Meccanismi analoghi a quelli svolti dalle Società di revisione nella loro attività si rinvengono anche per altri soggetti nati in Italia in epoca ben più recente ma aventi probabilmente maggiore capacità, rispetto agli stessi revisori di incidere sul mercato dei capitali.
Il riferimento è al rating e, in particolare alla Agenzie internazionali che svolgono tale attività, qualificabile quale mezzo di valutazione della capacità di un’emittente di far fronte agli impegni finanziari secondo certe scadenze.
Si tratta di uno strumento nato negli Stati Uniti agli inizi del secolo scorso parallelamente allo sviluppo del sistema finanziario per far fronte all’esigenza del mercato di avvalersi di un rilevatore sintetico ed informativo in grado di testare il livello di rischio associato all’investimento che gli investitori intendevano effettuare.
Sull’origine del rating tuttavia le opinioni non sono univoche tra gli studiosi: alcuni ritengono che sia da ricollegare alla nascita della Mercantile Agency di New York fondata da Louis Tappan nel 1841 la cui attività consisteva nel valutare l’affidabilità
finanziaria dei principali mercanti presenti sulla piazza46, mentre altri sostengono che la genesi del rating sia avvenuta solo nel 1909, anno della prima pubblicazione di John Moody, il quale ha sottoposto a giudizio i titoli di alcune compagnie ferroviarie, provvedendo ad assegnare loro una valutazione tramite le c.d. scale di rating ( che andavano a Aaa fino a C)47.
Se quindi estremamente complicato è risalire all’anno esatto in cui l’attività di rating si è sviluppata, più comprensibili sono invece le ragioni che hanno portato allo sviluppo di tale processo di giudizio, rinvenibili nella necessità percepita da coloro che erogavano credito di verificare la convenienza o meno nel concedere finanziamenti, anche sotto forma di dilazioni di pagamento.
I produttori di beni e servizi, infatti avvertivano l’esigenza di dotarsi di strumenti in grado di valutare il merito del credito dei propri clienti, soprattutto in considerazione della notevole estensione del territorio nel quale lavoravano (l’America), in cui risultava estremamente difficoltoso reperire informazioni in merito alla opportunità di un determinato investimento.
E sono proprio queste particolari condizioni a determinare la nascita delle prime agenzie di rating.
Nel 1903 John Moody fonda la Moody’s Investor Service, nel 1922 nasce la Fitch Investor Service e nel 1923 la Standard
Statistic Company (trasformatasi in Standard e Poor’s dopo la
46
G. PANIZZI, Le agenzie di rating: i giudici dei mercati in Commercio
internazionale n. 15, 1995, 20.
47
E. MONTI, Le Asimmetrie informative e l’attività di rating: una proposta per
fusione intervenuta nel 1941 con la Poor’s Publishing
Company).
Se l’origine di tale attività si ricollega pertanto alle particolari condizioni del mercato a quell’epoca vigenti, il suo successivo sviluppo è strettamente connesso alla funzione regolamentare che alla stessa è stata attribuita negli Stati Uniti già nel 1938, laddove si precisava che un titolo poteva essere detenuto nel portafoglio di una singola banca solo qualora il rating, attribuito da una o più società di rating, rientrava nei primi quattro gradini della scala di rating adottata dalle stesse società.
Fino agli ani 70 l’utilizzo del rating è fenomeno limitato agli Stati uniti, soprattutto per ciò che concerne le emissioni obbligazionarie, mentre un’estensione dei giudizi verso Società non americane si ha solo a partire dalla metà degli anni 70 con lo sviluppo dell’euromercato, periodo in cui Standard e Poor’s inizia a sottoporre a rating le emissioni obbligazionarie non solo di banche americane ma anche di banche estere operanti sul mercato statunitense.
Sorgono quindi in altri Paesi (ma non in Italia in cui la prima agenzia di rating è nata solo nel 1996, la Italrating) ulteriori Agenzie di rating: in Canada la Canadian Bond Rating Service e la Dominion Bond Rating Service e in Giappone la Japan Credit
Rating e la Nippon Investor Service. Negli anni 80, invece
nascono la AEDF (Agence d’Evaluation Financière), la
Euronation France in Francia e la Australian Rating in
Successivamente, il rating si è diffuso in tutto il mondo anche se ancora oggi si registra una situazione di oligopolio sul mercato, caratterizzato dalla presenza di una ristretta cerchia di società elette a fornire tali valutazioni, di origine esclusivamente straniera - ad eccezione di piccole Agenzie locali, non aventi tuttavia la forza e l’autorevolezza riconosciuta alle colleghe d’oltralpe - le quali hanno assunto nel corso degli anni un peso predominante sulla scena finanziaria, in virtù dell’ingente rilevanza attribuita ai loro giudizi e della sempre maggiore richiesta da parte non solo delle società ma addirittura di intere nazioni di una loro valutazione circa la propria capacità di rimborso, fenomeno strettamente connesso al recente sviluppo di quelle forme alternative di reperimento di capitali a cui anche le amministrazioni statali e locali hanno frequentemente fatto ricorso48.
2.Il rating e gli enti territoriali
La progressiva diminuzione dei contributi statali unita all’ormai pressoché impraticabile strada del continuo aumento della pressione fiscale hanno indotto le amministrazioni locali a dismettere il tradizionale modello di finanziamento indiretto ancorato all’innalzamento del debito pubblico a favore di una metodologia che si affida al diretto ricorso agli investitori privati.
48
Per approfondimenti si rinvia aF.BOCCIA, Il nuovo scenario della finanza locale:
La tentazione di utilizzare forme di finanziamento ispirate alla pratica privatistica ha trovato infatti nelle amministrazioni pubbliche un terreno fertile, sollecitate per lo più dalla novella normativa introdotta dalla legge n. 724 del 23 dicembre 1994 e successive modifiche ed integrazioni con la quale sono stati forniti gli strumenti di dettaglio della disciplina già delineata dalla legge 142/1990, laddove si attribuiva a Consigli comunali e provinciali la competenza a deliberare in tema di contrazione di mutui e di emissione di prestiti obbligazionari (art 32 lett.i).
L’art. 35 della legge 724/1994 individua nelle Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, Unioni di comuni, Comunità montane e Consorzi locali i soggetti del sistema locale legittimati a deliberare l’emissione di prestiti obbligazionari49, fermo restando la loro destinazione vincolata al finanziamento di uno specifico investimento, e non semplicemente al ripianamento delle spese correnti50 .
49
Sono i Buoni Ordinari Regionali (BOR), Provinciali (BOP) e Comunali (BOC). Sul punto F. DELBONO, F. PIANCASTELLI, Il debito di Regioni e Enti locali: fra strumenti innovativi e finanza creativa, in Autonomie locali e servizi sociali, n.1,
2004, p.15-22; M.C. GUERRA, A. ZANARDI, (a cura di), La finanza pubblica
italiana. Rapporto 2005, 2005, Il Mulino, Bologna; G. D’AMICO, Vincoli e
opportunità di finanziamento per gli enti locali: le emissioni di obbligazioni, in Finanza Locale, 2001, p.177 ss.
50
La riforma del Titolo V della Costituzione, introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n 3 ha confermato il principio esposto attraverso una modifica dell’ultimo comma dell’art. 119 della Costituzione, laddove si è ribadita la regola del rispetto del pareggio di bilancio corrente (la cosiddetta “Golden rule”), stabilendo che gli Enti decentrati (ovvero Regioni ed Enti locali) possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento.
Le motivazioni alla base dell’applicazione di tale regola “d’oro” risiedono nella necessità di evitare comportamenti troppo spregiudicati da parte degli amministratori locali, garantendo inoltre “equità intergenerazionale”: le utilità (anche diverse dai ricavi monetari) prodotte dal bene capitale (acquisito mediante indebitamento), atteso il loro carattere durevole, sono in grado di compensare le generazioni future per le maggiori imposte sulle medesime gravanti in relazione agli oneri del servizio
Al fine di rendere appetibili i titoli emessi sul mercato, gli Enti territoriali che hanno fatto ricorso ai tipici strumenti finanziari che la legge ha offerto loro si sono avvalsi dei giudizi espressi dalle Agenzie di rating, comunicando in tal modo il valore della propria gestione finanziaria, al pari di un’impresa, in considerazione dell’elevato numero di emittenti presenti sul mercato internazionale.
Il rating è diventato così per le amministrazioni locali una sorta di certificato di garanzia di trasparenza51, un indicatore sintetico della capacità dell’Ente di provvedere al pagamento degli interessi e al rimborso del capitale alla scadenza, consentendo così una decisa riduzione del costo dell’operazione di finanziamento.
È tuttavia evidente che tale valutazione è destinata ad incidere profondamente sull’andamento finanziario dell’amministrazione poiché ad un giudizio positivo (investiment grade) riflettente un’elevata probabilità di rimborso alla scadenza corrisponderà un più basso costo di indebitamento (tasso di interesse), mentre una valutazione negativa o un downgrading (una diminuzione del rating assegnato) imporrà all’Ente di aumentare il tasso di del debito. Einaudi al riguardo sosteneva la necessità di applicare il principio di corrispondenza, secondo il quale ad ogni livello di decisione pubblica deve sussistere corrispondenza tra responsabilità di spesa e quella di entrata al fine di garantire una maggiore consapevolezza delle singole amministrazioni nella gestione della cosa pubblica. Sui riflessi dell’introduzione del federalismo fiscale si segnala F. PICA, Efficienza, efficacia ed equità nell’attuazione della riforma del Titolo V
della Costituzione, in Economia italiana, n. 2, 2005, p. 443-472.
51
M. MENEGUZZO (a cura di), Manuale di finanza innovativa per le
amministrazioni pubbliche, Dipartimento della Funzione Pubblica, Rubettino
interesse praticato per invogliare gli investitori alla sottoscrizione, indebitandosi e dovendo perciò provvedere in altro modo (mediante ad esempio l’utilizzo della leva fiscale o la riduzione della spesa pubblica) al soddisfacimento delle esigenze finanziarie, con conseguente adozione di scelte di politica economica determinate in buona parte dalla valutazione espressa dall’Agenzia.
Le scelte delle Agenzie di rating diventano così strumentali rispetto alle decisioni pubbliche, in grado di incidere fortemente sull’andamento economico dell’Ente territoriale, nonostante i giudizi espressi non siano pubblicamente regolamentati, né soggetti ad alcuna forma di responsabilità52.
È inoltre carente qualsiasi atto di convalida pubblica, sotto forma di controllo preventivo o successivo, circa l’attitudine di tali soggetti privati ad esercitare urbi et orbi la loro attività di valutazione, non essendo inoltre prevista alcun tipo di gara referenziata ad evidenza pubblica53, e ciò nonostante l’estrema
52
A. GOMELLINI, Gli scandali dei mercati finanziari, l’attività di rating e i Modelli
di prevenzione dei reati, in Diritto della banca e del mercato finanziario ,n. 1, anno
XVIII, gennaio-marzo 2004, Cedam, 599 53
Al riguardo occorre precisare come la diffusa pratica con la quale le Amministrazioni Pubbliche (inclusi enti locali e ASL) conferiscono incarichi professionali della più varia natura senza l’espletamento di procedura ad evidenza pubblica è stata più volte dichiarata illegittima da parte della giustizia amministrativa, come si evince da alcune recenti pronunce giurisprudenziali. Tra queste particolare rilevanza rivestono la sentenza n. 429/2005 del Tar Liguria, sezione II, relativa alla scelta del promotore nell’ambito della procedura di project financing avvenuta senza l’ausilio di criteri di valutazione oggettivi e predeterminati, nonché la sentenza 494/2007 del Tar Puglia-Lecce, sezione II, nella quale si è ribadita la necessità di procedere al conferimento di incarichi professionali solo dopo aver esperito procedure para-selettive, e non in base alla sola valutazione di idoneità del prescelto. Questo evidenzia la necessità per l’Amministrazione di procedere alla pubblicazione di un bando o un avviso con indicazione dei criteri valutativi prescelti, anche al fine di porsi in linea con i principi comunitari, codificati dall’articolo 7,
diffusione di tale sistema di valutazione in qualsiasi settore del sistema finanziario, assumendo in esso una veste regolamentare destinata a confliggere con la natura privata di tali enti, per lo più di origine internazionale, con evidente rischio di contaminazione dei giudizi espressi in virtù di logiche mercantili estranee agli assetti delle macroaree economiche che pretendono di interpretare.