fabbri-care altri prodotti – costituisce oggi la parte del leone del commercio mondiale (il 60 % degli scambi di merci e il 75 % del commercio di servizi). Nella maggior parte degli Stati industrializzati circa un terzo dei semilavorati importati viene integrato in prodotti indigeni destinati all’esportazione. Questa realtà non figura nelle classiche statistiche sul commercio. Infatti, esse attribuiscono (erroneamente) il valore com-plessivo dei prodotti scambiati all’ultimo Paese che ha partecipato al processo di fabbricazione, anche se il suo contributo è stato minimo. Questa imprecisione sfalsa le basi decisionali politiche e pregiudica la percezione dell’opinione pubblica. È assurdo che gli interi costi di produzione di un iPhone assemblato in Cina e venduto negli Stati Uniti figurino nelle statistiche come importazione negli Stati Uniti, il che non fa che aumentare ulteriormente il deficit della bilancia commerciale americana rispetto a quella cinese. I costi di quella parte di assemblaggio «made in China», infatti, non raggiungono neppure il 4 per cento dei costi di fabbricazione totali. La maggior parte dei semilavorati usati per produrre un iPhone provengono da Giap-pone, Germania, Corea del Sud e Stati Uniti14.
Alla luce della forte espansione delle catene globali del valore è necessaria una nuova unità di misura che rilevi i flussi commerciali internazionali e sia in grado di determinare con relativa precisione l’importanza dei singoli Paesi nel contesto della concorrenza internazionale. All’inizio del 2013 l’OCSE ha sviluppato, in collabora-zione con l’OMC, un nuovo metodo in grado di determinare la creacollabora-zione di valore
13 OCSE, Trade, Global Value Chains and Wage-Income Inequalities, 2015.
14 Asian Development Bank Institute, How the iPhone Widens the United States Trade Deficit with the People’s Republic of China, Nr. 257 2010.
aggiunto risultante dal commercio per il 95 per cento dei beni e servizi prodotti in tutto il mondo15.
Figura 2 Misurazione di esportazioni e importazioni a valore aggiunto
Fonte: OCSE, Interconnected Economies: Benefiting from Global Value Chains, Synthesis Report, 2013.
Esempio (cfr. figura 2): il Paese A esporta per 100 dollari beni da esso prodotti verso il Paese B. Quest’ultimo li lavora ulteriormente, generando un valore aggiunto di 10 dollari, e li esporta a sua volta verso il Paese C (dove si trovano i consumatori finali) al prezzo di 110 dollari. Secondo le statistiche classiche l’importo complessi-vo dell’esportazione ammonta a 210 dollari, benché durante la produzione sia stato generato un valore aggiunto di soli 110 dollari. In base al metodo di calcolo tradi-zionale, la bilancia commerciale del Paese C accusa un deficit di 110 dollari nei confronti del Paese B. Tra A e C, invece, non viene rilevato alcun traffico di espor-tazione, benché A sia il maggior beneficiario del consumo di C.
Il nuovo metodo di calcolo, che misura il valore aggiunto generatosi durante il processo di fabbricazione, consente di evincere un quadro più realistico delle attuali sfide economiche, in particolare per quanto concerne la quota di servizi intermedi importati contenuta nei prodotti finali esportati e l’importanza dei servizi nelle catene globali del valore. Le bilance commerciali allestite secondo questo metodo permettono di individuare in maniera più precisa il ruolo dei protagonisti della globalizzazione. Pertanto, l’eccedenza della bilancia commerciale tra Cina e Stati Uniti si ridurrebbe di un terzo se venisse calcolata in base al valore aggiunto e non secondo altri metodi statistici classici. Ciò è dovuto al fatto che tanti prodotti finali assemblati in Cina contengono spesso semilavorati provenienti dagli Stati Uniti stessi. Anche il disavanzo nella bilancia commerciale della Svizzera con la Germa-nia risulterebbe più che dimezzato, in quanto le esportazioni svizzere verso la Ger-mania contengono una quota di valore aggiunto maggiore rispetto alle esportazioni tedesche verso la Svizzera.
L’OSCE ha anche sviluppato un indicatore capace di misurare la partecipazione di un Paese alle catene globali del valore. Tale indicatore misura la quota di valore dei semilavorati importati rispetto al valore complessivo delle esportazioni di un Paese e, quindi, l’importanza dei fornitori esteri ai fini della produzione domestica (parte-cipazione a monte). L’indicatore viene integrato da una seconda unità di misura, che
15 OCSE, Global Value Chains: OCSE Work on Measuring Trade in Value-Added and Beyond, 2012.
valuta il ruolo di un Paese nella sua qualità di fornitore di beni e servizi a Paesi terzi.
Essa misura cioè la quota di beni e servizi di cui altri Paesi si avvalgono per mettere a punto i loro prodotti di esportazione (partecipazione a valle). Combinando i due dati si ottiene un quadro preciso di quella che è la partecipazione di un Paese alle catene globali del valore16.
Figura 3 Partecipazione della Svizzera alle catene globali del valore
Semilavorati esteri (partecipazione a monte) e semilavorati svizzeri utilizzati per fabbricare prodotti di esportazione di Paesi terzi (partecipazione a valle) in percentuale delle esportazioni lorde, valori riferiti al 2009.
Fonte: OCSE, Mapping Global Value Chains: Switzerland, 2013.
La figura 3 illustra la partecipazione della Svizzera e dei suoi principali partner alle catene globali del valore. Le economie di dimensioni medie come quelle della Sviz-zera, del Belgio o dell’Olanda utilizzano più servizi intermedi esteri per fabbricare i loro prodotti rispetto ai grandi Paesi come Stati Uniti e Canada, che fanno capo in misura maggiore a servizi intermedi interni. D’altra parte, però, non sono tanto le dimensioni di un’economia a determinare il suo grado di partecipazione al commer-cio mondiale. Il fattore decisivo è piuttosto la quota di servizi intermedi contenuta nei suoi prodotti di esportazione e la misura in cui i Paesi destinatari li utilizzano, a loro volta, come semilavorati. L’indice di partecipazione degli Stati Uniti, ad esem-pio, è influenzato in modo determinante dalla misura in cui i suoi prodotti di espor-tazione vengono utilizzati come semilavorati da Paesi terzi (circa il 25 %).
16 OCSE, Mapping Global Value Chains, 2013, pag. 11.
L’indice di partecipazione della Svizzera (52 %) dimostra che il nostro Paese è fortemente integrato nelle catene globali del valore17. I prodotti di esportazione svizzeri consistono in misura considerevole in servizi intermedi importati: quasi il 50 per cento del valore dei prodotti tessili e chimici esportati dal nostro Paese viene generato all’estero, mentre la media per l’intero settore di esportazione si attesta attorno al 30 per cento. Dal 1995 in poi la quota di valore generata all’estero è in aumento, il che comprova la crescente integrazione della Svizzera nell’economia mondiale. Questa tendenza si spiega tra l’altro con la particolare importanza degli investimenti diretti per il nostro Paese, in quanto la relazione tra la sede principale di una società e le sue filiali è di fondamentale importanza per le catene globali del valore. Secondo le stime dell’OCSE, il 40 per cento dei posti di lavoro del nostro settore privato è sostenuto da una domanda finale estera18.
I dati statistici di cui la Svizzera dispone sono sufficienti per misurare la creazione di valore risultante dal commercio. Per un’analisi approfondita sarebbe tuttavia oppor-tuno raccogliere e pubblicare con più regolarità dati su taluni effetti che le catene globali del valore producono su occupazione e ricavi da investimenti.
1.1.4 Il ruolo fondamentale dei servizi per la