece, è il Governatore della Banca d’Italia (cfr.

http://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/organizzazioni_internazionali/bancamondiale.ht ml#2)

proprio al neoliberismo. Questo modo di accumulazione, nota Harvey73, ha

però un “difetto di fabbrica”: quando il centro ha necessità di rifornirsi di risorse, corre il rischio che l'“Altro” da esso creato si ribelli, e che ciò faccia crollare l'intero sistema. Chi mette in atto tali modalità deve dunque evitare che la crisi della periferia avvenga in modo incontrollato: ecco le origini dei programmi di aggiustamento strutturale, che permettono una disposession controllata da parte di chi emette i prestiti per far fronte a tali crisi74.

Il legame tra globalizzazione neoliberale ed imperialismo non si esplica solo nella prassi nei modi appena discussi, ma anche in ambito ideologico. Abbiamo notato come la globalizzazione neoliberale operi mettendo in atto pratiche imperialiste, e come essa costruisca una retorica funzionale alla propria sopravvivenza e perpetuazione:

neoliberalism is an ideology promoted by the victors and is indebted to and helps to replicate inequalities of power. In this sense, neoliberalism imposes economic violence which works in tandem with the violence inherent in the colonial project”75.

La connessione non solo tra neoliberismo e imperialismo, ma anche tra neoliberismo e colonialismo può essere meglio compresa, a questo punto, servendoci dell'importante concetto di discorso. Ricorrente nel lavoro di diversi intellettuali postcoloniali, il discorso viene teorizzato da Foucault a partire dalla sua opera Le parole e le cose (1973), ma costituisce la nozione fondante di diversi suoi volumi tra cui The birth of biopolitics: qui, l’autore individua la provenienza del sapere (episteme) che una società giunge a dare per assodato svelandolo non come verità data a priori, bensì come il risultato dell’imposizione di un particolare regime di verità su altri, e dunque come frutto di dinamiche di potere.76 Esso può essere definito come una narrativa,

73 D. Harvey, The new Imperialism, Oxford University Press, 151 74 Ivi, 152

75 S. Bielefeld, Neoliberalism and the return of the guardian state, ANU Press, 2016, 158

76 Dalla teorizzazione del discorso discendono poi i concetti di biopolitica - definita come politica attuata dalle istituzioni attraverso il controllo del corpo fisico dei cittadini e, di conseguenza, dei loro comportamenti attraverso l’intervento del potere (pag. 30)– e di microfisica del potere, che definisce tutte le dimensioni nelle quali si concretizza tale controllo, tale limitazione delle azioni del singolo, ovvero scuole, ospedali, prigioni, enti nei quali vige una disciplina che permetta l’omogeneizzazione delle deviazioni del comportamento dagli schemi accettati dal discorso dominante: “quel che fa sì che il potere regga, che lo si accetti, ebbene, è semplicemente che non pesa solo come una potenza che dice no, ma che nei fatti attraversa i corpi, produce delle cose, induce del piacere, forma del

ovvero una rappresentazione della realtà, che viene imposta (ed in vario grado accettata) all'interno di una comunità. Il fulcro del concetto

foucaultiano di discorso è che esso non è mai neutro, ma sempre pervaso da un interesse particolare e per questo è sempre conteso tra diversi gruppi d'interesse; chi possiede il potere di formularlo possiede anche il potere, non trascurabile, di definire la realtà, cosa sia reale e cosa no77. Il potere di significare, di dire, non è innocente, mai. È sempre risultato della prevalenza di un certo tipo di interesse su un altro, ed è questo il punto da cui dobbiamo partire per descrivere le implicazioni tra neoliberismo e

imperialismo/colonialismo. Non si cerca, qui di adattare ad una prospettiva marxiana (né, tantomeno, marxista) il pensiero di Michel Foucault: il richiamo alla sua produzione è importante per contestualizzare il postcolonialismo, in quanto il lavoro di Salgado può essere associato (e attinge) a due diversi bacini teorici, collegati ma spesso in conflitto, ovvero la teoria marxista ed il postcolonialismo.

Il fatto che il concetto di discorso sia così fondamentale nella letteratura postcoloniale evidenzia l'importanza dell'ideologia nella costruzione dei rapporti gerarchici tra popoli, nazioni, e classi: esiste un discorso neoliberale, ne esiste uno globalista, ed entrambi sono spesso utilizzati per legittimare pratiche di tipo oppressivo. Neoliberismo ed imperialismo/colonialismo si basano sullo stesso tipo di discorso, fissando modelli propri degli Stati centrali e degli interessi del capitale: il colonialismo e l'imperialismo

sapere, produce discorsi: bisogna considerarlo come una rete produttiva che passa

attraverso tutto il corpo sociale (Microfisica del potere, pag.13). Sia la biopolitica che la microfisica del potere sono individuabili nel modello politico-economico neoliberale, anche perché, sostiene Foucault, le loro origini sono da ritrovare proprio nell’avvento della tradizione politica ed economica liberale, nell’Ottocento europeo (The birth of biopolitics, 67).

77 It was a matter of showing by what conjunctions a whole set of practices-from the moment they become coordinated with a regime of truth-was able to make what· does not exist (madness, disease, delinquency, sexuality, etcetera), nonetheless become something, something however that continues not to exist. That is to say, what I would like to show is not how an error-when I say that which does not exist becomes something, this does not mean showing how it was possible for an error to be constructed or how an illusion could be born, but how a particular regime

of truth, and therefore not an error, makes something that does not exist able to become something. It is not an illusion since it is precisely a set of practices, real practices, which established it and thus imperiously marks it out in reality (…) what I am talking about now, is to show how the coupling of a set of practices and a regime of truth form an apparatus (dispositif) of knowledge-power that effectively marks out in reality that which does not exist and legitimately submits it to the division between true and false (The birth of

funzionano grazie alla base discorsiva della dominazione di popoli inferiori che non sono riusciti ad emanciparsi, o non sono “competitivi”, per una loro lacuna o mancanza. Il colonialismo utilizzava questa presunta arretratezza come alibi per l’autorizzazione alla pratica di occupazione ed assimilazione di modi di vita e identità diverse, nonché per il saccheggio delle risorse economiche dei popoli in questione; il neoliberismo si serve di un discorso simile, che relega a “falliti” tutti coloro che non partecipano alle dinamiche di accumulazione- falliti non per motivazioni esterne e riconducibili ad un contesto storico, ma per loro inettitudine, inadeguatezza ed incapacità di realizzarsi. Se si aggiungono, poi, la prassi neoliberale di pompare flussi di capitale verso i centri finanziari mondiali in cui esso possa essere investito; l'accento posto sull'omogeneizzazione delle pratiche economiche (e di conseguenza, degli assetti politici) delle varie nazioni; l'importanza di un commercio internazionale privo di ostacoli istituzionali tra cui i governi locali, si avrà un quadro generale in cui imperialismo e neoliberismo vanno di pari passo e procedono senza essere arrestati, poiché, appunto, fanno parte di un discorso formulato da entità spesso sovranazionali (quali, per rimanere in ambito di politiche neoliberiste, l'FMI) alle quali il singolo governo locale, specialmente se in difficoltà, fatica ad opporsi.

Il neoliberismo e l'imperialismo/colonialismo vanno di pari passi non solo a livello internazionale, ma anche a livello intranazionale, come ad esempio in Stati con minoranze indigene78 che attuano politiche coloniali de facto, come è il caso, ad esempio, dell'Australia con le comunità aborigene. Ciò che accomuna i tre fenomeni sono, in ultima analisi, i rapporti di forza, ed il loro dispiegarsi attraverso dinamiche di dominazione ed appropriazione (non così in tutti i contesti: nuove esperienze politiche, come ad esempio la Bolivia di Evo Morales, hanno testimoniato una nuova forma di rapporto tra Stato e comunità indigene).

Nel loro già più volte citato studio sulla globalizzazione, Petras e Veltmeyer suggeriscono che essa possa essere definita in modo “più

78 Shelley Bielefield fa luce sulla “colonial governance” degli indigeni da parte del governo federale australiano attraverso il micromanaging economico, mentre si vedrà come le fotografie di Salgado mostrino diversi casi di pratiche del genere in Sudamerica.

appropriato” proprio con il termine “imperialismo”79, per sottolineare,

appunto, i rapporti di forza in essa coinvolti. Questa interpretazione sembra essere in linea con la concezione di globalizzazione mostrata nelle fotografie di Salgado, in cui è ricorrente l'immagine dello sfruttamento pervasivo (del lavoro, dell'uomo, dell'ambiente). John Berger porta l'argomento di Petras e Veltmeyer ancora oltre, definendo la globalizzazione attuale come una “tirannia” e sottolineando il ruolo fondamentale dell'ideologia, del discorso: secondo Berger, “il meccanismo politico della nuova tirannia, per quanto abbia bisogno di una tecnologia altamente sofisticata per funzionare, è molto semplice. Usurpare le parole democrazia, libertà, ecc. Imporre ovunque, a costo di qualunque disastro, la nuova economia del caos e dell'impoverimento. Assicurarsi che tutte le frontiere funzionino a senso unico; aperte alla tirannia, chiuse agli altri. Eliminare qualunque

opposizione definendola terrorista.”80 Nonostante la visione di Berger sia decisamente radicale, è improbabile non trovare risonanze tra le sue parole e le fotografie di Salgado che andremo ad esaminare.