6. Il contenzioso dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea quale momento di sintesi delle
6.2.2 L’obbligo di prevedere misure idonee a scoraggiare gli abusi nell’utilizzo del contratto a
La questione relativa all’adeguatezza delle sanzioni in caso di ricorso abusivo ai contratti di
lavoro a tempo determinato è stata nuovamente affrontata dalla Corte di Giustizia in occasione dello
scrutinio delle discipline sul contratto a termine nel pubblico impiego italiano e spagnolo. Chiamati
ad esprimersi nuovamente sull’interpretazione dell’art. 36, comma quinto, del D. lgs. n. 165/2001, i
giudici di Lussemburgo non si sono discostati dai propri precedenti: la clausola n. 5 dell’accordo-
quadro non intacca né la discrezionalità né le “funzioni essenziali” degli Stati Membri, che possono
legittimamente riservare un “destino differente” all’utilizzo abusivo di successivi rapporti a
termine
75. A fronte della suddetta differenziazione dei regimi repressivi, il rispetto dell’effetto-utile
della Direttiva 1999/70, che è quello di prevenire e contrastare la reiterazione indiscriminata di
contratti temporanei, evitando la “precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti”
76,
impone comunque ai Paesi aderenti all’UE di prevedere sanzioni alternative, ugualmente efficaci e
deterrenti nei confronti dei datori di lavoro. In linea di principio, ribadisce la Corte, la natura di
sanzione adeguata e dissuasiva può essere riconosciuta all’obbligo di risarcimento del danno dovuto
a seguito dell’utilizzo abusivo di contratti a termine, insieme al meccanismo di responsabilità
dirigenziale consistente nell’impossibilità del rinnovo dell’incarico, nella mancata erogazione della
retribuzione di risultato e nell’obbligo di restituzione alla P.A. datrice di lavoro delle somme versate
a titolo risarcitorio
77. Ciò nonostante, non spetta ai giudici europei interpretare il diritto interno, per
cui è compito dell’autorità nazionale accertare l’attuazione effettiva delle disposizioni di attuazione
dell’accordo-quadro.
74 Gli echi di questo ragionamento sono rintracciabili nella vicenda scaturita dall’ordinamento francese (caso Huet), su cui v. ultra nell’ultimo paragrafo del capitolo.
75 Punti 39-41 dell’ordinanza dell’1 ottobre 2010, procedimento C-3/10, Affatato c. Azienda sanitaria di Cosenza, pubbl. in Riv. it. dir. lav., 2011, n. 2, pagg. 860 e ss., nt. BORZAGA: ai sensi della clausola 5.2, lett. b), dell’accordo-quadro gli Stati membri possono «se del caso» prevedere (ed a quali condizioni prevedere) la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a durata indeterminata.
76 Così al punto n. 63 della sentenza Adelener del 4 luglio 2006, causa C-212/04. 77 Punto 48 dell’ordinanza Affatato.
Il problema si pone quando non vi sia un’uniformità di opinioni all’interno degli organi
giurisdizionali interni. Ciò è avvento con riferimento al nostro ordinamento relativamente
all’interpretazione del regime probatorio applicabile alle domande risarcitorie avanzate ex art. 36,
comma quinto, D. lgs. n. 165/2001, ed in Spagna in merito alla consistenza del ristoro patrimoniale
spettante ai c.d. trabajadores indefinidos no fijos de plantilla in caso di soppressione del posto di
lavoro ad opera del datore di lavoro pubblico (Cap. III°, par. 5.2.2).
La prima questione concerne l’effettività delle misure sanzionatorie, ed il rischio che possa
essere pregiudicata da una norma procedurale che rende più arduo l’esercizio di un diritto in
giudizio. In particolare, la prova richiesta dall’orientamento ermeneutico elaborato dalla Corte di
Cassazione, consistente nella dimostrazione, a carico del lavoratore danneggiato, delle circostanze
che comportano la perdita di specifiche opportunità di lavoro a causa della stipulazione di
successivi rapporti a termine, può rivelarsi in concreto molto onerosa. Le perplessità mostrate dal
Tribunale remittente, che aderisce alla diversa interpretazione secondo cui il danno risarcibile si
produce in re ipsa, senza bisogno di specifiche allegazioni relative alla rinuncia ad altre occasioni
lavorative, vengono condivise dalla Corte comunitaria. Sebbene competa al giudice nazionale la
verifica sull’effettività della tutela erogata ai lavoratori che rivendicano il diritto al risarcimento del
danno, si tratta comunque di un diritto che ha una sua rilevanza a livello sovranazionale, in quanto
garantisce l’attuazione di uno degli scopi della Direttiva 1999/70, per cui è compito dei magistrati
europei censurare l’eventuale dinamica processuale che abbia “come effetto di rendere praticamente
impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento
dell’Unione”
78.
Per quanto concerne la vicenda dei dipendenti pubblici spagnoli assunti illegittimamente a
termine ed oggetto di stabilizzazione giudiziale, la Corte non ha potuto sanare il contrasto esistente
in seno al Tribunal Supremo in ordine alla tutela spettante ai lavoratori indefinidos no fijos in caso
di estinzione unilaterale della relazione lavorativa per motivi economici. Il supremo organo di
giustizia comunitario ha dovuto, infatti, ribadire ancora una volta come esista una riserva di
discrezionalità a favore del giudice a quo nel valutare l’adeguatezza di una misura sanzionatoria
dell’uso abusivo di una successione di rapporti a tempo determinato
79. Il criterio dell’adeguatezza,
infatti, è per sua natura un parametro generico, la cui latitudine può variare a seconda del contesto
78 Così al punto n. 34 dell’ordinanza Papalia del 12 dicembre 2013, causa C-50/13, pubbl. in Foro it., 2014, parte IV^, pag. 73 e ss. La Corte UE chiede, inoltre, al giudice a quo (punto 33) di verificare le affermazioni del governo italiano circa la possibilità, a favore del lavoratore, di invocare elementi indiziari gravi, precisi e concordanti che agevolerebbero l’onere della prova a suo carico, benché non possano esser qualificati a rigore come prova compiuta.
79 Punto 56 dell’ordinanza dell’11 dicembre 2014, causa C-86/14, León Medialdea c. Ayuntamiento de Huétor Vega, reperibile dal sito della Corte curia.europa.eu.
ordinamentale nazionale. Non potendo rintracciare nel diritto comunitario indicazioni specifiche
sulla proporzionalità di un meccanismo rimediale, la Corte di Giustizia si è potuta pronunciare in
modo definitivo solo in caso di assoluta mancanza di tutele
80oppure in presenza di un carattere
“puramente simbolico” di un indennizzo
81.
Nell’ordinanza Medialdea viene, pertanto, censurata la normativa spagnola quanto al profilo
dell’effettività della sanzione, escludendo in questo modo l’interpretazione a lungo dominante nella
giurisprudenza spagnola che non riconosceva alcuna tutela in caso di soppressione del posto di
lavoro occupato da un dipendente assunto a tempo indeterminato a seguito di pronuncia giudiziale
di conversión
82. Quanto all’adeguatezza, lo Juzgado de lo Social di Granada aveva chiesto alla
Corte quale fosse la misura sanzionatoria più adeguata tra quelle elaborate in giurisprudenza
(indennizzo previsto in caso di estinzione dei contratti a termine oppure risarcimento per
licenziamento oggettivo): i giudici europei rimettono al giudice nazionale le verifiche del caso, ma
pongono l’accento finale sull’esigenza di garantire “in tutti i modi possibili, un’interpretazione
conforme al diritto dell’Unione”
83, offrendo al magistrato di merito un appiglio importante ai fini
della scelta del rimedio più consono a garantire l’efficacia repressiva e dissuasiva del diritto
nazionale.
6.3 L’efficacia conformativa delle pronunce della Corte europea.
Per quanto le decisioni rese su rinvio pregiudiziale siano vincolanti in via di principio solo
nei confronti del giudice a quo, è innegabile che per la loro autorevolezza possano spiegare
un’efficacia conformatrice sull’attività ermeneutica delle corti nazionali investite da questioni
analoghe.
Così è avvenuto, ad esempio, nel caso relativo alla corresponsione degli scatti di anzianità al
personale oggetto di stabilizzazione, risolta dal Tribunale di Torino a favore della computabilità dei
periodi lavorativi coperti da rapporti a tempo determinato mediante un’estensione diretta dei
80 Per rimanere nell’ambito della materia dei contratti a termine, si v. la sentenza Adelener, C-212/04, in cui viene censurata, da parte della Corte, la mancata previsione nell’ordinamento greco di una misura alternativa alla trasformazione dei contratti a termine per evitare e, nel caso, sanzionare l’utilizzazione abusiva di rapporti a tempo determinato successivi.
81 Si v. il punto 23 della pronuncia Van Colson (sentenza del 10 aprile 1984, C-14/83), relativa ad un caso di discriminazione di genere: “si deve ritenere che la legge nazionale la quale limiti il risarcimento di coloro che siano stati discriminati nell’accesso al lavoro ad un indennizzo puramente simbolico, come ad esempio il rimborso delle spese causate dalla candidatura, non è conforme alle esigenze di efficace trasposizione della direttiva”.
82 Punto 51 della citata ordinanza. 83 Punto 58 della citata ordinanza.
principi di diritto enunciati dalla sentenza Del Cerro Alonso
84. Anche il successivo contrasto
interpretativo sorto in seno al Consiglio di Stato è stato risolto dalla Corte di Giustizia basandosi sui
propri consolidati precedenti, riconoscendo definitivamente la rilevanza dei pregressi rapporti di
lavoro a termine ai fini dell’indennità di anzianità
85.
L’”attitudine propagatoria” del contenzioso comunitario è testimoniata anche dalla questione
che ha coinvolto i contrats d’usage, fattispecie di lavoro a tempo determinato contraddistinte da una
disciplina poco propensa a limitarne gli abusi, essendo semplicemente prevista dal Code du travail
la possibilità di un loro utilizzo nei settori produttivi- individuati dagli elenchi ministeriali o dalla
contrattazione collettiva- ove sia prassi costante non ricorrere a contratti stabili, senza alcun
deterrente economico (non è dovuta l’indennità di fine contratto) o normativo (non vi sono tetti
massimi di durata alla reiterazione di contratti o vincoli quantitativi). Conscia della possibile
violazione dell’accordo quadro del 18 marzo 1999, la giurisprudenza francese, tanto di merito
quanto di legittimità, ha abbandonato l’approccio meramente formale consistente nel semplice
controllo dell’appartenenza del datore di lavoro ad uno dei rami di attività inseriti negli elenchi
ministeriali o dei contratti collettivi
86, ritenendo invece che la clausola 5 della Direttiva 1999/70
imponga al giudice interno la necessaria verifica della sussistenza di elementi atti a dimostrare un
preciso collegamento tra le mansioni concretamente svolte dal lavoratore ed il tipo di attività per
tradizione temporanea
87. La vicenda, al di là della sua specificità
88, offre lo spunto per confermare il
84 “Appare evidente come il riconoscimento dell’anzianità pregressa relativa agli anni di lavoro a termine […] costituisce puntuale attuazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro, così come chiarita dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee ed in particolare dalla citata sentenza Del Cerro Alonso” (Trib. Torino 9 novembre 2009, in Riv. it. dir. lav., 2010, n. 3, pagg. 554-563, nt. FOFFANO).
85 Secondo la Corte di Lussemburgo, la diversità di trattamento economico o normativo tra dipendenti a termine e lavoratori a tempo indeterminato può essere giustificata solo da “esigenze obiettive attinenti all’impiego ricoperto”, come la natura particolare della qualifica richiesta o delle mansioni da svolgere, e non dalla diversa tipologia di contratto sottoscritto (v. punto n. 61 della sentenza del 18 ottobre 2012, cause riunite da C-302/11 a C-305/11, Valenza ed altri c. Autorità garante della concorrenza e del mercato, pubbl. in Boll. Adapt del 22 ottobre 2012, n. 37 ed annotata da D. COSTA in Dir. rel. ind., 2012, n. 4, pag. 1189 e ss.).
86 Criterio seguito dalla Cour de Cassation dal 2003 al 2006, v. Cap. II°, par. 2.1.
87 Si v. il seguente passo, tratto dalla sentenza della Corte d’Appello di Versailles del 27 marzo 2007, n. 06/001925: “la seule recherche, par le juge saisi d'une demande de requalification d'un contrat à durée déterminée en contrat à durée indéterminée, du point de savoir si pour l'emploi concerné, il est effectivement d'usage constant de ne pas recourir à un tel contrat, n'apparaît pas compatible avec la notion de raisons objectives au sens de la clause 5 de l'Accord-cadre, dès lors que le recours à des contrats à durée déterminée successifs doit être justifié par l'existence d'éléments concrets tenant notamment à l'activité en cause et aux conditions de son exercice; qu'en effet, la seule existence d'un usage constant est un état de fait dont la constatation n'implique nullement qu'elle soit justifiée par des éléments concrets autres que la force de l'habitude ou l'intérêt pour les employeurs de disposer d'une main d'oeuvre précaire, alors que, selon l'Accord-cadre, la justification du recours à des contrats à durée déterminée par des raisons objectives constitue un moyen de prévenir les abus au détriment des salariés”. Nello stesso senso, v. Cour de Cassation, Chambre sociale, 17 dicembre 2014, n. 13-23176: “l'accord-cadre sur le travail à durée
rilievo centrale della giurisprudenza eurounitaria che, in presenza di un caleidoscopio interpretativo
derivante da diverse culture giuridiche, può, allo stesso tempo, evidenziare le carenze degli
ordinamenti nazionali e stimolare la loro omogeneizzazione verso l’alto
89.
6.4 Il valore ermeneutico del principio di stabilità dell’impiego: il possibile impulso
alla tutela dei lavoratori a termine.
Anche dall’unica questione pregiudiziale scaturita dall’ordinamento francese possono essere
ricavate “tracce” della portata espansiva del contenzioso comunitario. A differenza delle
controversie precedentemente esaminate, il caso Huet non concerne direttamente né il divieto di
discriminazione né la prevenzione/repressione dell’abuso del contratto a tempo determinato. Al
centro dell’attenzione della Corte di Giustizia vi è l’“elemento portante della tutela dei lavoratori”
che pervade l’intero accordo-quadro, ossia il “beneficio della stabilità dell’impiego”
90. La questione
oggetto del rinvio pregiudiziale concerne la possibilità di modificare le condizioni economiche e
normative conseguenti alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato e viene sollecitata da
un ricercatore dell’Università della Bretagna dopo che quest’ultima, in seguito alla stabilizzazione
della relazione lavorativa per il superamento del tetto massimo di durata della successione di
contratti a termine, gli aveva decurtato la retribuzione di circa il 20%. I giudici europei,
valorizzando gli effetti del beneficio della stabilità, ritengono sussistente il rischio che la reformatio
déterminée conclu le 18 mars 1999 et mis en oeuvre par la directive 1999/ 70/ CE du 28 juin 1999, qui a pour objet, en ses clauses 1 et 5, de prévenir les abus résultant de l'utilisation de contrats à durée déterminée successifs, impose de vérifier que le recours à l'utilisation de contrats successifs est justifié par des raisons objectives qui s'entendent de l'existence d'éléments concrets établissant le caractère par nature temporaire de l'emploi” (nel caso di specie è stata cassata la decisione di secondo grado che non aveva compiuto alcun controllo sulla tipologia di mansioni svolte da un lavoratore a tempo determinato impiegato alle dipendenze della società calcistica di Bastia con svariati contratti di durata annuale per un totale di 17 anni per lo svolgimento, nonostante la qualifica di allenatore, di compiti ammistrativi e gestionali legati all’attività fondamentale e permanente della società; le sentenze sono pubbl. nella banca dati www.legifrance.gouv.fr).
88 La disciplina dei contrats d’usage potrebbe eventualmente trovare un suo equivalente funzionale nella regolazione del lavoro stagionale di cui al D. lgs. n. 368/2001, contraddistinta dal rinvio all’elenco contenuto nel D.P.R. n. 1525/1963, agli avvisi comuni ed ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.
89 In dottrina, L. ZAPPALÁ sottolinea il ruolo di “catalizzatore” della Corte di Giustizia, con riferimento al principio di non discriminazione ed a quello di eccezionalità del ricorso al lavoro a termine, che ha consentito di delineare dei “limiti ordinamentali” non sempre tracciati con sufficiente chiarezza dai legislatori nazionali (L. ZAPPALÁ, La tutela cit., pagg. 138-140).
90 Punto n. 35 della sentenza dell’8 marzo 2012, C-251/11, Martial Huet c. Université de Bretagne occidentale, pubbl. in Dir. lav. merc., 2012, n. 2, pag. 397 e ss., nt. S. CIUCCIOVINO- C. AMATO. Il principio è invocato negli stessi termini anche nelle sentenze Mangold (punto 105), Adelener (punto 62), Angelidaki (punto 105), Impact (punto 87), Mascolo (punto 73), mentre nel caso Fiamingo la Corte definisce la stabilità come “elemento assolutamente rilevante per la tutela dei lavoratori” (punto 55 della decisione del 3 luglio 2014, cause riunite C‑362/13, C‑363/13 e C‑407/13).
in pejus delle condizioni contrattuali conseguente alla conversione del rapporto a tempo
indeterminato possa riverberarsi negativamente sulla posizione giuridica e personale del dipendente,
che si troverebbe esposto alle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla scelta tra l’accettazione
del trattamento deteriore o la rinuncia al posto di lavoro
91. Pertanto, senza andare ad intaccare
apertamente la potestà discrezionale degli Stati Membri nello stabilire le condizioni cui è vincolata
la stabilizzazione del personale a termine, la Corte UE ne influenza i contenuti verso lo scopo di
evitare l’ulteriore precarizzazione dei lavoratori. Trasposto nel caso concreto ciò significa che
nonostante la clausola 5.2 non imponga l’immutabilità delle clausole del contratto nell’ipotesi della
trasformazione a tempo indeterminato di una serie di contratti a termine, è obbligo delle autorità
nazionali verificare se eventuali variazioni possano pregiudicare in senso globalmente sfavorevole
la condizione del lavoratore.
La decisione non ha ancora avuto eco presso i giudici nazionali, ma, come è stato
evidenziato dai primi commentatori, “è destinata a diventare centrale nel prossimo futuro”
92. La
Corte di Lussemburgo, a differenza di molte decisioni rese su rinvio pregiudiziale, si rivolge
direttamente allo Stato Membro, senza inciderne la discrezionalità, ma imponendogli un preciso
dovere di vigilanza per salvaguardare obiettivi ed effetto utile della Direttiva, tra cui spicca il
mantenimento del beneficio della stabilità dell’impiego. Il metodo e le argomentazioni seguite dai
giudici comunitari potrebbero far pensare che il beneficio in questione costituisca un principio
generale di diritto immediatamente vincolante per le autorità nazionali. In realtà, la natura
compromissoria della fonte da cui è tratto, ossia l’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro
a tempo determinato, e la mancanza di una sua precisa definizione e delimitazione contenutistica
non consentono di riconoscergli una cogenza così ampia. Nemmeno le legislazioni nazionali hanno
dato una spiegazione univoca del principio de qua. Dal dibattito dottrinale e dall’applicazione
giurisprudenziale sono emersi almeno tre significati di “stabilità del rapporto di lavoro”, come
garanzia alla sindacabilità del licenziamento, alla tendenziale prevalenza della restitutio in integrum
ed infine alla presunzione di indeterminatezza del rapporto di lavoro subordinato
93. Non va
91
Il dipendente, afferma la Corte, “potrebbe essere dissuaso dal concludere il nuovo contratto offertogli,
perdendo in questo modo il beneficio della stabilità dell’impiego” (punto n. 44).92 Così S. CIUCCIOVINO- C. AMATO, in Dir. lav. merc., 2012, n. 2, pag. 407. Sul punto, v. anche L. ZAPPALÁ, la quale sottolinea il rischio della possibile vanificazione degli effetti positivi del meccanismo della conversione qualora non “sia agganciata a precisi standard qualitativi” (L. ZAPPALÁ, La tutela della persona cit., pag. 162).
93 Cfr. A. MONTOYA MELGAR, La estabilidad en el empleo: recuperación de un principio, Rev. Min. Tr. As. Soc., 2001, n. 33, pag. 62; R. MARTINEZ EMPERADOR, op. cit., pagg. 20-22; M. V. BALLESTRERO, op. ult. cit., pagg. 394-402. Nella tradizione giurisprudenziale italiana è prevalsa la ben nota definizione di stabilità come limitazione della risoluzione del rapporto di lavoro “alla sussistenza di circostanze obiettive e predeterminate” e, sul piano processuale, come garanzia di sindacato giurisdizionale e
dimenticato, inoltre, che un altro organo giurisdizionale comunitario, competente a decidere le
controversie tra l’Unione europea ed i suoi dipendenti, ha negato alla stabilità il “rango di norma
giuridica imperativa”, cogliendo nell’”equilibrio tra flessibilità e sicurezza” il principio ispiratore
della Direttiva 1999/70
94. Ciò non toglie che il principio, per il suo ruolo di valore-guida derivante
dalle prassi e dalle Costituzioni nazionali, non possa dar luogo a conseguenze giuridiche di una
certa pregnanza, come nel caso Huet, ed acquisire una valenza interpretativa generale nell’ambito
delle controversie inerenti la tutela dei lavoratori a tempo determinato.
Un’applicazione concreta ad una problematica derivante dall’ordinamento spagnolo può
esplicitare le potenzialità ermeneutiche del beneficio della stabilità dell’impiego. Senza ripercorrere
nuovamente le tappe che hanno condotto al riconoscimento della figura del personale indefinido no
fijo de plantilla
95, qui basterà ricordare che si tratta di una categoria specifica di lavoratori che
ottengono una declaratoria giudiziale di indeterminatezza del rapporto a seguito delle irregolarità
commesse dalla pubblica amministrazione datrice di lavoro, ivi compresa la circostanza, identica al
caso Huet, del superamento del limite massimo di durata dei contratti a termine successivi. Una
volta ribadita la vigenza di un generale divieto di reformatio in pejus delle condizioni di impiego
relative ai rapporti di lavoro “stabilizzati” quale epifenomeno dell’interesse dell’ordinamento alla
continuità della prestazione lavorativa, non possono essere ammesse in alcun modo modificazioni
sostanziali del trattamento normativo derivante dalla trasformazione del rapporto. Da ciò ne
discende l’incompatibilità con il diritto comunitario della variazione al regime legale del recesso
che per anni ha impedito ai lavoratori indefinidos no fijos di ottenere la medesima stabilità del
rapporto di lavoro dei dipendenti assunti direttamente a tempo indeterminato.
“possibilità di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo” (Cass. Sez. Un. 12 aprile 1976, in Foro it., I, pag. 915).
94 In base a queste argomentazioni, il Tribunale della Funzione Pubblica dell’Unione Europea ha negato al personale dipendente dalle istituzioni comunitarie la possibilità di invocare l’applicazione della Direttiva 1999/70 nelle controversie in cui gli organismi europei rivestono la qualità di datore di lavoro (cfr. punti 111-114 della sentenza del 30 aprile 2009, causa F-65/07, Laleh Aayhan ed altri c. Parlamento europeo). 95 Per le quali si rimanda al Cap. III°, par. 5.2.2.