GLI ACCORDI EUROMEDITERRANEI NEL SETTORE DEI TRASPORTI
4. Le norme direttamente applicabili e gli strumenti di tutela
Nel paragrafo precedente è stato chiarito come le disposizioni contenute negli Accordi di euromediterranei e nei Piani attuativi degli stessi siano vincolanti, in ossequio al principio di diritto internazionale pacta sunt
servanda, per tutti i soggetti giuridici coinvolti (Comunità, Stati membri, Stati
terzi) e come tali atti facciano ingresso nel diritto comunitario senza bisogno di adottare alcuna norma attuativa. Tuttavia, le singole disposizioni dell’accordo internazionale, pur essendo sempre vincolanti sul piano internazionale, non sono sempre direttamente applicabili, ovvero idonee a conferire diritti e doveri alle persone fisiche e giuridiche suscettibili di essere fatti valere dinanzi ai tribunali degli Stati membri: solo allorché “una
295 Si veda B. CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, 2010, p. 73-74., che afferma che “l’accordo in forma semplificata è quello che entra in vigore per effetto della sola sottoscrizione del testo da
parte dei plenipotenziari e che si ha quando, dal testo o comunque dai comportamenti concludenti delle parti, risulti che le medesime hanno appunto inteso attribuire alla firma il valore di piena e definitiva manifestazione di volontà”; “per aversi un accordo in forma semplificata non è sufficiente che la fase della ratifica sia saltata, ma è anche necessario che dal testo dell’accordo o dalle circostanze risulti una sicura volontà di obbligarsi”. Quanto alla procedura, si afferma invece “la competenza a concludere accordi in forma semplificata, al pari della competenza a ratificare, è regolata da ciascuno Stato con proprie norme costituzionali. Tenendo presente che coloro che impegnano lo Stato con la loro firma sono di solito i rappresentanti del potere esecutivo, il diritto costituzionale di ciascuno Stato stabilisce fino a che punto l’Esecutivo possa concludere un accordo senza ricorrere alla procedura di ratifica”. L’unico ostacolo alla qualificazione degli atti degli
organi dell’associazioni quali accordi internazionali in forma semplificata consiste piuttosto nell’assenza, negli ordinamenti costituzionali di molti paesi, di norme che consentano ai propri Governi il potere di sottoscrivere accordi immediatamente vincolanti, anche a prescindere dalla procedura di ratifica.
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disposizione ... in considerazione della sua lettera nonché dell’oggetto e della natura dell’accordo, ... contiene un obbligo chiaro e preciso che non è subordinato nella sua esecuzione e nei suoi effetti all’intervento di alcun atto ulteriore”296, se ne può affermare la diretta applicabilità. In linea di principio, una disposizione potrà dirsi direttamente applicabile se tende a riconoscere ai singoli dei diritti o a dettare delle norme di condotta, non allorquando siano previsti negoziati o l’adozione di atti normativi interni da parte dei contraenti297: ad ogni buon conto, s’impone un’analisi delle singole disposizioni nel contesto dell’accordo di cui fa parte298.
In quanto fonti di diritto comunitario accolti dai trattati, gli Accordi Euromediterranei (e di associazione in genere), laddove prevedano disposizioni direttamente applicabili, divengono mezzi deducibili dinanzi alla Corte di Giustizia quali “parametri della legalità comunitaria”299: in altri termini, la loro violazione costituisce di fatto violazione del Trattato. Precisamente, la Corte di Giustizia si occupa dell’interpretazione del Trattato (nel nostro caso, dell’Accordo Euromediterraneo), in quanto competente in tema di “questioni
296 Corte di Giustizia, sent. 31 gennaio 1991, causa 18/90, ONEM c. Bahia Kziber, riguardo l’accordo di cooperazione CEE-Marocco.
297 La Corte di Giustizia ha avuto spesso l’occasione di pronunciarsi circa la diretta applicabilità di norme previste dagli Accordi di Associazione: per esempio, con riferimento agli agli accordi di cooperazione con i paesi del Maghreb sottoscritti a partire dagli anni ‘70, la giurisprudenza si è espressa in favore della diretta applicazione delle disposizioni in materia di non discriminazione nel campo della previdenza sociale: crf. in particolare Corte di Giustizia, sent. 20 aprile 1994, causa C-58/93, Yosufi c. Belgio, avente ad oggetto l’art. 41, par 1 dell’accordo di cooperazione CEE-Marocco; e Corte di Giustizia, sent. 5 aprile 1995, causa C-113/94, Elisabeth Jacquier, née Casarin
v Directeur Général des Impôts, in merito all’art. 39, par. 1, dell’accordo di cooperazione
CEE-Algeria. Inoltre, in Corte di Giustizia, sent. 3 ottobre 1996, causa C-126/95, A. Hallouzi-Choho c.
Bestuur van de Sociale Verzekeringsbank, si affrema: “l’art. 41, par 1, dell’Accordo (ndr.
CEE-Marocco), che sancisce, in termini chiari , precisi e tassativi, il divieto di fare discriminazioni, a
motivo della cittadinanza, a danno dei lavoratori marocchini e dei membri della loro famiglia con essi conviventi, nel settore della previdenza sociale, impone un obbligo chiaro e preciso, la cui esecuzione ed i cui effetti non sono subordinati all’adozione di alcun atto ulteriore (...) l’obiettivo dell’accordo, cioè la promozione di una cooperazione globale tra le parti contraenti, specie nel settore della manodopera, conferma che il principio di non discriminazione sancito nell’art. 41, n. 1, può disciplinare direttamente la situazione giuridica dei singoli. La Corte ne ha dedotto che la detta disposizione ha effetto diretto, con la conseguenza che i soggetti cui essa si applica hanno il diritto di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali.”
298 Di per sè, non pare ostacolare il riconoscimento dell’efficacia diretta la previsione di misure di salvaguardia, attraverso le quali viene autorizzata in via eccezionale e provvisoria una deroga all’applicazione dei trattati.
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pregiudiziali” sollevate dai giudici nazionali degli Stati membri e dei ricorsi per inadempimento, proposti dalla Commissione o da uno Stato membro, per la violazione dell’Accordo. La Corte effettua altresì un controllo di legittimità sugli atti normativi adottati dalle istituzioni dell’Unione rispetto all’Accordo: tale procedura permette agli Stati membri, al Consiglio dell’Unione Europea, alla Commissione e, a determinate condizioni, al Parlamento Europeo, nonché ai privati per gli atti giuridici che li riguardano direttamente e individualmente, di chiedere l’annullamento delle norme comunitarie illegittime.
Ci si potrebbe infine chiedere se i rimedi descritti siano applicabili a tutte le disposizioni di un accordo misto, o solo a quelle che rientrano nella competenza comunitaria. In linea di principio, la Corte può esercitare la propria giurisdizione esclusivamente rispetto alle parti dell’accordo che competono alla Comunità: la Corte stessa, tuttavia, ha affermato il proprio ruolo nell’interpretazione ed applicazione degli Accordi Euromediterranei (e di associazione in genere) in termini abbastanza ampi da comprendere quasi tutte300 le disposizioni di tali accordi. Si è infatti affermato: “trattandosi di un
accordo d’associazione, che crea vincoli particolari e privilegiati con uno Stato terzo che deve, almeno parzialmente, partecipare al regime comunitario, l’articolo 238 deve necessariamente conferire alla Comunità le competenze per assicurare l’adempimento degli impegni assunti nei confronti degli Stati terzi in tutti i settori coperti dal trattato”301. D’altra parte, Gli Accordi Euromediterranei e di associazione in genere tendono a riguardare materie nelle quali la competenza comunitaria è decisamente predominante; poiché il loro obiettivo consiste nell’associare Stati terzi alla Comunità, estendendo agli stessi alcune delle prerogative riconosciute dai Trattati in favore degli
300 Si è osservato tuttavia che alcune disposizioni, quali quelle che operano nelle aree di esclusiva competenza degli stati membri, debbano necessariamente rimanere al di fuori della competenza della Corte: così R. ANDERSON, References to the European Court, 1995.
301 Corte di Giustizia, sent. 30 settembre 1987, causa C-12/86, Meyrem Demirel c. Stadt Schwäbisch
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Stati membri, tale tipologia di accordi ha un carattere speciale, che giustifica l’estensione delle competenze della Corte.
Con riferimento agli strumenti utilizzabili dall’Unione Europea e dai Paesi partner per garantire la reciproca osservanza delle norme contenute negli Accordi Euromediterranei (o di associazione in genere), si rileva innanzitutto che, per il momento, non vi sono meccanismi o strutture stabili in grado di garantire il monitoraggio del rispetto degli obblighi assunti. In materia assumono tuttavia un ruolo fondamentale le c.d. clausole di condizionabilità302. Tutti gli altri Accordi Euromediterranei contengono infatti clausole sugli elementi essenziali, con la quali si afferma che il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici costituiscono un elemento imprescindibile dell'accordo, e clausole di non esecuzione303, in forza alla quale i partner possono adottare misure appropriate nel caso in cui la controparte non abbia adempiuto un obbligo, in applicazione del principio
inademplenti non est adimplendum: tali clausole precisano altresì le
procedure mediante le quali accertare l’eventuale violazione di elementi essenziali dell’accordo e sospenderne l’esecuzione304. Gli Accordi
302 Per un approfondimento si rinvia a S. ANGIOI, Genesi ed evoluzione del “principio di
condizionalità”nella politica commerciale e nella politica di cooperazione allo sviluppo della Comunità Europea, in Rivista Internazionale dei Diritti dell’Uomo, 2/1999, p. 485 ss.
303 Trattasi della c.d. clausola bulgara, una clausola generale d’inadempimento che contempla comunque procedure di consultazione e di conciliazione e che prevede l’applicazione di misure restrittive solo come extrema ratio; tale tipologia di clausola sostituisce la c.d. clausola baltica, che permetteva la sospensione immediata, totale o parziale, dell’applicazione dell’accordo in caso di inosservanza grave delle disposizioni dello stesso, senza che l’Unione avesse l’obbligo di ricorrere a consultazioni preventive: per esempio l'art. 118 dell’Accordo di associazione stipulato con l’Estonia al par. 2 stabiliva “Le Parti si riservano il diritto di sospendere, integralmente o
parzialmente, il presente accordo, con effetto immediato, in caso di grave violazione di una delle sue disposizioni essenziali” (Cfr. P.A. PILLITU, Le sanzioni dell’Unione Europea e della Comunità
europea nei confronti dello Zimbabwe e di esponenti del suo governo per gravi violazioni dei diritti umani e dei principi democratici, in Riv. Dir. Int., 2005, p. 63 ss.). La clausola bulgara, rispetto a
quella baltica, consente di porre in essere in via prioritaria le misure che meno rischiano di compromettono il funzionamento dell'accordo.
304 La procedura comunitaria di applicazione della clausola di non esecuzione prevede che il Consiglio, su proposta della Commissione, decida a maggioranza qualificata se avviare le consultazioni con la parte inadempiente allo fine di addivenire ad una conciliazione e a correggere la violazione, ripristinando la legalità. In caso di esito negativo delle consultazioni, se la stessa sia rifiutata oppure in caso d’urgenza, il Consiglio, sempre su proposta della Commissione, può decidere di adottare le idonee misure sanzionatorie. La decisione del Consiglio è adottata, in linea di massima, a maggioranza qualificata; per deliberare l’eventuale sospensione totale dell’accordo si provvede
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Euromediterranei, nell’applicazione delle clausole di non esecuzione, impongono altresì il rispetto del principio di proporzionalità fra esigenza di sanzionare la violazione e necessità di non pregiudicare il dialogo con le parti: in altri termini, a fronte di una violazione, occorre considerare lo scopo e l’oggetto dell’Accordo Euromediterraneo, in modo da individuare la tipologia di misura sanzionatoria meno suscettibile di vanificare gli obiettivi di sviluppo economico e sociale perseguiti dal rapporto di associazione305. Ad ogni buon conto, l’Unione, a seguito dell’attivazione della procedura di non esecuzione, non è mai addivenuta alla sospensione dell’accordo, né tantomeno alla denuncia dello stesso, ma si è preferito ricorrere alla sospensione degli eventuali finanziamenti.
tuttavia all’unanimità. Le misure restrittive sono in ogni caso modificabili o revocabili a seguito di un riesame.
305 Vds. L. BARTELS, A Legal Analysis of The Human Rights dimension of the Euro- Mediterranean
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Capitolo IV