Parole di “libertà” tra le pagine dei clandestin
LA NUOVA NAZIONE»
La «Nazione del Popolo», organo del Comitato di Liberazione, ha iniziato ieri le sue pubblicazioni. È un giornale nuovo, che con la vecchia «Nazione» non ha affine che il titolo ed anche questo non dovrà più essere inteso nel modo equivoco degli ultimi trent’anni, ma in quello antico di «natio», che è insieme la società, la comunità originale, e la nascita
Oggi il popolo italiano rinasce come comunità viva.
[…] Negli ultimi decenni, in cui persino il nome di libertà era bandito, l’Italia non ha realmente avuto uno stato, ma un regime di tirannica anarchia sfociato, negli ultimi mesi in un caos sanguinoso. Senza libertà e senza Stato abbiamo persa l’unità e l’indipendenza; e tutta la vita sociale individuale è stata cor- rotta e disintegrata. Il male era nelle classi dirigenti, e si manifestava come l’essere, esse classi e istituzioni, incapaci e separate dalla vita della nazione, ma si rifletteva e propagava, come un cancro, a tutte le attività di tutto il paese, dall’economia alla cultura, dal lavoro alla vita morale. La mancanza di libertà e di stato, il totalitarismo, significò per tutti i cittadini, anche i più nascosti e confinati negli interessi particolari, decadimento, impotenza, miseria, morte. Ma il popolo italiano, fatto esperto del dolore, ha ritrovato la sua virtù. I suoi mali antichi, assai più antichi del fascismo, arrivati con il fascismo al loro estremo, con il fascismo dovevano finire. Il nostro popolo ha saputo difendersi, negli anni oscuri, non solo colle organizzazioni della resistenza clandestina ma anche chiudendosi in un guscio di paziente indifferenza, dalla illusione alla falsa grandezza: oggi, attraverso le stragi, le rovine, la totale dissoluzione di ogni vita civile, toccando il fondo di tutti i mali, pagando lo scotto di tutti gli errori, lavando con il sangue e le lacrime tutte le debolezze, insorge, e nel suo più tragico momento, si avvia sotto la guida del Governo nazionale per la prima volta nella sua storia a creare le forme politiche corrispondenti al suo particolare modo di essere; a dar vita, finalmente, a uno Stato.
Quest’opera avviene sotto i nostri occhi, multiforme e spontanea: lo Stato in formazione è il risultato della iniziativa popolare.
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di rinnovamento italiano, che essi, da punti di vista diversi, chiariscono, difen- dono, suscitano, sorreggono, coordinano.
Essi hanno avuto, in questi anni, una vita clandestina ricca di eroismi e di marti- ri e hanno condotto senza compromessi e con il sacrificio di tanti dei loro uomini, la guerra di liberazione.
Essi rappresentano, nella loro forma attuale, il primo cristallizzarsi delle opi- nioni, degli interessi, delle passioni, in quanto separate e distinte. La pluralità dei partiti che non sia dispersione rappresenta la ricchezza di una società diffe- renziata. Loro dovere è essere forti, di avere dei programmi precisi, di essere all’ avanguardia del paese, non dietro di esso.
Iniziativa popolare infine sono, accanto e sopra ai partiti, gli organismi locali di battaglia, di coordinamento e di governo: i Comitati di Liberazione Nazionale.
Ed erano poi gli stessi partiti, attraverso i propri fogli - prima che l’ordine delle autorità alleata ne sospendesse, a partire dal 30 agosto, le pubblicazioni - a spiegare e a definire i valori e programmi, a descrivere la propria idea di libertà e ricostruzione. Tornavano, cioè, in superficie le loro diverse anime, quelle che la lotta contro il nemico aveva riunito. I liberali, sulle pagine de «L’Opinione» del 13 agosto, precisavano di voler accompagnare, non guidare - in polemica contro le posizioni agitatorie e di leadership manifestate dalle forze comuniste - gli italiani nella «ricostruzione del loro senso di dignità civile». Passava, dunque, l’idea di una restaurazione di un ordine statale e civile già esistente, che la paren- tesi fascista aveva solo provvisoriamente interrotto.
«PRECISAZIONE»
Il nostro programma di azione esclude che gli italiani debbano passivamente attendersi da una minoranza la loro liberazione, perché solo da una consapevole rieducazione del loro carattere e della loro morale, solo da una intima rico- struzione del loro senso di dignità civile, essi potranno superare quella effettiva riabilitazione che farà del loro riscatto una meritata e duratura conquista. Il compito che ci siamo prefisso è quello di assisterli per questa via, di incitarli ad avere fiducia in se stessi, a riassumere le rinunciate le responsabilità, a guardare in faccia la troppo a lungo ricusata realtà, per quanto deludente possa essere,
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a difendere il loro diritto al compimento di un dovere che non può più essere ad altri delegato perché è prerogativa essenziale della loro figura di uomini e di cittadini.
Questa concezione del nostro compito esclude qualsiasi pretesa di arrogarci una partigiana posizione di priorità nel futuro governo della cosa pubblica. Vi sono, è vero, partiti che aspirano con sorprendente sicurezza ad assumere in appalto esclusivo la salvezza immediata e la futura riorganizzazione del Paese e sono quelli che si insinuano nella opinione pubblica disorientata con un programma di riforme che lusinga le masse preponderanti di affrontare e i risolvere i pro- blemi d’assalto. Non è questo il nostro caso. Noi possediamo un programma ma non pretendiamo di avere un toccasana per tutti i problemi […]. Noi crediamo che nessuno possa seriamente prevedere da quali esigenze e possibilità dovrà sorgere il nuovo assetto del mondo, appunto perché abbiamo coscienze della es- senziale novità a cui dovranno essere ispirati i nuovi ordinamenti. Chi trascura questa sostanziale riserva nella elaborazione dei suoi piani, inganna inconscia- mente se stesso e quelli cui vuole persuadere fiducia. Noi ci rifiutiamo a questa facilità perché sappiamo che le incognite dell’avvenire sono più grandi della nostra ragione e della nostra immaginazione […].
La sola via per opporre alle difficoltà del futuro una sufficiente massa di resi- stenza e di iniziativa è quella che conduce ad attingere nel profondo degli stra- ti sociali la vastità che un simile movimento deve avere per risolversi in una costruttiva impresa. Noi non chiediamo, in realtà, di meglio che confonderci finalmente in una ricostituita e pacificata unità di spiriti che rimetta sullo stesso piano di responsabilità e di diritto tutti gli italiani. Questa fusione non poteva avvenire come effetto di una superficiale riconciliazione, ma a prezzo di un pro- fondo ravvedimento operato nello spirito collettivo.
La battaglia insieme combattuta da tutti i partiti del fronte antifascista ha per- messo ad ognuno di collaborare al servizio di un ideale di libertà fortemente e sinceramente sentito.
Noi ci auguriamo, nel momento in cui l’Italia sta, passo per passo, riconqui- stando questa libertà e si appresta a muovere i primi passi nelle vie della rico-
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struzione che tutte le correnti politiche non si allontanino dal filo ideale che ha loro permesso di combattere unite una lunga e dura battaglia, onde sia possibile ridare veramente all’Italia, nella riconquistata concezione della dignità e della personalità umana, il posto che le spetta tra le nazioni civili al mondo.
Epurazione, confronto e dialogo, partecipazione, l’unione di istanze liberali e sociali, la necessità di imparare a conoscere e a saper gestire quegli strumenti di democrazia nuovi e prima di allora sconosciuti erano i punti chiave di un articolo pubblicato su «La Libertà» del 27 agosto e in cui il Pd’A illustrava la propria posizione in tema di libertà e futuro. Una visione di rottura con il passato che aveva già trovato spazio, l’11 agosto, sulle colonne dell’«Avanti!»: «Restaurazione o Rivoluzione?», «Noi siamo per la Rivoluzione!».