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La Novella di Geta e Birria Il finale (ottave 170-186)

3. La conclusione 1 Plauto, Amphitruo

3.3 La Novella di Geta e Birria Il finale (ottave 170-186)

Il finale della Novella ricalca quello del Geta. Interessante risulta il riferimento, che mancava nel modello, a Plauto. L’autore - o meglio, gli autori – della Novella

‘Sono sogni, per Ercole!’

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‘Geta è pazzo e a causa dei suoi studi è diventato ancora più sciocco. Smettetela con questi

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sostengono di aver scritto l’opera “Litteralmente come Plauto la pone”, (ottava 173, v. 2). Ciò riapre la questione della conoscenza dell’Amphitruo all’epoca della stesura del testo, poiché si deve supporre una consapevolezza della paternità plautina del modello.

La scena si apre con i tre uomini che irrompono della camera di Alcmena, che si spaventa nel vedere le armi impugnate dal marito. Anche in questo caso la donna rivolge un accorato appello al consorte perché le deponga e si avvicini per baciar- la:

‘Or che bisogna venire col col coltello? Disse con boce angelica e vezzosa: Baci e non arme piglia, o signore bello. Lascia ir tal furia.’

(Ottava 174, vv. 2-5)

Anfitrione è sensibile alla bellezza di Alcmena, per cui si fa subito convincere e va ad abbracciarla, benché ancora armato. L’accento viene posto sulla bellezza della donna, la quale ha una “luminosa faccia”, la “boce angelica e vezzosa” ed atteggiamenti maliziosi che attraggono il consorte, (ottave 174-175).

Anche nella Novella è Geta a interrompere il momento romantico e a porre le due domande cruciali ad Alcmena. La prima riguarda la presenza dell’amante in casa di Anfitrione:

‘Dov’è colui che Geta si facea?’ (Ottava 175, v. 5)

È interessante il fatto che nella Novella il servo chiede dove si trovi si trovi colui che si spacciava per Geta e non il mechus (v. 511) , segno che il servo non ha 146 perso interesse per la questione del furto della sua identità.

‘Adultero.’

Viene poi posta ad Alcmena la seconda domanda:

‘Alcmena, chi fu ch’ebbe negato L’entrata al Geta la porta serrando?’ (Ottava 176, vv. 4-5)

Alla domanda, la donna risponde che era proprio il servo a fare da guardia alla porta mentre lei se ne stava a letto con Anfitrione, (ottave 176-177). L’uomo reagisce con violenza alle rivelazioni della moglie, convinto che gli stia nascon- dendo l’uomo con il quale ha giaciuto.

Alcmena, meravigliata risponde:

‘Come? Or non fusti esso tue? Per certo i’ pur ti vidi, o e’ mi pare. Forse che al mondo de’ tuo’ par son due? O forse ch’i’ pote’ fra me sognare? Dunque ogni rio pensier vo’ che tu pogni, Ché spesso ingannan l’animo li sogni.’ (Ottava 178, vv. 3-8)

La donna, diversamente da quanto fatto nel blesense, solleva anche il dubbio che forse possano esistere due Anfitrioni. Il marito, però, ignora l’ipotesi proposta dal- la donna e si concentra sulla seconda parte della frase: è certo che si sia trattato di un sogno.

Birria coglie l’occasione per sottolineare come a, suo avviso, la filosofia abbia reso pazzi Birria e il padrone:

Il Geta è pazzo, e ciò si vede aperto, chi si tenea de’ logici il più felice, L’arte il fa più pazzo e questo è aperto.’ (Ottava 179, vv. 3-6)

Birria è convinto che tutto ciò che è successo sia da imputare alla logica, che ha fatto divenire folli il padrone e l’altro servo, mentre il tradimento di cui erano convinti Geta ed Anfitrione non è mai esistito. Quindi tutti i personaggi possono tornare alla normalità senza farsi turbare da quanto accaduto.

Nella Novella viene anche fornita un’intepretazione di ciò che, secondo gli autori, Plauto voleva significare tramite la sua commedia:

Il mio degno poeta Plauto, il quale Fu d’esta commedia ‘nventore, Mostra, colla sentenzia sua morale, I famigliari inganni, e ‘l vano errore A presso quel che può. Oh, quanto vale Negli animi gentili il franco amore! Conchiude alfin, che più che sa, men vede Gl’inganni, quando più veder gli crede.
 (Ottava 182)

La morale che se ne trae è che chi più crede di sapere meno sa, non vedendo ciò che è sotto gli occhi di tutti.

Il finale vero e proprio dell’opera, diversamente da Vitale, non coincide con la conclusione della vicenda costituito da un’esaltazione dell’amore che ha potere su tutto e che supera in valore qualsiasi cosa al mondo, (ottave 183-186).

CONCLUSIONE

L’obiettivo che ci si era posti in questo lavoro era quello di istituire un confronto tra l’Amphitruo plautino e due dei suoi molteplici rifacimenti: il Geta di Vitale de Blois e la Novella di Geta e Birria. Il fine ultimo era quello di scoprire ciò che di plautino è rimasto nei due testi e cosa, invece, costituisce un’innovazione degli autori. Tutto ciò passando attraverso un’analisi delle struttura, dei personaggi e dei temi delle tre opere.

Il metodo scelto, come già spiegato nell’introduzione, è stato quello di tenere come punto di riferimento l’Amphitruo, per confrontare le scene analoghe delle tre opere seguendo il filo della storia.

Ciò ha permesso di evidenziare, prima di tutto, come i rifacimenti posseggano una finalità diversa rispetto al modello plautino. Nell’analisi si è avuto più volte modo di sottolineare come Vitale del Blois abbia utilizzato l’Amphitruo principalmente come una struttura - comica - su cui innestare una critica alle dispute filosofiche a lui contemporanee. La Novella, al contrario, è da intendere come un rifacimento “inconsapevole” dell’Amphitruo, poiché ricalca fedelmente il Geta del quale ri- lancia la polemica che soggiace al testo.

Il Geta e la Novella si sono discostati dal modello introducendo nuovi personaggi - Geta e Birria - che diventano i protagonisti eclissando Anftrione ed Alcmena, che primeggiavano in Plauto. Ciò ha permesso a Vitale di portare in primo piano, tramite i due servi, la sua indignazione per le dispute sugli universali e di declas- sare a semplici comparse i protagonisti plautini lasciando sullo sfondo il dramma del tradimento che era fondamentale nel sarsinate.

Si perde così la complessità di alcuni personaggi, come quello di Alcmena, spogliata della sua nobiltà e ridotta ad un manichino privo di volontà, ed il dram- ma di Anfitrione quale marito tradito.

Quello che rimane, ed è centrale sia nel nel Geta che nella Novella, è la crisi d’identità di Geta, analoga a quella del Sosia plautino, che attraversa tutta l’opera ed è funzionale all’obiettivo di Vitale.

L’analisi è stata più agevole in alcune parti e più difficoltosa in altre. Ricchi di spunti sono stati i testi consultati riguardo l’Amphitruo: Paduano fornisce 147 un’analisi dettagliata delle vicissitudini della commedia che ha semplificato la let- tura e la comprensione dell’opera. Allo stesso modo autori come Ferroni , Fusil148 - lo e Lindemberg hanno fornito importanti spunti di riflessione riguardo il 149 150 tema centrale della commedia plautina: quello del doppio.

Utili anche i contributi, meno copiosi, sul Geta. Ci si è avvalsi soprattutto degli scritti di Bertini che hanno aiutato ad inquadrare meglio l’ambito culturale, il 151 pensiero dell’autore e, di conseguenza, a poter fornire un’interpretazione coerente. Ciò che manca, al contrario, è una conoscenza approfondita della Novella, della quale, a differenza del Geta, si hanno poche notizie che provengono quasi esclusi- vamente da Arlia . Conoscere l’autore ed il contesto all’interno del quale è stato 152 elaborato, infatti, avrebbe potuto aiutare a capire il fine di questo rifacimento ed avrebbe fornito maggiori spunti di interpretazione che prescindessero dalle sue affinità con il Geta e che libererebbero l’opera dal marchio di divertissement del- l’autore. Allo stato attuale di conoscenza dell’opera, infatti, è possibile solo un’analisi comparativa.

G. PADUANO (a cura di) T.M. PLAUTO, Anfitrione, Introduzione…op. cit.

147

G. FERRONI, Figure del doppio, in La semiotica ed il doppio teatrale…op. cit.

148

M. FUSILLO, L’altro e lo stesso teoria e storia del doppio… op. cit.

149

Ö. LINDBERGER, The transformations of Amphitrion…op. cit.

150

F. BERTINI, Il "Geta" di Vitale di Blois e la scuola di Abelardo…op. cit; F. BERTINI, Introdu

151 -

zione a VITALE DE BLOIS, Geta, in Commedie latine…op. cit; F. BERTINI, La commedia ele-

giaca latina in Francia nel secolo XII: con un sag- gio di traduzione dell'Amphitryo di Vitale di Blois…op. cit.

C. ARLIA, Geta e Birria, Novella riprodotta…op. cit.

Ciò che emerge dal confronto dei tre testi è che, sebbene il Geta e la Novella di Geta e Birria siano il prodotto di una rielaborazione della materia plautina, esse posseggono una loro originalità ed indipendenza dal modello. Se infatti la vicenda di partenza rimane più o meno la stessa, Vitale de Blois - e di conseguenza la l’autore della Novella - hanno saputo emanciparsi dalla natura prettamente comica dell’Amphitruo per piegare la materia alle proprie esigenze comunicative e con- cepire delle opere dotate di una propria autenticità.

BIBLIOGRAFIA

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