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SCHEDA SPERIMENTAZIONE Sperimentazione N° Percussore/i:

Capitolo 3 CA’ BELVEDERE DI MONTE POGGIOLO

3.3 I NQUADRAMENTO PALEOBIOLOGICO : I RESTI FAUNISTICI , LE ANALISI PALINOLOGICHE , I DATI PALEOECOLOGICI E BIOSTRATIGRAFIC

Per quanto riguarda i resti faunistici purtroppo il sito di Cà Belvedere di Monte Poggiolo non ci ha restituito nulla; studi su vertebrati fossili sono stati effettuati su dei resti provenienti dalla Cava Salita di Oriolo dei Fichi, nel territorio Forlivese (Giusberti, 1992).

Durante i lavori di sfruttamento della cava è stato messo in evidenza il tratto sommitale della colonna stratigrafica delle locali “Sabbie Gialle”, al di sotto del quale (circa 10 metri) gli escavatori hanno messo in luce, danneggiandola parzialmente, una difesa di mammut; grazie a questo rinvenimento è stato intrapreso uno scavo atto ad isolare il fossile e a mettere in luce l’intero cranio di Mammuthus aff. meridionalis (Giusberti, 1992). Il rinvenimento dei resti fossili di mammut ha permesso il successivo recupero di altri resti faunistici in diversi punti della cava ascrivibili a Dicerorhinus sp. (una mandibola frammentaria), a Bison cfr. schoetensacki (occipitale, parte posteriore del cranio), a Hippopotamus sp. (frammento di molare), nonché una costola di grosso erbivoro e un’altra zanna frammentaria di elefante (Giusberti, 1992). Il territorio romagnolo ha restituito altri resti di tali vertebrati fossili in diversi punti, sia nell’imolese che nel faentino, difficilmente correlabili al sito paleolitico di Cà Belvedere di Monte Poggiolo a causa delle condizioni di rinvenimento dei singoli, non riferibili ad un preciso contesto cronologico a causa delle fortuite condizioni di rinvenimento.

I resti sembrano essersi deposti durante eventi di tempesta o di piene fluviali, testimoniate da sottili orizzonti a conchiglie spiaggiate e piccoli ciottoli embricati, inoltre il rinvenimento di molti frustuli vegetali in associazione stratigrafica con i resti faunistici denota un ambiente costiero, sabbioso, in prossimità della foce di un fiume, protetto da barre e cordoni litorali, come dimostra l’alternarsi di episodi sedimentari di decantazione e di episodi altamente energetici (Marabini et al., 1995).

Le prime analisi palinologiche vennero invece effettuate sin dall’inizio degli anni ’90 da Laura Cattani (1992, 1996,). Vennero individuati tre cicli sedimentari che indicano 3 fasi di raffreddamento climatico. I primi risultati rivelarono in una prima fase, connessa alle Argille Azzurre, un ambiente forestale ricco di conifere (Pinus t. diploxylon, Pinus t. haploxylon, Abies, Picea, Cedrus, Tsuga e Sciadopitys) dove le arboree (85%) dominano

sulle erbacee; l’ambiente boschivo dominato dal Pino e la flebile presenza di taxa che esigono temperature alte e umidità (Cedrus, Tsuga, Sciadopitys, Carya e Pterocarya), mostrano un bosco Plio-Pleistocenico durante la fase di deterioramento climatico (Cattani, 1992; 1996)

Una seconda fase, contemporanea ai depositi ciottolo-sabbiosi spiaggiati relativi all’occupazione paleolitica, si compone di elementi forestali con vegetazione a conifere (Pino e Abete) misti ad elementi di steppa che ne rivelano una fase climatica fredda (Cattani, 1996).

I depositi sabbiosi che riempiono le fessurazioni subite dal complesso ghiaioso dopo lo slittamento denotano una netta predominanza delle erbacee (96,8%) fra cui forme tipiche delle attuali steppe dell’Europa centro-orientale, ovvero le forme tipiche della steppa fredda d’età würmiana (Cattani, 1992).

Nuove indagini sono state effettuate nel 2001 da Vincent Lebreton, il quale ha prelevato 211 campioni dalle carote MP1 e MP6, ovvero le stesse studiate dieci anni prima da Laura Cattani; più precisamente 33 campioni dalla carota MP1, dai quali furono ottenuti 27 spettri pollinici, e 178 dalla carota MP6, dalla quale invece vennero ottenuti 90 spetti pollinici (Lebreton, 2001).

I dati ottenuti sono correlabili al giacimento di Cà Belvedere in quanto entrambe le carote sono state prese o nelle prossime vicinanze del sito (carota MP1), o alla sommità della collina di Cà Belvedere di Monte Poggiolo (carota MP6).

E’ stato dunque possibile ottenere una lista (Lebreton, 2001; Messager et al., 2011) che si compone di 90 taxa botanica e che permette di avere in modo dettagliato un quadro della copertura vegetazionale per un periodo che ricopre 2 interglaciali temperati e umidi separati da un glaciale temperato fresco e secco, intorno a 1,4 milioni di anni fa, ovvero l’ambiente esistente prima dell’occupazione umana (Messager et al., 2011) (fig. 3.6).

Il primo interglaciale, più umido rispetto al successivo, è segnato da una marcata diffusione delle caducifoglie mesofile. La fase glaciale successiva è invece annunciata dallo sviluppo delle conifere montane, mentre la componente floristica è sostanzialmente la stessa che si riscontra durante gli interglaciali, con delle piccole variazioni legate più all’andamento dell’umidità che non della temperatura. La fine del

glaciale invece è marcata da un clima più umido e con temperature in progressivo aumento.

Il carotaggio MP6, unitamente alla carota MP3, è stato oggetto di studi anche per quanto riguarda la sua componente di foraminiferi, ostracodi, molluschi e nannofossili calcarei (Monegatti et al., 1992; Amore et al., 1998; Peretto et al., 1998).

L’analisi ha definito le Argille Blu come ricche di foraminiferi, ostracodi e nannofossili calcarei tipici di un ambiente infralitorale influenzato da apporti continentali. I foraminiferi rinvenuti, ben preservati e autoctoni, sono Ammonia beccarii,

A. perlucida, A. tepida, A. inflata, Cribroelphidium decipiens, Elphidium advenum, E. crispum, Hyanesina depressula, Protelphidium granosum e Fissurina lucida.

Gli ostracodi rinvenuti, mal preservati e alloctoni, sono invece rappresentati da

Leptocythere multipuncata, Semicytherura ruggierii, Palmoconcha turbida, Loxoconcha

sp..

Tra i nannofossili calcarei si rinvengono Coccolitus pelagicus, Pseudoemiliania

lacunosa e Gephyrocapsa sp.3. nei livelli più antichi delle Argille Azzurre a Rio Monticino

insieme al marker biostratigrafico Hyalinea baltica. Qui i sedimenti poco fossiliferi hanno dato qualche foraminifero (Elphidium macellum e Lagena clavata) e qualche ostracode (Leptocythere bacescoi e Aurelia convexa emathiae), mentre sono sterili di nannofossili calcarei. Tali associazioni denotano un clima temperato fresco.

Anche le argille limono-sabbiose che si trovano alla sommità dei sedimenti costieri di Cà Belvedere di Monte Poggiolo sono ugualmente povere di fossili, ma si rinvengono comunque i seguenti foraminiferi: Ammonia beccarii, A. perlucida, A. tepida, A. inflata,

Asterigerinata planorbis, Cassidulina neocarinata, Cribdoelphidium decipiens, Elphidium advenum, E. crispum, E. macellum, Haynesina depressula, Protelphidium granosum, Bucella frigida var. granulata, Lagena striata e Bulimina marginata. Per quanto riguarda

gli ostracodi troviamo invece Pontocythere turbida, Palmoconcha turbida e

Semicytherura incongruens. I nannofossili calcarei presenti sono Pseudoemiliania lacunosa e Gephyrocapsa sp.3.

Vi è un insieme di specie che denota un ambiente infralitorale salmastro e fortemente influenzato da apporti continentali che testimonia un degrado delle condizioni climatiche. E’ possibile asserire che l’uomo si sia stabilito durante un periodo in cui le condizioni climatiche generali andavano deteriorandosi, come è indicato anche

dalla presenza delle due specie di molluschi e come è confermato dai dati palinologici in possesso (Cattani, 1996; Lebreton, 2001; Renault-Miskovsky & Lebreton, 2006; Messager et al., 2011).

Fig.3.6: diagramma pollinico sintetico completo di Cà

Belvedere di Cà Belvedere di Monte Poggiolo. La classificazione dei taxa usata è la seguente:

Latifoglie: Acer, Ilex, Hedera, Alnus, Betula, Carpinus,

Corylus, Lonicera, Hippophae, Castanea, Fagus, Quercus decidua, Carya, Juglans, Pterocarya, Fraxinus, Salix, Tilia, Ulmus, Zelkova, Vitis.

Conifere: Abies, Picea, Tsuga, Cedrus. Erbe xerofite: Artemisia, Poaceae, Ephedra.

Il rapporto latifoglie/conifere documenta la risposta della vegetazione alle fasi glaciali, interglaciali e di transizione (da Messager et al., 2011).