miglior elemento di prova che sottolinea il ruolo cruciale delle aspettative nel risultato terapeutico.
Questi studi prevedono la somministrazione nascosta del farmaco, in questo modo si elimina la componente placebo (psicosociale) e si è liberi da qualsiasi contaminazione psicobiologica (Colloca e Benedetti, 2005; Colloca et al. , 2004). Lo sperimentatore si avvale di un macchinario che è in grado di somministrare, attraverso un'infusione nascosta, il medicinale.
Le infusioni possono essere somministrate attraverso una pompa, che a sua volta, è azionata da un computer pre-programmato per il rilascio di una certa dose ad un tempo prestabilito.
Il fattore decisivo, che permette di sostenere il ruolo delle aspettative, è dato dal fatto che i pazienti non sono consapevoli che il medicinale gli verrà somministrato a loro insaputa.
Tutto ciò viene eseguito proprio per contrastare la somministrazione evidente che viene utilizzata nella pratica medica di routine e per eliminare l'aspettativa che essa crea.
Possiamo quindi dire che, un'iniezione di farmaco visibile al paziente, fornisce una “cura attesa” mentre quella effettuata all'oscuro del paziente, una “cura inattesa”.
La differenza tra i risultati che si ottengono conseguentemente alla somministrazione di una cura attesa e una non attesa, rappresenta la componente psicologica placebo anche se questo non viene materialmente somministrato (Colloca e Benedetti, 2005; Colloca et al. , 2004).
Dopo l'estrazione del terzo molare (Levin e Gordon, 1984), il dolore post- operatorio che ne deriva, diminuisce in seguito all'iniezione visibile al paziente di
una soluzione salina, che corrisponde ad una dose intravenosa di 6-8 mg di morfina.
Ovvero: dire al paziente che gli si sta somministrando un analgesico (in realtà soluzione salina), ha lo stesso potere che hanno 6-8 mg di morfina.
La conclusione è stata che, un'iniezione evidente di morfina, porta a risultati clinici maggiori rispetto alla medesima dose somministrata però all'oscuro del paziente; ciò è dato dal fatto che la componente placebo risulta essere assente nell'ultima situazione.
Un'altra attenta analisi delle differenze tra iniezioni visibili e nascoste, nel decorso post-operatorio, è stata eseguita su 5 analgesici (morfina, buprenorfina, tramadol, ketorolac e metamizolo) (Colloca et al. , 2004; Benedetti et al. , 2003b; Amanzio et al. , 2001).
Un'analisi (Amanzio et al. , 2001), ha messo a conoscenza che, la dose di analgesico necessaria per ridurre il dolore del 50%, risultava essere più alta con le infusioni nascoste rispetto a quelle evidenti.
Un'altra analisi fatta sullo stesso studio, ha preso in considerazione l'entità del dolore percepito dal paziente dopo le due differenti infusioni; il risultato è stato una più alta percezione del dolore dopo la somministrazione nascosta.
Ciò ha suggerito che, il vedere l'atto della somministrazione, aumenta l'aspettativa di beneficio e con questa anche la produzione di neurotrasmettitori endogeni in grado di potenziare l'analgesia prodotta dal farmaco antidolorifico.
Non si spiegherebbe altrimenti la minor capacità antidolorifica della stessa dose di farmaco, somministrato però all'oscuro del paziente.
E' interessante notare, che anche le interruzioni dell'analgesia sono influenzabili dal fatto che esse siano eseguite visibilmente o all'oscuro del paziente.
Ad esempio, è stato dimostrato che il dolore torna e ad un'intensità maggiore, quando l'interruzione della morfina è fatta palesemente, invece, un'interruzione nascosta prolunga l'analgesia post-interruzione (Benedetti et al. , 2007; Colloca et al. , 2004).
Una spiegazione plausibile circa questo effetto, è data dall'aspettativa negativa del paziente di ritorno del dolore (effetto simil-nocebo).
Nella stimolazione cerebrale profonda dei nuclei subtalamici, sono state riscontrate differenze a seconda delle regioni stimolate ( Lanotte et al. , 2005) cioè: la stimolazione della parte più dorsale della regione subtalamica, che include la zona incerta, ha prodotto risposte autonome che non sono state discordi in condizioni visibili o nascoste, diversamente, stimolando la regione più ventrale, che include la substantia nigra pars reticulata, sono state notate risposte autonome differenti, a seconda che la stimolazione fosse visibile o meno.
Inoltre, durante la somministrazione nascosta, per poter avere una risposta autonoma, è stato necessario alzare l'intensità dello stimolo.
La parte ventrale, essendo una regione correlata alle funzioni limbiche, ha fatto suggerire un cambiamento dell'eccitabilità neuronale in queste strutture dovuto proprio all'aspettativa (Lanotte, et al. , 2005).
In un altro studio (Colloca et al. , 2004), effettuato su pazienti in decorso post- operatorio e con una forte componente ansiosa, la somministrazione di diazepam (ansiolitico) secondo le due metodiche, ha dato come risultato una forte diminuzione dello stato ansioso nel gruppo sottoposto a cura visibile, mentre nel gruppo sottoposto a cura nascosta, il diazepam fu totalmente inefficace.
Anche in questo studio è stata riscontrato un effetto simil-nocebo, infatti, interrompendo visibilmente la somministrazione del farmaco, l'ansia è aumentata significativamente dopo 4-8 ore, all'opposto, nelle condizioni di interruzione nascosta non è stato riscontrato nessun cambiamento.
Un' esperimento che rispecchia sempre lo schema del visivo-nascosto, ma che presenta delle piccole variazioni, è proposto nel caso di pazienti
tossicodipendenti.
Lo studio (Volkow et al. , 2003) è stato fatto in condizioni differenti su pazienti cocainomani: nella prima condizione, loro si aspettavano di ricevere il farmaco (metilfenidato, stimolante del SNC) ed effettivamente così è stato, nella seconda condizione invece, loro si aspettavano di ricevere un placebo ed invece, anche in questo caso, hanno ricevuto il metilfenidato.
Possiamo identificare la prima situazione, con una somministrazione visibile, la seconda invece, con una somministrazione nascosta.
Concludendo, il farmaco nella prima condizione ha avuto un effetto sul metabolismo cerebrale del glucosio maggiore rispetto all'effetto riscontrato nella seconda condizione (quando si aspettavano un placebo).
Tutti i meccanismi descritti sopra indicano che, gli stimoli sociali all'interno del contesto di una cura, possono attivare neurotrasmettitori e modulatori connessi agli stessi recettori sui quali vanno ad agire i farmaci, e possono, come loro, innescare determinate vie biochimiche.
I contesti psicosociali attivano queste vie attraverso meccanismi anticipatori, di aspettativa e/o condizionamento classico.
I farmaci difatti vengono somministrati in un complesso ambiente biochimico che varia sia a seconda dello stato emotivo che conoscitivo del paziente, sia a causa di un precondizionamento farmacologico.
Il contesto terapeutico, potrebbe andare quindi a modificare quel gruppo di recettori sui quali dovrebbe andare ad agire il farmaco somministrato per una condizione patologica specifica.
Questo concetto, ha portato Colloca e Benedetti a proporre un principio basato sull'incertezza all'interno della farmacologia umana (2005).
Questo principio asserisce che: al momento della somministrazione di un agente farmacologico non si hanno certezze circa la sua azione poiché la sua farmacodinamica potrebbe essere modificata dall'atto della somministrazione. Nella farmacologia, l'atto stesso di somministrare un farmaco, compromette il sistema (cervello/corpo) nel quale avviene la misurazione (il risultato terapeutico).
Per esempio, nella sperimentazione clinica, il presupporre di appartenere al gruppo placebo o al gruppo di cura farmacologica, può interagire con gli effetti farmacodinamici perché, al momento della somministrazione, in base alle aspettative, possono essere attivati sia neurotrasmettitori endogeni che modulano l'analgesia, sia sistemi responsabili dell'iperalgesia.
Può essere quindi modificata l'azione globale del farmaco e l'unica soluzione sfruttabile per eliminare queste variabili, è la somministrazione inattesa o nascosta dove il farmaco è somministrato libero da condizionamenti psicologici.