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Dall’Operation Mudlark alla decolonizzazione, la pirateria si adatta ai temp

Gli anni che vanno grosso modo dal 1905 al 1940 furono caratterizzati da un netto calo in quantità e qualità degli attacchi pirata che, tuttavia, non cessarono mai del tutto: quantunque, grazie al decisivo aiuto della tecnologia in ambito navale, britannici, spagnoli e olandesi fossero risultati capaci di porre un freno alle scorrerie su larga scala dei pirati Ilanun, Mangindanao, Tobelo e di quelli che abitavano l’arcipelago delle Riau, gli attacchi a piccole imbarcazioni e alcuni sporadici raids nei porti del Borneo continuarono ad essere una costante della realtà marittima locale.

«Spain never gained (effective) control of the southern parts of the Philippine archipelago and Dutch control of the waters of eastern Indonesia was incomplete. In Sabah, the British North Borneo Company was administratively and financially weak and unable to prevent piracy and raiding by Sulus along its coast right up until the end of the nineteenth century»

scrive Stefan Eklöf Amirell135.

Soltanto a seguito della cessione della colonia spagnola agli Stati Uniti nel 1898, la pirateria nell’arcipelago venne efficacemente contrastata dalla marina militare statunitense:

«in the subsequent years, the American pacification campaign brought the Southern Philippines under central government control, and some 7,000 firearms were collected from outlaw elements. The task of maintaining law and order in the region was delegated to the Philippine constabulary, a police force which had been set up by the Americans in 1901. The outcome was that law and order was successfully maintained in the region until the outbreak of the war with Japan in 1941»136.

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, il lento ma costante procedimento di decolonizzazione del Sud-est asiatico e la precaria stabilità dei nuovi governi nazionali costituirono il terreno fertile per la ripresa d’intensità del fenomeno piratesco coadiuvata dal mercato nero delle armi in costante espansione e dalla ampia diffusione delle più moderne conoscenze tecnologiche in ambito navale; livello tecnologico e quantità degli armamenti, dunque, consentivano ai razziatori di mare di adattarsi ai tempi puntando sulla rapidità d’azione e sulla forza persuasiva di armi automatiche utilizzate anche da eserciti di professionisti. Nel corso dei primi mesi del 1950 le autorità britanniche del Borneo condussero una serie di indagini lungo le rotte marittime che collegavano Sabah e alcuni porti di Sarawak all’arcipelago delle Sulu e Mindanao arrivando a bloccare e arrestare oltre trenta individui sospettati di pirateria: alla fine di un regolare processo, vennero tutti

135 S.E. Amirell, Suppressing Piracy in Asia: Decolonization and International Relations in a Maritime Border Region (the

Sulu Sea), 1959-63 in Pirates, Ports, and Coasts in Asia Historical and Contemporary Perspectives, Institute of Southeast Asian Studies, Leida, 2010, pag. 224.

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ritenuti colpevoli e condannati dai cinque ai sette anni di reclusione137. A seguito di tale campagna

d’arresti e dopo aver fatto fronte ad un imponente attacco alla città portuale di Semporna (1954), il governatore del Borneo britannico, Roland Evelyn Turnbull, diede mandato ad alcuni ufficiali di marina, di stabilire una forza di polizia costiera in grado di contrastare i frequenti raids dei pirati Ilanun; sebbene di notevole rilievo storico (era la prima volta che veniva costituito un corpo di polizia specificatamente orientato all’intercettazione e cattura di gruppi di pirati), dal 1959 il governo coloniale dovette ricorrere nuovamente all’assistenza della Royal Navy per affrontare il problema. Fra il novembre 1958 e l’ottobre 1959, infatti, la polizia marittima registrò più di cinquanta attacchi concentrati fra Sabah, Sarawak e il mar di Sulu138 e, in tutti i casi accertati le modalità d’assalto risultavano essere abbastanza simili

«the pirates used motor kumpits (wooden boats), often powered by one or more outboard engines, and in most cases they were armed with firearms or explosives, including shotguns, Garand (semiautomatic) rifles, carabines, Sten (submachine) guns, Bren (light machine) guns, pistols, and fiashing bombs. In fourteen of attacks, firearms or bombs were used, but there were no reports of casualties among the victims»139.

La maggior parte degli attacchi erano rivolti a natanti indonesiani che dal Borneo e dall’isola di Sulawesi percorrevano la rotta verso le Filippine meridionali con carichi di stagno e copra; tale carico, una volta requisito, poteva essere facilmente rivenduto sui mercati di Kota Kinabalu, Labuan e altri porti di Sabah e Sarawak in cambio di beni di consumo come sigarette, motori navali, tessuti e abiti. Quantunque le autorità centrali del nuovo stato d’Indonesia140 avessero predisposto un

sistema di licenze da rilasciare su richiesta formale (che ricordava il pass-system di Chads e Bonham), una larga fetta del mercato era occupata dalle interazioni di natura illegale fra commercianti, ufficiali locali corrotti e pirati: l’incapacità della (debole) marina militare indonesiana nel pattugliare le acque degli stretti di Lombok e Makassar verso il mar di Sulu era resa ancor più evidente dal fatto che, per effettuare tale mansione, fosse stata adibita soltanto una nave141. Dal 1956, malgrado le limitazioni alle importazioni imposte dal governo centrale di Manila,

il mercato dei beni di consumo fra cui vestiario e sigarette iniziò a crescere enormemente, svolgendosi secondo l’asse commerciale Hong Kong - Borneo del Nord – Mindanao; la mancanza di un piano regolatore efficiente ovvero un sistema di licenze che fosse in grado di contenere il

137 Persons, Stated to be from Sitangkai, rapporto della legazione Britannica di Manila al segretario di stato per gli

Affari Esteri, Foreign Office, 24 marzo 1950, FO 371/84337.

138 Goveror of North Borneo to the commissioner general for the United Kingdom in Southeast Asia, Colonial Office ,

13 novembre 1959, CO 1030/752.

139 S.E. Amirell, Suppressing Piracy in Asia: Decolonization and International Relations in a Maritime Border Region, op.

cit. pag. 226.

140 Indipendenza ottenuta il 17 dicembre 1949.

141 Governor of North Borneo to the commissioner general for United Kingdom in Southeast Asia, Colonial Office, 13

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mercato nero della copra, costrinse il presidente Carlos Garcia, nel gennaio 1959, a imporre un blocco totale alla compravendita di tale bene. Una diretta conseguenza della messa al bando della copra fu la ripresa d’intensità delle azioni di pirateria che nel 1960 raggiunsero un record di novantasette casi accertati; anche i raids armati aumentarono arrivando a un picco di venti nel solo anno 1962142. Una delle azioni di più ampio impatto sull’opinione pubblica locale ebbe luogo il 20 luglio 1962, allorquando un gruppo di pirati, di probabile provenienza filippina, attaccò la segheria di Kunak nel Borneo del Nord. L’episodio viene riportato da una lettera del governatore britannico

«the raid began about 1740 hours, when a vessel approached Kunak from the Semporna Channel. It had a Kajang covering, badly maintained. At the time the government launch Rusakan was alongside the steps of the wharf, and the British Borneo Timber Company log towing boat, Darvel Bay, was alongside the longest part of the wharf. […] The occupants of the kumpit (imbarcazione filippina) opened fire and in the first burst killed the Engineer of the Rusakan, who was sitting on the forward deck, […]. The two seilors, the Engineer’s wife and one of the sailor’s wives jumped into the sea. The serang (skipper) was wounded un the left arm as he also jumped for the sea. The kumpit then pulled up to the wharf. Four raiders ran across the wharf to the Darvel Bay, which had its engine running, shot four members of the crew and did some demage to the engine. […] While one raider stayed in the kumpit, the rest, some seven in number, advanced from the wharf, with two firing up the road, while others entered the shops near the wharf and forced local people to carry goods and money back to the kumpit. The telephone-line was cut and an attempt was made to launch the Mostyn Estates launch Lucinda. […] After the raiders had loaded their boat, they saw a Chinese launch coming in round the coral. They intercepted it, tied up their own boat to it, told the passengers to junp into the sea and ordered the skipper and engineer, named Kamaludin, to tow the kumpit out»143.

Da quanto si evince dalla lettera, il governo coloniale inglese, probabilmente complice il fatto che, a causa dell’imminente consegna di poteri alla neonata Federazione Malese non fosse ben chiaro a chi spettasse il compito di sovrintedere alla sicurezza delle rotte navali, non risultò essere in grado di porre un argine alle continue scorrerie di pirati e a proteggere il commercio marittimo. Le uniche misure adottate furono il rafforzamento delle pattuglie di polizia costiera e la costruzione di torri di vedetta in comunicazione radio con le cantrali di polizia più vicine

«the main purpose of these measures, however, as the British were well aware, was to boost the morale of the population, as there was very little chance of the authorities actually apprehending the pirates»144.

La ripresa di intensità del fenomeno pirateria costrinse le autorità britanniche ad optare per una soluzione dai toni più radicali che comprendeva l’ipotesi di andare a catturare i criminali

142 Piracies and Armed Raids, from governor of North Borneo to the secretary of state for the Colonies, Colonial Office,

8 gennaio 1963, CO 1030/1660.

143 Armed raids along the Coastline of North Borneo, acting governor of North Borneo to the commander-in-chief, Far

East Station, Dominions Office, 30 luglio 1962, DO 169/31.

144 S.E. Amirell, Suppressing Piracy in Asia: Decolonization and International Relations in a Maritime Border Region, op.

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direttamente alle loro basi operative situate fra il Borneo e l’arcipelago delle isole Sulu e, al fine di concretizzare tale intento, attivare un qualche tipo di cooperazione con il governo centrale di Manila. Tuttavia, i rapporti diplomatici fra le due entità regionali presentavano alcuni punti di contrasto fra cui la questione dei limiti delle acque territoriali145 e la disputa riguardante il possesso del Borneo Britannico Settentrionale: nel giugno del 1962, durante i preparativi per la cessione della sovranità del North Borneo alla Federazione Malese, il presidente Diosdado Macapagal, quasi a sorpresa, dichiarò l’interesse del governo filippino per l’ex colonia inglese, andando di fatto ad alimentare le tansioni e i reciproci sospetti. Ad aggiungere ulteriori problematiche inerenti il rapporto di collaborazione fra i due stati si inseriva il modo di intendere la cooperazione stessa: da una parte britannici e malesi puntavano sulla costituzione di un circolo virtuoso di scambio di informazioni e operazioni navali congiunte evitando, però, qualsiasi accordo formale con Manila; dall’altra, i filippini chiedevano a gran voce la definizione di un trattato su modello di quello stipulato nel 1960 con l’Indonesia in cui si affermava l’esigenza di “to eradicate piracy, offences

against the security of the state, all forms of smuggling, and illegal entry”146.

Nel marzo del 1963, una delegazione di ufficiali navali britannici e membri del gabinetto di governo coloniale si recò in visita nelle Filippine per portare avanti una serie di colloqui esplorativi aventi come oggetto la cooperazione transfrontaliera anti-pirateria; nel luglio dello stesso anno, si svolsero altri incontri diplomatici presso Sandakan (Sabah) nella speranza di arrivare ad una soluzione concertata che accontentasse tutti i partecipanti147. Quantunque tali colloqui si fossero svolti sotto

un’atmosfera pacifica e propositiva, i britannici capirono che il contrabbando di sigarette e copra che stava fortemente deprimendo l’economia nazionale filippina, era il punto focale della discussione e che senza una precisa intesa su esso non sarebbe stato possibile raggiungere alcun accordo sulla prevenzione delle rotte marittime e degli approdi dalle incursioni pirata e dai raids armati

«following the talks, the Philippine authorities did take some measures to curb piratical activity, including increate patrol activity in the Tawi-Tawi area and, notably, the killing of one of the principal gang leaders, Amak, a fearful, one-eyed outlaw who had been involved in several of the armed raids on the coast of North

145 Che il trattato Hispano-Americano del 1898, aveva fissato in 7° 40' Nord 116° 0' Est e 7° 40' N 117° 0' Est,

successivamente modificato dalla Convention regarding the Boundary between the Philippine Archipelago and the State of North Borneo fra Stati Uniti e Gran Bretagna in 7° 40' Nord 117° 0' Est e 4° 45' Nord 120° 0' Est. La Gran Bretagna, tuttavia, non riconosceva i limiti di tali trattati e riteneva che i confini marittimi da reputare validi fossero quelli delineati nella United Nation Convention on the Law of the Sea del 1958 delle 200 miglia nautiche (circa 370 km dalla linea di costa).

146 R. Haller-Trost, The Territorial Dispute Between Indonesia and Malaysia over Pulau Sipadan and Pulau Ligitan in the

Celebes Sea: A Study in International Law in Boundary & Territory Briefing, vol. 2, n° 2, International Boundaries Research Unit, C. Schofield & P. Hocknell Ltd., Durham, 2008.

147 Confronta appendice dei documenti, Commercial relations: Talks with UK on piracy, National Archives, 1963,

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Borneo. The campaign, however, was not primarily carried out in order to appease the British, even though the filippinos apparently tried to use the clean-up as a bargaining chip in order to gain more cooperation in controlling the cigarette smuggling»148.

Analoga situazione, al termine della II guerra mondiale, si profilava negli stretti di Malacca e Singapore, dove le autorità coloniali britanniche diedero luogo nel settembre del 1946 ad una imponente operazione anti-pirateria sotto il nome in codice di Operation Mudlark. Obiettivo principale della missione era quello di eliminare alcuni tra i più importanti gruppi di pirati attivi fra le aree costiere di Kuala Kurau e Lumut (stato di Perak).

148 S.E. Amirell, Suppressing Piracy in Asia: Decolonization and International Relations in a Maritime Border Region, op.

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Nel rapporto che accompagna il piano d’azione dell’operazione Mudlark, l’attività di pirateria lungo le coste fra Kuala Kurau e Lumut è direttamente ricollegata ad alcune società segrete di origine cinese: la Società dei Tre Punti e la Aung Bin Hoay.

«The first has had a foothold in the coastal area ever since the CHINESE fisrt established themselves in the swap as fishermen and pirates. It is, briefly, a Fraternity of the Coast to which all who wished to fish undisturbedly, or to market the fish, or indeed to practist any form of livelihood in the area, must belong. The second, has branches in all seaports of the [hast?] where there are CHINESE colonies. […] With the intensification of the police campaign against it three months ago the AUNG BIN HOAY found itself in danger of extinction on PENANG ISLAND. Its members dispersed into PROVINCE WELLESLEY, KRIAN, CENTRAL PERAK and the DINDINGS and its organization absorbed, or was absorbed into, the THREE DOTS»149.

Le società segrete di origine cinese e le organizzazioni criminali ad esse variamente collegate (vedi parte II) erano attive in Asia sin dalla prima metà del XVII secolo e nella, gran parte dei casi, le

149 Confronta appendice dei documenti, Operation MUDLARK: anti piracy drive in Matang area, National Archives,

1946, Londra, WO 203/6151,N.B. il documento d’archivio è sensibilmente danneggiato e poco leggibile.

Operation MUDLARK: anti piracy drive in Matang area, National Archives, 1946, Londra,

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cellule operanti entro le grandi città portuali o lungo le aree costiere praticavano la pirateria marittima come mezzo di sostentamento e di produzione di ricchezza da ridistribuire all’interno delle fitte maglie della società stessa. Le due società segrete erano delle ramificazioni della più nota San He Hui (o società Triade) e, come si legge nel rapporto

«It spread to all the main ports of the MALACCA STRAITS and the gulf of MARTABAN, including SINGAPORE, PENANG, and RANGOON, in each of which it recruited the lower classes of the CHINESE community such as street hawkers, coolies and dock labourers»150.

Il piano operativo della Mudlark Operation prevedeva la definizione di quattro grandi aree in cui distribuire le forze di mare e aria: Gulcol, Jatcol, Hitcol e Patcol all’interno delle quali erano stati assegnati dei precisi limiti territoriali d’azione; Gulcol si estendeva da Kuala Kurau a Kuala Kelumpang, Jatcol da Kuala Kelumpang a Kuala Larut, Hitcol da Kuala Larut a Kuala Jarum Mas e Patcol da Kuala Jerum Mas a Kuala Bruas. Quantunque le zone fossero ben delineate, nel rapporto stesso si sottolineava l’importanza della coordinazione fra i settori

«It must be emphasised that although these areas lend themselves to separate treatment they do not represent autonomous secs of the pppo[r?]n, and gangs and individuals named in connection with one particolar area [will?] be met with elsewhere»151.

Data la grande abilità dei componenti delle società segrete di mimetizzarsi fra la popolazione locale, nell’ultima pagina (quasi illeggibile) del dossier è riportato un piccolo vademecum su come smascherare criminali e pirati

«In sampans, moored up sidestreams, and concealed under cut mangrove [?] the entrancees to such smaller streams may themselves be camouflaged in this manner; in the [attap?] roofs of the houses, under the floorboards, under loose rice or buried beneath woodpiles; buried close to charcoal ovens, the heat from which [?] dispele some of the demp; [frase illeggibile] below water-level or even below mud-level; any ropes hanging from houses should therefore be hoisted at once; [?] revolvers will usually be found sealed up in waxed [?] jars, and set in inside bamboos»152.

L’Operation Mudlark venne posta in essere fra il settembre e l’ottobre 1946 e portò alla cattura di un gran numero di elementi criminali fra cui alcuni capi della Società dei Tre Punti. Tuttavia, nonostante il luminoso successo dell’azione militare numerosi dubbi permanevano in merito alla reale portata dell’operazione stessa, non era infatti chiaro né alle autorità britanniche né a quelle di polizia locale fino a che punto le organizzazioni criminali avessero accusato il colpo e in quale misura la manovra avesse prodotto risultati concreti: con tutta probabilità non fu un caso che già dai

150 Ivi. 151 Ivi. 152 Ivi.

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primi anni cinquanta la pirateria marittima praticata da società segrete e organizzazioni criminali riprendesse vigore negli stretti153.

L’inizio degli anni sessanta, pertanto, rappresenta un momento storico di svolta sia nel modus operandi dei criminali marittimi sia nell’intendere il concetto stesso di pirateria: le grandi flotte di RL e BL cedono il passo a piccoli gruppi ben armati e equipaggiati i cui punti di forza sono la rapidità d’azione e l’elemento sorpresa reso possibile dall’utilizzo della moderna tecnologia navale; cambiano altresì gli obiettivi, che assumono una connotazione squisitamente economica e i beni oggetto di interesse (sigarette, vestiario, materie prime ma anche petrolio, gas naturale, elementi di alta tecnologia fino ad arrivare al traffico di organi e esseri umani). La ripresa d’intensità del fenomeno pirateria nel Sud-est asiatico all’indomani della conclusione del secondo conflitto mondiale e del processo di decolonizzazione non dev’essere concepita quale elemento di novità rispetto alla tradizione marittima dell’area e quasi di stravolgimento di quest’ultima, quanto piuttosto come una reinterpretazione in chiave moderna di un modo di vivere e intendere i rapporti sociali, economici e politici, profondamente correlato a una memoria storica e a un contesto geo- fisico che fa del mare il vero suolo liquido di quei luoghi, fonte primaria di potere e ricchezza di stati, regni e sultanati, principale veicolo di sostentamento e comunicazione. Sottolinea lucidamente Amirell

«just as in previous instances of piratical activity during the last 500 years, piracy re-emerged in the mid- twentieth century as a result of different political economies of the states involved. In the clash between free trade and hegemonic trading policies of certain states, the roots of piracy – at least in one of its major forms – can be found. As long as the differences in policies and priorities between trading states and political states persist, piracy is likely to persist»154.

153 Confronta appendice dei documenti, OVERSEAS: Far East (Code B, 42/5): Piracy in Malacca Straits, National

Archives, 1953, Londra, AIR 2/12136.

154 S.E. Amirell, Suppressing Piracy in Asia: Decolonization and International Relations in a Maritime Border Region, op.

Nel frontespizio in alto la ripresa fotografica di una esercitazione della marina militare indonesiana, in basso un gruppo