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L'opera rock italiana che sa di realtà di Livia Bidoli

Nel documento ORFEO 9 Opera Rock di Tito Schipa Jr. (pagine 81-87)

GIUDIZIO DELLA CRITICA

Orfeo 9. L'opera rock italiana che sa di realtà di Livia Bidoli

I due occhi allucinati e dipinti al contrario, al posto di quelli di Tito Schipa Jr ci guardano dal vinile, dal cd e presto (in primavera) dal dvd di Orfeo 9, l'unica opera rock italiana nata sul palcoscenico del Teatro Sistina il 23 gennaio del 1970 con un cast eccezionale e delle musiche scritte da Tito Schipa Jr e arrangiate dall'allievo di Bernstein, Bill Conti. Protagonisti Tito Schipa Jr nella parte di Orfeo ed Eva Axen come Euridice; e poi Edoardo Nevola conprimario di Tito come Vivandiere;

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Renato Zero che recita la parte del Venditore di Felicità; Loredana Bertè e molti altri ancora.

Un'opera, quella di Orfeo 9, che riluce per testi e musiche: una varietà, una coerenza, un'omogeneità di pensiero nel libretto, ancora uniche e che, riversate digitalmente, conferiscono una resa eccezionale a tutta l'operazione che sarà ultimata in primavera con l'uscita in dvd ed anche affiancata da un progetto a sorpresa di Tito Schipa Jr. Alla eccezionale proiezione all'Azzurro Scipioni di Roma, che ha già dato spazio ad eventi di portata culturale elevata, erano presenti ed hanno introdotto l'anteprima Tito Schipa Jr., Edoardo Nevola, che ha intonato la canzone Pane pane, e fra il pubblico c'era Alessandra Celletti, compositrice e musicista contemporanea che ha amato quest'opera fin dall'uscita in film nel 1971, l'anno dopo l'esordio dal vivo al Sistina.

Registrata a Saxa Rubra quando ancora non c'era la RAI, a ridosso di una torre con una grossa A di Anarchia ancora visibile, Orfeo 9 è un'opera rock, ma anche pop, molto simbolica e sulla scia dei concept album progressive, racconta la storia di Orfeo ed Euridice rivisitata modernamente. La storia è quella della ricerca di “una ragazza che sa di realtà”: perché, come annuncia l'epigrafe in apertura del film, “la realtà è la più sublime delle visioni possibili”, e nella storia un illusionista prodigioso è colui che cerca di distrarre il protagonista, ingannandolo con l'offerta della felicità. L'illusionista, che offre l'inganno della droga come trampolino di lancio per la felicità, è Renato Zero (…), che insegue il protagonista che ha appena perduto la ragazza di cui si è innamorato.

Nevola dice nell'happening dal vivo: “l'arte deve essere una carezza”, e come direbbe Bob Dylan immagino, anche un “graffio”, qualcosa che colpisce e sferza, come i due versi clou della canzone principale intonata da Tito Schipa Jr:

Ti amo perché sai di realtà

una frase incompiuta, una riga taciuta

Una dinamica che si svolge tra la città che è come l'inferno ed un luogo, una sorta di Eden perduto metaforicamente e all'improvviso nella ricerca, in quell'on the road che rievoca Kerouac, e la Pivano nell'avercelo tradotto oltreché conosciuto. Un fiume di parole quelle di Tito, che si fermano sulle labbra di un cantore della libertà, di un progetto nato dalla mente spuria e innocente di alcuni ragazzi senza nessuna operazione malcelata: con tanti legami con la musica progressive di allora, dai Pink Floyd agli Who e al loro Tommy, come al succitato Bob Dylan di Then an Alley, che scoprirete meglio se leggerete meglio sul libro di Tito Schipa Jr, Orfeo 9 the making (edito da Zona).

Alle stelle ci credo

ma si vedono solo nello spazio dell'oscurità

Tito Schipa Jr insieme ad Ermanno Manzetti hanno voluto e svolto un lavoro di riedizione digitale di Orfeo 9 che vede balenare gli occhi di Orfeo dal vinile come un sogno nato sotto le stelle che, come Orfeo, spuntano nell'oscurità per risplendere di luce di realtà.

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“ORFEO 9”: Opera pionieristica e rigenerata.

L’opera rock italiana con Tito Schipa Jr. e Edoardo Nevola, con un evento speciale, ci racconta la vita ieri come oggi.

di Andrea Di Cosmo

Ogni ultimo venerdì del mese, alle 22.15, al Cinema Azzurro Scipioni di Roma, il più originale e accogliente cinema d’éssai di Roma, diretto da Silvano Agosti, si proietta, per volontà di quest’ultimo: “Orfeo 9” di Tito Schipa Jr. Il film-opera rock è considerato dalla critica uno dei cento eventi fondamentali del pop italiano.

Martedì 17 dicembre 2013 alle ore 18, si è tenuta una proiezione speciale del film sul maxischermo, proiettato in edizione rigenerata, nel video e nell’audio, stereofonica e con i sottotitoli in italiano che ha visto la presenza del regista e protagonista Tito Schipa Jr e di uno dei coprotagonisti: Edoardo Nevola.

Un caposaldo del teatro musicale italiano interpretato tra gli altri da:

Renato Zero e Loredana Bertè; suonato da Tullio De Piscopo, Ronnie Jones, Santino Rocchetti. Diretto musicalmente dal premio Oscar Bill Conti, allievo di Bernstein.

Il Cast comprende: Tito Schipa Jr (Orfeo), Edoardo Nevola (Vivandiere), Renato Zero (Venditore di Felicità), Loredana Bertè, Penny Brown e Marco Piacente (i

Narratori), Eva Axen (Euridice), Chrystel Dane e Roberto

Bonanni (Autostoppisti), Monica Miguel (Chiromante), Ron Mardenbro (Blues-Singer).

E’ la prima opera rock italiana originale e la prima nel mondo ad essere rappresentata in teatro: il 23 Gennaio 1970 al Teatro Sistina. Tito Schipa Jr ama ricordare, alla platea accorsa per la proiezione speciale, che: «All’epoca ridevano quando dicevamo che daremo l’Opera Rock.» Quarant’anni dopo, parte del cast della prima al Sistina era ad ammirare ancora il film in sala. Edoardo Nevola coinvolge il pubblico nell’esecuzione dal vivo di una sua canzone nell’ opera:

Pane Pane. Ermanno Manzetti, collaboratore alla cura della riedizione del film, rivela che l’edizione DVD del film chiesta da anni, sarà finalmente esaudita in primavera. In sala un’anticipazione dei contenuti speciali inseriti nel DVD mostra interviste al cast e anche una ricostruzione audio dello spettacolo teatrale al Teatro Sistina.

Orfeo 9 è una rivisitazione rock e hippie del mito di Orfeo ed Euridice, in cui Orfeo cerca la sua amata, finita agli Inferi, per strapparla alla morte ma per poterla portar via non deve mai voltarsi sulla strada del ritorno. Appena voltatosi Orfeo perde per sempre la possibilità di portare fuori Euridice dagli Inferi.

L’introduzione del film ricorda l’ouverture di un’ Opera dal vivo, in teatro: la preparazione degli strumenti in una sala d’incisione, mentre il coro intona le prime note. In una regione indefinita, tra le rovine di una vecchia chiesa sconsacrata che domina una collina, un gruppo di ragazzi ha eletto il proprio rifugio, lontano dalla città industriale, da ogni impurità della civilizzazione massificante. L’inizio della vicenda li trova ancora immersi nel sonno, negli attimi magici immediatamente precedenti il nascere del sole. Poi le prime voci, i primi movimenti del risveglio, i primi pensieri. Da L’alba a Vieni Sole c’è un’allegorica richiesta di luce da parte dei personaggi, rivivendo le fasi del giorno nascente. Una luce che è richiesta di positività. Il Risveglio di Orfeo vede Orfeo ancora immerso nei suoi pensieri, che parla alla sua immagine riflessa nell’acqua, un momento artistico e quasi classico,

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insieme a un’introspezione del personaggio. Il Vivandiere, che fa la spola tra la città e quel ritiro è un personaggio portatore di positività ma anche concretezza. In Pane Pane celebra la gioia dell’ arte bianca che produce l’alimento principale dell’uomo.

In Eccotela qui segue un’indagine su strada, tipo intervista, su cosa sia la felicità c’è chi risponde che questa sia: stare con la donna giusta. Orfeo trova la sua: Euridice, e vuole stare con lei. In Dio/Senti Orfeo la loro unione viene celebrata con una sorta di matrimonio hippie, officiato dallo stesso ragazzo del pane, con un simbolico cappio che li lega. La loro “felicità amorosa” è di breve durata. Con un’ assonanza di montaggio, le corde che legano i due amanti lasciano posto a un serpente che striscia sulla sabbia. Lo segue una sorta di “serpente tentatore”: Il Venditore di Felicità bizzarro venditore ambulante di felicità in gocce: la droga, chiamata così con un bel nome mistificatorio. Assertore della teoria che: “Bisogna essere PIÙ felici”, vediamo avvicinarsi il venditore con una sorta di “carrozzone” mascherato da casa con disegni di bambini sui muri. La felicità, che ricorda quella ingenua dell’infanzia, rimanda a un’innocenza qui fasulla e subdola che nasconde il veleno che vende questo spacciatore di droga. Orfeo cade nell’inferno, fuor di metafora è perso nel vortice della droga. Lo vediamo perso, con gli occhi chiusi, sostituiti da occhi dipinti, che non vedono. Da questo momento Euridice è sparita e Orfeo inizia a cercarla.

Il personaggio del Venditore di Felicità, interpretato da un giovane Renato Zero, ha già in sé l’istrionismo teatrale che caratterizzerà il primo Zero musicale. Anzi il suo venditore, che zero interpreta qui come attore, come personaggio negativo, che chiama a sé i clienti con l’imperativo sussurrato: “seguimi” sembra anticipare il corrispettivo personaggio interpretato nella successiva canzone: Mi Vendo, anche lì una vendita di felicità artificiale, che poi Zero denuncerà nei messaggi delle sue canzoni.

Orfeo vaga in cerca di Euridice, conosce gente mentre fa autostop. Le circostanze vorrebbero distrarlo dalla sua ricerca, dall’amare una persona sola. Ma lui rifiuta l’amore di una coppia di autostoppisti, che in Seguici, dicono di avere tanto amore da poterlo dividere anche in tre. Nel frattempo il Venditore di felicità lo ritrova; in La chiromante lo porta da una sorta di maga, dove cerca di vendergli “un altro tipo d’incanto”.

In questo vagare, in La città fatta a inferno, troviamo un’idea di città dove vediamo coreografie che rappresentano gente che lavora secondo ritmi da catena di montaggio con pause comandate. I personaggi indossano calze da donna in testa e portano interrogativi in faccia. Esseri persi nel significato e nell’essenza. E’ una città infernale, trasposizione moderna degli inferi mitologici, dove il venditore di felicità artificiale cerca di fare nuovi affari. Il mito, come questa sorta di fiaba, sembra condurre verso il rassicurante epilogo dell’amore e della felicità conquistata, invece la conseguenza di certe scelte può essere la morte. Questo ci mostra un’ abile scena di un’auto che, vista dal retro, può sembrare l’alcova di due amanti mentre custodisce alcune persone ormai divenute accidentalmente cadaveri e dimenticati.

L’arte ce lo ricorda e resta il piacere di seguirla e ammirarla, come dice il verso di una canzone: “hai seminato il sentiero di note, come nella favola.”

Un’opera dall’anima hippie e psichedelica, con momenti onirici. Musicalmente possiamo inebriarci dei suoni sperimentali con un rock progressivo e l’armonia e fusione dei voci in cori e assonanze. Deliziosi i giovanissimi Loredana Bertè e Renato Zero, il quale inizia a far intravedere l’esuberanza del suo futuro personaggio.

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L’ Opera ripresentata come film di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia del 2008, ricorda, in modo molto originale, anche “Hair“, e curiosamente Zero è Bertè presero parte pure a una edizione italiana di quel musical.

Nei sottotesti di denuncia antidroga e di pacifismo, cari soprattutto all’epoca di quest’opera non si può non notare comunque una visione ancora piena di modernità e attuale delle nostre vite: dalla città alienante, ai ritmi di lavoro massacranti con pause centellinate, alla ricerca di felicità artificiale per reggere lo stress e il dolore.

Orfeo 9 prosegue anche il suo percorso discografico. A quarant’anni dalla prima pubblicazione arrivano due diverse ristampe in vinile dell’opera: il doppio album uscito nel 1973 su etichetta Fonit Cetra giunge così alla dodicesima edizione, passando nel tempo da un supporto musicale all’altro (vinile, musicassetta, CD e stores digitali). L’undicesima versione, del 2013, è la fedele riproduzione dell’edizione originale: contiene quindi il doppio LP, il libretto con i testi, e la copertina è quella ormai nota che ritrae il primo piano di Orfeo con gli occhi dipinti.

La dodicesima versione è una Limited Edition Coloured Splatter, differisce dall’altra per i vinili schizzati sulla superficie e, ovviamente, per il fatto che ne sono state prodotte pochissime copie.

Questo basti, per ora, a dire che il canto di Orfeo ha ancora molto da ammaliarci e raccontarci.

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BIBLIOGRAFIA

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