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Obbligazione senza prestazione e rapporti contrattuali di fatto

Nel documento La responsabilità da contatto sociale (pagine 48-53)

sociale 71 , che sottrae i soggetti della relazione dal mero rapporto di reciproca estraneità (e di conseguenza rende inadeguata la disciplina della responsabilità extracontrattuale)

6. Obbligazione senza prestazione e rapporti contrattuali di fatto

Lo studio della figura dell’obbligazione senza prestazione palesa la tendenza di parte della dottrina e della giurisprudenza a sovrapporre o accostare la medesima ai rapporti contrattuali di fatto, sulla base del presupposto comune del contatto sociale tra soggetti determinati.

Tali oscillazioni non hanno un significato meramente teorico-dogmatico bensì investono anche il contenuto e i limiti della responsabilità del professionista, come si vedrà più specificamente in seguito; infatti, allorché si ritenga che l’obbligazione da contatto sociale sia una mera obbligazione di protezione (senza prestazione), il professionista potrà essere chiamato a rispondere per culpa in non facendo (tuttavia, secondo C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile3, op. ult. cit., p. 485, con riguardo alla responsabilità medica, il medico può essere chiamato a rispondere solo allorché l’intervento sia stato dannoso per il paziente; diversamente, la struttura può essere ritenuta responsabile anche per la mera inutilità dell’intervento. Questo profilo sarà ampiamente esaminato nel capitolo successivo); qualora invece si ritenga che dal contatto sociale sorga una obbligazione piena (cioè di prestazione), allora i confini della responsabilità del professionista si allargano fino a coincidere con quelli derivanti da un vero e proprio contratto d’opera.

Al fine di indagare il rapporto intercorrente tra gli istituti in parola, occorre ripercorrere brevemente la genesi e gli sviluppi più recenti della teoria dei rapporti contrattuali di fatto.

Tale teoria nasce in Germania negli anni quaranta da un famoso studio di G. Haupt81, in un momento storico in cui si faceva evidente la crisi del dogma della volontà e la conseguente tendenza alla oggettivizzazione del contratto, di tal che l’interesse collettivo rispecchiato dall’affidamento si riteneva predominante sulla necessità del consenso individuale per la conclusione del contratto.

La teoria in esame suddivide i rapporti contrattuali di fatto in tre categorie: a) i rapporti derivanti dall’offerta al pubblico di una prestazione o di un servizio di pubblico interesse (es somministrazione di beni di consumo generale);

b) i rapporti derivanti dalla inserzione, non preceduta da un valido contratto, in una organizzazione comunitaria, atteso il rapporto fiduciario che si instaura tra gli aderenti e il conseguente affidamento nella cooperazione altrui (es. società di fatto, rapporto di lavoro di fatto)

c) i rapporti derivanti da contatto sociale tra soggetti in assenza di un valido contratto, in cui si fanno rientrare le trattative contrattuali, la mediazione, il rapporto medico-paziente ecc.

81 G. HAUPT, Uber Faktische Vertragsverhaltnisse, in Lipziger Studien, Leipzig, 1941; S. SIMITIS,

Die Faktische Vertragsverhaltnisse, Frankfurt a. M., 1957; H LEHMANN, Das "faktische" Vertragsverhältnis, in Jherings Jahrbücher, 90 (1943), p. 131. Nella dottrina italiana, C. A. FUNAJOLI, I rapporti di fatto in materia contrattuale, in Annali dell'Università di Ferrara, 1952, I, p. 103; E. BETTI, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, in Jus, 1957, p. 353; L. RICCA, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, Milano, 1965; N. LIPARI, Rapporti di cortesia, rapporti di fatto, rapporti di fiducia, in Studi in onore di G. Scaduto, vol. II, Padova, 1970; G. STELLA RICHTER, Contributo allo studio dei rapporti di fatto nel diritto privato, in Riv. trim. dir. proc., 1977, p. 151; V. FRANCESCHELLI, Premesse generali per uno studio dei rapporti di fatto, in Rass. dir. civ., 1981, p. 662; ID., I rapporti di fatto. Ricostruzione della fattispecie e teoria generale, Milano, 1984; L. STANGHELLINI, Contributo allo studio dei rapporti di fatto, Milano, 1997; F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, ESI, 2006, p. 857 ss.; C. M. BIANCA, Diritto civile. Il contratto, III, Milano, 1998, p. 40 ss.

I fautori della teoria dei rapporti contrattuali di fatto vedono in queste fattispecie un importante indice della non necessità del consenso per la formazione di un contratto: sulla base della constatazione che i traffici dell’economia moderna impongono sempre più l’adozione di contratti di massa e in generale sistemi di velocizzazione dello scambio che portano a svalutare il momento consensuale, ciò che veramente rileverebbe è la valutazione sociale dei comportamenti in ordine alla creazione di un affidamento tra le parti del rapporto82.

Ancora una volta, la trasposizione nell’ordinamento italiano di una teoria di matrice tedesca ha suscitato un vivace dibattito dottrinale: i critici della teoria in esame hanno messo in evidenza da un lato la inutilità della categoria dei rapporti contrattuali di fatto, in quanto concepita come una sorta di area in cui si raccolgono fattispecie eterogenee tutte spiegabili in modo più o meno soddisfacente attraverso il ricorso a categorie tradizionali del nostro sistema ordinamentale (dichiarazione tacita di volontà, arricchimento senza causa, comportamento conludente)83; dall’altro lato, è apparso subito impossibile, proprio a cagione della eterogeneità delle fattispecie, la ricerca di un minimo comune denominatore sotto il profilo della struttura e, conseguentemente, della disciplina applicabile, di tal che la categoria dei rapporti contrattuali di fatto si rivelerebbe come un vuoto contenitore idoneo al massimo a evidenziare un preteso modo di formazione del contratto.

82 Sul punto va ricordata la celebre disputa intercorsa tra illustri Autori della nostra dottrina: N. IRTI,

Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, p. 347 ss.; G. OPPO, Disumanizzazione del contratto? in Riv. dir. civ., 1998, I, p. 525 ss.; N. IRTI, «E’ vero, ma…» (Replica a Giorgio Oppo), in Riv. dir. civ., 1999, I, p. 273 ss.; nonché N. IRTI, Lo scambio dei foulards (replica semiseria al prof. Bianca), in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, p. 601 ss; C. M. BIANCA, Diritto civile. Il contratto, op. ult. cit., p. 43 ss.; ID, Acontrattualità dei contratti di massa, in Vita not., 2001, p. 1120 ss.

83

In tal senso, tra gli altri, S. FAILLACE, La responsabilità da contatto sociale, Padova, 2004, p. 36 ss.

In particolare, con riguardo al problema del rapporto tra obbligazione senza prestazione e rapporti contrattuali di fatto, nell’ambito della suddivisione indicata è certamente l’ultima categoria a suscitare le maggiori perplessità: già ad un’analisi superficiale appare evidente il profilo comune costituito dal contatto tra sfere giuridiche da cui origina l’affidamento fonte di obbligazione.

Tuttavia la migliore dottrina ha rilevato come i due istituti debbano essere per il resto tenuti separati: laddove si ritenga che il contatto sociale sia idoneo a generare un contratto di fatto allora dovrebbe ritenersi esistente un vero e proprio obbligo di prestazione, soggetto alle normali regole che presiedono alla esecuzione di un contratto la cui peculiarità si esaurisce nel momento della formazione; al contrario, per i sostenitori della teoria della responsabilità da contatto sociale nelle fattispecie oggetto del presente lavoro il contatto sociale crea sì un affidamento tra i soggetti ma l’obbligazione ha ad oggetto la protezione della sfera giuridica altrui (cioè lo status quo) e non già una vera e propria prestazione.

Tuttavia non si è mancato di rilevare84 che nella storica pronuncia n. 589/1999 la Suprema Corte, nel qualificare la responsabilità medica come responsabilita' contrattuale nascente da "un'obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e

84 Cass. 22 gennaio 1999, n. 589, in Corr. giur., 1999, p. 446, con nota di A. DI MAJO,

L’obbligazione senza prestazione approda in Cassazione; in Nuova giur. civ. comm., 2000, p. 343, con nota di A. THIENE , La Cassazione ammette la configurabilità di un rapporto obbligatorio senza obbligo primario di prestazione; M. FORZIATI, La responsabilità contrattuale del medico dipendente: il “contatto sociale” conquista la Cassazione, in Resp. civ. prev., 1999, I, p. 661, in cui si esprimono perplessità in ordine alle notevoli potenzialità espansive del nuovo indirizzo; in Danno e resp., 1999, p. 294 con nota di V. CARBONE, La responsabilità del medico ospedaliero come responsabilità da contatto, secondo il quale è certamente discutibile l’equiparazione tra fatto (contatto) e contratto.

Considera il contatto sociale come fonte di rapporti contrattuali di fatto anche Cass. 6 marzo 1999, n. 1925, in tema di amministratore di fatto, in Foro it., 2000, I, p. 2299, con nota di M. SILVETTI; in Giur. it., 2000, p. 770, con nota di R. GUIDOTTI; in Corr. giur., 1999, con nota di PERRONE; e in Giur. comm., 2000, II, p. 167, con nota di N. ABRIANI.

torto", ha finito in motivazione per sovrapporre ingiustificatamente i concetti di obbligazione senza prestazione e rapporti contrattuali di fatto, così aderendo più o meno consapevolmente alla originaria formulazione della teoria dei rapporti contrattuali di fatto di matrice tedesca.

Ma è stato lo stesso teorico in Italia85 dell’obbligazione senza prestazione a ribadire in modo risoluto la necessità di distinguere i due concetti nei termini di cui sopra qualificando come “spuria” la pur ricorrente contaminazione tra essi: in particolare appare inaccettabile l’inquadramento del rapporto precontrattuale tra i rapporti contrattuali di fatto atteso che la buona fede nella fase delle trattative si ritiene idonea a far sorgere non già un’obbligazione piena ma solo un’obbligazione di protezione senza obbligo primario di prestazione.

A nostro sommesso parere, gli equivoci e le sovrapposizioni tra i concetti di obbligazione senza prestazione e rapporti contrattuali di fatto devono farsi risalire al più generale problema, che si dovrà successivamente esaminare, relativo alla possibilità che dal contatto sociale tra sfere giuridiche di soggetti diversi possa sorgere un vero e proprio obbligo di prestazione (nel qual caso la distanza dal contratto di fatto verrebbe

85 C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile3, op. ult. cit., p. 487 ss. Sul punto anche M.

GAZZARA, Danno alla persona da contatto sociale: responsabilità e assicurazione, ESI, 2007, p. 66, secondo il quale l’equiparazione del contatto sociale al contratto di fatto è – oltre che erronea sul piano dogmatico – anche inutile ai fini della soluzione delle questioni pratiche in quanto essa non risolve il problema fondamentale consistente nell’individuazione dei requisiti e presupposti in base ai quali una relazione sociale tra più soggetti assurga al rango di rapporto contrattuale. L’Autore precisa che “discorrere di rapporti contrattuali di fatto ha senso essenzialmente al fine di applicare ad un determinato rapporto sociale –caratterizzato da un interesse economico e frequentemente corrispettivo tra due o più soggetti e non preceduto da una manifestazione esplicita di assenso negoziale – le regole della corrispondente fattispecie contrattuale, mentre la teoria dei doveri di protezione assolve alla in un certo senso più limitata funzione di collegare ad un determinato contatto sociale il sorgere di un’obbligazione caratterizzata ex latere creditoris dall’interesse alla salvaguardia della propria sfera giuridica, non di rado intesa sub specie di integrità fisica”.

erosa) ovvero al più una obbligazione di protezione, anomala in quanto priva dell’obbligo primario di prestazione86.

Nel documento La responsabilità da contatto sociale (pagine 48-53)