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TAXI DRIVERS di Giovanna Ferrigno

Nel documento ORFEO 9 Opera Rock di Tito Schipa Jr. (pagine 78-81)

GIUDIZIO DELLA CRITICA

TAXI DRIVERS di Giovanna Ferrigno

La prima edizione del Film Festival interamente dedicato al rock, Road to Ruins, accoglie tra i vari film ed eventi della sua programmazione un gioiello da troppo tempo dimenticato: Orfeo 9, prima Opera rock italiana mai realizzata.

Si tratta di un progetto a basso costo girato in 16mm, sperimentale, provocatorio, unico: ideato, scritto, musicato e diretto da Tito Schipa Junior e arrangiato da musicisti del calibro di Bill Conti (futuro vincitore dell’Oscar per la colonna sonora di Rocky), Joel Van Droogenbroeck all’organo e Tullio De Piscopo alla batteria. Siamo negli anni ’70 e un progetto del genere viene accolto con stupore e accompagnato, come tutte le imprese atipiche e audaci che si rispettino, con altrettante polemiche e ingiuste censure.

Al centro dell’Opera è il mito di Orfeo - ampiamente affrontato in ogni epoca sia dal teatro che dalla letteratura - e che offre ancora oggi spunti e riflessioni di estrema modernità. L’arcaico protagonista è difatti un personaggio enigmatico, dalle mille implicazioni filosofiche, religiose e poetiche, un uomo che crede di poter sfidare l’inesorabilità del destino sottomettendo alla sua arte anche le forze occulte

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dell’aldilà. Egli diviene così un simbolo degli umani dubbi sul significato dell’amore e della morte, sul problema della coscienza e dei suoi limiti, fino a divenire egli stesso la personificazione vivente dell’Arte.

L’imponente lavoro di Schipa Jr., che naturalmente si riconosce in Orfeo e ne veste i panni, è a dir poco ambizioso e al contempo attivo e vivace: a partire dalle liriche, ogni frase della singola canzone esprime un forte linguaggio poetico, segnando la continua evoluzione di pensiero dei protagonisti, interpretati da portentose voci di attori/cantanti scelti per il cast (tra i narratori, possiamo riconoscere anche una promettente Loredana Bertè). La drammaturgia del testo si amalgama perfettamente con il suono rock dell’intera composizione. Tutto questo rende Orfeo un personaggio dal piglio delicato e romantico, ma deciso, una sorta di anti-eroe sognatore che lotta contro se stesso e le utopie della vita, alla ricerca di qualcosa che ha il sapore dell’autentica felicità e del vero amore. La perduta Euridice (forse mai veramente trovata) mostra il suo volto soave riflesso in uno specchio d’acqua, risvegliando il cuore del giovane uomo, ma l’incanto durerà ben poco: il mefistofelico, variopinto “spacciatore” di felicità (interpretato con estrema bravura da un esordiente Renato Zero) rapisce e fa scomparire la bella amata, tentando di corrompere Orfeo con gli strumenti del Male, quali l’arrendevolezza, la sfiducia interiore, il tormento spirituale e perfino la droga (inaspettato il primo piano di una grossa siringa…), attirandolo nell’inferno, qui raffigurato come una grigia e minacciosa metropoli. Il cammino è lungo e difficile. Dal rassicurante panorama della natura, che circonda la campagna dove aveva da sempre vissuto, alla fredda indifferenza della città estranea. La musica lo segue, così come anche l’Idea della sua donna che disperatamente insegue. Probabilmente lui e Euridice non s’incontreranno mai più. O meglio, non si riconosceranno. Fatale (e precaria) è l’esperienza del viaggio ai confini del mondo conosciuto e la conseguente discesa nel profondo degli inferi. Orfeo testimonia che non esiste soltanto un traguardo finale verso cui protendere, seppur animato da un acceso desiderio nel raggiungimento di esso, ma anche un percorso nelle costellazioni delle nostre emozioni, in cui ci perdiamo e ci ritroviamo. Continuamente, quasi in eterno.

La rappresentazione cinematografica non poteva risultare più moderna, rapportata all’epoca. Addirittura lo stile registico sembra quasi precursore, pur ispirandosi a una certa “psichedelia beat” proveniente in gran parte dall’Inghilterra e da noi giunta in consistente ritardo, delle allucinazioni di un giovane Alejandro Jodorowsky e delle idee di un Alan Parker che, nel 1982, immaginando il mondo dei Pink Floyd in The Wall, come Schipa aveva animato gli abitanti della città con sembianze inquietanti e movimenti burattineschi, simbolo di una società marcia e vuota che muove, crudele, i fili della sua corruzione.

L’unico richiamo al passato avviene durante una suggestiva scena notturna: mentre Orfeo osserva la luna, si ode l’eco della tenorile voce angelica di Tito Schipa Senior cantare l’aria “Che farò senza Euridice?” dall’opera lirica del 1700 di Christoph Willibald Gluck.

Difficile spiegare a parole quello che andrebbe sperimentato personalmente attraverso la visione di questa avventura, con il fascino dei suoi colori e le sue note.

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A noi non resta che il messaggio di guardare avanti, di continuare a camminare senza mai voltarsi indietro. Naturalmente adempiendo al sacrosanto dovere di riscoprire capolavori come questo.

MUSIKBOX Rivista Musicale

Orfeo 9 è un capolavoro a livello musicale e visivo, non si discute. Fu anche inserito nel libretto "50 album per scoprire il Rock Progressivo italiano degli anni '70 ".

INMONDADORI.IT

La prima opera-rock italiana riproposta quest'anno con grandissimo successo come evento di chiusura del Festival del Cinema di Venezia.

STELLEITALIANE.IT

“Orfeo 9” è il pop-musical per eccellenza. Come Hair.

CAINA.IT

L'opera Rock italiana definitiva!!!

VICOLOSTRETTO.IT

Quando si parla di opera rock la prima che viene in mente è quasi sicuramente

“Tommy" degli Who oppure "Jesus Christ Superstar". Noi italiani siamo fortunati ad avere avuto anche un altro termine di paragone con lo splendido lavoro di Tito Schipa Jr. "Orfeo 9", ma per il resto brancoliamo nel buio.

PALCOWEB.NET

Descrivere in breve Orfeo 9 per i pochi che non lo conoscono è un’impresa ardua, perché Orfeo 9 resta nella memoria collettiva come un’opera pop talmente penetrante e meritoria di rispetto, che qualsiasi “sintesi” potrebbe apparire come una piccola eresia. Ciò che posso dire è che una volta conosciuto, ti conduce in un mondo apparentemente lontano e fantastico, ma invece così vicino e reale da lasciare spiazzati in ogni istante. Orfeo 9 fu anche occasione di incontro e “lancio”

per alcuni degli artisti più innovativi del nostro paese come Renato Zero, Loredana Bertè e Tullio De Piscopo e di un grande della musica mondiale come Bill Conti.

Avere avuto la fortuna di intervistare Tito Schipa Jr (www.titoschipa.it), artista semplicemente geniale e per questo probabilmente “scomodo”, autore di questo sogno assoluto, è per me una grande fortuna e immensa è la felicità di poter regalare questo speciale al pubblico di Palcoscenico, proprio in occasione del trentennale di Orfeo 9. Nell’attesa che il “mondo” di Orfeo, del Venditore di Felicità, del Vivandiere e del Blues Singer, possa tornare a vivere sui palcoscenici italiani, vi lascio alla lettura di questo lungo speciale. (…)

81 AMICINELLARTE.IT

di Pascal McLee

"Orfeo 9" - La musica che ha fatto da cornice alla quarta edizione di "Ginevra-Arte&Musica" è ispirata al mito di "Orfeo ed Euridice".

La serata inaugurale si è avvalsa quindi della partecipazione straordinaria del noto musicista e compositore Tito Schipa jr., autore di "Orfeo 9". L'opera rock del 1972, la prima scritta in Italia, la prima rappresentata nel mondo (Roma, Teatro Sistina, 23 gennaio 1970), diretta da Bill Conti (premio Oscar) e interpretata da un cast stellare, è oggi considerata uno dei 100 massimi eventi nella storia del Rock italiano ed un vero cult-show della cultura giovanile degli anni '70.

LETTERA43.IT

I divi del rock e quel debole per l'opera.

Albarn si butta nel mondo del musical. Prima di lui gli Who e Frank Zappa. E anche in Italia non mancano gli esempi.

di Massimo Del Papa

LA ROCK OPERA ITALIANA. In Italia vantiamo un'opera rock che, secondo alcuni, fu addirittura la prima, autentica rock opera al mondo: è l'Orfeo 9, sul mito di Orfeo e Euridice, scritta da Tito Schipa jr e ambientata in un plumbeo e dinamico 1970. Il figlio del tenore Tito Schipa, già veniva dall'esperimento di The Beat Opera, su brani dell'amatissimo Bob Dylan, ma con l'Orfeo 9 trovò la sua summa, lanciando anche artisti come Tullio de Piscopo alla batteria, Bill Conti (l'autore della colonna sonora di Rocky), Loredana Bertè e Renato Zero nei panni dell'ambiguo venditore di felicità, lo spacciatore di Orfeo, dalle cui ceneri nascerà poi il morboso, spettrale Pierrot di Mi Vendo.

Zero ha in seguito immaginato un musical tutto suo, senza riuscire a realizzarlo (i brani furono poi raccolti nel doppio album Zero, del 1987), e, ogni tanto, annuncia, o minaccia, il proposito di scrivere una Messa; forse sull'esempio di Paul Mc Cartney, che il suo Oratorio riuscì a comporlo nel 1991, senza però convincere troppo.

Altro esempio di opera rock nostrana è Parsifal dei Pooh, che quest'anno celebra il suo quarantennale.

GOTHICNETWORK.ORG

Orfeo 9. L'opera rock italiana che sa di realtà

Nel documento ORFEO 9 Opera Rock di Tito Schipa Jr. (pagine 78-81)

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