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1. LA NOZIONE DI NEUTRALITÀ FISCALE

1.1 La nozione di neutralità fiscale

Secondo la dottrina internazionale89 la neutralità fiscale è “il principio

alla base di un sistema economico nel quale gli operatori del mercato sono liberi di prendere qualsiasi decisione senza che vi sia interferenza alcuna della variabile fiscale90”.

88 Secondo l’articolo 26 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) il mercato interno

all’Unione europea è “(…) uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera

circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati”.

89 Sul punto cfr. Garcia Novoa, Tax Neutrality in the Exercise of the Right of Establishment within the EU

and Funding of Companies, in Intertax, 2010, vol. 38, iss. 11, p. 568.

90 La neutralità fiscale può essere anche definita rispetto agli investimenti come quella situazione tipo in

cui il prelievo fiscale esercitato dai diversi Stati non influenza la scelta del contribuente nell’effettuare l’investimento nel proprio Stato di residenza oppure all’estero. La neutralità così delineata può essere definita internazionale (o foreign neutrality) e presuppone l’eliminazione di ogni differenza tra il trattamento del reddito in due diverse giurisdizioni fiscali. In questo modo la redditività netta degli investimenti non è influenzata dalle imposte. A differenza della neutralità internazionale la neutralità

interna (o domestic neutrality) prevede che ai soggetti che producono reddito anche all’estero (o solo

all’estero) deve essere accordato lo stesso trattamento tributario che è accordato ai soggetti che producono reddito esclusivamente entro lo Stato di residenza. In questo caso si parla anche di capital export

neutrality. Pertanto secondo questo principio i soggetti economici non devono essere condizionati da

motivi di carattere fiscale nella scelta del paese nel quale compiere i propri investimenti. Di conseguenza per avere capital export neutrality il prelievo fiscale sul reddito prodotto all’estero deve essere pari al prelievo che sarebbe stato operato se quel reddito fosse stato prodotto nel territorio dello Stato della residenza dell’investitore. Per attuare questo meccanismo è necessario riconoscere il credito per imposte pagate all’estero in modo da consentire al contribuente di ottenere nello Stato di residenza il riconoscimento delle imposte pagate nello stato della fonte. Il principio della c.d. neutralità esterna (o anche capital import neutrality) invece, prevede che, ai soggetti che producono reddito all’estero lo Stato della residenza garantisca lo stesso trattamento fiscale che lo Stato della fonte garantisce ai soggetti ivi residenti che producono tale reddito. Mentre la neutralità interna afferisce alla politica fiscale soltanto nello Stato della residenza, che deve adottare le misure necessarie per equalizzare gli oneri fiscali di soggetti residenti in quello Stato ma che percepiscono reddito localizzato entro giurisdizioni diverse, la

neutralità esterna afferisce alla politica fiscale di due Stati (quello della fonte e quello della residenza) e

richiede la coordinazione e l’adattamento da parte di entrambi gli Stati. Infatti, se ad esempio l’aliquota che lo Stato della fonte applica ai soggetti non residenti è minore di quella che applica lo Stato della residenza sarà necessario che lo Stato della fonte aumenti la propria aliquota di tassazione nei confronti

64 Il legislatore comunitario, considerata l’importanza strategica delle riorganizzazioni transfrontaliere per le multinazionali, ha voluto garantire agli operatori del mercato la neutralità della variabile fiscale affinché quest’ultima non influenzasse le loro scelte.

Per raggiungere il predetto risultato il legislatore comunitario ha introdotto un regime di sospensione dell’imposizione91-92 dei plusvalori latenti che si sono

formati nella giurisdizione di “origine93” e la successiva tassazione all’atto

dell’effettivo realizzo94.

Tuttavia per garantire gli interessi fiscali dello Stato a quo95, la direttiva

Riorganizzazioni impone al soggetto beneficiario di una fusione, di una scissione ovvero di un conferimento, di mantenere una stabile organizzazione nello Stato del soggetto conferente96.

dei non residenti o che lo Stato della residenza riduca la propria aliquota di tassazione nei confronti dei residenti che investono in detto Stato.

91 Occorre evidenziare che con il termine “sospensione” non si fa riferimento all’esenzione dal tributo ma

semplicemente ad un rinvio del momento impositivo ad un diverso evento. In buona sostanza la tassazione dei plusvalori che sono maturati nella giurisdizione dalla quale i beni provengono, viene rinviata al momento del realizzo.

92 Per comprendere meglio la scelta del legislatore comunitario, occorre fare un passo indietro. Il primo

aspetto da considerare è che l’imposizione diretta non forma oggetto di alcuna previsione esplicita nel Trattato di Lisbona ad eccezione dell’articolo115 che stabilisce: “Il Consiglio, deliberando all’unanimità

[su proposta della Commissione] e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune”. La mancata “armonizzazione” delle imposte dirette è dovuta

alla circostanza che i Paesi membri non erano disposti a rinunciare alla loro sovranità impositiva in quanto da tale potestà dipende l’equilibrio finanziario dello Stato. Inoltre gli stati membri hanno sempre considerato l’imposizione diretta avere una minore influenza sull’instaurazione del “mercato comune”. Tuttavia già con il Rapporto Neumark del 1962, si era evidenziato che era necessario eliminare progressivamente le disparità fiscali sulla tassazione delle imprese e delle società attraverso un ravvicinamento continuo delle legislazioni nazionali ed in particolare ciò avrebbe dovuto avvenire per le riorganizzazioni societarie. L’esigenza di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri era maggiormente sentita in relazione alle operazioni di riorganizzazione in quanto, queste ultime venivano considerate da tutti gli Stati come operazioni fiscalmente neutrali qualora fossero domestiche e realizzative qualora fossero “transfrontaliere”.

93 Per giurisdizione di “origine” si intende lo Stato di residenza della società incorporata, scissa o

conferente a seconda dell’operazione che è stata realizzata dalle parti.

94 Sulla nozione di realizzo si veda infra.

95 Si tratta dello Stato nel quale si sono formati i plusvalori latenti sui beni.

96 Nel caso di scambio di azioni la direttiva impone al socio scambiante di trasferire il costo fiscale delle

azioni conferite sulle azioni ricevute (cd. “roll over”). Con il termine “roll over” si intende il trasferimento di un determinato valore su un altro bene che potrebbe avere un valore diverso dal primo.

65 Ciò consente allo Stato a quo di non perdere la potestà impositiva sulle plusvalenze implicite che sono maturate nel proprio territorio, e di assoggettarle a tassazione all’atto dell’effettivo realizzo.

Da quanto detto emerge che il principio di neutralità fiscale, così come formulato nella direttiva Riorganizzazioni, non impone agli Stati membri di eliminare la doppia imposizione bensì soltanto di sospendere la tassazione delle plusvalenze latenti che si sono formate sui beni nel Paese del soggetto conferente, sino al verificarsi di un ulteriore evento rappresentato dal realizzo.

1.2 La sospensione della tassazione e la determinazione dei costi