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(UE) N 1169/2011: OBBLIGHI INFORMATIVI E RESPONSABILITÀ

4. Obblighi “di modalità” Le indicazioni volontarie.

Nel reg. (UE) n. 1169/2011, in considerazione delle rimostranze dei consumatori in ordine alla difficoltà di lettura e comprensione delle informazioni alimentari, il legislatore ha prestato particolare attenzione alla disciplina del “profilo qualitativo” della comunicazione alimentare.

Con riguardo alle modalità con cui devono essere rese le informazioni obbligatorie, il legislatore ha stabilito, anzitutto, che l'operatore dovrà apporre sempre le informazioni sotto forma di parole e numeri; egli potrà, tuttavia, far ricorso anche a pittogrammi e simboli al solo fine di “completare” le

espressioni mediante parole e numeri e soprattutto di renderle immediatamente percepibili e maggiormente visibili per il consumatore209.

Dispone inoltre l'art. 12, reg. (UE) n. 1169/2011, che le informazioni obbligatorie devono essere rese disponibili e facilmente accessibili e, in particolare, devono accompagnare il prodotto mediante apposizione sull'imballaggio o sull'etichetta.

In merito alla presentazione delle informazioni obbligatorie, l'art. 13 prevede che esse devono essere apposte in un punto evidente in modo da essere facilmente visibili e chiaramente leggibili. In ragione della possibilità che, per la natura e le modalità di conservazione, il prodotto debba essere surgelato o mantenuto in frigorifero, a contatto con acqua oppure che la confezione possa essere in qualche modo bagnata o rovinata, le informazioni obbligatorie dovranno essere anche indelebili210. Ad ulteriore precisazione, l'art. 13, par. 1,

seconda parte, dispone che le informazioni obbligatorie non possono in alcun modo essere nascoste, oscurate oppure perdere rilievo e visibilità in ragione dell'interferenza di altre informazioni considerate di minore importanza.

Con riguardo alla leggibilità delle informazioni, infine, il legislatore si è premurato di stabilire dei parametri precisi che l'operatore deve rispettare quando appone le informazioni obbligatorie: esse, invero, devono essere “stampate” in caratteri la cui parte mediana, determinata nella c.d. altezza della X disciplinata nell'allegato IV, è pari o superiore a 1,2 mm oppure, nel caso di imballaggi particolarmente minuti, a 0,9 mm. La determinazione di tali parametri contribuisce a rendere più precisa la responsabilità che grava non solo su colui che appone le informazioni, ma anche sui soggetti intermedi nella misura in cui sarà particolarmente semplice anche la verifica del rispetto di tali

209 Così dispone l'art. 9, par. 2, reg. (UE) n. 1169/2011.

210 In questo senso sembra possa essere letta l'espressione «eventualmente indelebili» di cui all'art. 13, par. 1, reg. (UE) n. 1169/2011.

parametri da parte degli operatori che intervengano in una fase della filiera successiva all'apposizione delle informazioni211.

Un'ulteriore precisazione è fornita in ordine ad alcune indicazioni, quali la denominazione dell'alimento, la quantità netta e il titolo alcolometrico volumico effettivo, che per espressa disposizione devono apparire nel medesimo campo visivo212.

In considerazione delle peculiarità che connotano la vendita di prodotti alimentari a distanza, inoltre, il legislatore prevede specificamente l'obbligo di fornire le informazioni obbligatorie – ad eccezione della data di scadenza o del termine minimo di conservazione213 – in un momento precedente alla

conclusione dell'acquisto on line; tutte le informazioni di cui all'art. 9, infine, devono essere disponibili al momento della consegna del prodotto.

Si prevede, tuttavia, che la regola che impone di rendere disponibili le informazioni prima della conclusione del contratto non si applichi alla vendita di alimenti tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati. Tale disposizione è invero discutibile laddove si consideri che le informazioni di cui all'art. 9, reg. (UE) n. 1169/2011, attengono alle caratteristiche essenziali del prodotto e per tale ragione, poiché dovrebbero essere i principali elementi su cui si basa la decisione d'acquisto del consumatore, sono resi di regola con modalità che ne garantiscano la visibilità, leggibilità e comprensibilità.

Non si capisce, pertanto, per quale motivo le medesime informazioni essenziali non debbano essere rese note nello stesso modo all'acquirente di prodotti venduti tramite distributori automatici o locali automatizzati laddove si 211 Tale obbligo di verifica potrebbe essere espletato mediante mezzi automatici quale ad esempio uno scanner – appositamente predisposto per la lettura delle sole indicazioni di dimensione conforme al reg. (UE) n. 1169/2011 – posto su di un nastro trasportatore che porta i prodotti dal mezzo del trasportatore al magazzino del distributore.

212 Si veda a tal riguardo l'art. 13, par. 5 del reg. (UE) n. 1169/2011.

213 Presumiamo che tale indicazione non debba essere fornita prima della conclusione dell'acquisto in quanto rientra nella diligenza professionale del commerciante on line il dovere di spedire un prodotto la cui scadenza sia abbastanza distanziata dalla data della conclusione dell'acquisto così da consentire che esso non deperisca durante il periodo che potrebbe essere necessario per l'effettuazione del pagamento e per la spedizione.

consideri che tale soggetto non può in alcun modo toccare, vedere e leggere tutte le indicazioni apposte sul prodotto prima dell'acquisto. L'eccezione in parola non sembra nemmeno giustificabile alla luce dell'esigenza di ridurre gli oneri che gravano sull'operatore laddove si consideri che sarebbe piuttosto semplice adempiere agli obblighi informativi di cui all'art. 9, reg. (UE) n. 1169/2011, apponendo sullo scaffale in cui è esposto il prodotto o accanto ai tasti di scelta dell'alimento l'elenco delle indicazioni obbligatorie214.

In considerazione del fatto che la comprensibilità dell'informazione dipende anzitutto dalla lingua in cui sono fornite, l'art. 15 del reg. (UE) n. 1169/2011 prevede che le informazioni obbligatorie devono essere fornite in un idioma facilmente comprensibile da parte dei consumatori degli Stati membri in cui l'alimento è commercializzato. Ne consegue che, a prescindere da quale operatore adempia materialmente all'apposizione delle informazioni obbligatorie, il distributore avrà l'onere di verificare che le informazioni fornite siano rese in una lingua comprensibile per i cittadini dello Stato in cui egli opera e, se del caso, di apporre le indicazioni aggiuntive necessarie al raggiungimento dello scopo previsto dall'art. 15, reg. (UE) n. 1169/2011215.

214 Se è indubbio che in realtà la vendita tramite distributori automatici o locali automatizzati non configura una vera e propria vendita a distanza non ci si può esimere dall'osservare che in entrambi i casi il consumatore si trova nella medesima situazione, o meglio, potrebbe essere ancora più svantaggiato nella prima ipotesi in quanto non ha a disposizione un indirizzo e-mail o una veloce chat on line che gli permetta di mettersi in contatto con il “venditore”. Si pensi ad esempio al consumatore che si rechi ad un distributore di latte crudo situato in un locale ove sono alienati anche altri latticini quali yogurt, mascarpone ecc.: sarebbe opportuno, a fronte della deperibilità di tali prodotti, garantire al consumatore di poter visionare quanto meno la data di scadenza prima di inserire le monete nel distributore. Ciò vale a maggior ragione se si considera che in questi locali assai spesso manca una qualsivoglia prova d'acquisto del prodotto che consenta al consumatore di recarsi l'indomani dal responsabile del locale e chiedere la sostituzione del prodotto “provando” di aver acquistato un bene che scadeva il giorno stesso.

215 Per una ricostruzione in merito alla giurisprudenza intervenuta a definire il concetto di “lingua facilmente comprensibile” prima dell'intervento del reg. (UE) n. 1169/2011 si vedano VALLETTA, La lingua sull'etichetta dei prodotti alimentari tra tutela del

consumatore e rispetto della libera circolazione delle merci, in Riv. dir. agr., 2001, II, p. 62

ss.; VEDASCHI, L'uso della lingua nelle etichette dei prodotti alimentari e la giurisprudenza

della Corte di giustizia, in Dir. pubbl. comp. ed eu., 1999, IV, p. 1633 ss.; SCHIANO, Libera

circolazione delle merci ed etichette alimentari: precisazioni della Corte, in Dir. pubbl. comp. ed eu., 2003, II, p. 939 ss.

Passando ora alla disamina delle modalità di fornitura delle indicazioni volontarie e, in particolare, al disposto di cui agli artt. 36 e 37 del reg. (UE) n. 1169/2011 occorre ricordare come la prima di tali disposizioni preveda, anzitutto, che laddove le informazioni di cui all'art. 9 siano rese al di fuori dei casi in cui il legislatore ne dispone l'obbligatorietà, ovvero, nelle ipotesi di cui agli artt. 16, 19, 20 e allorché non si ravvisi la presenza delle condizioni che ne impongono la fornitura216, esse devono comunque rispettare, oltre agli obblighi

di modalità di cui agli artt. 36 e 37, anche le disposizioni di cui al capo IV, sezioni 2 e 3 del reg. (UE) n. 1169/2011217.

Al di là di tale precisazione, l'art. 36, par. 2, lett. a), prevede che le informazioni volontarie non devono indurre in errore il consumatore, come descritto all'art. 7. Numerose sono le perplessità sollevate da tale previsione e, soprattutto, dal richiamo all'art. 7 del reg. (UE) n. 1169/2011: non è facile comprendere, invero, se il legislatore abbia inteso richiamare quanto previsto dall'art. 7 – che si riferirebbe, in quest'ottica necessariamente alle sole informazioni obbligatorie – rendendolo applicabile anche alle indicazioni volontarie, oppure se abbia voluto per ragioni di “sintesi” ribadire che il principio di non ingannevolezza regola anche la fornitura di informazioni volontarie e, in tale settore, si presta ad essere declinato nelle specificazioni di cui all'art. 7.

La seconda lettura, che prima facie, pare preferibile non permetterebbe comunque di determinare quanto esteso possa essere il richiamo all'art. 7: in 216 Con riguardo alla distinzione tra informazioni obbligatorie “condizionate” o

“incondizionate” si veda supra sub nota 190.

217 La sezione 2 del capo IV si occupa delle disposizioni particolareggiate sulle indicazioni obbligatorie e specifica in particolare alcuni casi in cui può essere omessa l'apposizione di talune menzioni, definisce con maggiore precisione alcune informazioni di cui all'elenco previsto all'art. 9, reg. (UE) n. 1169/2011 e, infine, chiarisce quale indicazione debba essere preferita laddove l'elenco di informazioni obbligatorie preveda alternativamente due locuzioni (a mero titolo esemplificativo si veda l'art. 24 del reg. (UE) n. 1169/2011 che specifica quando debba essere impiegata l'indicazione “data di scadenza” in luogo “dell'alternativa” di cui all'art. 9, par. 1, lett. f)). La sezione 3 del capo IV precisa come debba essere adempiuto l'obbligo di provvedere alla dichiarazione nutrizionale. In merito a quest'ultimo aspetto si veda infra par. 4.

altri termini non è semplice stabilire se l'art. 36 renda applicabile alle indicazioni volontarie solo il disposto di cui all'art. 7, par. 1, facendo sì che la rimanente parte dell'art. 7 si riferisca alle sole informazioni obbligatorie oppure se l'art. 7 debba in ogni caso essere considerato nella sua integralità quale previsione che regola la “lealtà” di qualsiasi informazione, obbligatoria o facoltativa, fornita al consumatore.

Questa seconda opzione, invero, parrebbe essere messa in discussione dal disposto dell'art. 36, par. 2, lett. b) del reg. (UE) n. 1169/2011 nella misura in cui, prevedendo che le informazioni volontarie «non sono ambigue né confuse per il consumatore», risulta sovrapponibile, almeno in parte, al contenuto dell'art. 7, par. 2, reg. (UE) n. 1169/2011. Al di là dell'imprecisione della locuzione che avrebbe potuto essere resa maggiormente fluida e corretta, disponendo che le indicazioni facoltative “non devono essere ambigue e idonee a confondere il consumatore”218, non v'è chi non veda come essa corrisponda in

parte al disposto dell'art. 7, par. 2, nella misura in cui le informazioni precise e chiare sono anche, da una diversa angolatura, non ambigue e inidonee a confondere il consumatore.

L'art. 36, par. 2, lett. c), prevede, infine, che le indicazioni facoltative devono essere, se del caso, scientificamente fondate: se ne desume che l'informazione dovrà essere basata su dati scientifici solo laddove essa sia volta a valorizzare le qualità di un prodotto, quali ad esempio, la possibilità di contribuire alla riduzione del colesterolo, che possa essere provata in modo scientifico219.

218 A prescindere dalla sottilissima sfumatura di significato che corre tra le due espressioni, la differenza potrebbe essere intesa al più nella volontà dell'operatore di fornire un'informazione confusoria nel secondo caso; volontà che invece difetterebbe per le informazioni “ambigue”.

219 I parr. successivi dell'art. 36 si preoccupano infine di delineare una serie di ipotesi in cui la Commissione avrà il potere di intervenire per meglio precisare o adeguare le regole previste nell'art. 36, parr. 1 e 2. In forza dell'art. 36, par. 3, reg. (UE) n. 1169/2011, inoltre, la Commissione dovrà adottare gli atti di esecuzione in merito all'applicazione dei requisiti di cui al paragrafo 2 alle informazioni volontarie specificamente indicate nel medesimo par. 3, lettere a), b) e c).

Quanto alla modalità di fornitura delle indicazioni facoltative, l'art. 37 si premura di precisare l'obbligo di “non interferenza” con le informazioni obbligatorie che si rinviene nell'art. 13, par. 1, seconda parte, disponendo, in particolare, che le informazioni fornite su base volontaria non possono in alcun modo occupare lo spazio disponibile per le informazioni obbligatorie.

Un discorso a sé in merito agli obblighi informativi posti in capo agli operatori alimentari dal reg. (UE) n. 1169/2011 merita, invece, il capo IV, sezione 3 di tale provvedimento che enuclea un intreccio di doveri di forma e contenuto con riguardo alla dichiarazione nutrizionale.

Come si è accennato, il legislatore ha ritenuto di introdurre con il reg. (UE) n. 1169/2011 l'obbligo di indicare le qualità nutrizionali del prodotto alimentare nella convinzione che la fornitura di tali indicazioni avrebbe favorito l'adozione di uno stile alimentare bilanciato e salutare da parte del consumatore220.

Riguardo all'ambito di operatività di questo “nuovo” dovere informativo che grava sull'operatore alimentare il reg. (UE) n. 1169/2011 si premura anzitutto di indicare, nell'allegato V, alcuni alimenti esclusi dall'adempimento previsto dall'art. 9, lett. l); a tali prodotti sono da aggiungere gli integratori alimentari, le acque minerali naturali e gli alimenti destinati ad un'alimentazione particolare, cui si dovrà applicare la normativa specifica di settore dettata con riguardo ad essi221. Tutti i prodotti non menzionati,

viceversa, a decorrere dal 13 dicembre 2016, dovranno essere accompagnati da una serie di indicazioni obbligatorie relative al valore energetico dell'alimento e alla quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale.

220 Giova precisare come in realtà già con la dir. 469/90/CE era previsto l'obbligo di rendere la dichiarazione nutrizionale in presenza di claims nutrizionali o salutistici. Lo rileva FORTI,

La nuova disciplina in materia di determinazioni nutrizionali, cit., p. 95.

221 A tal proposito si veda l'art. 29 del reg. (UE) n. 1169/2011, nonché l'allegato V a tale provvedimento. In merito alle ragioni che hanno indotto il legislatore a restringere le ipotesi di applicazione della disciplina relativa alla dichiarazione nutrizionale si veda FORTI, op.

L'informazione nutrizionale può, tuttavia, essere fornita anche su base volontaria con segnato riguardo agli elementi di cui ai par. 2 e 3 dell'art. 30.

Con riferimento alla dichiarazione nutrizionale va, pertanto, segnalato come le informazioni facoltative indicate all'art. 30, parr. 2 e 3, nonché le indicazioni nutrizionali che l'operatore deciderà di inserire in etichetta prima del 13 dicembre 2016 dovranno sottostare ai requisiti menzionati con riguardo alle informazioni fornite su base volontaria; viceversa il contenuto necessario di cui all'art. 30, par. 1, a decorrere dal 2016 dovrà soddisfare anche gli obblighi di modalità relativi alle informazioni obbligatorie, nonché gli specifici “doveri di forma” di cui agli artt. 32 ss., reg. (UE) n. 1169/2011. Pare opportuno, tuttavia, rimarcare come, nonostante ad una prima analisi le informazioni facoltative appaiano sottoposte a regole meno restrittive, esse, alla stregua di quanto previsto dall'art. 129 c.cons., che pone a carico dell'operatore l'obbligo di consegnare alimenti conformi alle dichiarazioni pubbliche, sono da considerare – a prescindere dalla loro volontarietà e dall'eventuale finalità “promozionale” – al pari delle informazioni obbligatorie quale impegno che vincola l'operatore alla somministrazione di alimenti dotati delle “qualità promesse”222.

5. (segue) L'art. 7 del reg. (UE) n. 1169/2011 e la valenza generale del principio della lealtà dell'informazione.

Considerata l'importanza di stabilire quale sia il regime giuridico applicabile alle informazioni obbligatorie e quale, invece, regoli le indicazioni volontarie, appare indispensabile individuare quale sia la portata dell'art. 7 del reg. (UE) n. 1169/2011, il quale declina il principio di “lealtà” dell'informazione, già contenuto in diverse normative di settore e nelle precedenti direttive in materia di etichettatura alimentare223.

222 Lo ricorda in particolare GERMANÒ, Il mercato alimentare e la comunicazione dei

La collocazione dell'art. 7 all'interno del regolamento e la disciplina “di principio” che esso contiene ci indurrebbe ad una prima lettura ad interpretare i requisiti ivi previsti come complementari a quelli “di base” di cui all'art. 6, reg. (UE) n. 1169/2011 e, pertanto, valevoli per qualsiasi informazione fornita al consumatore. Stabilire se tale esegesi sia davvero l'unica possibile, tuttavia, non è semplice poiché vi sono elementi che inducono ad opinare anche in altro senso.

L'art. 7, par. 1, invero, dispone che le informazioni alimentari non devono indurre in errore in relazione ad alcuni elementi: l'operatore, in particolare ha l'obbligo di fornire indicazioni veritiere con riguardo alle caratteristiche dell'alimento e agli effetti o proprietà che esso possiede; tale dovere di veridicità si esprime, pertanto, sia in positivo quale obbligo di completezza che impone di rendere edotto il consumatore in ordine a tutti gli elementi essenziali del prodotto e anche in negativo ove prescrive di astenersi dall'attribuire all'alimento effetti o proprietà di cui esso non è provvisto.

Il disposto dell'art. 7 può essere ulteriormente declinato quale obbligo di non ambiguità, o più correttamente di chiarezza e trasparenza, laddove prevede che l'informazione non può suggerire che l'alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà, le stesse sono presenti in qualsiasi prodotto analogo, né può evidenziare la presenza di un ingrediente o un componente naturalmente presente nel prodotto, quando, in realtà tale componente è stato sostituito con uno diverso.

Gli elementi con riguardo ai quali deve essere misurata la non ingannevolezza dell'informazione, a ben guardare, possono attenere sia alle

223 Si vedano in termini generali con riguardo alla tutela degli interessi dei consumatori l'art. 8, par. 1, lett. c) del reg. (CE) n. 178/02, nonché con specifico riferimento alla presentazione dei prodotti alimentari l'art. 16 del reg. (CE) n. 178/02. Il principio di non ingannevolezza dell'informazione si rinveniva inoltre anche nelle precedenti direttive orizzontali in materia di etichettatura rispettivamente all'art. 2 della dir. 79/112/CEE e all'art. 2 della dir. 2000/13. Tale principio era altresì presente nella normativa interna, non solo di recepimento, come accadeva ad esempio nell'art. 2 del d.lgs. 109/92, ma anche nel precedente art. 13 della L. 283/62.

informazioni obbligatorie224, sia alle indicazioni facoltative volte a promuovere

il prodotto qualificandolo ad es. “fresco”, “naturale”, “senza glutine”, ecc. Alla luce del contenuto del primo paragrafo dell'art. 7 si potrebbe ritenere che le informazioni, siano esse fornite su base obbligatoria o volontaria, devono in linea di principio essere idonee a veicolare un messaggio veritiero e non ambiguo circa le caratteristiche del prodotto; tale messaggio deve, pertanto, essere agevolmente compreso dal consumatore, insuscettibile di interpretazioni differenti e inidoneo a trarre in inganno il soggetto debole del mercato.

Non è facile, invece, stabilire se l'art. 7, par. 2, ove prevede che le informazioni siano precise, chiare e facilmente comprensibili si riferisca anche alle indicazioni facoltative considerato che tale obbligo è espressamente previsto dall'art. 36 e, pertanto, in questa sede parrebbe volto a ribadire le modalità in cui devono essere rese le informazioni obbligatorie.

In realtà, tale lettura non può essere accolta in quanto l'art. 7 si configura come una disposizione di ampio respiro, confermata tra l'altro dal par. 4 della medesima norma, il quale, estendendo l'applicazione dell'art. 7 alla presentazione e alla pubblicità dei prodotti alimentari parrebbe imporre una considerazione complessiva della “presentazione” del prodotto alla luce del principio di lealtà225.

Parrebbe preferibile, in altri termini, ritenere che l'art. 7 determini un regime applicabile alla descrizione del prodotto complessivamente considerata come fusione di informazioni volontarie, obbligatorie, presentazione e messaggi pubblicitari: esso, invero, dando per presupposto il rispetto degli

224 Il medesimo art. 7, reg. (UE) n. 1169/2011 elenca, a titolo esemplificativo, tra le informazioni che non devono indurre in errore il consumatore alcune indicazioni comprese nell'art. 9 del regolamento in esame quali la durata di conservazione, la quantità e il paese d'origine o luogo di provenienza.

225 Si allude qui ad un significato atecnico del termine “presentazione” riferendosi all'insieme di tutti i messaggi che accompagnano il bene, le modalità di esposizione, le pubblicità ed ogni mezzo che comunichi in qualsiasi modo al consumatore quali sono le caratteristiche distintive o non del prodotto.

obblighi di contenuto e modalità specificamente previsti per ciascuna categoria di indicazioni, richiede di considerare se l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità del prodotto complessivamente considerate configurino o meno una dichiarazione leale delle qualità che l'alimento realmente possiede.

Questa interpretazione risulterebbe del resto maggiormente conforme alla

ratio sottesa all'art. 7, ovvero alla finalità di tutelare l'affidamento che il

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