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Sensazione propria e tatto

Capitolo 2. Ontologia, biologia e linguaggio secondo Aristotele

2. Sensi, phantasia, logos: la piramide della conoscenza linguistico discorsiva

2.2 Sensazione propria e tatto

Sensazione, phantasìa, nous/dianoia, sono modalità del conoscere, e come

128 Rimando a De An., II, 6, dedicato interamente alle diverse specie di sensibili. Aristotele prima di considerare le facoltà, si rivolge alle attività o funzioni corrispondenti, cioè la nutrizione nel caso della facoltà nutritiva, la sensazione nel caso di quella sensitiva e l'intellezione per quanto riguarda l'intellettiva. Ma prima ancora analizza gli oggetti correlativi, l'alimento, il sensibile e l'intelligibile. La scelta di questo criterio di ricerca dipende certamente dal fatto che sia l'attività, sia gli oggetti correlativi sono entità sensibili, e in quanto tali, possibili oggetti di osservazione empirica. Quest'ultima risulta invece più difficile nel caso della facoltà, che indica una disposizione: con 'facoltà' traduciamo il termine greco dunamis, ossia qualcosa che non si è ancora realizzato concretamente.

72 tali, ci consentono di orientarci nella realtà. Per quanto concerne la sensazione, Aristotele pone una distinzione tra tre diversi tipi di sensibili (oggetti della sensazione), e quindi tra tre diverse modalità percettive: sensazione propria, sensazione accidentale, e senso comune.129 Aristotele riconosce cinque sensi propri, più un sesto, legato all’udito, riscontrabile nella capacità di linguaggio, peculiare della specie umana, su cui torneremo nei prossimi paragrafi. I sensibili propri non possono essere percepiti da un altro organo di senso (o sensorio) che non sia quello del senso corrispondente; per la vista il sensibile è il colore, e per l'udito il suono.130 Non è possibile sentire un colore attraverso l'orecchio. La

corrispondenza è diretta: sensibile-! sensorio = sensazione propria, secondo una dinamica, chiamata dalla odierna psicologia, di stimolo - risposta. Per quanto riguarda tale modalità di sensazione non può sussistere errore in condizioni normali, bensì nel caso di una patologia o disfunzione dell'organo sensorio (un sordo chiaramente non è in grado di sentire). La sensibilità non sbaglia in relazione al sensibile proprio, se l'organo di senso è sano. La vista non si inganna su un colore, né l'udito su un suono. Questi sensibili sono propri di ciascun senso. Ogni senso quindi è il grado di fornire solo una conoscenza parziale, relativa ai suoi oggetti di riferimento. I passi che riguardano la sensazione per accidente sono molto dibattuti. In essa sembra mancare la corrispondenza diretta della sensazione propria. L’esempio riportato da Aristotele riguarda la nostra percezione del “figlio di Diare”131; I suoi accidenti sono stimoli per la nostra capacità sensitiva, percepiamo ad esempio con gli occhi il bianco che lo caratterizza, ma, non vi è alcuna necessità che il bianco debba caratterizzarlo come figlio di Diare. Il bianco che vediamo, è accidentale nella persona del figlio di Diare o in chiunque altro, non costituisce certo parte della sua essenza; però si tratta già di un livello sensitivo in cui l’immagine conoscitiva diviene più estesa e complessa. “Attribuiamo” un qualcosa al figlio di Diare, che riconosciamo in quanto tale, e

. 129 Cfr. De An., II,6, 418a 8-26.

130 Aristotele comincia la sua indagine concentrandosi sugli oggetti correlativi, i sensibili nel caso della sensazione, proprio perché essi rappresentano il dato maggiormente accessibile per noi, quello più immediato. Solo successivamente l’attenzione è posta sulle funzioni, nel caso specifico la sensazione in atto, e infine, sulle facoltà sensitiva, proprio perché queste ultime sono disposizioni, potenzialmente attuabili ma in concreto non ancora realizzate.

73 tale attribuzione va oltre l’immediatezza con cui un colore impressiona il nostro occhio.132 Dunque, quando e come cominciamo a parlare di una conoscenza unitaria, di una imagine unitaria, non frammentaria? Cominciamo col dire che nel libro II del De Anima, i sensi sono analizzati secondo il seguente ordine: vista, udito,133, olfatto, gusto, tatto134. Il tatto costituisce il senso basilare, senza il quale non sussistono tutti gli altri. Ma poiché è in virtù di esso ( e in un certo senso del gusto in quanto è una specie di tatto) che distinguiamo la più semplice tra le specie animali - il cosiddetto cetriolo di mare - dalla pianta, ci potremmo aspettare di vederlo trattato per primo, ad apertura argomento. Questo invece accade sì nel De sensu et Sensibilibus, ma non già nel De Anima, dove invece viene trattato per ultimo. É necessario venire a capo di questa apparente stranezza: Il De Sensu et Sensibilibus è un trattato dedicato alla spiegazione dei cinque sensi a livello fisiologico, dunque del tatto si parla ad apertura, poiché è il più comune e il più semplice tra i cinque, ed è il senso che introduce la sensazione come peculiarità e segno distintivo degli animali. Nel De Anima il discorso viene strutturato in modo opposto: l'esame parte dalla vista per passare in ordine all'udito, olfatto, gusto e infine al tatto; potremmo dire che Aristotele parta dai sensi in cui interviene una maggiore distanza dal sensibile al sensorio: vista e udito che sono, nel caso dell’uomo, più completi e significativi rispetto all'olfatto. In secondo luogo, infatti, tratta dell'olfatto, che si esercita secondo distanze già più ridotte, soprattutto nel caso dell'uomo, e infine gusto come sottospecie di tatto, e quindi il tatto. La ragione di questa scelta va cercata all'interno del contesto del De Anima. Seguiamo dunque Aristotele testualmente per comprendere come funziona il tatto:

132 I passi sui sensibili per accidente sono molto dibattuti. Come riportano Grassi e Zanatta, 2005, pag 130-131, Cashdollar sostiene acutamente che l'accidentalità ha luogo nella percezione e non nel bianco in quanto accidente di Diare (sostanza individuale). L'accidentalità del bianco appare insufficiente a giustificare una avvenuta percezione accidentale. Anche tutti i sensibili propri sono accidenti di qualche sostanza e quindi anche la percezione per sé diventerebbe percezione per accidente.

134 Esiste una bibliografia vastissima sulla teoria dei sensi in Aristotele, che spesso, comprensibilmente, si muove di pari passo con la dottrina sull’anima. Non è certamente questa la sede per sviscerare il funzionamento di ogni senso, ci soffermeremo sul tatto, che costituisce l’ultimo baluardo prima di potere parlare di un’immagine conoscitiva unitaria e coerente. Per eventuali approfondimenti di rimanda a; Ackrill, 1972-73, Bos, 2003, Everson, 1997, Grassi- Zanatta, 2005, King, 2002, Polansky, 2007.

74 “In effetti ogni senso sembra riferirsi ad un'unica opposizione: la vista termina al bianco e al nero, l'udito all'acuto e al grave, il gusto all'amaro e al dolce. Nel tangibile sono invece incluse molte opposizioni: caldo- freddo, secco-umido, duro-molle, ed altre qualità simili. Una qualche soluzione di questo problema sta nel fatto che anche a proposito degli altri sensi ci sono molte opposizioni. Ad esempio alla voce appartengono non solo l'acutezza e la gravità, ma anche la grandezza e la piccolezza di volume, la levità e l'asprezza, ed altre simili caratteristiche. Pure il colore presenta altre varietà di questo tipo. Tuttavia non è chiaro che sia quell'unica cosa che funge da oggetto del tatto, come il suono lo è dell'udito”.135

Vi sono due questioni intorno al tatto, che lo rendono diverso dagli altri sensi: in esso sono incluse molte opposizoni, e, a differenza degli altri sensi, non si coglie immediatamente quale sia in generale l’oggetto del tatto, il tangibile proprio, al pari del suono nel caso dell’udito o il colore per la vista. Al contempo, nemmeno il sensorio di riferimento è subito indentificato, come emerge dal passo seguente, che ci fornisce entrambe le risposte:

“Tangibili sono le differenze del corpo in quanto corpo. Chiamo “differenze” quelle che caratterizzano gli elementi: caldo e freddo, secco e umido. (...). Il sensorio relativo a tali qualità, ossia l'organo tattile, cioè quello in cui principalmente ha sede il senso chiamato tatto, è la parte corporea che è in potenza tali qualità. Percepire è infatti un subire, e quindi l'agente rende simile a ciò che esso stesso è in atto quello che è tale in potenza. Pertanto non percepiamo il caldo e il freddo, o il duro e il molle che hanno la nostra stessa misura, ma gli eccessi di queste qualità, e ciò perché il senso è una specie di medietà dell'opposizione che si ha nei sensibili. Ed è per questo motivo che discrimina i sensibili. Il medio ha infatti la capacità di distinguere divenendo, rispetto a ciascun estremo,

75 il suo opposto”.136

Ciò che percepisce il corpo, sono le qualità naturali dei quattro elementi: caldo, freddo, secco e umido. Dell’organo tattile, Aristotele ci dice essere “la parte corporea che è in potenza tali qualità, tale organo non può essere che la carne, che di fatti è un derivato del sangue di media cottura. La temperatura della carne, media appunto, è adatta a percepire gli estremi137; esperienza comune vuole che se tocchiamo qualcosa di molto

caldo, la nostra mano si riscalda, e se tocchiamo qualcosa di freddo si raffredda, proprio perchè il medio “diviene rispetto a ciascun estremo, il suo opposto”.

Possiamo affermare che il tatto, con le suddette caratteristiche, costituisca la base di ciò che viene dopo, un tipo più complesso di sensazione, il senso comune. Il tatto è sempre in atto, perché anche se siamo fermi in piedi percepiamo il pavimento, se siamo seduti percepiamo la spalliera della sedia. L'organo del tatto è infatti la carne corporea nel suo intero, e non una singola parte del corpo. È allora chiaro che in De Anima il cammino è pensato per andare verso una sempre maggiore estensione sensoriale: I sensi a distanza coinvolgono un solo organo, così anche il gusto, sebbene avvenga per contatto. Il tatto invece coinvolge la carne di tutto il corpo e inoltre si riferisce a molte coppie di contrari, mentre gli altri sensi si muovono tendenzialmete solo tra due estremi, e anche quando sono coinvolte più differenze, è più semplice individuare il sensibile proprio. Alla luce di quanto detto è chiaro che l’approccio conoscitivo diventa meno frammentario

136 De An., II,11, 423b 27. 424a 7. Trad. it., Movia (2005), pag. 181.

137 La questione sul livello di cottura della carne e di altre parti del corpo, è legata al processo di elaborazione dell’alimento durante l’attività nutritiva. Quest’ultimo viene infatti “cotto”, già in precedenza parzialmente elaborato da bocca e stomaco, in un qualcosa simile ad una pentola bollente, lo stesso cuore. Da lì, l’alimento trasformato ormai in sangue, attraverso le vene andrà a costituire tutte le parti del corpo (Cfr. De Part. An.,II, 3, 650a 27-36). La dinamica del processo nutritivo è ricostruita ad esempio in modo chiaro in Quarantotto, 2007 pag 281 – 282. Il termine utilizzato da Aristotele per cottura è pepsis, molto specifico e riferibile alla tradizione medica. Una voce del dizionario Rocci, specifica che nel caso specifico degli scritti aristotelici può essere tradotto con “digestione”, in realtà è di gran lunga più appropriato lasciare l’originale “cottura”, per parlare dei livelli di cottura delle parti del corpo. La stessa esperienza ci suggerisce che, seguendo la concezione aristotelica, alcune parti sono molto cotte, dure e secche, potremmo dire carbonizzate, si tratta delle ossa.

76 con il tatto che ci coinvolge, fisicamente, per intero138 e ci fornisce un numero enorme di informazioni. Un’altra possibile interpretazione circa il sensorio del tatto è che si tratti del cuore.139 Ma quest’ultimo, sede fisica dell’anima, quindi della facoltà sensitiva (oltre che delle altre), svolge una funzione precisa, quella di rendere unitaria la sensazione. Ciò significa, come vedremo a breve, che il cuore interviene come sensorio primo, nel senso comune, in modo che oggetti diversi di sensazioni diverse si manifestino a qualcosa di unico in grado di garantire unitarietà e coerenza dell'immagine sensoriale. I sensibili propri in quanto tali si riferiscono al cuore solo nel senso spiegato ad esempio da Sheiter.140 É solo la

“cottura” di questi dati che richiede il suo intervento come sensorio primo. Il malinteso sorge a mio avviso per una ragione: il tatto percepisce molte differenze, molte di più rispetto agli altri sensi, è chiaro quindi che il cuore intervenga affinché tali differenze siano simultaneamente percepite. Ma l'organo del tatto, inteso come organo da cui muove la percezione tattile non è che tutta la carne del corpo. Del resto il tatto rappresenta l'ultimo gradino prima della sensazione comune.