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Sviluppo di una metaforologia

BLUMENBERG : PARADIGMI DI UNA METAFOROLOGIA

4.1 Sviluppo di una metaforologia

Il problema del linguaggio, è anche il punto nevralgico della filosofia di Hans Blumenberg, il nucleo teorico si può rinvenire già a partire dalla prima opera significativa

“ Paradigmi per una metaforologia ” pubblicato nel

1960.

Un testo originale e oscuro, dove la metaforologia , la disciplina adibita all’analisi e all’esposizione del senso

delle metafore, così come delineata nell’opera, può essere considerata un progetto incompiuto.

La prospettiva aperta da Blumenberg è tesa a mostrare su quali fondamenti pre - concettuali si innalzano i problemi che la filosofia e più in generale la teoria , affronta concettualmente. Dal punto di vista della metaforologia non si rimuove la storicità dei concetti, ma anzi la si

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potenzia, innestando nella formazione dei concetti filosofici un ulteriore ordine di mutamento degli orizzonti storici. In altri termini, la storicità insita nei concetti permane e ad essa si applica un’ulteriore grado di

storicità: un movimento di secondo grado determinato dal modificarsi del rapporto che l’uomo ha con la realtà, espresso dalla metafora.

La tradizionale metaforica della luce è legata ad altre immagini che vengono chiarite durante tutto il testo, e fra queste , ha particolare rilevanza l’immagine della

caverna.

Al fine della formazione della metaforologia,

Blumenberg apre all’interpretazione delle variazioni metaforiche attraverso l’illustrazione del tema della luce

in molti autori, dipanando non una filosofia della Storia, bensì dischiudendo il senso immanente delle forme di relazione fra l’uomo e il mondo.

Blumenberg comincia la sua storia con Parmenide e continua con il mito platonico, nel quale la metaforica della luce implica già una metafisica della luce. Il percorso prosegue con le posizioni scettiche e stoiche durante l’ellenismo; l'elaborata metafisica della luce del

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Neoplatonismo, il privilegio dato all'ascolto, piuttosto che alla visione, nella cultura giudaica, il significato etico della luce secondo Cicerone, che la identifica con la virtù della coscienza morale, il dualismo gnostico di luce e tenebre, l’inevitabile ricezione, svolta in particolare da Agostino, della metafisica greca della luce da parte della nascente cultura cristiana. L’epoca medioevale è

affrontata più a grandi linee, ma il tema della luce è sempre ampiamente sviluppato: la caverna da cui sgorga o penetra la luce è sostituita dalla celle dei monasteri. Durante l’illuminismo, che nel suo stesso programma

implica una nuova concezione della luce, la verità non si rivela più da sé, ma deve essere rivelata, i fenomeni quindi devono essere soggetti alla luce dell’indagine

razionale. Ciò che emerge in modo chiaro è la difficoltà dell’esplorazione condotta dalla metaforologia.

Infatti, puntare lo sguardo su ciò che precede i concetti, significa indagare un’area estremamente labile e oscura,

che ha proprio nella sua latenza una caratteristica distintiva.

L’aspetto più interessante di questo testo è l’affermazione

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formazione dei concetti. In questa equivocità si situa il senso limitante della metaforologia, rispetto alla storia dei concetti e alla sistematica filosofica.

Infatti, il filosofo è interessato alla determinazione della logica interna alla metafora: è ciò che le permette di assumere il proprio senso specifico, definendosi come uno dei livelli essenziali di cui si compone l’esperienza del mondo.

Da questo punto di vista, l’atteggiamento di Blumenberg è fenomenologico, nel senso che il fenomeno metaforico è analizzato primariamente in rapporto all’esperienza del

mondo. Ed è solo a partire da questo strato essenziale dell’esperienza che si possono sviluppare conseguenze in

ambito antropologico, storico, linguistico, sociologico ecc..

Per comprendere più da vicino la proposta del filosofo si deve scendere nel dettaglio delle sue argomentazioni. A parere di Blumenberg, la modernità filosofica comincia con il programma cartesiano :la necessità di ottenere un linguaggio esatto, dove la chiarezza e la distinzione delle parole siano il sigillo della perfetta oggettività della conoscenza.

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Se il programma è questo, indipendentemente dalla sua realizzazione, le metafore linguistiche non possono essere altro che elementi di locuzioni “traslate […] provvisorie

e sostituibili in termini logici”25. In attesa della loro

compiuta chiarificazione, nell’interpretazione

blumenberghiana, secondo Cartesio è necessario avere comunque delle parole per orientarsi e conoscere, seppur affrettatamente e non con la dovuta ponderazione, il mondo.

L’analisi metodica dei concetti idealmente capace di giungere all’univocità terminologica, elimina le

sedimentazioni confuse del passato che la storia ha portato con sé; dunque, il metodo abbatte la storicità dei concetti prospettando un cosmo ideale di puri significati analiticamente esatti, dove non c’è più nulla di

logicamente in sospeso.

Posizione analoga è quella dell’antichità greca:

“La perfetta congruenza di logos e cosmo esclude il discorso traslato ”26.

25

Hans Blumenberg “Paradigmi per una metaforologia”, Raffaello Cortina Editore 2009, pag. 1.

26 Hans Blumenberg “Paradigmi per una metaforologia”, Raffaello Cortina

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La struttura ordinata del cosmo è saldata in un’identità

ideale con la parola, capace di esprimere ,pur nella varietà retorica delle locuzioni ,la verità del cosmo. In ogni caso, la metafora rimane un ornamento del discorso, una questione di stile per persuadere e convincere, ma è esclusa dalla dimensione prettamente produttiva e veritativa della conoscenza.

Alla condanna platonica della retorica, Blumenberg cerca di rivalutare non tanto il discorso retorico in quanto tale ma piuttosto il modo diverso di pensare la realtà ,che nello strumento retorico , come nella metafora si manifesta.

In “Paradigmi” è dato ampio spazio alla metaforica riguardante la verità: come luce, sigillo, forza o potenza. Ma l’utilizzo, consapevole o meno, di questo genere di

metafore per indicare la verità «non è – secondo Blumenberg – traduzione di altro cui riportarsi»: esse non riguardano delle formulazioni o delle immagini che traducano fedelmente l’originario dischiudersi della

verità.

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Una semplice interpretazione di questo genere porterebbe a presupporre una risoluzione in termini logici della metafora. Si ritornerebbe dunque ad una concezione ingenuamente sostanzialistica sia della verità sia della metafora. Blumenberg sostiene invece che:

“L’analisi si appunta sullo schiudersi della domanda per la quale si cerca e si tenta una risposta, interrogativo di

carattere pre -sistematico la cui pienezza intenzionale ha

“provocato” di per sé le metafore”27

.

L’utilizzo della metaforica è posta sul piano

dell’espressione di un interrogativo pre- sistematico, precedente l’impiego di una teoria compiutamente

definita. L’esempio della metafora della nuda verità è emblematico: con questa immagine, infatti, non si introduce

27

Hans Blumenberg “Paradigmi per una metaforologia”, Raffaello Cortina Editore 2009, pag. 8.

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“nulla nel concetto della verità; essa proietta oltre e

sopra il concetto congetture e valutazioni di una specie

molto difficile”28

.

Blumenberg propone alcuni esempi di domande che rimangono spesso ai margini dell’indagine filosofica pur

essendo questioni poste, e allo stesso tempo, implicite ai sistemi filosofici:

“ Quale parte ha l’uomo al tutto della verità? In quale

situazione si trova il cercatore della verità […]?29”

La conclusione tratta dal filosofo è che :

“ Nella lingua della filosofia si trovano ovunque indizi che in uno strato sotterraneo del pensiero era da sempre

già stata data risposta a queste domande, una risposta

che pur non ricevendo una formulazione nei sistemi ha

28

Hans Blumenberg “Paradigmi per una metaforologia”, Raffaello Cortina Editore 2009, pag. 47.

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Hans Blumenberg “Paradigmi per una metaforologia”, Raffaello Cortina Editore 2009, pag. 8.

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tuttavia operato implicitamente con la sua presenza, nella

tonalità, nella coloritura, nella strutturazione”30.

Sotto la struttura concettuale dei sistemi filosofici si situa uno strato del pensiero che risponde, anche se non è l’espressione corretta, alle questioni che per principio non

possono essere eluse, anche se non vengono formulate. Le metafore operano implicitamente: in modo anonimo o quasi inavvertibile sono già implicate nelle formulazioni linguistiche più strutturate e ne orientano con sfumature spesso minime.

Si possono seguire le successive riflessioni di Blumenberg; egli si interroga su quale tipo di rapporto abbiamo le metafore con la verità:

“È senz’altro chiaro che metafore come quella della potenza o impotenza della verità sono inverificabili e che

l’alternativa che viene esse decisa è teoricamente del tutto senza possibilità di decisione. Se si tiene fermo che

“verità” è il risultato di un procedimento di verifica

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Hans Blumenberg “Paradigmi per una metaforologia”, Raffaello Cortina Editore 2009, pag. 8.

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metodicamente garantito, ovvero deve esserlo ex

definizione la metaforica non può soddisfare questa

richiesta, quindi non solo non dice la “stretta verità” ma in generale non dice la verità.”31

Prosegue subito dopo:

“Le metafore assolute “replicano” a quegli interrogativi considerati ingenui, cui per principio non si dà risposta e

la cui rilevanza consiste semplicemente nel fatto che essi

non sono eliminabili, perché non siamo noi a porli bensì

li troviamo già posti nel fondamento dell’esistenza .32”

Le indicazioni di Blumenberg sono molto esplicite e sotto molti aspetti provocatorie.

La questione della verità delle metafore non può trovare soluzione, poiché ogni discorso su tale problema implicherebbe una teoria della verità che, a sua volta,

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Hans Blumenberg “Paradigmi per una metaforologia”, Raffaello Cortina Editore 2009, pag. 15.

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Hans Blumenberg “Paradigmi per una metaforologia”, Raffaello Cortina Editore 2009, pag. 15.

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presupporrebbe un ulteriore rimando a uno sfondo metaforico, cadendo ultimamente in un regresso all’infinito.

Inoltre, in accordo con quanto illustrato in precedenza, la funzione metaforica appartiene a quella che Blumenberg ha denominato la sottostruttura del pensiero, cioè uno strato del pensiero che non solleva problemi, ma che è l’articolazione di un’unità di senso, la sola entro cui

possano sorgere le domande e, implicitamente, si possa porre la questione della verità.

Come è stato rilevato le metafore , non sono risposte a domande, non risolvono i problemi, poiché non sono strumenti linguistici da usare a piacimento.

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