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L’onore e la reputazione costituiscono beni giuridici di rango costituzionale, riconducivili ai diritti inviolabili di cui all’art 2 della

LE SINGOLE IPOTESI DI DANNO PUNITIVO NELL’ESPERIENZA GIURIDICA ITALIANA

5. L’onore e la reputazione costituiscono beni giuridici di rango costituzionale, riconducivili ai diritti inviolabili di cui all’art 2 della

Costituzione e, senza dubbio, tutelati anche dall’art. 3 della Costituzione, il quale sancisce la pari dignità di tutti i cittadini.

L’onore di una persona può essere offeso a mezzo di svariate modalità: offese verbali, in maniera simbolica, mediante atti, immagini, oggetti idonei a ledere l’onore altrui.

La reputazione, qualora ci si riferisca a persone note pubblicamente, è minacciata anche dai mass media, che, rivolgendosi ad un numero indeterminato di soggetti, sono in grado di aggredire questo bene, senza che i titolari possano difendersi nell’immediatezza.

A tutela dell’onore e della reputazione, il nostro ordinamento predispone due fattispecie criminose: quella dell’ingiuria, art. 594 c.p., che si configura quando l’offesa all’onore o al decoro è arrecata in presenza della vittima; quella della diffamazione, che consiste nell’offesa all’altrui reputazione di una persona non presente, comunicando con più persone.

La c.d legge sulla stampa (L.n.47/1948) all’art. 12 dispone che «nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 185 cod. pen., una somma di danaro a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato»345. L’art. 185, obbliga l’autore di un reato, nonché i soggetti

civilmente responsabili per il fatto di lui, a risarcire alla vittima gli eventuali danni, patrimoniali e non patrimoniali, ad essa arrecati.

Nel caso della diffamazione a mezzo stampa, ferma restando la possibilità di adire la giustizia penale querelando il responsabile, la 345BARATELLA, La riparazione pecuniaria, in Responsabilità, comunicazione e impresa, 2001,

persona offesa dal reato può chiedere il risarcimento del danno patrimoniale ex art. 2043 c.c., il risarcimento del danno morale ex art. 2059 c.c. e 185 c.p., nonché la riparazione pecuniaria ex art. 12 L. n. 47/1948. per la riparazione pecuniaria è necessario soffermarsi su alcune considerazioni per ciò che inerisce la sua natura giuridica, la sua funzione, la sua disciplina giuridica.

Si pone, innanzitutto, il problema della natura giuridica dell’istituto in esame, se sia, cioè, di natura penale o civile. Il rinvio operato dall’art. 12 al reato di diffamazione farebbe pensare ad una lettura in chiave penalistica della sanzione346. Tuttavia, la natura penale dell’istituto

parrebbe smentita da tre indici, dai quali deriverebbe la sua natura civilistica: a) ai fini del suo riconoscimento non è necessaria una sentenza penale di condanna a carico del diffamante; b) la sanzione può essere inflitta solo su istanza della persona offesa; c) la somma liquidata va a d esclusivo beneficio della persona offesa. Sembrerebbe preferibile optare, dunque, per la natura giuridica civilistica dell’istituto in commento.

La seconda questione da affrontare è relativa alla individuazione della funzione svolta dall’istituto. Secondo parte della dottrina si tratterebbe di un doppione del danno non patrimoniale, e, cioè, del danno morale da reato347. Altri Autori, che riconoscono la funzione autonoma e distinta rispetto al danno non patrimoniale, individuano nella riparazione pecuniaria una sanzione civile, con funzione punitivo-deterrente, al pari della pena privata, idonea a scoraggiare comportamenti dello stesso tipo ed in grado di neutralizzare il profitto realizzato mediante la volontaria lesione dell’altrui reputazione348.

346BARATELLA, La riparazione pecuniaria, op. cit., 288.

347JANNITTI-PIROMALLO, La legge sulla stampa, Roma, 1957, 121.

In dottrina349 si è evidenziata la affinità tra l’istituto in esame e

quello dei danni punitivi anglosassoni, in quanto anche la riparazione pecuniaria presuppone non tanto un danno economico in capo al diffamato da risarcire, quanto un comportamento riprovevole dell’agente da reprimere e scoraggiare. La giusta intuizione di tale impostazione dottrinaria sembra trovare conforto nel dato normativo: invero, la disposizione in esame, prevede apertamente che l’entità della sanzione debba essere determinata tenendo conto della “gravità dell’offesa” e della “diffusione dello stampato”. Tali parametri, indicati dal legislatore, costituiscono, inequivocabilmente, parametri riferibili alla condotta dell’agente e non al pregiudizio sofferto dal diffamato. Infatti: la gravità dell’offesa va valutata tenendo in considerazione di elementi comunque riferibili al comportamento dell’agente, quali la natura del fatto lesivo, la eventuale reiterazione del contegno offensivo, la pluralità di partecipanti al fatto lesivo, il grado di colpevolezza350. Mentre la diffusione dello

stampato, che allude al profitto economico conseguito con la commissione del fatto lesivo, può essere superiore al danno patito dalla vittima del reato. Proprio tale ultimo criterio (che rapporta la riparazione non al danno subìto dal diffamato, ma al profitto conseguito dal diffamante) consente di superare il principio secondo cui l’entità della sanzione civile non può essere superiore al danno sofferto dal danneggiato. Tale criterio, dunque, spinge la riparazione pecuniaria aldilà del campo compensativo-riparatorio della responsabilità civile e, allo stesso tempo, consente una attrazione dell’istituto nel campo dei c.d. danni punitivi.

349ZENO ZENCOVICH, Il risarcimento esemplare per diffamazione nel diritto americano e la

riparazione pecuniaria ex art. 12 della legge sulla stampa, in Responsabilità civile e previdenza,

1983, 40.

La riparazione in esame assomiglia davvero agli exemplary damages del diritto inglese i quali sono riconosciuti proprio quando il comportamento dell’agente è finalizzato a realizzare, mediante l’illecito, un profitto eccedente il normale risarcimento danni. L’analogia tra i due istituti, quello italiano e quello inglese, si fa ancora più palese se si considera che la somma concessa a titolo di riparazione pecuniaria – per la parte eccedente il danno subìto e fino all’ammontare della somma determinata in relazione alla diffusione dello stampato – costituisce un vero e proprio arricchimento per il diffamato, proprio come accade nel diritto anglosassone per il caso dei danni esemplari. Non pare vi sia spazio per dubbi riguardo al fatto che la riparazione pecuniaria in commento costituisca una vera e propria ipotesi di danno punitivo351.

Passando all’esame della prassi applicativa, la giurisprudenza, in una prima fase, ha qualificato la riparazione pecuniaria quale sanzione “penale”, destinata non tanto a riparare un danno, ma atta a rafforzare la repressione penale e, come tale, irrogabile solo dal giudice panale352, atta non tanto a riparare un danno, quanto piuttosto a rafforzare la repressione penale.

351Tali conclusioni trovano conforto anche nei lavori preparatori. Nella relazione al governo

(riportata da BARATELLA, La riparazione pecuniaria, op. cit., 295), si legge che l’art. 12 della legge

47/1948 contiene «un’importante innovazione al sistema vigente, diretta a soddisfare la necessità vivamente sentita di colpire con efficaci sanzioni, anche di carattere civile, la stampa ribellistica, contraria al costume di libertà e dignità civile. La Commissione si era già posta il problema se accogliere la severe legislazione anglosassone sul libello e lo aveva risolto negativamente. È parso tuttavia che un passo in questa direzione dovesse compiersi ed il progetto definitivo accorda una riparazione pecuniaria al cittadino ingiustamente offeso nel suo patrimonio morale. La riparazione è in aggiunta non solo dei danni patrimoniali ma anche di quello non patrimoniali risarcibili a norma dell’art. 185 cod.pen.».

352In proposito, Cass. Civ., sez. III, 29 gennaio 1965, n. 2300, in Giurisprudenza italiana, 1966, I,

726, dove si legge che «l’art. 12 della legge citata non confonde la riparazione con il risarcimento dei danni, sia patrimoniali che non patrimonial (i quali, si noti, esauriscono nel campo logico giuridico le conseguenze lesive del reato di diffamazione considerato nel suo spettro civilistico di fatto illecito produttivo di obbligazione civile risarcitoria ex art. 2043 codice civile e 185 codice penale), ma la qualifica e configura diversamente dal risarcimento, come chiaramente si evince dal testo della norma […]». È evidente, prosegue la Corte che si tratti di «sanzione che è e resta tale anche se considerata “civile”, poiché non destinata a risarcire un danno, ma a rafforzare la repressione penale, come si evince anche dal fatto che deve essere determinata in relazione alla gravità del reato come tale[…]».

Verso la metà degli anni Ottanta, la Corte di Cassazione ha, tuttavia, mutato orientamento, riconoscendo natura civilistica, anche se conseguente al solo reato di diffamazione a mezzo stampa. Pertanto la riparazione ai sensi dell’art. 12 «può essere chiesta anche al giudice civile che la applicherà in base ai parametri legali 8non esclusivamente penalistici) della gravità dell’offesa e della diffusione dello stampato», anche quando «il soggetto leso intenda, non presentando querela, adire direttamente detto giudice (previo, in tal caso, l’accertamento incidentale degli elementi costitutivi del reato di diffamazione)»353.

L’orientamento illustrato si è consolidato e costituisce, oggi, giurisprudenza costante354.

353Cass. Pen., sez. V, 16 gennaio 1986, in Dir. Inf., 1986, 458.

354Cfr. Cass. 7 novembre 2000, n. 14485, in Giurisprudenza italiana, 2001, 1360; Cass. 3 ottobre

1997, n. 9672, in Responsabilità civile e previdenza, 1998, 1455. Nella giurisprudenza di merito v. Trib. Roma, 31 ottobre 2002, in Giustizia civile, 2003, 1936. La casistica in tema di riparazione pecuniaria è molto nutrita, rilevante il caso, balzato agli onori della cronaca, per lo spessore dei soggetti coinvolti. Si tratta del caso Leone c. Cederna, deciso dalla Corte d’appello di Milano, 23 dicembre 1986, in Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, 1987, 585 ss. Nell’occasione la corte di Milano condannò entrambi gli imputati a una congrua pena, a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali alle persone offese costituitesi parte civile nel processo penale (rinviando ad un separato giudizio per la loro liquidazione), a corrispondere loro la somma di lire 15 milioni a titolo di riparazione ai sensi dell’art. 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. La decisione in esame è seguita a quella del Tribunale di Varese del 28 giugno 1979, che dichiarò Camillo Cederna e Giampiero Brega responsabili del reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa in danno degli avvocati Carlo Leone e Gabriele Benincasa, in relazione alla pubblicazione del libro Giovanni Leone e la carriera di un

Presidente, scritto da Cederna ed edito da Feltrinelli S.p.A., di cui Brega era, all’epoca dei fatti, il

6. Nell’ordinamento giuridico italiano la protezione dell’ambiente è

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