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Il Piano Nazionale della Logistica e dei Trasporti (2001) e il Piano Nazionale della Logistica 2011-2020

Nel documento Autostrade del Mare (pagine 62-68)

LE MISURE NAZIONALI PER DISINCENTIVARE IL TRAFFICO STRADALE

3. Il Piano Nazionale della Logistica e dei Trasporti (2001) e il Piano Nazionale della Logistica 2011-2020

Come illustrato nel paragrafo precedente, l’art. 9 della legge 30 novembre 1998, n. 413, ha dato avvio ad un programma per la realizzazione di opere infrastrutturali finalizzate all’ampliamento, all’ammodernamento ed alla riqualificazione portuale: solo con decreto attuativo del 2 maggio 2001, tuttavia, era stata attribuita una rilevanza specifica alle opere connesse alla realizzazione del progetto “Autostrade del Mare”, ovvero alle infrastrutture funzionali al trasporto combinato “strada-mare”.

Rispetto all’intervento normativo del 1999, il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, adottato dal Ministero dei Trasporti e della Navigazione nel 2001132, a seguito di delibera del CIPE dell’1 febbraio 2001, n. 1, fa propria una prospettiva di più ampio respiro e, in accordo con le politiche comunitarie adottate in materia di trasporti, dispone le linee programmatiche degli interventi infrastrutturali da realizzarsi in Italia e degli obiettivi da raggiungere, valorizzando la necessità di promuovere forme di “sviluppo sostenibile”, ovvero di progetti di sviluppo in grado di assicurare “il soddisfacimento dei

bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri 133.

131 Trattasi di uno strumento introdotto per la prima volta dalla Legge Obiettivo, per cui si rinvia oltre.

132 MINISTERO DEI TRASPORTI E DELLA NAVIGAZIONE, Piano generale dei Trasporti e della Logistica, 2001, approvato con d.P.R. 14 marzo 2001, in GU n. 94 del 23 aprile 2001.

133 Questa la definizione contenuta nel rapporto “Our Common Future” pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (Commissione Bruntland) del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.

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Il concetto “mobilità sostenibile”134 si pone dunque in diretta connessione con i principi dello sviluppo sostenibile: individua infatti l’insieme delle modalità di trasporto in grado di diminuire le “esternalità negative”135 del traffico di merci e persone, sul piano economico, sociale e ambientale.

In tale contesto, una fondamentale soluzione per la realizzazione della mobilità sostenibile nell’ambito dello spostamento di persone e merci può essere individuata nell’intemodalità, ovvero nel trasporto effettuato attraverso l’impiego di una combinazione di mezzi differenti, definibile come “il

movimento di merci nella stessa unità di carico o sullo stesso veicolo stradale, che utilizza due o più modi di trasporto e che non implica il trattamento diretto della merce nelle fasi di trasbordo modale 136.

L’intermodalità è infatti il servizio “reso attraverso l'integrazione fra diverse

modalità che induce a considerare il trasporto medesimo non più come somma di attività distinte ed autonome dei diversi vettori interessati, ma come

134 La mobilità è un sistema complesso che racchiude gli spostamenti di cose e persone sul territorio con qualsiasi mezzo di trasporto ed è formato da persone, cose, servizi, infrastrutture viarie, ferroviarie, aeroportuali, parcheggi e centri di interscambio, trasporti pubblici e privati, piste ciclabili ecc. Così L. MARFOLI, Trasporti, ambiente e mobilità sostenibile, cit., p. 305, secondo il quale una delle definizioni più appropriate di mobilità sostenibile è quella offerta dal World Business Council

for Sustainable Development: “mobility that meets the needs of society to move freely, gain access, comunicate, trade and establish relationship without sacrificing other essential human or ecological requirements today or in the future”.

135 Qualsiasi mezzo di trasporto implica dei “costi esterni”: con tale espressione, si fa riferimento ai danni derivanti dall’attività di trasporto a carico della collettività o di terzi (individui, imprese, Stato), che non sono già sostenuti dagli utenti o dal gestore del servizio. Con riferimento al trasporto stradale, s’indentificano generalmente, quali esternalità negative, i costi derivanti dall’inquinamento acustico, dall’inquinamento dell’aria, dalla congestione stradale, dal cambiamento climatico e quelli legati all’incidentalità (cfr. AMICI DELLA TERRA E FERROVIE DELLO STATO, I costi ambientali e

sociali della mobilità in Italia. Quarto rapporto, Roma, 2002). L’importanza della valutazione dei

costi esterni ai fini dell’adozione di una politica di sviluppo sostenibile è stata riconosciuta sia in ambito internazionale, sia in ambito comunitario, a partire dall’Agenda XXI, programma adottato all’esito dalla Conferenza ONU su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992, e dal V Programma d’azione ambientale dell’Unione Europea del 1992. Secondo la Commissione Europea la congestione stradale rappresenta nel nostro paese un costo sociale quantificabile fra il 2% e il 3% del PIL nazionale (in Europa la media è dell'1%). Si veda: AA. VV., Smart mobility, muoversi meglio

per vivere meglio, Roma, 2012; MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI,

Programmare il Territorio le Infrastrutture le Risorse, Allegato Infrastrutture n. 8, 2010, p. 15.

136 La definizione è tratta dal documento Terminology on combined transport, un glossario comune dei termini normalmente utilizzati nel settore dei trasporti redatto nel 2001 dalla Commissione dell'Unione Europea, dalla Conferenza Europea dei Ministri dei Trasporti (CEMT) e dalla Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite CEE/NU, per sopperire alle problematiche della pluralità e della diversità delle definizioni in materia.

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un'unica prestazione, dal punto di origine a quello di destinazione, in una visione globale del processo di trasferimento delle merci e, quindi, in un'ottica di catena logistica integrata137.

La realizzazione di una “mobilità sostenibile” e, conseguentemente, lo sviluppo del trasporto intermodale, costituiscono una tematica centrale del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica.

Tale Piano è contraddistinto da due scelte di fondo: da un lato, in accordo con le politiche comunitarie, s’informa al principio della liberalizzazione del mercato dei trasporti, anche nei comparti più tradizionalmente legati a gestioni monopolistiche; d’altro lato, sul piano del diritto interno, mira all’articolazione delle competenze programmatorie ed amministrative su due fondamentali livelli istituzionali, quello nazionale e quello regionale, competenze tra di loro distinte e complementari, con il passaggio graduale di una loro significativa parte dallo Stato alle Regioni sulla base del principio di sussidiarietà138.

Il Piano muove innanzitutto da un’analisi delle principali caratteristiche del sistema d’infrastrutture di trasporto nazionale attraverso la definizione del Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti (SNIT) esistente, ossia l'insieme delle infrastrutture sulle quali alla data della compilazione del Piano si svolgevano i servizi d’interesse nazionale ed internazionale139. Tale

137 E. OTTIMO, R. VONA, Sistemi di logistica integrata, Milano, 2001. Si veda anche: M. MAZZARINO,

Intermodalità e trasporto combinato. Lineamenti teorici ed operativi, in Quaderni della Rivista dei trasporti europei, Trieste, 1998.

138 “Le Regioni, interlocutori essenziali e determinanti, devono considerare l’articolato quadro

strategico delineato nel Piano, non come una limitazione alla loro autonomia decisionale, ma come un indispensabile e sistematico comune denominatore che riporta a logica comune gli interessi del sistema Paese”: così il MINISTERO DEI TRASPORTI E DELLA NAVIGAZIONE, Piano generale dei

Trasporti e della Logistica, p. 4, cit.

139 La rete ferroviaria dello SNIT si collega a quella internazionale attraverso 9 valichi alpini così da assicurare la continuità delle reti TEN e dei corridoi paneuropei. La rete stradale è suddivisa in una rete di “primo livello” formata dagli assi autostradali portanti del Paese ed una rete di “secondo livello” che collega gli assi principali lungo tutto il loro sviluppo e garantisce l’interconnessione con gli aeroporti e porti nazionali. Dal 2001 ad oggi sono intervenute significative modifiche, pertanto lo SNIT andrà ridefinito alla luce delle opere realizzate ed avviate negli ultimi anni (Alta velocità Salerno- Torino, passante di Mestre, consolidamento aeroporto Milano- Malpensa, affermazione di Roma- Fiumicino come hub internazionali, la forte crescita di Bergamo- Orio al Serio.

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metodologia ha consentito di evidenziare i seguenti i profili di criticità del sistema dei trasporti nazionale:

- il forte squilibrio verso la strada;

- la disomogeneità dei servizi nelle diverse aree del Paese (le problematiche di congestione delle regioni del centro-nord, da un lato, e i bassi livelli di accessibilità, causati dall’insufficiente qualità dei servizi e delle infrastrutture di trasporto, nel Mezzogiorno); - la congestione su alcune direttrici stradali e ferroviarie critiche; - l’elevata densità di mobilità delle aree urbane e metropolitane; - l’esistenza, nel trasporto aereo e marittimo, di grandi imprese di

natura prevalentemente pubblicistica, operanti talvolta in regime di monopolio e la conseguente debolezza della struttura imprenditoriale degli operatori del settore causata dal deficit di concorrenza interna; - la mancanza di un adeguato coordinamento tra i diversi soggetti che

operano nel settore;

- l’assenza di sufficiente coinvolgimento di soggetti e risorse private sia nell’affidamento della gestione che nella costruzione delle infrastrutture attraverso contratti di partenariato pubblico/privato. In tale contesto, il Piano Generale dei Trasposti e della Logistica intende individuare le strategie e determinare gli interventi principali, al fine di tracciare le linee portanti di un progetto di sistema che, nell’ottimizzare l’utilizzo dei diversi modi di trasporto, sia in grado di servire la domanda, garantendo livelli di qualità di servizio adeguati, assicurando il continuo innalzamento degli standard di sicurezza e fornendo un servizio ambientalmente sostenibile, che miri al raggiungimento di obiettivi di compatibilità ambientale in accordo con le conclusioni della Conferenza di Kyoto e con le convenzioni internazionali.

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Il progetto mira inoltre al riequilibrio territoriale, allo scopo di sfruttare al meglio le risorse offerte dal Mezzogiorno e a valorizzare il ruolo dell’Italia, quale piattaforma naturale per i collegamenti marittimi, grazie alla sua posizione geografica privilegiata, per cogliere la grande opportunità rappresentata dal Mediterraneo140.

Per quanto riguarda, nello specifico, gli interventi sulle strutture portuali finalizzati al potenziamento delle “Autostrade del Mare”, sono state incluse nello SNIT le infrastrutture che presentano rilevante entità di traffici ad elevato valore aggiunto, elevato grado di specializzazione, elevata entità di traffico combinato e traffici rilevanti con le isole maggiori.

È stato conseguentemente individuato un primo insieme minimo di 21 porti, tutti sedi di Autorità portuali, che soddisfano i criteri suddescritti, demandando ad una successiva fase di studio e approfondimento il completamento dello SNIT, ai fini anche all’integrazione dell’elenco inizialmente stilato con ulteriori scali.

In seguito all’adozione del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del 2001, sono stati elaborati ulteriori strumenti attuativi: si ricorda innanzitutto il Piano Nazionale della Logistica del 2006, elaborato dalla Consulta Generale per l’Autotrasporto e la Logistica141 su iniziativa del

140 Non è possibile riassumere il contenuto del Piano, in considerazione della molteplicità e dell’ampiezza degli elementi considerati: per approfondimenti, non si può che rinviare, pertanto, al testo integrale dello stesso. Per una valutazione critica si rimanda a M. CASANOVA, M. BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti. Infrastrutture e accesso al mercato, cit., p. 67 ss.: gli Autori,

pur apprezzando la nuova prospettiva adottata dal Governo in materia di pianificazione dei trasporti, osservano come il Piano non sia esente da difetti, quali in particolare l’assenza di un adeguato collegamento fra pianificazione nazionale e comunitaria e il carattere ridondante e ripetitivo, nonché l’assenza di un coerente sviluppo logico di alcune sue parti.

141 La Consulta Generale per l’Autotrasporto e la Logistica, con sede presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Dipartimento per i trasporti terrestri, operava alle dirette dipendenze del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in posizione di autonomia contabile e finanziaria, e svolgeva, ai sensi del d.lgs. n. 284/2005, attività propositiva, di studio, di monitoraggio, di consulenza delle autorità politiche, per la definizione delle politiche di intervento e delle strategie di governo nel settore dell'autotrasporto e della logistica, anche in materia di controlli tecnici ed amministrativi sull'esercizio dell'attività di autotrasporto. A tale fine, la Consulta aveva anche il compito di elaborare e provvedere all'aggiornamento e al monitoraggio sull'attuazione del Piano Nazionale della Logistica. Soppressa con Legge Monti n. 135/2012, le sue funzioni sono state trasferite alla Direzione Generale per il Trasporto Stradale e per l’Intermodalità

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Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e approvato con delibera CIPE del 22 marzo 2006, n. 44142.

Nel dicembre 2010, è stato approvato il Piano Nazionale della Logistica 2011-2020, elaborato dalla Consulta Generale per l’Autotrasporto e la Logistica su iniziativa del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti143.

Tale Piano è finalizzato a garantire un indirizzo unitario alla politica dei trasporti, nonché a coordinare ed armonizzare l’esercizio delle competenze e l’attuazione degli interventi amministrativi dello Stato e delle Regioni.

Nel Piano nazionale della logistica sono state individuate dieci linee d’intervento caratterizzate da cinquantuno azioni, da intraprendere nei diversi settori dei trasporti e della logistica.

Nell'ambito dei lavori per l'attuazione delle linee d'azione prioritarie individuate nel nuovo Piano Nazionale della Logistica, inoltre, sono stati completati 4 studi di approfondimento e analisi strutturale degli aspetti più importanti del Piano, individuandone punti di forza e di debolezza, anche al fine di definire un nuovo assetto logistico e infrastrutturale per lo sviluppo del Paese.

Gli studi elaborati, riguardano:

- piattaforme territoriali: aspetti demo-socio-economici e infrastrutturali; - combinato ferroviario e aereo ;

- combinato marittimo;

- processi di filiera e morfologia dei flussi internazionali.

142 Si rinvia sul punto nuovamente a M. CASANOVA, M. BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti. Infrastrutture e accesso al mercato, cit., p. 70 ss.

143 MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - CONSULTA GENERALE PER L’AUTOTRASPORTO E LA LOGISTICA, Piano Nazionale della Logistica 2011-2020, Roma, dicembre

2010, consultabile sul sito istituzionale del Ministero all’indirizzo http://www.mit.gov.it/mit/site.php.

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Il Piano introduce nell’ordinamento il concetto di co-modalità: trattasi di una nozione introdotta in sede comunitaria a partire dal 2006144, che esprime l’organizzazione di ciascuna modalità tale da favorire il miglior impiego delle risorse di infrastruttura e di servizio; la co-modalità risponde pertanto all’obiettivo di ottimizzare le prestazioni complessive del sistema della mobilità merci sulla base di un forte orientamento all’integrazione operativa, per realizzare il massimo “risparmio logistico” di sistema145.

4. Il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica del

Nel documento Autostrade del Mare (pagine 62-68)