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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA
Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere
Corso in Filosofia e Forme del Sapere
METAFORA E SIMBOLO :
TRA NIETZSCHE E CASSIRER
Candidata Relatore
Caterina Benvenuti Professor Alfonso Iacono
Correlatore
Professor Giuliano Campioni
ANNO ACCADEMICO 2015-2016
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Indice :
Introduzione
Capitolo 1: Nietzsche : metafora e filosofia del mattino 5
1.1 Conoscenza, immagine e metafora 5 1.2 Volontà di potenza 11
1.3 Il cammino di Zarathustra e filosofia del mattino 14
Capitolo 2: Nietzsche: verità e metafora 23
2.1 Linguaggio e verità 23
2.2 L’uomo e le sue creazioni 31
Capitolo 3 :Sarah Kofman : Nietzsche e la metafora 39 3.1 Nietzsche e la metafora 39 3.2 Le metafore architettoniche 47
Capitolo 4 : Blumemberg : paradigmi di una metaforologia 58 4.1 Sviluppo di una metaforologia 58 4.2 Tra mito e metafora 68
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Capitolo 5: Cassirer e le forme simboliche 73
5.1La conoscenza 73
5.2 Il mito 80
5.3 Il linguaggio 82
5.4 Tra mito e linguaggio : la metafora radicale 87
Conclusione
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Sigle delle opere di Nietzsche :
MA Umano, troppo umano I
FW La Gaia scienza Za Così parlò Zarathustra FP Frammenti postumi M Aurora
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Introduzione
In questo mio lavoro di tesi ho deciso di affrontare un tema che spesso viene messo in secondo piano , rispetto ai temi fondanti della filosofia di Nietzsche.
Ho approfondito la parte più specifica della riflessione nitzscheana sul linguaggio e in particolar modo mi sono concentrata sul ruolo della metafora.
Nietzsche , si occupa del linguaggio in diversi scritti e soprattutto in diversi periodi della sua attività filosofica, però senza mai dare una visione unica e completa , ma declinando il problema del linguaggio sotto diverse prospettive che attraggono la sua attenzione e il suo interesse momentaneo.
Egli infatti , si sofferma sul ruolo specifico del linguaggio , ma in una visione più generale dove questo si intreccia inevitabilmente con la riflessione sulla conoscenza e sull’espressione artistica.
Così , il linguaggio viene continuamente messo in relazione con l’arte , con la scienza , con la verità, con
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l’illusione , con l’espressione creativa , ma anche con la
convenzione , ed è proprio da questa relazione che Nietzsche approfondirà il tema in Su verità e menzogna in
senso extra-morale.
Nel primo capitolo ho introdotto le caratteristiche della conoscenza nietzscheana , ripercorrendo parallelamente le tappe decisive da una parte dello stile mutevole di Nietzsche che culmina nell’aforisma, e dall’altra parte di
pari passo con il viaggio dello spirito libero che culmina nella filosofia del mattino di Zarathustra.
Nel secondo capitolo , invece , mi sono addentrata nello studio del testo Su verità e menzogna in senso
extra-morale, soffermandomi sulle caratteristiche principali del
linguaggio , attraverso il ruolo della metafora , che viene messa in rilievo nella parte conclusiva del testo.
Nel terzo capitolo ho fatto riferimento diretto al testo in traduzione inglese di Sarah Kofman Nietzsche and
Metaphor . La considerazione della Kofman parte da una
sua interpretazione personale del rapporto nitzscheano tra verità e metafora, che ha base portante su uno degli argomenti più importanti del filosofo tedesco: la volontà di potenza. Le immagini e le metafore che la Kofman
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presenta sono volte a dare vigore alla dualità intrinseca dell’individuo , scisso continuamente dal suo essere
razionale in contrasto con quello irrazionale.
Nel quarto capitolo ho introdotto una diversa visione del ruolo della metafora , con il testo di Blumemberg. Tramite lo studio del linguaggio nelle diverse epoche storiche , l’autore arriva a definire quelle che sono le metafore assolute dell’individuo , arrivando al complesso
sistema della metaforologia.
Nel capitolo quinto ho deciso di concludere il mio lavoro provando a collegare le diverse visioni analizzate nei precedenti capitoli , con la filosofia delle forme simboliche di Cassirer.
La complessità e la chiarezza di Cassirer portano alla determinazione di un vero e proprio assetto conoscitivo , che pone l’uomo al centro come creatore di vere e proprie forme simboliche . In particolar modo risulta fondamentale l’importanza data al mito e al linguaggio,
nella loro singolarità , ma soprattutto nella loro forte relazione che riesce, secondo Cassirer , a creare quella che lui stesso chiamerà metafora radicale.
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CAPITOLO 1
NIETZSCHE: METAFORA E FILOSOFIA
DEL MATTINO
1.1 Conoscenza , immagine e metafora
L’idea portante della riflessione nietzscheana è quella secondo cui la vita potrebbe essere un esperimento di chi
è volto alla conoscenza.
La figura dello spirito libero, quella appunto del
tentatore, sperimentatore nella conoscenza, viene
caricata di un compito fondamentale: conoscere in ogni
tempo nel miglior modo possibile, non chiedere alle cose
nulla più se non di conoscerle.
Il viandante, libero dalle catene della società , si allontana da questa, soprattutto per le imposizioni culturali e scientifiche che portano l’individuo a bloccarsi . Infatti proprio la scienza e l’uso della ragione vengono
rivalutate dal filosofo durante tutto il suo iter bibliografico.
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Proprio per questo, Nietzsche non si aspetta dalla scienza una immagine del mondo più vera ma più obiettiva, espressa cioè senza la immediata pressione di interessi e passioni, nella consapevolezza della pluralità di ottiche prospettiche da mettere in gioco.
Per Nietzsche il nostro conoscere è come un punto nel sistema, come un occhio, la forza e il campo visivo del quale crescono lentamente, abbracciando estensioni
sempre più vaste. Questa attività dell’occhio coinvolge, impregna tutte le cose in una attività costante, crescente e dilagante. Il presupposto della conoscenza è allora la limitazione – spacciata per un criterio di misura: eliminata questa limitazione, non rimarrebbe conoscenza. In questo senso, l’errore, la parvenza illusoria sono base
della conoscenza.
“La nuova passione. Perché temiamo ed odiamo un possibile ritorno alla barbarie? Perché farebbe gli
uomini più infelici di quel che sono?
Ah no! I barbari di ogni tempo avevano una felicità
maggiore: non inganniamoci! Ma il nostro istinto della
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felicità senza conoscenza, o la felicità di una robusta e
salda illusione: è penoso anche soltanto immaginarci un
tale stato.
L'irrequietezza dello scoprire e dell'indovinare è divenuta
per noi affascinante ed indispensabile come l'infelice
amore per chi ama: a nessun prezzo egli lo scambierebbe
con uno stato d'indifferenza; - anzi, forse anche noi siamo
amanti infelici!
In noi la conoscenza si è mutata nella passione che non
teme nessun sacrificio, e in fondo di nulla ha paura se
non del suo proprio estinguersi; noi sinceramente
crediamo che tutta quanta l'umanità dovrebbe reputarsi,
sotto l'oppressione e il dolore di questa passione, più in
alto e più racconsolata di quanto non lo sia stata fino al
momento in cui non aveva ancora superato l'invidia per
quel più rozzo benessere che accompagna la barbarie.
Forse potrà anche darsi che l'umanità perisca per questa
passione della conoscenza — ma anche questo pensiero
non ha alcun potere su di noi. Forse che il cristianesimo
ha mai provato timore di fronte a un pensiero analogo?
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Sì, noi odiamo la barbarie - piuttosto che retroceda la
conoscenza noi tutti preferiamo che l'umanità perisca!
E infine, se l'umanità non trova per una passione la sua
distruzione, la troverà per una sua debolezza : che cosa
si preferisce? È questo il problema principale. Vogliamo
per essa un epilogo nel fuoco e nella luce , oppure nella
polvere?”1
L'aforisma è molto efficace nell'esibire la nuova polarità barbarie- conoscenza e il nuovo modello di umanità corrispondente allo spirito libero, capace di scrollarsi di dosso tutte le catene per vivere solo.
La messa in atto di questo nuovo modo di pensare del
filosofo, la possiamo rintracciare principalmente
nell’evolversi e soprattutto nel modificarsi del suo stile .
Se attraversiamo tutti i diversi modi di scrittura , possiamo notare che il viaggio porta ad un cambiamento netto e decisivo; si arriva infatti alla meta finale, al culmine che è rappresentato dalla pregnanza coincisa dell’aforisma.
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F. NIETZSCHE ,M, §429, traduzione di F. Masini, Adelphi Edizioni, Milano, 1978, pag 215-216
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Però l’elemento decisivo di Nietzsche lo possiamo ritrovare anche a partire dalla sua prosa, carica di allusioni letterarie e artistiche che si intrecciano tra loro. I luoghi letterari, i passi , le immagini e ancora le argomentazioni, i concetti e le diverse esperienze diventano motivo di riflessione.
Ogni pensiero diventa un evento, un superamento, un moto verso lo spirito.
Un’analisi dei testi mostra come le scelte stilistiche di
Nietzsche siano sempre state dettate dal tentativo di presentare i propri pensieri nella forma più immediata ed efficace. L’aforisma rappresenta il momento di
liberazione , riesce così ad esternare i contenuti del suo pensiero nella forma migliore.
Dopo anni di studio condotto con il metodo tradizionale della ricerca filologia espressa sotto forma di saggio, trova così la sua naturale evoluzione non solo dal punto di vista del contenuto, ma soprattutto dal punto di vista della forma.
Uno stile più incisivo e icastico ma la forma dell’aforisma
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manifesta il suo spirito libero in un mare di riferimenti, immagini e visioni.
La conoscenza è il mezzo con cui si possono rappresentare le cose del mondo reale, ma Nietzsche critica l’uomo che crede, attraverso il linguaggio, di
possedere la verità .
“ Noi uomini moderni andiamo cauti con le convinzioni ultime; la nostra diffidenza se ne sta in agguato contro gli
incantesimi e i maliziosi raggiri della coscienza che si
trovano in ogni salda credenza , in ogni sì e no
incondizionati: come si spiega questo? [..]
Con ciò si va plasmando un’inclinazione conoscitiva,
diremmo quasi epicurea, che non vuole lasciarsi sfuggire
a buon mercato il carattere problematico delle cose; e
parimenti prende forma un’avversione alle grandi parole e agli atteggiamenti morali, un gusto che disdegna ogni
rozza e massiccia antitesi ed è orgogliosamente
consapevole del suo esercizio di riserbo.
È questo infatti a costituire il nostro orgoglio,questo
leggero tirar le briglie al nostro anelito di certezza che si
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cavaliere nelle sue più sfrenate cavalcate : abbiamo
infatti pur sempre sotto di noi furibondi animali
gagliardi, e se s’indugia , il pericolo è l’ultima cosa che ci fa indugiare …”2
La passione della conoscenza di Nietzsche si realizza in un’attenzione costante , ed è quindi sempre pronta a
rimettere in discussione le opinioni consolidate con infinite interpretazioni.
Il linguaggio non è qualcosa di stabilito una volta per tutte , anzi si deve provare stupore per arrivare alla verità. Così possiamo riprendere la figura del filosofo, che vive in solitudine , perché, dopo aver preso coscienza della verità che si nasconde dietro l’apparenza dei
fenomeni, si trova su un piano esistenziale diverso da quello in cui si trova la maggior parte degli uomini comuni.
Si deve riscoprire la spinta filosofica e ridare colore e vivacità all’interesse verso la natura , liberando l’uomo dalle sue catene. In questo senso Nietzsche non propone
2 F. NIETZSCHE , FW, V, § 375 , traduzione di F. Masini , Adelphi Edizioni, Milano
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tanto una filosofia conclusa, quanto il filosofare come continua ricerca, come inesauribile problematicità, come un’operazione sempre in divenire, circolare e che si trova
a dover far fronte a contraddizioni, perché tale è l’oggetto del conoscere.
1.2 Volontà di potenza
La conoscenza mette in gioco l’individuo in prima persona e tutto ciò che è legato alla sua socialità nel mondo reale; in modo particolare l’uso del linguaggio e
degli schemi metaforici che lo accomunano al resto della civiltà. Si è arrivati ,infatti, a sostenere che il gioco delle metafore sia solo uno strumento per far agire la volontà di potenza , lasciando peraltro questa nell’ambiguità della sua definizione, come fa Sara
Kofman in “Nietzsche and Metaphor” . La volontà di potenza invece è qualcosa di più complesso , e non può
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essere considerata il punto centrale per comprendere il pensiero nietzscheano.
La volontà di potenza è la vita stessa: ovunque è vita è anche volontà di potenza; tutto ciò che passa per tendenza o istinto è propriamente volontà di potenza: in tutte le forme della vita si esprime, magari tortuosamente, la stessa forza affermativa di dominio e possesso; l’impulso
stesso al superamento di sé, alla vittoria su sé stessi non è che un'altra modalità di espansione della potenza.
È una formula per significare la vita nelle sue articolazioni, un altro modo di dire vita; anzi, la sua connotazione conflittuale ne rivela la strutturale complessità.
La volontà di potenza è la pluralità di forze in conflitto reciproco: la vita è presentata come gioco e contrasto di forze.
“ ‘Volontà di verità’ ,o saggissimi,voi chiamate ciò che vi incalza e vi riempie di desiderio?
Volontà di rendere pensabile tutto l’essere: così chiamo
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Tutto quanto è, voi volete prima di tutto farlo pensabile :
giacché con buona diffidenza dubitate che sia già
pensabile.
Ma esso deve adattarsi e piegarsi a voi! Così vuole la
vostra volontà. Levigato deve diventare e soggetto allo
spirito, come suo specchio e immagine riflessa.
Questa è la vostra volontà tutta intera, saggissimi, in
quanto una volontà di potenza; e anche quando parlate
del bene e del male e dei valori.
Voi volete ancora creare il mondo, davanti al quale
possiate inginocchiarvi: questa è la vostra ultima
speranza ed ebbrezza. [..]
E la vita stessa mi ha confidato questo segreto: <<Vedi,
disse, io sono il continuo ,necessario superamento di me
stessa.
Certo, voi chiamate tutto ciò volontà di generare o
istinto verso lo scopo, verso sempre maggiore altezza,
lontananza, varietà : ma tutto questo non è che uno
stesso e identico mistero.
Piuttosto preferisco tramontare che rinunciare a questa
sola cosa; e invero, dov’è tramonto e cader di foglie,
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Che io non possa essere se non lotta e divenire e scopo e
contraddizione degli scopi: ah, colui che indovina la mia
volontà, indovina certo anche per quali sentieri tortuosi
egli è obbligato a camminare!
Qualunque cosa io crei e comunque l'ami,- ne debbo ben
presto essere avversaria, avversaria del mio amore: così
vuole la mia volontà.
E anche tu, uomo della conoscenza, non sei che un
sentiero e l'orma della mia volontà: in verità, la mia
volontà di potenza cammina anche sulle gambe della tua
volontà di verità![..]
Solo dove è vita, è anche volontà: ma non volontà di vita,
bensì - così ti insegno io - volontà di potenza!
Molte cose per il vivente hanno valore più della vita
stessa; ma anche dal suo porre valori parla - la volontà
di potenza!>>”3
La volontà di potenza non può quindi essere letta in alcun modo come un principio metafisico, né giustificare un’interpretazione generale del pensiero di Nietzsche.
3
F .NIETZSCHE, Za , Piccola Biblioteca Adelphi, Adelphi Edizioni, Milano 2012,
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1.3 Il cammino di Zarathustra e la filosofia del
mattino
Nietzsche è interessato a comprendere l’atto
immaginativo in se stesso falsificante della nostra mente, il carattere artistico delle nostre rappresentazioni : esse sono sempre illusorie ed erronee , e non perché siano sbagliate , ma perché essenzialmente sono creazioni metaforiche, trasposizioni di comodo che nulla hanno a che vedere con le cose rappresentate.
“ Che cos’è dunque la verità? Un mobile esercito di metafore, metonimie , antropomorfismi, in breve una
somma di relazioni umane che sono state potenziate
poeticamente e retoricamente , che sono state trasferite
e abbellite , e che dopo un lungo uso sembrano al popolo
solide, canoniche e vincolanti.”4
4F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca
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La conoscenza è in un rapporto simulativo con la realtà: che sia conoscenza teoretica, estetica o morale.
Ma ogni cosa può rivelare un secondo significato, e ciò accade anche nel presente caso: questo rapporto simulativo , immaginativo, falsificante, prospettico, per Nietzsche è anche il simbolo della libertà dell’uomo.
E lo stesso discorso vale anche per la più alta forma di conoscenza , cioè la scepsi. Questo esercizio assume per Nietzsche un profondo valore aggiunto, perché consiste fondamentalmente nel mettere in discussione le opinioni più ovvie e consolidate , e persino i giudizi ritenuti incontestabili , inconfutabili , in una sorta di riflessione divagante.
Tutto ciò, però ha in sé anche un senso autenticamente affermativo , perché libera lo spazio della mente a nuove ipotesi , prospettive, interpretazioni, esperimenti. Si capisce così , come la conoscenza per Nietzsche sia una continua opportunità riservata per l’essere umano.
Con uno sguardo storico e critico Nietzsche vedeva che le opinioni divenute certezze inamovibili possono impedire all’uomo di crescere , di liberarsi, di essere felice: in una
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Così si diventa spiriti liberi, viandanti solitari , come possiamo vedere nel testo che presenta la figura di
Zarathustra.
In realtà, se leggiamo “Così parlò Zarathustra”, capiamo che il filosofo non può star solo tutta una vita e che il periodo di solitudine è propedeutico all'incontro con altri. Dopo dieci anni trascorsi sui monti Zarathustra si stanca, infatti, della propria solitudine e non appena egli scende fra gli uomini si accorge che non sono pronti ad ascoltare le sue parole, di cui ridono, incapaci di comprendere chi ha vissuto tanto al di fuori di schemi comunemente accettati. Poiché non sono in grado di capire chi sia il superuomo, Zarathustra decide di far capire loro chi è l'ultimo uomo, e il suo discorso inizia così:
“E’ tempo che l'uomo fissi la propria meta. È tempo che
l'uomo pianti il seme della sua speranza più alta. Il suo
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terreno un giorno sarà impoverito e addomesticato, e
non ne potrà più crescere un albero superbo.”5
Ora, la docilità, l'essere addomesticato, sono condizioni proprie di chi, a seguito della ripetizione di determinati atti o espressioni, si è abituato allo stato di cose presente. Si addomestica l'uomo che accetta la realtà così com'è, seppur illusoria e priva di verità. Abituatosi alle convenzioni vigenti, l'essere umano dimentica che il linguaggio, i valori, le sicurezze di cui vive, altro non sono che invenzioni create per il quieto vivere, fissate in usi comunemente accettati per il buon vivere della società. La consuetudine ha permesso che venissero fissati i significati linguistici e le convenzioni hanno concesso agli uomini di vivere tranquillamente. Questi hanno assegnato un nome per ogni determinata cosa: hanno creato un linguaggio che permette loro di possedere una legge valida collettivamente e hanno
5
F .NIETZSCHE, Za , Piccola Biblioteca Adelphi, Adelphi Edizioni, Milano, 2012,
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chiamato verità la corrispondenza fra cose e designazioni linguistiche.
L'illusione di aver espresso mediante il linguaggio la verità sulle cose dunque non è stata qualcosa del tutto negativa, perché è grazie alla fiducia sul suo potere che l'uomo ha potuto sviluppare la propria ragione. La convinzione che un'affermazione sia giusta permette di
costruire scienza indipendentemente dalla verità
dell'affermazione stessa. Anche su un'illusione, ci dice Nietzsche, è possibile creare un intero sistema, così come nella vita di tutti i giorni solide relazioni umane
funzionano perfettamente poggiandosi su false
convinzioni, almeno fino a che gli interlocutori si muovono sullo stesso erroneo piano.
L'abitudine ad associare una parola a un concetto, o anche una persona a un carattere, in seguito alla ripetizione si tramuta in convinzione e, ad un livello più alto, in verità.
Ogni atto ripetuto rischia però di divenire
un'assuefazione. Posti ogni giorno dinanzi ad
affermazioni che non sono vere ma che vengono a più riprese presentate come tali, ci si convince della loro
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attendibilità ma, anche laddove non si venga convinti, si sente il naturale bisogno di crederci.
L'insegnamento di Zarathustra sta proprio in questo. Abbiamo a che fare con un uomo che ha vissuto isolato per un lungo periodo di tempo, durante il quale non ha subito l'influsso di nessuna mentalità estranea alla propria. Si è presentato limpido di pensiero a una folla già perfettamente inserita in un sistema sociale, in cui vigono determinate leggi e convinzioni. Questa sorta di eremita possiede tuttavia un linguaggio in comune con tale folla, dato che ha vissuto perlomeno trent'anni della propria vita con essa. Il possesso da parte di tutti di questo strumento è fondamentale, perché senza di esso non esisterebbe quell'elemento comune che permette di comunicare. In quei dieci anni di isolamento, però, Zarathustra non ha usato quel mezzo con nessun altro essere umano, né ha condiviso le proprie idee, ma ha riflettuto autonomamente su ciò che egli è ed è divenuto, e su ciò che qualsiasi uomo dovrebbe divenire. È andato oltre sé stesso pur rimanendo sempre presso di sé.
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La verità non può essere trasmessa direttamente ma solo per suggerimento: ogni singolo individuo deve compiere il proprio personale cammino. La verità che possediamo, ci suggerisce Nietzsche, è un'illusione creata per avere un terreno comune in cui comunicare e di cui servirci temporaneamente per poter sopravvivere fino a che ognuno non avrà compiuto la sua personale scoperta. Gli uomini si muovono a proprio agio e uniti solo nel terreno della menzogna. Il vero danno e le vere problematiche sorgono dinanzi alla verità che spaventa per il riflesso che offre a chi la guardi.
Eppure di un tale inganno l'uomo ha bisogno.
In Umano, troppo umano il viandante risorge nella
filosofia del mattino.
“Chi anche solo in una certa misura è giunto alla libertà della ragione, non può poi sentirsi sulla terra nient’altro
che un viandante – per quanto non un viaggiatore diretto
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nell’equilibrio dell’anima mattinale, egli passeggerà sotto gli alberi, gli cadranno intorno dalle cime e dai
recessi del fogliame solo cose buone e chiare, i doni di
tutti quegli spiriti liberi che abitano sul monte, nel bosco
e nella solitudine e che, simili a lui, nella loro maniera
ora gioiosa e ora meditabonda sono viandanti e filosofi.
Nati dai misteri del mattino, essi meditano come mai il
giorno, fra il decimo e il dodicesimo rintocco di
campana, possa avere un volto così puro, così luminoso,
così trasfiguratamente sereno: essi cercano la filosofia
del mattino.”6
Si ha così la liberazione dalle catene della morale del gregge e dalle verità metafisiche , provocando un’esplosione di potenza creatrice che si manifesta come
ricerca e come attitudine artistica.
La forza di Nietzsche è proprio nell’atteggiamento dell’artista, creativo e spregiudicato che fa esperienza e
sperimenta ogni prospettiva con entusiastica pienezza e vitalità , tanto da renderlo uno spirito libero appassionato
6 F .NIETZSCHE, MA , I , 638, Piccola Biblioteca Adelphi, Adelphi Edizioni,
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esploratore di nuove terre e di nuovi orizzonti. L’esistenza anche se insondabile e imprevedibile porterà
al viaggiatore nuovi risvegli sorprendenti e nello sguardo dei viandanti e dei filosofi troverà il proprio fermento creativo.
La metafora del viaggio è quindi la condizione primaria di esistenza per Nietzsche , dove il wanderer non è protetto da verità e certezze indissolubili, ma sconvolto dalle passioni e dai rumori caotici della natura. La quiete è solo la calma che caratterizza l’attesa di un nuovo
viaggio, e di nuove imprese nelle tempeste della creatività.
La verità è come un viaggio continuo , che l’uomo fa per
liberarsi dalle catene del passato.
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CAPITOLO 2
NIETZSCHE : VERITA’ E METAFORA
2.1 Linguaggio e verità
Nietzsche nei suoi testi affronta il problema della conoscenza. In particolar modo si sofferma sul linguaggio e sull’esigenza di fondare la sua gnoseologia, rendendo
comprensibile come si può accedere alla verità.
Affrontando il concetto di verità Nietzsche muove una critica generale alla filosofia e in particolare alla tradizione metafisica. Considerare il problema della verità in Nietzsche non significa individuare una questione tra le altre nel suo filosofare, bensì misurarsi con un tema ricorrente e centrale del suo pensiero. Egli, proprio affrontando la questione della verità, assegna un ruolo particolare alla filosofia. È da notare che la sua critica al concetto di verità non porta a una definizione ultima e univoca di cosa sia da intendere per «verità», quanto ad
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un’analisi e ridefinizione del concetto stesso, che diventa
una ridefinizione della stessa filosofia.
La verità, nelle varie accezioni in cui viene considerata e nei vari significati che essa assume, presenta un aspetto dinamico, problematico, le sue definizioni sono apparentemente inconciliabili e contraddittorie, perché contraddirsi è per Nietzsche un tratto proprio della verità ed è segno della sua vitalità. Solo in questo modo la verità non appare più come un dato fisso e immobile, né come semplice corrispondenza, ma si rivela nella sua natura «operativa», «attiva», «relazionale», come strumento produttivo e utile alla vita.
Il primo scritto che si occupa di questo è il breve testo
“Su verità e menzogna in senso extramorale”.
L’intelletto viene definito come “ misterioso , fugace,
vano e arbitrario”7
, la sua funzione è proprio quella di ingannare e mentire attraverso la forza della finzione.
L’intelletto come strumento necessario
all’autoconservazione dispiega le sue forze nell’arte della
finzione :
7 F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca
30
“Illudere,adulare,mentire,ingannare […] ,il continuo
svolazzare attorno alla fiamma della vanità costituisce a
tal punto la regola e la legge, che nulla , si può dire , è
più incomprensibile del fatto che fra gli uomini possa
sorgere un impulso onesto e puro verso la verità.”8
Egli paragona l’illusione in cui l’uomo vive,schiavo di un’impotenza percettiva, a quella che si produce nel
sogno.
Col passare del tempo la verità, rimanda solo a ciò che è utile a garantire la pace nella comunità sociale; dove l’uomo:
“ per bisogno o per noia vuole esistere socialmente come in un gregge, spinto a concludere la pace.”9
L’uomo originariamente immerso in un sogno d’illusione,
crea il proprio linguaggio e modella le parole su quello
8
F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca Adelphi , traduzione di Giorgio Colli, Adelphi Edizioni, Milano, 2015, pag.13
9
F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca Adelphi ,traduzione di Giorgio Colli, Adelphi Edizioni, Milano, 2015, pag.14.
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che crede essere coerente alla cosa stessa: Nietzsche criticherà proprio ciò .
“Viene fissato ciò che in seguito dovrà essere la verità ,
in altre parole, viene inventata una designazione delle
cose uniformemente valida e vincolante , e la legislazione
del linguaggio fornisce altresì le prime leggi della verità.
Sorge qui, infatti , per la prima volta , il contrasto tra
verità e menzogna. Il mentitore adopera le designazioni,
le parole, per far apparire come reale ciò che non è
reale.”10
La parola qui è identificata come «designazione valida» comunemente riconosciuta, portatrice solo di inganni. Il linguaggio designa soltanto:
“la relazione delle cose che gli uomini e ricorre all’aiuto
delle più ardite metafore per esprimere tali relazioni.”11
10
F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca Adelphi , traduzione di Giorgio Colli, Adelphi Edizioni, Milano, 2015, pag.15.
11
F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca Adelphi , traduzione di Giorgio Colli, Adelphi Edizioni, Milano, 2015, pag.17
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Così il filosofo ci mostra che il processo linguistico procede da una prima metafora , in cui uno stimolo nervoso è trasformato in un’immagine ,a una seconda metafora ,in cui l’immagine è plasmata in un suono
corrispondente.
“ Ogni volta si ha un cambiamento completo della sfera, un passaggio a una sfera del tutto differente e nuova.”12
Attraverso trasposizioni significanti dell’immagine al suono e del suono al concetto l’uomo si costruisce le sue
verità, le assume come forme linguistiche assolute e valide in quanto fondate logicamente e necessarie alla convivenza sociale. Qui la convenzione linguistica è un atto di reciproca convenienza dettato dal bisogno di conservarsi.
L’elemento metaforico, in Nietzsche, è uno schermo per
la vera essenza delle cose; anche le nostre pretese conoscenze sono minate fin dall’origine da un linguaggio
che non segue un procedimento logico.
12 F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca
33
L’elaborazione metaforica, che presiede al costituirsi
della «verità relazionale» del linguaggio, ovvero la formazione di parole e concetti assunti come definizioni del rapportarsi del soggetto alle cose, è al centro della discussione, dove la struttura metaforica del linguaggio fornisce una chiave di spiegazione critica del rapporto tra percezione sensoriale ed astrazione concettuale. La metafora assume il valore filosofico di esemplificare criticamente l’origine arbitraria del linguaggio.
È importante considerare che questa definizione di metafora è profondamente legata a quella di simbolo. Così, la trasposizione ha una cruciale funzione cognitiva: mettendo in relazione le due sfere diverse, rende possibile la dimensione simbolica della rappresentazione stessa del mondo. Il meccanismo della metafora, pertanto, finisce per coincidere con l’essenza del linguaggio e, in definitiva, con l’impulso artistico dell’essere umano a interpretare l’ambiente che lo
circonda.
Così , anche se il linguaggio è un simbolismo imperfetto che, a causa della sua natura duplice , non riesce tradurre
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il sentimento reale; resta comunque il fatto che esso è un’importante facoltà simbolica dell’essere umano.
Che cosa significa allora il diventare cosciente di un
moto della volontà? Si tratta di un simboleggiare che
diventa sempre più chiaro. Il linguaggio, la parola non
sono altro che simboli. Il pensiero, cioè la
rappresentazione cosciente, non consiste in altro che nel
farsi presenti i simboli linguistici, nel collegarli.
E poiché il linguaggio è un sistema arbitrario di metafore, l’origine della società si avrà nel momento in cui un
determinato sistema di metafore si imporrà,
arbitrariamente , sugli altri fino a perdere il suo carattere illusorio e ridursi , privo del suo rivestimento simbolico , a presunta identità con l’essenza della cosa, cioè verità.
“ Egli mente dunque incoscientemente e per una abitudine secolare , giungendo al sentimento della verità
proprio attraverso questa incoscienza , proprio
attraverso questo oblio”.13
13 F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca
35
Così l’uomo obbligato a una verità vincolante, cioè a
mentire, crea un linguaggio che si cristallizza in una complessa dimensione concettuale perdendo il carattere di creazione metaforica.
“ Come essere razionale ,egli pone ora il suo agire sotto il dominio delle astrazioni; non ammette più di essere
trascinato dalle impressioni istantanee e dalle
intuizioni,generalizza tutte queste impressioni,traendone
concetti scoloriti e tiepidi, per aggiogare ad essi il carro
della sua vita e della sua azione.”14
I concetti garantiscono una supremazia della verità intesa, in prima istanza, come mera produzione utilitaristica di ordine nella percezione del mondo empirico attuata dall’uomo e, in seconda istanza, come assicurazione di
una presunta pace sociale che guidi l’azione del singolo. L’uomo sociale è, prima di tutto, un uomo razionale e con
questo Nietzsche intende: un uomo che si concepisce
14 F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca
36
come metro di giudizio e di costruzione della realtà. La sua fede nel concetto costituisce il fondamento della sua fede nella sostanza e nella possibilità di avervi accesso, in qualche modo. Essa quindi è il rifiuto della natura metaforica del linguaggio.
2.2 L’uomo e le sue creazioni
Nietzsche tramite il paragone con le costruzioni dei Romani e degli Egizi, matematicamente determinate e il lavoro delle api, definisce l’uomo, un genio costruttivo :
“ L’uomo costruisce con la materia assai più tenue dei concetti che deve fabbricarsi da sé.”15
In questa costruzione però l’essere umano non va alla
ricerca e alla scoperta della verità, ma nel migliore dei casi :
15
F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca Adelphi, traduzione di Giorgio Colli, Adelphi Edizioni, Milano , 2015 , pag.23.
37
“ Riesce a raggiungere il sentimento di un’assimilazione.”16
Solamente quando l’uomo riuscirà a dimenticare se stesso
come soggetto, allora potrà vivere con una certa calma e tranquillità.
L’essere umano sottopone i fenomeni cui assiste al rigido
schema razionale di causalità, rintracciando così in essi gli effetti e ciò che li determina : la loro causa .
Per Nietzsche ciò che l’uomo chiama causa ed effetto è figlio dell’irrigidimento e della cristallizzazione del
sistema di metafore che nei secoli si è trasformato in linguaggio e nella tendenza a costruire relazioni e proiettarle in ciò che si coglie come mondo empirico, con l’aggiunta delle rappresentazioni di tempo e spazio sotto
forma di rapporti di successione e numeri . Spazio e tempo , forniscono invece la materia per le nostre metafore primordiali.
16 F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca
38
La scienza definita da Nietzsche “cimitero delle
intuizioni”17
lavora continuamente nella vita dell’uomo , che agisce grazie alla ragione e ai concetti. L’impulso fondamentale dell’uomo a formare metafore
non appassisce mai: trova nuova linfa e vigore nel mito e nell’arte in generale.
A contatto con l’opera d’arte l’intelletto sfugge alla
« ragnatela concettuale » del linguaggio e si rifugia in
una dimensione che richiama quella del sogno, alimentando la sua libertà , grazie all’emancipazione dalla
razionalità.
“ […] presentando nuove trasposizioni, metafore, metonimie; continuamente svela il desiderio di dare al
mondo sussistente dell’uomo desto una figura così variopinta ,irregolare, priva di conseguenze ,incoerente ,
eccitante ed eternamente nuova , quale è data dal mondo
del sogno.”18
17
F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca Adelphi , traduzione di Giorgio Colli, Adelphi Edizioni, Milano, 2015, pag.30
18 F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca
39
L’irruzione dell’intuizione nell’uomo lotta con la sua
razionalità astrattiva per il dominio della vita. Il filosofo sembra proiettarsi in un’epoca dove l’arte possa
conquistare tale dominio e anche se l’uomo razionale e quello intuitivo si troveranno a fianco :il primo si sforzerà di liberarsi dal dolore , il secondo l’uomo intuitivo si ergerà in mezzo a una civiltà , raccoglierà dalle sue intuizioni:
“oltre che una difesa del male, un’illuminazione , un
rasserenamento ,una redenzione , che affluiscono
incessantemente.”19
L’uomo dunque , crede di perseguire la verità , ma in realtà è schiavo dell’illusione, poiché non la riconosce in
quanto tale.
All'uomo si addice soltanto la fede nella verità raggiungibile, illusoria, a cui si avvicina pieno di fiducia. Vive dunque grazie ad un continuo venir ingannato.
19 F. NIETZSCHE “ Su verità e menzogna in senso extramorale”, Piccola Biblioteca
40
Fra arte e conoscenza dunque, conclude Nietzsche, è migliore l'arte, che crea e vuole la vita, mentre la conoscenza porta solamente all'annientamento.
Con questo siamo arrivati a comprendere che cosa Nietzsche intenda per verità. Essa è il vero, ciò che viene conosciuto. Questo non può propriamente essere vero o
falso dato che il vero conoscere si muove
necessariamente solo nell'ambito della verità. Un conoscere falso non può avere valore di conoscenza, e sarebbe dunque contradditorio parlare di conoscenza falsa: semplicemente non si tratta di conoscenza.
Verità e conoscenza sono dunque correlate. Un esame di ciò in cui consiste il conoscere aiuta a farci comprendere che cos'è il vero. Resta da capire quante specie di conoscere ci siano, perché se è vero che conoscenza non c'è se vi è falsità, è anche vero che l'uomo continuamente si illude di conoscere, ma a tale illusione crede, come chi procede convinto di ciò che dice, perché nella convinzione sta la forza delle sue argomentazioni.
Nietzsche aveva ben chiaro che la maggior parte degli esseri umani, la folla indiscriminata , cercava nei suoi
41
simili caratteristiche immutabili e immediatamente individuabili, per la paura nei confronti di tutto ciò che è diverso e non facilmente inquadrabile.
Ci si ostina a cercare attributi comuni e fissi, perché risulta più semplice muoversi in un labirinto costituito da esseri umani che mai si spostano. Il loro movimento determinerebbe un cambiamento di rotta da parte di chi in quel labirinto si muove. È più facile percorrere sempre la stessa strada, vedere ciò che vedono tutti e non muoversi in continuazione come uomini danzanti in un mondo in perenne movimento.
Con l’andare del tempo le espressioni comuni più usate in
riferimento a un oggetto vengono scambiate per definizioni della sua essenza universalmente valide e vincolanti.
Il merito di Nietzsche fu questo. Comprese che la verità fissa e indiscutibile costituisce per molti una certezza, ma è in realtà una menzogna, creata da chi si sente a disagio di fronte al cambiamento ed è troppo debole per
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continuare a spostare il suo baricentro, che è , in definitiva,il suo punto di vista.
Nietzsche ci avverte dunque dei rischi della verità e ci fa comprendere che soltanto l'uomo superiore è in grado di avvicinarsi ad essa, dopo un lungo periodo di ricerca, che l'ha portato a comprendere che la verità di questo mondo è normalmente la non-verità, in cui la maggioranza vive agevolmente un status tale da portare l'individuo mediocre a non farsi domande sulla sua esistenza. Arrivare alla verità è un processo doloroso e graduale, il cui risultato finale è una conoscenza che deve essere trasmessa con attenzione, solo a chi sia in grado di riceverla.
Certo sta al singolo decidere se seguire il branco accettando le convenzioni fisse, vincolanti per tutti, o scegliere di staccare quella catena e iniziare a guardare oltre le ombre, per uscire dai limiti della caverna, rassicurante come tutte le cose a cui ci si abitua e limitante per la sua ristrettezza.
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In conclusione, Nietzsche non elimina un mondo a favore dell'altro, ma li mantiene entrambi, quello della verità e quello della non-verità, consapevole del fatto che la maggioranza degli esseri umani necessita di menzogne per vivere, ma un'altra minoranza, grazie al suo sforzo, necessita conoscere, ed è questa a permettere il progresso dell'umanità.
Col ritratto dell’uomo intuitivo , cioè del filosofo-artista,
che manda in pezzi con una grossa risata la costruzione dei concetti a cui l’uomo razionale si aggrappa ,
chiamandola visione scientifica della realtà, si chiude il testo.
44
CAPITOLO 3
SARAH KOFMAN : NIETZSCHE E LA
METAFORA
3.1 Nietzsche e la metafora
In un altro testo si esamina il ruolo della metafora in Nietzsche , Sarah Kofman ne dona il suo senso
attraversando le diverse fasi della bibliografia
nietzscheana , iniziando dalla “Nascita della tragedia” per poi arrivare alla “Genealogia della morale”.
Sin dalla Nascita della Tragedia si può trovare in Nietzsche una teoria della metafora generalizzata, che riposa sulla perdita del proprio.
Da una parte, non c’è metafora senza uno spogliarsi
dell’individualità , senza travestimento,senza
metamorfosi. Per trasporre , è necessario potersi trasporre,poter aver vinto i limiti dell’individualità ; è necessario che il medesimo partecipi all’altro , sia altro.
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L’uomo può avere delle rappresentazioni del tutto
improprie delle vere essenze del mondo. A queste rappresentazioni corrispondono delle sfere simboliche più o meno appropriate. Né le rappresentazioni né le lingue simboliche sono tra loro equivalenti.
Dal momento che la lingua musicale è la migliore metafora, tutte le altre espressioni ne sono a loro volta delle metafore più o meno grossolane: la metafora più appropriata assume, in rapporto a tutte le altre, lo statuto di proprio.
Il Linguaggio del suono è universale : consonanti e vocali creano e sono fondamentali per il Simbolismo del Gesto; così come la forza dell’espressione musicale tramite intervallo e ritmo .
La musica quindi è il necessario supplemento al mondo , il più bel linguaggio che riesce a esprimere meglio l’universalità delle forme dei fenomeni ( musica o
melodia del mondo).
Il linguaggio concettuale invece è il più povero, quello il cui senso simbolico è più debole e che non può ritrovare la forza se non grazie alla musica o alle immagini poetiche.
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La metafora non è più , come nella definizione aristotelica riferita al concetto, non può conservarsi su una divisione del mondo in generi e specie corrispondenti alle essenze ; in Nietzsche , essendo enigmatica l’essenza
delle cose , generi e specie sono soltanto delle metafore umane, troppo umane.
Il trasporto non può essere concepito qui come passaggio da un luogo a un altro.
Questo trasporto stesso è una metafora e il concetto di metafora è soltanto una metafora; metafora significa, ne “La nascita della tragedia”, trasfigurazione,
trasformazione, estasi, spossessamento di sé,metamorfosi (possibile soltanto se la distinzione in generi e specie ben delimitati viene cancellata); ma metafora significa soprattutto: trasposizione della verità dell’Essere in
linguaggi simbolici.
Nei testi successivi, il concetto di metafora, dopo esser servito alla sua generalizzazione, perderà la sua importanza. Nietzsche gli sostituirà le nozioni di testo e di interpretazione . In quelle stesse opere in cui si
cancella la metafora come concetto strategico, il proprio è pensato soltanto come prodotto di un’interpretazione,
47
mentre la metafora, alla luce di questi nuovi concetti operativi, è soltanto un concetto metaforico e simbolico della forza artistica dell’interpretazione costitutiva del
proprio, del concetto come del metaforico. Questa forza
artistica sarà denominata volontà di potenza.
Tuttavia il rovesciamento operato nel rapporto che lega la metafora al concetto, rende possibile una concezione nuova della filosofia , dello stile del linguaggio filosofico e delle relazioni che essa intrattiene con l’arte e con la
scienza.
Nietzsche instaura così, un tipo di filosofia che impiega deliberatamente metafore, rischiando di essere confusa con la poesia. Parlare attraverso metafore significa far ritrovare alla lingua la sua espressione più naturale, dove il filosofo non gioca con le metafore , usa l’immaginazione : inventa su ciò che conosce.
“L’opposizione fra metafora e concetto è espressa mediante quella fra due tipi di filosofi, Eraclito e
Aristotele, e mediante l’opposizione fra Dioniso e Socrate. Fra i due vi è un «abisso» immenso; «abisso» è
48
della personalità, della cancellazione della metafora a
vantaggio del concetto. Dopo Socrate, i filosofi sono i
falsificatori della teologia.
Questo oblio della metafora è anche originario; è il
correlato necessario dell’attività metaforica: quest’ultima, «forza artistica che crea finzioni», è un’attività istintiva, specifica, inconscia, che mira a una dominazione unitaria del mondo.
La coscienza può parlarne soltanto in modo metaforico,
assumendo le sue proprie attività come modelli, poiché
queste non sono che un prolungamento e un via indiretta
e semplificata di manifestazione dell’attività istintiva.
Il corpo e la coscienza sono due sistemi di segni, ma la
«buona retorica» deve prendere il corpo come filo
conduttore. L’arte e la retorica sono i due modelli privilegiati da Nietzsche per parlare di questa attività
inconscia.
Il concetto, prodotto dell’attività metaforica, gioca un
ruolo fondamentale nel suo oblio, nella misura in cui esso
cela il carattere metaforico del processo di
generalizzazione fondandolo su una generalità
49
metaforica, ne assicura la stabilità, nello stesso istante in
cui mantiene l’oblio della genesi del processo, come di ogni genesi.
Il concetto avvia, accanto all’oblio originario, una rimozione secondaria. È «l’irrigidimento, l’indurimento
delle metafore» nei concetti, che ne cancellano la genesi.
Non è il risultato di un’evoluzione naturale ma la
conseguenza di una trasformazione in rapporti di forza.
Le forze alleate della morale, della religione, della
società rimuovono l’attività metaforica imponendo una «memoria sociale», che funge da forza di
contro-investimento all’oblio originario.
Sono delle forze «morali» che hanno scavato l’«abisso»
fra la metafora e il concetto e che, attraverso il
rovesciamento di prospettiva che hanno introdotto, hanno
permesso alla fine una falsificazione della storia dei
concetti.
La metafora dell’usura monetaria è insufficiente per dire l’oblio: essa non rende conto dei rapporti di violenza all’origine del processo di rimozione.
50
L’oblio non è una semplice cancellazione nel tempo, ma il prodotto di un mutamento di prospettiva.”20
Sia la metafora dell’oblio sia la concezione della storia
rompono il tradizionale concetto di tempo. L’attività metaforica è istintiva perché è inconscia: l’ uomo come “animale metaforico”21
.
La coscienza può parlare solo in metafore , prendendo a modello le sue attività: consce e inconsce. Esse hanno lo stesso oggetto delle metafore delle attività corporee, dove il corpo descrive una collezione di numerose anime. Anima e corpo: tra questi c’è una relazione originale di simbolica espressività.
Il mondo in cui noi diventiamo consci è solo un mondo di superficie , in ogni istante abbiamo bisogno di arte per vivere. I nostri occhi si bloccano alle forme , ma se acquisiamo lentamente un diverso sguardo allora arriviamo alla forza artistica. Il potere dell’inconscio
20
Sarah Kofman “ Nietzsche and Metaphor” traduzione di Duncan Large, Stanford University press ,1993, pag19-20.
21
Sarah Kofman “ Nietzsche and Metaphor” traduzione di Duncan Large, Stanford University press ,1993, pag25.
51
artistico crea le immagini negli occhi e nei pensieri, come l’arte è creatrice di nuove forme.
Il modello retorico descrive e trasporta in un mondo di schemi esplicativi che non sono appropriati per esprimere l’uomo stesso.
Ogni linguaggio introduce categorie artificiali e divisioni, ma non arriva all’originaria entità. Così il concetto, è un condensato di molteplici metafore e metonimie.
Nietzsche si sofferma sul concetto genealogico della storia, rispetto a quello lineare. Nell’Anticristo , mostra come il sacerdote trasforma la sua concezione di divinità
sotto la pressione delle circostanze storiche.
Originariamente il Dio è forte, guerriero, generoso. Successivamente il potere e i principi naturali della moralità sono riposizionati in principi morali del peccato: diventando così il simbolo della decadenza.
Il trionfo di un'unica prospettiva segna la vittoria della morte sopra la vita , di idee ascetiche sopra idee artistiche, di Cristo sopra Dioniso.
52
Nietzsche rivivifica il linguaggio, operando come un poeta: muta le norme del pensiero e dell’azione,
trasforma la schiavitù in libertà, la «realtà» in sogno.
3.2 Le metafore architettoniche
Tramite questo gioco metaforico, diviene egli stesso metafora della vita e potenza artistica.
Per descrivere il suo sistema Nietzsche utilizza delle metafore architettoniche ; iniziando da quella dell’alveare a quella della prigione, passando per la piramide egiziana, del colombario romano , della torre di Babele , della roccaforte e quella della ragnatela, di una semplice raccolta di travi , di un’impalcatura.
La lettura genealogica permette di comprendere ciascuna di queste architetture che sono l’espressione di
un’architettura interna, ovvero di una certa
gerarchizzazione degli istinti. La forza o la debolezza della volontà è l’espressione del dominio più o meno
53
L’alveare dell’ape è la prima costruzione che raffigura l’edificio concettuale. Metafora tradizionale per
descrivere un lavoro serio, indaffarato, preoccupato. Metafora che interviene anche frequentemente per opporre il lavoro istintivo nella sua perfezione, al lavoro umano, intelligente ma difettoso. Per Nietzsche, al contrario, questa metafora è destinata a inscrivere immediatamente il lavoro scientifico nella vita, a cancellare l’opposizione fra speculativo e pratico, fra spirito e istinto. I concetti sono il prodotto di un’attività
metaforica istintiva, come istintiva è la costruzione delle celle del miele per le api. L’alveare, in quanto insieme
architettonico geometrico, è il simbolo dell’ordine
sistematico dei concetti. La perfezione stessa
dell’architettura rivela che essa è opera dell’istinto.
Il paragone fra l’edificio scientifico, pieno di
magnificenza, e quello di un semplice insetto, dalle celle tanto piccole, è fatto per mettere in luce il tratto ridicolo della scienza, che pretende di ridurre il mondo alla sua misura.
Nello stesso modo in cui l’ape produce il miele dai fiori
54
l’uomo a se stesso, al suo proprio potere metaforico e lo costringe ad andare a raccogliere all’esterno, ad andare a
cercare la verità nel suo alveare.
Così l’alveare si trasforma in una torre, in un bastione di
protezione, in una roccaforte. (Le piccole dimensioni dell’alveare erano inadatte a mettere in luce la protezione
che offre la scienza). La metafora tradizionale della protezione è più il bastione che la torre o la roccaforte. Questo leggero spostamento indica il fatto che non si tratta unicamente di proteggersi contro nemici esterni; il pericolo supremo è la vita, e tutto ciò che in sé e fuori di sé afferma la vita. Si tratta di barricarsi, di isolarsi, di proteggere le proprie costruzioni dalle violenze che potrebbero dirigersi contro di esse da parte di altre potenze “munite dei più svariati stemmi”22.
È necessario difendersi contro la menzogna, il mito, l’arte, contro tutti coloro che proclamano apertamente il proprio culto dell’apparenza, della superficie, della
finzione, che osano confessare la propria prospettiva,
22
Sarah Kofman “ Nietzsche and Metaphor” traduzione di Duncan Large, Stanford University press ,1993, pag65.
55
che rischiano perciò di rivelare che le verità scientifiche stesse sono soltanto l’espressione di una misura umana, troppo umana; che la realtà, il mondo vero sono soltanto sogno e finzione.
La torre, la roccaforte sono degli scudi contro il nemico, dei mezzi per contraddire la vita. Queste metafore rivelano che l’attività artistica, creatrice di forme, costruttrice di un mondo su immagine dell’uomo, è volontà di potenza. Esse esprimono un conflitto fra potenze avverse, che mirano le une ad affermare, le altre a negare la vita.
Così la grandezza della scienza è soltanto una grandezza miserabile, puramente fittizia, maschera, destinata a spaventare e a ingannare.
La scienza ha un linguaggio artificiale, fatto di segni e di cifre astratte, veri enigmi che raffigurano più le passioni degli uomini e i loro conflitti che l’essenza delle cose. Così l’alveare, la torre, la roccaforte si trasformano in una
costruzione piramidale geometrica, che si è potuto edificare, grazie al concetto, ad un modo gerarchizzato di classificare tutto in rubriche, di assegnare un luogo determinato a ciascuna cosa,di costituire un ordine legale:
56
quello del razionale e del ragionevole. L’ordine
piramidale si impone come vero e si oppone al mondo fluttuante delle impressioni, al mondo menzognero delle apparenze; è la metafora del mondo intelligibile delle essenze, che servono da modelli e da norme.
È l’ordine della piramide egiziana che rinchiude in sé la
mummificazione delle impressioni, di cui è la tomba. Ma da questa metafora, Nietzsche scivola verso quella del
colombario romano, poiché la mummificazione implica
che vi dimori la figura sensibile del morto: la piramide è una tomba ancora nobile; la vita, anche sotto questa forma impoverita, è ancora presente.
Il colombario romano conserva soltanto le ceneri del defunto, come il concetto è soltanto il residuo della metafora. Le ceneri sono la cancellazione completa di ogni effigie, la volatilizzazione di ogni singolarità: conservare della vita soltanto le ceneri significa ridurre all’estremo le differenze: è qui l’uguaglianza suprema, la
suprema ingiustizia. Così la scienza è un cimitero delle intuizioni , ma anche la tomba dello scienziato.
La stabilità dell’edificio è dunque illusoria, fluttua senza
57
Questa costruzione si trasforma in una ragnatela : l’architettura dei concetti è assimilata alla rete di una
ragnatela, perché è necessario che essa sia abbastanza tenue da poter essere trascinata con le onde su cui riposa e abbastanza solida da non essere dispersa al soffiare di ogni vento.
L’analogia serve inoltre a mettere in luce che la
costruzione si compie a partire dall’uomo stesso, come il ragno tesse la sua tela a partire dalla sua propria sostanza. Passare dalla metafora dell’alveare a quella della
ragnatela significa prendersi gioco della prima e rivelarne le insufficienze.
Inoltre, la metafora del ragno è all’origine di tutta una
serie di immagini che ne derivano: quella del testo come tessuto, maschera, abito; essa è anche simbolo di castrazione: il ragno, un autentico vampiro, succhia il sangue dei moscerini che ha attirato nella sua tela, come il concetto sfigura la vita, la rende pallida, triste e brutta, perché affamata se ne nutre. Nutrirsi della vita non gli permette quindi di essere vivente egli stesso: egli è soltanto il simulacro e il fantasma della vita.
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L’uomo prende dal mondo soltanto ciò che gli ha già dato, e si nutre quindi della sua sostanza che egli sviluppa poi in concetti, come il ragno sviluppa la sua tela.
La metafora del ragno è utilizzata per indicare che il concetto è odio della vita e morte del desiderio, per significare che la castrazione non ha per causa la cattiva
volontà ma la necessità: la creazione di un mondo ideale
è l’unica astuzia che praticano determinati viventi, la cui vita è impoverita all’estremo al fine di mantenersi in vita.
Grazie all’arte e al mito che rimuovono i divieti, tutto
diviene possibile; la natura, lungi dall’esser ridotta in cenere, è esaltata: essa è arte, che gioca con se stessa, costruendo e decostruendo mondi; operando con metafore incessanti, essa gioca ad ingannare l’uomo.
Per condurre questo gioco, è necessario che essa sia abbastanza forte per volere l’illusione, la maschera, la superficie.
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“1) L’uomo razionale, insensibile all’arte, che domina la vita attraverso la previsione, la prudenza, la regolarità;
guidato dalle astrazioni che lo proteggono dalla
sfortuna: egli aspira essenzialmente a essere liberato
dalle sofferenze.”23
“2) L’uomo irrazionale, eroe gioioso, liberato dall’indigenza perché considera reale soltanto una vita mascherata dall’apparenza e dalla bellezza. Questa tipologia umana, che grazie all’arte accetta gioia e
sofferenza per amore della vita, è felice molto più
dell’altra. Soffre anche maggiormente, perché, carente di “memoria”, non impara nulla dall’esperienza.”24
La comprensione di queste due tipologie d’uomo non può
essere completata se non grazie all’ipotesi della volontà di potenza. Allora, il primo tipo d’uomo, alla luce di una
lettura genealogica, è decifrato come nichilista, il secondo come volontà affermativa della vita. Ma così, la volontà
23
Sarah Kofman “ Nietzsche and Metaphor” traduzione di Duncan Large, Stanford University press ,1993, pag79.
24
Sarah Kofman “ Nietzsche and Metaphor” traduzione di Duncan Large, Stanford University press ,1993, pag79-80.
60
di potenza si sostituisce al concetto operativo e strategico di metafora, di cui essa è la significazione ultima: l’attività metaforica coincide con la volontà di potenza.
Impossibile dunque definire un termine. Ogni concetto è una sintesi di molteplici sensi. È definibile ciò che non ha storia, ovvero nulla, oppure i concetti metafisici, pure finzioni, vuote di senso. In questa sintesi, prevale ora un elemento ora un altro, generato dal tipo di volontà che ha dominato in un momento e che ha imposto provvisoriamente alla storia la sua prospettiva.
Dal momento che ogni concetto ha una storia, la nuova filosofia che Nietzsche instaura è essenzialmente storica. Essa mette in luce il divenire implicito in ogni concetto, smaschera dietro la sua astrazione, la sua generalità, la sua unità, la molteplicità delle metafore che esso rinchiude e la loro trasformazione nel corso della storia. Questo metodo storico è anche genealogico perché legge ogni metafora come un sintomo di un tipo di volontà, nobile o vile.
La figura del filosofo mira a ricostruire il senso vero della natura, ma a ricercare il valore del mondo nella nostra interpretazione. È necessario ricostruire dietro ogni testo ,
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il suo originario homo natura. Smascherare l’illusione metafisica non significa togliere al testo un mantello che velerebbe la verità, ma significa al contrario mostrare gli abiti che dissimulano un’apparente nudità, significa
sopprimere gli orpelli per sostituirli con degli abiti di carne e sangue.
Non si tratta più di leggere il testo alla lettera ma nel suo
spirito, ovvero nel suo corpo, di vederlo come scrittura
istintiva della volontà di potenza. Per raggiungere il testo originale homo natura, non ci si deve lasciar sedurre dalla purezza metafisica dal trucco della parole.
Ci si deve tappare le orecchie al cospetto delle sue parole incantatrici. Si deve operare uno spostamento inverso rispetto a quello realizzato dalla storia, mutando di prospettiva in modo tale che una nuova lettura del testo, guidata da una nuova arte dell’interpretazione, faccia apparire la prospettiva come tale.
Il testo istintivo stesso,testo naturale, coincide con l’interpretazione, con una valutazione che mira alla