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Neuroimaging nell'analgesia da placebo

Uno studio pionieristico fatto da Petrovic et al. , (2002), avvalendosi della PET, ha misurato l'rCBF in un certo numero di pazienti per approfondire le conoscenze sui circuiti neuronali implicati nell'analgesia da placebo.

I soggetti sani, esposti a condizioni dolorose e non dolorose, hanno ricevuto o nessun trattamento o un' iniezione di soluzione salina (placebo) o di remifentanil (analgesico), ambedue accompagnate da istruzioni di sollievo dal dolore.

le aree impegnate nell'analgesia placebo.

Entrambe le situazioni hanno riportato aumenti di attività nella parte rostrale della corteccia cingolata anteriore (rACC) e nella corteccia orbitofrontale (Orbitofrontal Cortex, OBFC), suggerendo l'attivazione da parte del placebo degli stessi recettori oppioidi attivati dal remifentanil.

Molte evidenze suggeriscono che, un ruolo centrale nell'analgesia da placebo, sia svolto dalla porzione rostrale della corteccia cingolata anteriore, la quale è posizionata strategicamente in modo da formare un loop che collega il tronco cerebrale con le regioni limbiche e la regione prefrontale mediale, ricca di recettori oppioidi mu (Petrovic, 2005).

L'ACC, assieme al tronco cerebrale, alla corteccia orbitofrontale e dorsolaterale, sono i siti più analizzati negli studi di placebo imaging (Zubieta et al. , 2005). In questo studio (Petrovic et al. , 2002), in entrambe le condizione, sono state osservate covariazioni tra l'attività nell'rACC, nella sostanza grigia periacqueduttale (Periaqueductal Gray, PAG) e nel ponte; bisogna ricordare che la PAG è un'area cerebrale implicata nella risposta antidolorifica (antinocicettiva). Questi risultati portano ad affermare che l'analgesia da placebo o da oppioidi condividono la solita rete neuronale.

E' interessante notare che, durante le prove, solo il placebo ha provocato un aumento di attività nella corteccia prefrontale ventrolaterale destra (Right

Ventrolateral Prefrontal Cortex, RVLPFC), suggerendo un importante ruolo dell'analgesia da placebo nei processi conoscitivi.

Lieberman et al. , (2004), per meglio determinare il ruolo della RVLPFC nell'analgesia placebo, hanno rianalizzato i dati ottenuti e precedentemente pubblicati da Berman et al. , (2002) su pazienti con sindrome da intestino irritabile (Irritable Bowel Syndrome, IBS).

Le conclusioni da loro ottenute sono state che: ad aumenti della RVLPFC, che è un importante promotore della regolazione cognitiva del dolore, corrispondevano diminuzioni dell'attività della corteccia cingolata anteriore dorsale (Dorsal

Anterior Cingulate Cortex, dACC).

nella RVLPFC e nel dACC, Lieberman et al. (2004) proposero che gli effetti analgesici del placebo potevano essere raggiunti attraverso le aspettative.

Gli studi di imaging possono allargare la nostra comprensione su quanto le funzioni corticali contribuiscono alla risposta placebo.

Infatti, in un recente studio, eseguito da Benedetti et al. (2006b), su pazienti affetti da Alzheimer, è stato riportato che: una minor comunicazione tra i lobi prefrontali e il resto del cervello ha modificato i meccanismi legati alle aspettative diminuendo l'efficacia dell'analgesia placebo.

Studi di Wagner et al. (2004), su pazienti sottoposti a diversi stimoli dolorosi, hanno confermato, attraverso le imaging ottenute con la fMRI, il coinvolgimento dell'rACC e dell'OBFC precedentemente riportato da Petrovic et al. (2002) ed inoltre hanno fornito prove a sostegno dell'ipotesi di Lieberman et al. (2004) che asserisce l'attivazione di una rete di valutazione cognitiva prima che si manifesti l'analgesia placebo ovvero, hanno registrato aumenti nell'rACC nella fase anticipatoria.

Un altro studio ha riportato che l'rACC non solo è collegata all'esperienza dolorosa, ma gioca anche un importante ruolo nella modulazione dell'analgesia da placebo (Bingel et al. , 2006).

Usando la fRMI, Bingel et al. (2006), hanno valutato le risposte BOLD nella stimolazione dolorosa indotta con laser su pazienti sani durante le condizioni di placebo e non placebo.

Dopo aver evidenziato un'attività nell'rACC, dovuta al placebo, sono state fatte ulteriori prove per testare l'influenza del placebo in altre aree cerebrali ed è stato visto che, assieme alla rACC, sono variate positivamente le attività nel PAG e nell'amigdala i quali fanno parte della corteccia subcorticale che modula la rete della sensibilità dolorifica dipendente dagli oppioidi.

Queste covariazioni indicano che la zona corticale gioca un ruolo importante nella modulazione dell'esperienza dolorosa.

Quindi, durante l'analgesia da placebo, l'rACC può esercitare i suoi effetti attraverso un sistema subcorticale coinvolto nella modulazione endogena della sensibilità dolorifica dipendente da oppioidi.

In un esperimento su pazienti con IBS, Price et al. (2007) utilizzando la fMRI, hanno cercato un possibile collegamento tra analgesia da placebo e deattivazione di regioni cerebrali coinvolte nella nocicezione durante la stimolazione dolorosa. La risposta analgesica al placebo fu valutata confrontando il gruppo basale con il braccio trattato con placebo.

Da questo studio è risultato che l'analgesia da placebo diminuisce l'attività neuronale nel talamo, nell'insula e nel dACC, come è accaduto nello nello studio di Lieberman et al. (2004) dove un miglioramento dei sintomi è stato associato ad una diminuzione nel dACC.

Il suggerimento che il sistema oppioide sia attivato da aspettative di analgesia viene fornito dal fatto che: la regione del mesencefalo/PAG (Wagner et al. , 2004) che contiene oppioidi endogeni, è in relazione con la modulazione della trasmissione nocicettiva spinale (Fields, 2004).

Inoltre, il placebo, andando a diminuire l'attività nelle regioni responsabili del dolore come il talamo, l'insula e l'ACC, convalida l'ipotesi di una sua influenza sui processi nocicettivi.

I dati ricavati dalle neuroimaging sembrano essere coerenti con la nozione che l'effetto placebo, indotto dall'aspettativa, negli stati dolorosi sia mediato, almeno in parte, dagli oppioidi endogeni (Amanzio e Benedetti, 1999).

D'altro canto, uno studio recentemente riportato (Kupers et al. , 2007) ed effettuato su pazienti con grave dolore lombare, ha indicato che i suggerimenti verbali di sollievo dal dolore, risultanti dall'analgesia da placebo, non sono dipendenti dagli oppioidi.

In questo caso, l'analgesia indotta dall'aspettativa, è stata accompagnata da una diminuzione dell'rCBF nel talamo, nell'rACC e nel NAc.

La cosa interessante è stata che il naloxone, antagonista dei recettori oppioidi, quando somministrato, non ha inibito né le risposte neuronali analgesiche né quelle comportamentali; però, attraverso un suggerimento verbale “nocebo” (per es. l'aspettativa di un antagonista oppioide), ambedue le risposte sono state bloccate.

dall'aspettativa, nel loro studio su pazienti affetti da IBS, non era reversibile con naloxone.

Nell'insieme, questi risultati propongono un coinvolgimento dei meccanismi non oppioidi anche nell'analgesia da placebo indotta dall'aspettativa, almeno in condizioni cliniche (es. stati iperalgesici).

Studi hanno mostrato un coinvolgimento delle vie dopaminergiche sia nel controllo del dolore (Wood, 2006) che nei processi dolorifici (Tracey e Mantyh,

2007).

Quindi anche la dopamina potrebbe contribuire al sollievo dal dolore indotto dal placebo.