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3. Criteri e modalità di ricostruzione di un linguaggio specialistico settoriale

3.2 L’universalità e la neutralità del linguaggio: principio di definizione

3.2.4 Novità che nascono dal confronto teorico tra Farradane/Guida

“definizione unica/tipica”

Gli standard, BS 8723, ISO 5963, ISO/DIS 25964-1 e ANSI/NISO Z39.19 definiscono il concetto come ‚unità di pensiero‛. In particolare, gli standard ISO/DIS 25964-1 e ANSI/NISO Z39.19 definiscono nel modo seguente il concetto e il termine:

BS 8723: 1-5 e ISO/DIS 25964-1: <<Concept= unit of thought>>.

<<Note: Concepts can often be expressed in a variety of different ways. They exist in the mind as abstract entities independents of terms used to express them>>.

<<Term: word or phrase used to label a concept>>.

<<Note: Thesaurus terms can be either preferred terms or non-preferred terms>>.

ANSI/NISO Z39.19

<<Concept= a unit o f thought, formed by mentally combining some or all of the charracteristics of a concrete or abstract, real or imaginary object. Concepts exist in the mind as abstract entities independent of terms used to express them>>.

Partendo dal principio che una definizione dizionariale si basa sul fenomeno del riconoscimento di caratteristiche comuni che definiscono l’essenza degli oggetti referenti, dobbiamo tuttavia ammettere che tali caratteristiche non sono però aprioristiche e assolute, preesistenti al termine, e che il termine è il mezzo con cui esprimiamo il concetto ed è, comunque nella maggior parte dei casi, associato ad un’immagine. Per definire un concetto è necessario un termine e ciascuno di noi usa quel termine in associazione comunque ad un’immagine familiare e contestualizzata di oggetti e fenomeni, per es. quando si usa la parola ‚cane‛ si ha in mente comunque un tipo di cane specifico che richiama il proprio cane o comunque un cane che ci ha particolarmente colpito.

Inoltre il concetto che ognuno di noi elabora in relazione ad un’entità o ad un fenomeno può variare nel tempo le proprie proprietà: consideriamo, per es. il differente concetto di mamma che possono elaborare un neonato, un bambino di cinque anni ed un adulto di quarantanni.

Un contributo importante alla semeiotica contemporanea è stato apportato dalle riflessioni del filosofo Charles Sanders Peirce (1839-1914). Il primo

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principio della semeiotica di Peirce si basa sul primato dell’Oggetto sul segno e sulla sua interpretazione.

La definizione di relazione segnica è triadica tra segno/oggetto/interpretante: un Representamen, la parte materiale del segno; un Oggetto, il referente a cui il segno si riferisce; un Interpretante, ciò che deriva o che viene generato dal segno stesso, cioè una rappresentazione mediatrice (svolge una funzione di interprete specificando che due persone si riferiscono alla stessa cosa).

<<Un segno, o representamen, è qualche cosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualche rispetto o capacità. Si rivolge a qualcuno, cioè crea nella mente di quella persona un segno equivalente, o forse un segno più sviluppato. Questo segno che esso crea lo chiamo interpretante del primo segno. Il segno sta per qualche cosa: il suo oggetto. Sta per quell’oggetto non sotto tutti i rispetti ma in riferimento a una sorta di idea che io ho talvolta chiamato la base del rapresentamen. ‚Idea‛ dev’essere qui intesa in quella sorta di senso platonico che è assai familiare nella conversazione quotidiana: intendo idea nel senso in cui diciamo che un uomo afferra l’idea di un altro, nel senso in cui diciamo che, quando un uomo rammenta ciò che stava pensando in un certo tempo anteriore, egli rammenta la stessa idea, e nel senso in cui diciamo che, quando un uomo continua a pensare qualche cosa poniamo per un decimo di secondo, finché il pensiero continua a essere coerente con se stesso durante quel tempo, cioè continua ad avere un contenuto simile, ciò è la medesima idea, e non è a ciascun istante dell’intervallo un’idea nuova<La parola Segno sarà usata per denotare un Oggetto percettibile, o soltanto immaginabile, o anche inimmaginabile in un senso univoco – poiché, per esempio, la parola ‚fast‛, che è un Segno, non è univocamente immaginabile, dal momento che non è la parola in se stessa che può essere stesa sulla carta o pronunciata ma solo una sua occorenza, e dal momento che ‚fast‛ è síla stessa parola quando viene scritta e quando viene pronunciata ma è una parola quando significa ‚rapidamente‛ e tutt’altra quando significa ‚immobile‛, e un’altra ancora quando si riferisce ad astinenza. Per essere un Segno, una cosa deve, per così dire ‚rappresentare‛ qualcos’altro, detto il suo Oggetto< Un segno può avere più di un Oggetto< Il Segno può solamente rappresentare l’Oggetto e parlare di esso. Non può fornire da solo conoscenza diretta o riconoscimento di quell’Oggetto. In questo volume per Oggetto di un Segno si intende precisamente quell’entità di cui è

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presupposta una conoscenza diretta affinché il Segno possa veicolare qualche ulteriore informazione riguardo all’Oggetto stesso>>.109

In Peirce, il segno, in quanto unità di espressione e contenuto, ha una funzione di mediazione tra l’oggetto e l’interpretante.

<<La più fondamentale suddivisione dei segni è quella fra icone, indici e simboli>>.

Un’icona è un Representamen e produce un’idea nell’Interpretante attraverso un’immagine (per es. dipinti, fotografie, etc<), un diagramma (per es. una formula algebrica è un’icona perché è resa tale dalle regole di commutazione, associazione e distribuzione dei simboli che possono rivelare verità inaspettate) e una metafora (che crea un’intuitiva e palese analogia con qualcos’altro).

Un indice ha il compito di riferirisi ed indicare un oggetto o riferirsi a un’icona. Per esempio: una meridiana o un orologio indicano l’ora; i pronomi dimostrativi ‚questo‛ e ‚ quello‛ sono indici perché inducono l’ascoltatore a stabilire un collegamento tra la mente e il suo oggetto, così come i pronomi relativi il ‚quale o ‚che‛ creano un nesso con le parole che precedono, sollecitando così le facoltà di osservazione dell’ascoltatore.

Però, come sottolinea Peirce, icone e indici non asseriscono nulla. Mentre un simbolo è un segno che esprime:

<<l’insieme di oggetti denotato da qualsiasi serie di indici, in certi modi connessi al simbolo, è rappresentato da un’icona associata ad esso>>.

A questo proposito Peirce prende come esempio la parola ‚ama‛ che è una parola che esprime un’idea che è un’icona mentale di una persona che ne ama un’altra. Però tale parola ha senso se ricorre in un enunciato dove vengono indicate due persone specifiche (per esempio: <<Ezechiele ama Huldah>>) che vengono rappresentate nella nostra mente tramite un’icona, cioè un’immagine di due innamorati.

Per Peirce il simbolo è un segno convenzionale, cioè una parola ordinaria che permette di immagginare e di richiamare alla mente un determinato oggetto, non indica una cosa particolare ma un genere di cose.110

109PEIRCE CHARLES SANDERS. Semiotica / Charles Sanders Peirce ; testi scelti e introdotti da Massimo A. Bonfantini, Letizia Grassi, Roberto Grazia. – Torino : Einaudi, ©1980. – P. [129]-135.

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Il significato, quindi, non nasce direttamente dall’oggetto ma viene mediato dal segno che coglie ed illumina le qualità fondamentali dell’oggetto. Ogni rappresentazione della realtà viene colta ed interpretata dalla mente umana e associata ad un segno. Quindi per Peirce un segno può essere tale solo se c’è l’intervento della coscienza e il significato di una parola è rappresentato dal concetto che essa veicola :

<<Insomma, ogni volta che un uomo prova un’emozione, egli sta pensando a qualcosa. Anche quelle passioni che non hanno un oggetto definito, come la malinconia, vengono alla coscienza solo colorando gli oggetti del pensiero <Il concetto di essere è, dunque, un concetto che riguarda un segno, cioè un pensiero o una parola >>.111

Logicamente una parola si arricchisce di significato secondo le attribuzioni che l’uomo le assegna in base alla propria esperienza e formazione culturale:

<<L’uomo-segno acquisisce informazioni e quindi viene a significare più di quanto significava prima. Ma così fanno le parole. L’elettricità non significa forse di più ora di quanto significava ai tempi di Franklin? L’uomo fa la parola, e la parola non significa niente di più di quello che l’uomo le ha fatto significare, e significare solo per un uomo. Ma poiché l’uomo può pensare solo per mezzo di parole o di altri simboli esterni, questi potrebbero volgersi a dire: ‚Tu non significhi niente che non ti abbiamo insegnato noi, e quindi significhi solo in quanto indirizzi qualche parola come l’interpretante del tuo pensiero‛. Di fatto, dunque, gli uomini e le parole si educano reciprocamente: ogni accrescimento di informazione in un uomo comporta – ed è comportato da- un corrispondente accrescimento d’informazione di una parola>>.112

Questo per dire che concetti, significati e termini sono strettamente legati e che gli schemi concettuali e i linguaggi artificiali controllati piegano significati e sensi costringendoli all’interno di una gabbia gerarchico-classificatoria che cerca di disancorare i nomi dal ‚hinc et nunc‛ della situazione e di ancorarli ad un‚tipo comune‛.

In linea di principio in un thesaurus il termine rappresenta un concetto il cui valore semantico (significato) viene acquisito estraendolo dal contesto documentario, cioè viene categorizzato e strutturato sulla base di quelle caratteristiche che ne permettono il riconoscimento come fenomeno e che ci

111PEIRCE CHARLES SANDERS. Semiotica, cit. – P. 68-71. 112PEIRCE CHARLES SANDERS. Semiotica, cit. – P. 83-85.

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permettono di ricondurlo ad uno schema (Kantiano), ad un tipo che costituisce il parametro di confronto per tutti quei fenomeni che sono dotati delle medesime caratteristiche morfologiche e degli stessi predicati e che permettono di nominarlo. Spesso l’attribuzione di un concetto ad una scala gerarchica può anche coincidere con l’assegnazione ad una tassonomia biologica perché questa delinea l’essenza del concetto stesso.

Tuttavia, essendo comunque in presenza di un linguaggio controllato, talvolta il significato e la terminologia subiscono delle restrizioni grazie alle note d’ambito, alle note di orientamento e ai legami di sinonimia o quasisinonimia.

La Classificazione bibliografica Bliss, la Classificazione decimale Dewey, il thesaurus del Nuovo soggettario alimentano i propri vocabolari sulla base del principio della garanzia bibliografica: infatti i concetti/significati/termini vengono derivati dai documenti e vengono poi impiegati per esprimere il tema base di altra documentazione. Questo implica una stretta connessione tra terminologia e contesto d’uso, sulla base di un processo di astrazione e di ricontestualizzazione.

Nel caso del Nuovo soggettario, in quanto thesaurus, le relazioni paradigmatiche sono indipendenti dai documenti. Tuttavia ci sono delle eccezioni a questo criterio di base con l’impiego delle note d’ambito che ‚imbrigliano‛ il termine al contesto documentario dal quale derivano.

Dobbiamo considerare il significato come un’entità composta da due componenti: statica e dinamica. La prima, che si basa sul significato di base delle parole, è quella che stabilisce l’identità di un termine, la sua categorizzazione e la sua collocazione/permanenza all’interno di uno schema concettuale; la seconda è quella che stabilisce la flessibilità di un termine e quindi la sua mobilità all’interno di diversi contesti.113

Dalla riflessione sulle teorie precedentemente analizzate, in questo preciso contesto, nasce un piccolo contributo alla teoria dell’indicizzazione, specificando e chiarendo i seguenti concetti:

• SIGNIFICATO NEUTRO • SIGNIFICATO DI BASE

• PRINCIPIO DIAPPLICABILITÀ GENERALE

113CHETI ABERTO. Un thesaurus per le biblioteche generali / di Alberto Cheti. – In: BollettinoAIB. – V. 32, n. 1 (mar. 1992). – P. 29-38.

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SIGNIFICATO NEUTRO (in relazione al contesto): è un significato che non

è influenzato da un contesto specializzato, da un punto di vista, da un aspetto particolare o da una documentazione con un significato specifico. È un significatoche attribuisce al concetto una validità generale perché definito dalle sue caratteristiche essenziali e indelebili. La neutralità del significato è costituita dal confine, dal limite, tra il contesto specifico d’uso da cui il termine viene tratto e tutti i contesti d’uso possibili. Il valore della neutralità "non vuol dire verità assoluta" ma la ricerca di un equilibrio tra diversi punti di vista. La cartina di tornasole della sua neutralità è la possibilità di ricontestualizzare il termine (termine di applicabilità generale);

SIGNIFICATO DI BASE (in relazione alla componente semantica): è il

significato attribuito da dizionari (che assegnano il concetto ad una categoria) ed enciclopedie (che assegnano il concetto ai contesti) che potrebbe avere anche delle relazioni con diversi domini disciplinari (ad un termine possono corrispondere più significati a seconda dei contesti). É un’operazione di attribuzione di significato che sta nel mezzo tra il significato neutro (decontestualizzazione) e il principio di applicabilità generale, è quel significato che ha più probabilità di valere in contesti differenti. Sulla base di questo significato si stabiliscono le relazioni semantiche di un termine che sono essenziali, statiche, permanenti e valide nei diversi contesti d’uso.

PRINCIPIO DI APPLICABILITÀ GENERALE: è un principio che si basa

sull’astrazione del concetto dai vari contesti d’uso, assegnando un significato neutro, e sulla possibilità di ricollocazione di questo stesso in qualsiasi contesto d’uso.

A queste definizioni deve essere aggiunto un corollario: qualora un termine non abbia un riscontro ed un’applicabilità in un contesto d’uso, è necessario coniare un nuovo termine.

In conclusione, neutralità, essenzialità e generalità sono delle discriminati ma nello stesso tempo dei determinanti del rappporto biunivoco concetto-termine. Non sempre è facile attuare una distinzione tra significato neutro e significato di base, spesso le due definizioni si sovrappongono.

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3.3 Criteri e modalità di ricostruzione dell’Economia finanziaria

all’interno del Nuovo soggettario

3.3.1 Struttura organizzativa e funzionalità dell’Economia