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Onoma, orismos e temporalità

Capitolo 3: Nous, dianoia, logos e conoscenza

4. Onoma, orismos e temporalità

É necessario, però, precisare che la definizione si presenta come un enunciato, in forma quindi proposizionale. Come accordare la struttura del suo essere, con il carattere intuitivo e immediato del nous? Nel corso dei primi capitoli abbiamo fatto riferimento al tempo eterno della predicazione, e a quello lineare dell’argomentazione chiamata da Aristotele “accidentale”, riproponendo il confronto, in piano ontologico, tra ciò che permane identico a sé stesso – nella realtà sublunare solo la specie vanta questa caratteristica di vita ciclica – e ciò che svolge lungo la linea del tempo – la vita del singolo individuo, appartenente ad una specie ma certamente non identificabile con essa. Ebbene, all’interno della predicazione essenziale, è necessario sottolineare l’esistenza di una coppia di termini, apparentemente oppositiva. In realtà essi risultano del tutto complementari e leggibili sotto un unico rispetto. Sembra che la predicazione essenziale si muova tra “un’unità semantica semplice” (Laspia, 2005 pag. 37),

138 come è il nome, onoma, e una struttura linguistica più articolata, quale è la definizione, orismos. Quale relazione corre tra questi due concetti chiave? Il merito di avere tracciato tale interdipendenza concettuale va attribuito a Laspia, e l’argomento è stato ripreso e approfondito da Lo Piparo.239 Si tratta di fondare la relazione da un punto di vista semantico attraverso passi aristotelici opportunamente individuati e messi in luce dagli studiosi: “Poiché la definizione è detta la formula del che cos’è, è manifesto che un tipo di definizione sarà la formula di che cosa significa il nome (…)”.240 E ancora: “infatti, questo nome

sarebbe segno del discorso (…)”.241 Vi è quindi una corrispondenza tra il

significato veicolato dal logos, ovvero il suo contenuto, e quello invece racchiuso nell’onoma. Se quindi diciamo “uomo”, stiamo anche dicendo – e questo contenuto sarebbe contratto nella parola – animale, dotato di logos, bipede…La parola, dal canto suo è definita come segno, semeion, termine della tradizione medica. Nel nome il significato è contratto e dato nella sua immediatezza. É con il logos che esso viene, non solo espresso, ma anche svolto da un punto di vista temporale. Potrebbe essere allora una possibile soluzione su questo rapporto fondarne un secondo: quello tra nous e dianoia. Il corrispettivo linguistico - cognitivo del nome potrebbe essere il nous, poiché il nome riporta l’essenza, la forma, il che cos’è, e poiché la facoltà noetica presenta carattere immediato ed intuitivo, divenendo una sorta di “vedere come”. Il nous vede il nome come discorso definitorio, con la differenza che, nel concreto, il nome non presenta alcuna estensione temporale, esso è senza tempo.242 Anche il logos tēs ousias è esente dallo svolgere del tempo. Il contenuto è infatti senza tempo; l’uomo sarà sempre quello che è oggi, e ciò vale per qualsivoglia specie, per lo meno in ottica

239 Il rapporto onoma / logos tēs ousias, è stato oggetto delle lezioni di filosofia del linguaggio di Lo Piparo durante l’ A. A. 2011 – 2012.

240 Anal. Post., II, 10, 93b 29 -31. Trad., It., Mignucci (2007), pag. 111. “Ὁρισµὸς δ' ἐπειδὴ λέγεται εἶναι λόγος τοῦ τί ἐστι, φανερὸν ὅτι ὁ µέν τις ἔσται λόγος τοῦ τί σηµαίνει τὸ ὄνοµα ἢ λόγος ἕτερος ὀνοµατώδης (…)”. La traduzione risulta poco linare rispetto al testo greco; è inoltre preferibile rendere logos con “discorso”, anche Laspia (2005), pag. 35, si orienta in tale senso. Chiaramente intendiamo, se così si può dire, il discorso per eccellenza, relativo al che “cos’è”, la stessa definizione.

241Met., VIII, 6, 1045a 26 -27. “εἴη γὰρ ἂν σηµεῖον τοὔνοµα τοῦτο τοῦ λόγου (…).

242 “Ciò, poi, che è indivisibile non secondo la quantirà, ma per la specie, lo si pensa in un tempo indivisibile e con un atto indivisibile dell’anima” (De An, III, 6, 430b 14 – 16). L’atto di cui Aristotele parla è l’atto noetico, immediato.

139 aristotelica (non certamente secondo le teorie scientifiche evoluzioniste). Ma al contempo, quasi paradossalmente, la proposizione, seppure definizione, è una struttura linguistica già più articolata, dove ricorre una voce verbale, sempre portavoce o indice della temporalità, anche se è chiaro che nel caso della definizione si tratta di una forma verbale al presente senza tempo, che potrebbe cioè essere sostituita da un passato e da un futuro, senza che la verità in essa contenuta possa subire variazioni.243 In ogni caso, in aggiunta alla lettura di

Laspia e di lo Piparo, si vuole proporre la presenza della dianoia, di cui dobbiamo ancora svelare la natura, che, come corrispettivo cognitivo del logos, interviene nel processo di articolazione linguistica, in modo che non esista solo un insieme di nomi, significativi, ma, indipendentemente dai nomi, le strutture linguistiche chiamate “definizioni”. Anche la parola stessa “dianoia”, suggerisce questa sorta di “mediazione” che essa potrebbe trovarsi ad operare, rispetto ad una facoltà, non a – linguistica ma certamente intuitiva, una sorta di chiave di accesso con cui cogliamo la struttura dell’universo, fatta di nessi linguistici. Il logos ci consente inoltre di ampliare la realtà, perché non si è voluto fino ad ora intendere o proporre l’idea di una semplice correlazione simmetrica tra piano linguistico e piano della realtà. Sarebbe almeno scontato, se non banale. É piuttosto la struttura della realtà a presentare caratteri linguistici, laddove il linguaggio presenta margini più ampi, proprio a causa del concetto di verità, un concetto linguistico; il piano linguistico presenta ciò che è vero, e ciò che non lo è. Non così avviene nel caso degli enti. Ciò che è stato detto della dianoia, vale poi non solo nel caso della predicazione essenziale, cioè dei logoi the ousias, ma trova riscontro anche per quanto concerne in generale la nostra capacità argomentativa. Convinti che le forme noetiche siano forme linguistiche, o perché no, principi formali e linguistici, dal momento che, abbiamo mostrato la correlazione tra nous ed epistemē, e anche quella tra noēta (o archai) e gli oggetti della scienza, universali e necessari, resta ora da chiarire in che rapporto si trova la dianoia, rispetto agli altri abiti con cui giudichiamo. Prima di fare ciò, ci sembra opportuno analizzare

243 A tal proposito teniamo conto delle riflessioni meno recenti di Laspia (1997), pag. 114: “La predicazione atemporale, è dunque, secondo Aristotele, il presente dei giudizi universali e necessari della scienza, e ancora più nel discorso definitorio, che della scienza tutta rappresenta il fondamento”.

140 qualche passo ancora per comprendere la relazione tra nous e dianoia.