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attraverso la partecipazione

5.2 Oltre l’Avviso nazionale

Quello fin qui delineato potrebbe essere definito come il “cammino istituziona- le verso l’e-democracy” e corrisponde a quei casi in cui sono le stesse istituzioni locali a ravvisare la necessità e l’importanza di un coinvolgimento nel processo di governo loca- le - o quanto meno in un crescente ventaglio di situazioni che si pongono all’ordine del giorno - di tutte le componenti della comunità, fino ai singoli cittadini.

Laddove esiste già tale consapevolezza da parte della PAL, è auspicabile che questo rapporto di ricerca possa costituire uno strumento per capire, anzitutto sulla base delle esperienze già fatte, come le ICT possano offrire un supporto per migliorare il pro- cesso partecipativo, in vari modi, tra cui:

- mettendo a disposizione di tutti le informazioni (documenti, rapporti, etc.), la cui mancanza di conoscenza di fatto costituisce un fattore di esclusione o di marginalità nei tavoli decisionali;

- rendendo il processo decisionale più trasparente attraverso, per esempio, l’archivia- zione degli impegni presi, l’esplicitazione delle varie fasi procedimentali e l’impossi- bilità di addurre la mancanza di risorse come motivazione dello scarso impegno nella comunicazione e nel coinvolgimento dei cittadini;

- estendendo il numero di coloro che possono essere coinvolti direttamente (grazie alla rimozione di vincoli spazio-temporali che limitano per “molti”, e in particolare per “molte”, l’effettiva possibilità di partecipazione alla vita socio-politica).

Nelle realtà in cui la PAL ha già raggiunto la consapevolezza dell’importanza del coinvolgimento dei cittadini, le ICT costituiscono uno strumento, tra i tanti, al servizio di una volontà politica che ha altrove le sue motivazioni e la sua forza. Uno strumento, però, da non trascurare e sottovalutare. Da non trascurare, perché non avvalersene potrebbe ormai far perdere risorse e competenze preziose: la diffusione sempre crescen- te di Internet, specie tra gli strati professionali e colti della popolazione, porterebbe tali soggetti ad auto-escludersi da iniziative di partecipazione che si avvalgano in modo significativo delle possibilità informative e comunicative offerte dalla rete. Da non sot- tovalutare perché, come peraltro l’indagine ha confermato, la capacità di utilizzarle in

E-democracy: modelli e strumenti delle forme di partecipazione emergenti nel panorama italiano

modo adeguato richiede dei non banali processi di formazione a vari livelli: da quello dei politici e dei decisori, a quello dei dirigenti e funzionari pubblici, fino a quello della società civile e dei singoli cittadini.

E, tuttavia, esiste un altro filone che la nostra indagine (proprio perché si pro- poneva di fornire elementi a supporto della “via istituzionale” all’e-democracy, da raffor- zare attraverso l’emanazione dell’avviso di gara) ha toccato solo marginalmente e che riguarda tutte quelle situazioni in cui manca, o non è sufficientemente matura, una volon- tà consapevole e determinata delle istituzioni ad avviare la sperimentazione di progetti di e-democracy. In questi casi, le ICT potrebbero rivestire un diverso ruolo e offrire la pos- sibilità, laddove se ne presenti l’occasione - sia pure in un settore marginale o per una iniziativa di carattere temporaneo - di innescare il “virus” della partecipazione, sperando che possa autonomamente diffondersi fino a condizionare scelte di maggior rilievo.

Nel corso dell’indagine presentata in questo rapporto di ricerca, ci si è imbat- tuti in situazioni di questo genere, in cui la società civile (il mondo dell’associazionismo, quello dell’istruzione pubblica, etc.) ha promosso iniziative che hanno successivamente trovato il modo di rapportarsi alle istituzioni e, in qualche misura, in genere ancora par- ziale, di costringerle a modificare la loro immagine dei cittadini, da clienti di servizi a soggetti portatori di conoscenze, competenze e soprattutto del diritto di partecipare al disegno della res publica. Queste iniziative di partecipazione “dal basso”, in alcuni casi, hanno stretto alleanze con settori istituzionali desiderosi di sperimentare nuove forme di dialogo con i cittadini, ma non ancora sufficientemente forti da imporre questa volontà all’intera amministrazione. Non si tratta necessariamente di funzionari di “basso livello”, ma anche di dirigenti d’interi settori che, tuttavia, non possono contare su un forte man- dato politico, ma hanno bisogno di dimostrare la validità della partecipazione pratican- dola inizialmente in modo, per così dire, discreto (se non, in qualche caso, quasi nasco- sto), a partire da spazi presenti in leggi, delibere o altri atti istituzionali.

Questa via alla partecipazione che parte “dal basso” pare essere importante quan- to quella istituzionale e meriterebbe un’indagine ad hoc per verificare se, in quali condizioni e secondo quali percorsi è stata in grado di dare risultati tangibili, influenzando decisioni da prendere o già prese, modificando in modo significativo il rapporto tra le istituzioni e le varie componenti della società civile, ma soprattutto – forse – per capire quali sono i veri ostaco- li da rimuovere affinché queste esperienze possano consolidare processi di partecipazione.

Come è stato sottolineato nell’Introduzione, il cammino dell’e-democracy è stato appena intrapreso e probabilmente necessita che la strada istituzionale e quella “dal basso” si incontrino e “riconoscano” di andare nella medesima direzione. Ciò significa che le istituzioni devono riconoscere che non può esserci e-democracy ed e-participation se non accettano la nuova concezione dei cittadini non come utenti (nello specifico, di applicazioni informatiche) o come clienti (di servizi on line), ma come detentori di un inalienabile diritto di cittadinanza (digitale). Il che in ultima analisi significa accettare di delegare alla società una parte del proprio potere. Viceversa, la società civile, che in tempi recenti ha dato molteplici esempi della propria capacità di utilizzare Internet come strumento di auto-organizzazione, deve riconoscere che se il suo uso non le consente di modificare il modo con cui entra in rapporto con le istituzioni, la rete stessa non sarà altro che un veicolo di organizzazione della protesta.

La sfida dell’e-democracy è forse davvero quella di dare la possibilità a tutti di ragionare ex novo sulla democrazia tout-court.

Appendice 1

Raccomandazione 19 (2001) del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa sulla “Partecipazione dei cittadini alla vita pubblica a livello locale”: (http://cm.coe.int/stat/E/Public/2001/adopted_texts/recommendations/2001r19.htm)

Appendice 2

Elenco dei casi selezionati per l’indagine attraverso Focus group

Ente-associazione / funzione e tematica di interesse delle persone contattate