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Nietzsche e la metafora

SARAH KOFMAN : NIETZSCHE E LA METAFORA

3.1 Nietzsche e la metafora

In un altro testo si esamina il ruolo della metafora in Nietzsche , Sarah Kofman ne dona il suo senso

attraversando le diverse fasi della bibliografia

nietzscheana , iniziando dalla “Nascita della tragedia” per poi arrivare alla “Genealogia della morale”.

Sin dalla Nascita della Tragedia si può trovare in Nietzsche una teoria della metafora generalizzata, che riposa sulla perdita del proprio.

Da una parte, non c’è metafora senza uno spogliarsi

dell’individualità , senza travestimento,senza

metamorfosi. Per trasporre , è necessario potersi trasporre,poter aver vinto i limiti dell’individualità ; è necessario che il medesimo partecipi all’altro , sia altro.

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L’uomo può avere delle rappresentazioni del tutto

improprie delle vere essenze del mondo. A queste rappresentazioni corrispondono delle sfere simboliche più o meno appropriate. Né le rappresentazioni né le lingue simboliche sono tra loro equivalenti.

Dal momento che la lingua musicale è la migliore metafora, tutte le altre espressioni ne sono a loro volta delle metafore più o meno grossolane: la metafora più appropriata assume, in rapporto a tutte le altre, lo statuto di proprio.

Il Linguaggio del suono è universale : consonanti e vocali creano e sono fondamentali per il Simbolismo del Gesto; così come la forza dell’espressione musicale tramite intervallo e ritmo .

La musica quindi è il necessario supplemento al mondo , il più bel linguaggio che riesce a esprimere meglio l’universalità delle forme dei fenomeni ( musica o

melodia del mondo).

Il linguaggio concettuale invece è il più povero, quello il cui senso simbolico è più debole e che non può ritrovare la forza se non grazie alla musica o alle immagini poetiche.

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La metafora non è più , come nella definizione aristotelica riferita al concetto, non può conservarsi su una divisione del mondo in generi e specie corrispondenti alle essenze ; in Nietzsche , essendo enigmatica l’essenza

delle cose , generi e specie sono soltanto delle metafore umane, troppo umane.

Il trasporto non può essere concepito qui come passaggio da un luogo a un altro.

Questo trasporto stesso è una metafora e il concetto di metafora è soltanto una metafora; metafora significa, ne “La nascita della tragedia”, trasfigurazione,

trasformazione, estasi, spossessamento di sé,metamorfosi (possibile soltanto se la distinzione in generi e specie ben delimitati viene cancellata); ma metafora significa soprattutto: trasposizione della verità dell’Essere in

linguaggi simbolici.

Nei testi successivi, il concetto di metafora, dopo esser servito alla sua generalizzazione, perderà la sua importanza. Nietzsche gli sostituirà le nozioni di testo e di interpretazione . In quelle stesse opere in cui si

cancella la metafora come concetto strategico, il proprio è pensato soltanto come prodotto di un’interpretazione,

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mentre la metafora, alla luce di questi nuovi concetti operativi, è soltanto un concetto metaforico e simbolico della forza artistica dell’interpretazione costitutiva del

proprio, del concetto come del metaforico. Questa forza

artistica sarà denominata volontà di potenza.

Tuttavia il rovesciamento operato nel rapporto che lega la metafora al concetto, rende possibile una concezione nuova della filosofia , dello stile del linguaggio filosofico e delle relazioni che essa intrattiene con l’arte e con la

scienza.

Nietzsche instaura così, un tipo di filosofia che impiega deliberatamente metafore, rischiando di essere confusa con la poesia. Parlare attraverso metafore significa far ritrovare alla lingua la sua espressione più naturale, dove il filosofo non gioca con le metafore , usa l’immaginazione : inventa su ciò che conosce.

“L’opposizione fra metafora e concetto è espressa mediante quella fra due tipi di filosofi, Eraclito e

Aristotele, e mediante l’opposizione fra Dioniso e Socrate. Fra i due vi è un «abisso» immenso; «abisso» è

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della personalità, della cancellazione della metafora a

vantaggio del concetto. Dopo Socrate, i filosofi sono i

falsificatori della teologia.

Questo oblio della metafora è anche originario; è il

correlato necessario dell’attività metaforica: quest’ultima, «forza artistica che crea finzioni», è un’attività istintiva, specifica, inconscia, che mira a una dominazione unitaria del mondo.

La coscienza può parlarne soltanto in modo metaforico,

assumendo le sue proprie attività come modelli, poiché

queste non sono che un prolungamento e un via indiretta

e semplificata di manifestazione dell’attività istintiva.

Il corpo e la coscienza sono due sistemi di segni, ma la

«buona retorica» deve prendere il corpo come filo

conduttore. L’arte e la retorica sono i due modelli privilegiati da Nietzsche per parlare di questa attività

inconscia.

Il concetto, prodotto dell’attività metaforica, gioca un

ruolo fondamentale nel suo oblio, nella misura in cui esso

cela il carattere metaforico del processo di

generalizzazione fondandolo su una generalità

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metaforica, ne assicura la stabilità, nello stesso istante in

cui mantiene l’oblio della genesi del processo, come di ogni genesi.

Il concetto avvia, accanto all’oblio originario, una rimozione secondaria. È «l’irrigidimento, l’indurimento

delle metafore» nei concetti, che ne cancellano la genesi.

Non è il risultato di un’evoluzione naturale ma la

conseguenza di una trasformazione in rapporti di forza.

Le forze alleate della morale, della religione, della

società rimuovono l’attività metaforica imponendo una «memoria sociale», che funge da forza di contro-

investimento all’oblio originario.

Sono delle forze «morali» che hanno scavato l’«abisso»

fra la metafora e il concetto e che, attraverso il

rovesciamento di prospettiva che hanno introdotto, hanno

permesso alla fine una falsificazione della storia dei

concetti.

La metafora dell’usura monetaria è insufficiente per dire l’oblio: essa non rende conto dei rapporti di violenza all’origine del processo di rimozione.

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L’oblio non è una semplice cancellazione nel tempo, ma il prodotto di un mutamento di prospettiva.”20

Sia la metafora dell’oblio sia la concezione della storia

rompono il tradizionale concetto di tempo. L’attività metaforica è istintiva perché è inconscia: l’ uomo come “animale metaforico”21

.

La coscienza può parlare solo in metafore , prendendo a modello le sue attività: consce e inconsce. Esse hanno lo stesso oggetto delle metafore delle attività corporee, dove il corpo descrive una collezione di numerose anime. Anima e corpo: tra questi c’è una relazione originale di simbolica espressività.

Il mondo in cui noi diventiamo consci è solo un mondo di superficie , in ogni istante abbiamo bisogno di arte per vivere. I nostri occhi si bloccano alle forme , ma se acquisiamo lentamente un diverso sguardo allora arriviamo alla forza artistica. Il potere dell’inconscio

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Sarah Kofman “ Nietzsche and Metaphor” traduzione di Duncan Large, Stanford University press ,1993, pag19-20.

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Sarah Kofman “ Nietzsche and Metaphor” traduzione di Duncan Large, Stanford University press ,1993, pag25.

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artistico crea le immagini negli occhi e nei pensieri, come l’arte è creatrice di nuove forme.

Il modello retorico descrive e trasporta in un mondo di schemi esplicativi che non sono appropriati per esprimere l’uomo stesso.

Ogni linguaggio introduce categorie artificiali e divisioni, ma non arriva all’originaria entità. Così il concetto, è un condensato di molteplici metafore e metonimie.

Nietzsche si sofferma sul concetto genealogico della storia, rispetto a quello lineare. Nell’Anticristo , mostra come il sacerdote trasforma la sua concezione di divinità

sotto la pressione delle circostanze storiche.

Originariamente il Dio è forte, guerriero, generoso. Successivamente il potere e i principi naturali della moralità sono riposizionati in principi morali del peccato: diventando così il simbolo della decadenza.

Il trionfo di un'unica prospettiva segna la vittoria della morte sopra la vita , di idee ascetiche sopra idee artistiche, di Cristo sopra Dioniso.

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Nietzsche rivivifica il linguaggio, operando come un poeta: muta le norme del pensiero e dell’azione,

trasforma la schiavitù in libertà, la «realtà» in sogno.

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