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L’eredità di Marin dunque appare utile se applicata al nostro contesto e soprattutto se avvalsa di altri utili spunti che sono seguiti alla sua ricerca, poiché la filosofia legata all’immagine ha iniziato ad interessare numerosi campi di studi in particolare quelli legati alla patologia, pedagogia, scienza e tecnologia, come un filo rosso che lega diversi ambiti per risolvere delle problematiche reali, che potrebbero vista la forza che essa esercita su tutti essere migliorate almeno in vista di fornire nuove metodologie di ricerca capaci di aprire aspetti che ancora sono rimasti in ombra. La forza delle immagini dunque è qualcosa di tangibile nell’agire umano e sia che si consideri ciò da un punto di vista simbolico sia iconico esse possono contribuire nella scoperta di quelle dinamiche comportamentali e psicologiche che ancora sono oggetto di ricerca o di dibattito. Il rischio è sicuramente di cadere in sistemi di catalogazione e interpretazione delle rappresentazioni che non tengano conto delle differenze reali in atto nel modo in cui esse svolgono un ruolo fondamentale per l’uomo nell’ambiente, ma si pensa che la filosofia in questo senso sia determinata a trovare uno o più modi per evitare una sola prospettiva, per questo motivo si cerca continuamente di mantenere viva la discussione facendo entrare in gioco filosofi del passato e quelli contemporanei, in un certo senso almeno questo è il buon uso che si vede nell’utilizzo del passato, e che si vede nel lavoro di Marin, che cercando di far vedere come la rappresentazione sia il mezzo con cui costruire un metodo nuovo e d’altro canto quello su cui si può trovare la contraddizione stessa, attua la necessaria apertura del sistema per non essere definitivo e muoversi insieme ai cambiamenti. Il concetto di movimento dunque rappresenta il perno del modello cosiddetto “nuovo”, che non si propone come alternativa, ma come presa di coscienza del fatto che ci dev’essere movimento mentale per poter comprendere al meglio ciò che avviene nel reale. In una sorta di gioco infantile dove la cosa più semplice assume le caratteristiche di qualcos’altro, anche i sistemi di significato devono esser capaci di affrontare la realtà e l’irrealtà con questo approccio aperto, che si perde con l’irrigidimento della mente su schemi prefissi e che invece è così importante per il

88 futuro. Si è optato per la definizione di eredità del filosofo francese poiché si ritiene che nel corso del secolo scorso la filosofia si sia trovata a dover fronteggiare quella corrente di pensiero che segue la filosofia di Nietzsche soprattutto, che necessita di ristabilire alcuni punti fondamentali nell’approccio al linguaggio e all’arte, da un lato per investirlo di temi etici e morali e dall’altro per stabilire il legame tra pensiero ed azione; si può dire infatti che a voler rivalutare la sfera delle emozioni e la filosofia pratica sia tutta la filosofia novecentesca, dall’area tedesca a quella francese ma anche americana, che in qualche modo reinserisce l’agire umano nell’interesse della filosofia e rivalutando la filosofia cosiddetta classica e moderna, anche per garantire una visione di quello che è il potere e l’uso che fa del linguaggio, delle immagini, delle narrazioni in genere, che hanno dunque conseguenze dirette sui destinatari dei messaggi, e sulla loro stessa capacità di formularne altri. La strada aperta da Marin e seguita da molti altri, deve sempre mantenersi a contatto con una linea politica molto chiara, ovvero quella che distingue tra deboli e potenti, ma che allo stesso tempo apre con dinamicità la possibilità di comprendere che il potere si insinua in diverse strutture di funzionamento della comunicazione che spesso sono totalmente estranee alla posizione sociale. Quelle dunque che sono messe in evidenza sono delle strutture analizzabili filosoficamente, che ricoprono certi funzionamenti dell’agire umano, che potevano essere dati per scontati o ignorati, ma che oggi devono necessariamente essere riconosciuti e regolati, non solo per evitare che lo strumento di potere e violenza crei disagi ulteriori dall’alto, si potrebbe dire verticalmente, ma tra le stesse componenti orizzontali, come due persone che parlano tra loro, e nelle stesse dinamiche del linguaggio. In un certo senso la mente stessa funziona per segni e per rappresentazioni dunque ed è per questo motivo che lo studio di essi porta alla comprensione della mente, ma anche a un suo autocontrollo critico, che non deve portare a un continuo esercizio di censura, ma può migliorarsi per uscire da quelle strutture di potere sugli altri e su sé stessi, che possono rivelarsi un problema nella vita.116 Si tratta dunque di una filosofia che è collega delle scienze umane, ma che riconosce anche un forte contributo dalla filosofia di Pascal, il quale ha significato per Marin un vero e proprio punto di riferimento storico e un ponte tra classicità e modernità. Della sua eredità dunque si colgono molte influenze, e si riconosce in Marin il fatto di averne usufruito per stimolare la filosofia a lui contemporanea, che ha potuto dunque passare dal linguaggio alla pittura, per restare

116 Marin nel 1992 partecipò a diverse conversazioni con Francesca Piolot dal titolo “A voix nude”, che

89 fedeli all’opera di Marin, con approccio intellettualista, tuttavia non si tenta di arrivare ad una certa oggettività, quanto di comprendere i diversi aspetti e creare un mélange di punti di vista. Inoltre la sua Critique du Discours ha consentito di far emergere il problema del segno e della rappresentazione, già aperto nel XVII secolo, e di cercare di comprendere come sia possibile far emergere il gioco che essi mettono in atto nel loro funzionamento, che è fatto di trasparenza e opacità e riflessione, che senza dubbio fanno crollare alcune certezze teoretiche, ma allo stesso tempo aprono la possibilità di nuove comprensioni del reale e dei comportamenti umani. Si rischia spesso di lasciare dei sospesi nell’affrontare tali argomenti, poiché in generale si può cogliere in questo tipo di filosofia, il tentativo si di dare una spiegazione a livello semiotico di determinati ambiti, come in Marin la pittura, ma è importante non escludere il fatto che lo stesso approccio viene utilizzato da altri filosofi per lo studio di ambiti molto diversi, si citi per esempio M. Foucault e la sua opera, Le parole e le cose. 117

Quando si cerca di comprendere insieme diverse visioni filosofiche si tende a generalizzare molto per far emergere degli aspetti comuni, tuttavia quello che questo studio ha cercato di proporre è di mettere in risalto degli approcci simili, sia per idee sia per metodi, i quali non solo permettono di capire la filosofia dei singoli filosofi per estrapolarne idee vive ancora oggi, ma anche di comprendere quali fossero le esigenze per cui si discute di certi argomenti e infine se oggi è cambiato qualcosa e queste risposte sono per noi ancora valide. Si potrebbe rispondere quasi certamente che la lettura dei testi di Marin offre sicuramente ancora un punto di vista accettabile e condivisibile, e si è disposti a compiere un passo ulteriore nella direzione che ci viene aperta e che deve essere ampliata. Le criticità contemporanee che vive la filosofia sono sicuramente dovute al fatto che non si cerca più di proseguire, piuttosto di valutare il passato e in generale acconsentire a visioni generalmente condivisibili insieme, seppur spesso molto lontane tra loro; si potrebbe vedere in ciò l’altro lato della medaglia di una filosofia vicina all’ermeneutica che accoglie in sé numerosi aspetti e contributi di diverse discipline. Tuttavia quello che il presente studio ha cercato di proporre è un pensiero critico anche su ciò che accade oggi, altrimenti lo studio della filosofia assumerebbe un carattere descrittivo e non più narrativo e creativo. La filosofia di Marin aiuta a comprendere quanto il cambiamento che è iniziato per primo nella logica,

117 Pubblicato per la prima volta in Francia da Gallimard nel 1966, con il titolo originale Les Mots et les Choses.

90 si sia irradiato negli altri ambiti di studi e in un certo senso sia passato dal concepire la forma più importante del contenuto, all’esatto contrario. Si potrebbe dire che l’utilizzo della filosofia per cercare di spiegare l’immagine e il processo con cui avviene la loro creazione è il cambiamento, che la posizione di Marin ha assunto dal suo iniziale scopo, se si può chiamare tale, di attivare un sistema di implicazioni di rappresentazioni e linguaggio. In una sorta di cambiamento epistemologico dovuto anche all’interesse più generale per la mente e i suoi meccanismi, si è passati da un cosiddetto paradigma semiotico ad uno simbolico-iconologico, che ha visto al centro l’immagine e il suo formare dei mondi di senso. Un esempio può essere trovato in quei filosofi che si occuparono di cercare nella rappresentazione un modo per trovare “l’impensato”118 cioè l’orizzonte da cui si dispiega il pensiero, un luogo virtuale dal quale fluire. Ogni creazione di pensiero presuppone un immagine o un piano, con ciò Deleuze ci vuole far capire che la verità, non emerge da dentro, ma la creazione di concetti deve distaccarsi dall’idea che essi sono già dati come i corpi celesti, ma pensare invece che siano in continua relazione con le immagini e le rappresentazioni del mondo, si potrebbe azzardare a dire che sono in continua contaminazione con il resto. Sicuramente l’approccio descritto da Deleuze e da molti altri che si sono interessati a chiarire meglio che cosa sia il pensare filosoficamente, deriva da un approccio della filosofia Husserliana che viene chiamata ovviamente fenomenologia e che si accosta anche alle stesse immagini, come avviene per esempio in Bachelard nell’opera “Poétique de

l’espace”119

. Egli afferma:

«[i filosofi] non si preoccupano affatto di vivere l'essere dell'immagine. La fenomenologia dell'immaginazione deve assumersi il compito di cogliere l'essere effimero. Precisamente, la fenomenologia trae alimenti dalla stessa brevità dell'immagine […]. Una filosofia dell'immaginazione deve dunque seguire il poeta fino in fondo alle sue immagini, senza mai ridurre l'estremismo in cui consiste il fenomeno stesso dello slancio poetico»120.

118

Si sta facendo riferimento alla visione espressa da M. de Beistegni in L’immagine di quel pensiero.

Deleuze filosofo dell’immanenza, Mimesis Edizioni, Milano, 2007

119 G. Bachelard, La poétique de l'espace, PUF, Parigi, 1957 (tr. it. di E. Catalano, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari 1975)

120

91 Il motivo per cui si cita come esempio Bachelard, attraverso lo studio di L. Fregoso121 è per il fatto che egli tenti di dimostrare come la filosofia ereditata dalla fenomenologia debba fare i conti con la possibilità di un’esperienza che vada oltre la stessa. In altre parole comprendere che fare esperienza dell’immagine è qualcosa di più, qualcosa che eccede e che fa parte della vita. Capire l’essere dell’immagine non è un compito sterile ed estetico, ma qualcosa che mette insieme più aspetti che vanno dal concetto all’emozione più originaria. Non è un caso che egli si appoggi allo slancio del poeta e che dunque veda strettamente collegato l’immagine, l’idea, la creazione e il polo della soggettività che permette tutto ciò. Ovviamente quello che interessa ai cosiddetti filosofi dell’esperienza estetica, chiamati così perché interessati al vivere l’esperienza artistica, piuttosto che a canalizzarla in procedure di comprensione schematiche o preconcette, è liberare l’arte da una visione limitante erede di quei concetti filosofici, come quello di verità, che rischiano di non far cogliere l’eterogeneità o l’autonomia delle singole voci artistiche, un po’ a voler recuperare la visione hegeliana di arte come “derivante dall’idea assoluta stessa”122

. Quello che in generale emerge dalle diverse posizioni che si possono prendere in esame, da questa a molte altre, è che da Marin in poi l’interesse sia rivolto sia al contenuto dell’arte in sé, sia all’esperienza dell’evento artistico, sia del creatore sia del fruitore. Questo dato è possibile coglierlo non solo per le numerose pubblicazioni che si possono trovare a riguardo, ma dal fatto che ci si accorge trattando di filosofia e di immagini, che esse non sono più limitabili ad un ambito conoscitivo fisso e monotono, ma si privilegiano i diversi aspetti di vita che interagiscono per creare campi di sapere e teorie. Senza voler attribuire un giudizio positivo o negativo, sicuramente è positivo per chi se ne occupa avere un dialogo piuttosto che un monologo, a riguardo di come e con chi si possa parlare di immagini, anche del perché esse sono così importanti oggi; non solo da un punto di vista scientifico, ma etico, religioso, artistico, politico, ci si rende conto che il nostro rapporto con esse non è né neutro né di poco valore, anzi le varie esperienze sono esse stesse determinate dall’incontro con certe immagini o dalla creazione di nuove. Perciò per cercare di ambientarsi in un contesto ricco di simboli, immagini, concetti, e anche della consapevolezza di essi, vi è la necessità di comprenderli in una sorta di teoria che racchiuda al suo interno le attuali certezze e i contrasti che riescono a coesistere. Questo

121 Fenomenologia e poetica dell'immagine in G. Bachelard di L. Fregoso, 2002 ITINERA

(http://www.filosofia.unimi.it/itinera)

122 G.W.F. Hegel, Einleitung in die Ästhetik, W. Fink Verlag, München 1985 (tr. it. di P. Galimberti, Introduzione alla «Estetica, Guerini e Associati, Milano 1996, p. 115)

92 studio ritiene che sia efficace il paragone con un link informatico il quale ha la possibilità di occupare uno spazio ed aprire al suo interno una quantità illimitata di contenuti. Sembra che l’esempio renda bene l’idea di cosa siano oggi le immagini e le stesse informazioni, idee, forse anche la nostra stessa mente, con i rischi dovuti, appare come qualcosa di vicino a un computer. Il problema è appunto che una così grande coesistenza di elementi smarrisca gli individui e quelli che sono gli atteggiamenti moralmente corretti e faccia coesistere rispetto altrui ed estrema violenza. A tal proposito, si ritiene fondamentale che la filosofia, che sembra aver perso il suo ruolo politico e sociale, riprenda quello di guida almeno, per un comportamento moralmente orientato al miglior modo possibile di convivenza pacifica tra gli uomini; in un certo senso la filosofia attingendo dall’arte la capacità di affrontare la politica, senza schierarsi da una parte, potrebbe aiutare le persone a ragionare di più e a non fermarsi ad un'unica risposta. Marin affronta l’argomento richiamando Pascal123 e affermando che per la retorica è molto difficile poter costruire un discorso teorico corretto che tenga conto della pratica del linguaggio quotidiana e di quella politica, perciò in qualche modo il discorso politico è essenziale per produrre l’articolazione ideologica del modello teorico del segno e del discorso. Per non cadere dunque nel moralismo, ma per mantenere vive tutte le diversità e farle convivere al meglio, per lui è necessario che si rifletta dentro al linguaggio la forza dei discorsi comuni e delle opinioni diverse, per far si che vi sia come un modello che interseca tradizione ed esplorazione e la credenza sia marca naturale della forza nei discorsi. Il metadiscorso dunque non è costruibile per Pascal perché si tratta sempre di un discorso ordinario degli uomini, è uno dei tanti e dunque la sua verità sta nel fatto di dipendere dal disordine stesso del soggetto che tratta. Il fatto di riconoscere che il linguaggio abbia una discontinuità e una difficoltà intrinseca, dovuta alla pratica della sua forza, e che per esempio fa confondere nomi per cose o parole per altre, compromettendo il senso e dunque facendo si che si producano conseguenze, può far pensare che anche per le immagini avvenga qualcosa di simile, soprattutto in arte, dove si gioca molto su questi contrasti in modo da suscitare delle reazioni emotive e anche degli scandali, ma non solo. Infatti come si è già detto il segno e l’immagine possono essere dei mezzi potenti di comunicazione e di insegnamento che permettono di esplorare e capire un contesto o un ambiente, anche la stessa cultura di una popolazione; per questo è necessario trovare dei punti di partenza che permettano di

123

93 procedere in maniera corretta e limpida nella produzione e fruizione delle immagini, in modo che il metodo porti a qualcosa di concreto e non sia solo un procedere a tentoni. La semiotica che in generale ci presenta Marin è in qualche modo il metodo che rispecchia il modo di fruizione delle immagini e dello stesso messaggio morale e/o politico che esse contengono, non si pensi soltanto a quadri ma anche a fotografie, soprattutto quelle che provengono da zone del mondo che subiscono guerre o grandi difficoltà economiche. Ma anche a immagini di Paesi ricchi con le loro contraddizioni ed eccessi, e ciò potrebbe essere un modo per insegnare a evidenziare le differenze e a formulare idee su come si potrebbe cambiare la situazione o solo discutere se ciò è giusto o sbagliato. In generale la forza delle immagini è viva se attuale, ma può esserlo anche se appartiene al passato e risveglia la memoria, oppure si ricollega a qualcosa di presente. Perciò questo studio ritiene che esse siano uno strumento potente per il dialogo e lo scambio di idee, e anche se spesso si può criticare la semiotica di aver rappresentato un momento fermo per la storia della filosofia, che a un certo punto, dopo Nietzsche non è più stata capace di formulare sistemi interpretativi della realtà, ma si è concentrata sullo studio autoreferenziale del linguaggio; tuttavia non si ritiene che ciò sia corretto soprattutto se si pensa agli sviluppi successivi che essa ha portato nella filosofia. Avviene quel che potremmo dire che Nietzsche auspicasse, cioè da una presenza del linguaggio come qualcosa di astratto e lontano dalla verità, all’uso di esso come mezzo per avvicinare l’io e la realtà; Già nella Nascita della tragedia124

, all’uomo "teoretico", il quale crede che i concetti siano l’essenza stessa delle cose, Nietzsche contrappone in Su verità e menzogna in senso extramorale125 , l’artista creatore e forgiatore di immagini che non è guidato "dai concetti" ma dalle “intuizioni." In un certo modo ciò è avvenuto in filosofia e i tentativi di cercare nuovi linguaggi portano a cambiare profondamente il ruolo e l’assetto della filosofia, che non per questo dev’essere considerata inferiore, ma figlia del suo tempo, che ovviamente è ricco di problemi. La ricerca di una morale in un nuovo linguaggio o almeno uno più consapevole e aperto alle contraddizioni è un modo per affermare una prima validità di esso, in qualche modo è una mossa retorica di persuasione, una garanzia necessaria al proporre un’idea come giusta. L’approccio dell’artista, adottato dall’estetica può essere utile come esempio di quella creazione di idee nuove e di messa in discussione di ogni

124 F. Nietzsche, “La Nascita della Tragedia”, in Nietzsche: Le Grandi Opere, Newton Compton Editori,

Roma 2008

125

94 aspetto ambiguo, che può portare le persone a comprendere meglio la realtà che vivono e loro stesse. Come affermava Nietzsche: "per morale [si deve intendere] un sistema di

valutazioni che aderisce alle condizioni di vita di una creatura"126 dunque si ha bisogno

di riaffermare dei sani valori di accettazione della vita, dopo che quelli del passato hanno perso la loro forza e hanno svelato la loro contingenza. L’arte col suo linguaggio da sempre permeato di messaggi morali, rappresenta oggi forse quel mezzo con cui tornare a comunicarli, poiché libero da imposizioni esterne di tipo politico. Sembra che ciò tenga poco in considerazione la situazione attuale, e si occupi di tutt’altre questioni rispetto a quelle che dovrebbero interessare all’etica. In realtà si pensa che sia proprio la capacità di applicazione di un sistema simbolico chiaro e dell’introduzione di piccole

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