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L’origine della metrica bizantina e il suo rapporto con quella siriaca

1. I quadri storico-letterari di riferimento

1.3 L’origine della metrica bizantina e il suo rapporto con quella siriaca

Dopo aver descritto lo schema metrico dei testi in versi dell’Efrem greco, è opportuno fare una digressione su un aspetto letterario più ampio che ha costituito un forte dibattito tra gli studiosi dalla fine dell’Ottocento: l’origine della metrica bizantina e la possibile influenza del siriaco. Sin dalla scoperta del sistema metrico sopra descritto, appare chiaro che i principi su cui esso si fonda non hanno alcun legame con quelli della metrica classica: il verso della poesia antica si basa sui principi quantitativo e isometrico,113 mentre nell’Efrem greco l’unico elemento regolatore, come si è visto, è il principio isosillabico. Certo, anche la poesia lirica greca conosce versi che fanno uso dell’eguale numero di sillabe; tuttavia, accanto al principio dell’isosillabismo, essa conosce il principio quantitativo (alternanza di piedi brevi e lunghi secondo vari schemi), che ne marca la natura essenzialmente prosodica, del tutto estranea al verso dell’Efrem greco.114 Si può facilmente notare l’affinità della metrica di quest’ultimo con quella siriaca, da cui pure è assai probabile che essa derivi, se i testi di Efrem, originariamente in siriaco, sono stati tradotti in greco.115

A questo punto, è opportuno trattare in breve due punti fondamentali: le caratteristiche della poesia siriaca e come essa possa aver influenzato la poesia efremiana.

110 Éméreau 1918: 64-71; 97-100. 111 Halleux 1983: 343.

112 Si veda per tutti l’utile tabella riassuntiva in Suh (2000: 315-316). 113 Meillet 1923: 7-11; 43-47.

114 Éméreau 1918: 73-74.

115 L’ipotesi, formulata già a inizio Novecento («Il n’y aurait rien d’étonnant qu’elles aient emprunté, à peu de

30 In questa sede non è possibile addentrarsi nel problema dei principi che regolano la metrica siriaca, su cui ancora oggi si discute.116 È tuttavia evidente che il verso del siriaco classico si forma a partire da una regola di isosillabismo; la rima e l’acrostico, pure ricorrenti, sono solo elementi accessori e secondari.117 La distinzione delle sillabe in brevi e lunghe è completamente estranea alla metrica siriaca,118 dove le sillabe sono tutte isocrone, mentre l’accento non è ritenuto dai più un principio su cui si basa la metrica.119 Dunque, la poesia siriaca è sicuramente fondata almeno sull’isosillabismo ed è caratterizzata da isocronia sillabica.

La poesia siriaca si distingue in due generi principali:120 il mēmrā, cioè un’omelia narrativa, probabilmente destinata alla recitazione, e il madrāšā, un inno lirico diviso in strofe e cantato.121 A questo appartengono diversi sottogruppi che avranno vasta fortuna nella letteratura siriaca tarda.

Il madrāšā, la cui etimologia è discussa,122 è una forma poetica che di solito veniva cantata come inno sacro.123 È diviso in strofe, che hanno tutte il medesimo schema sillabico presente nella prima stanza. Gli schemi per le strofe sono molto vari: si va da quello semplice in cui si ripetono versi con lo stesso numero di sillabe a schemi più complessi in cui si alternano in vario modo versi di diverso numero di sillabe. Gli schemi strofici sono chiamati qālē; tale termine denota anche la melodia con cui un madrāšā doveva essere cantato: essa era indicata da un titolo che era rappresentato dal primo verso di un noto madrāšā, per lo più efremiano, che presentava lo stesso schema metrico. Si noti la somiglianza della struttura metrica e ritmica tra il madrāšā siriaco e il contacio greco (su cui si veda infra).

Vi sono diversi sottogeneri del madrāšā che diventeranno molto comuni nella pratica liturgica siriaca medievale. Tra questi, i più importanti sono la sogitā e la ʽonitā. Il primo, che significa “cantica”, si specializzò per indicare una speciale forma di madrāšā costituita da strofe

116 Un’esaustiva panoramica sulle principali teorie del dibattito è fornita da Nieten (2013: 152-164). Si vedano

anche Watt (1985: 269-271) e Brock (2008).

117 Brock 2011b: 334.

118 Questo è confermato dalle dichiarazioni stesse dei grammatici siriaci medievali (cf. Éméreau 1918: 75; Watt

1986: XIV, su Antonio di Tagrit).

119 Grimme (1893), Duval (1896) e Hölscher (1932) ne fanno un principio fondamentale della metrica siriaca,

anche se le loro tesi sono oggi ritenute non valide (si veda Brock 1985: 78). Grimme (1893: 1) afferma che la metrica siriaca si fonda su due principi: Wortaccent e Silbenzählung; Hölscher sostiene invece che l’unico principio fondamentale sia l’accento (Hebung o ictus) e che l’isosillabismo sia solo una «bestimmte, mehr oder weniger zufällige Ausgestaltung der Verstechnik» (1932: 123). Secondo la visione di questi due studiosi, i versi andrebbero denominati non sulla base del numero di sillabe, ma degli accenti tonici primari presenti in ogni verso.

120 Per la presentazione generale sulla poesia siriaca e i suoi generi, si vedano Duval (1907: 10-23); Barsoum

(2003: 26-38) e Brock (2011b).

121 Nelle definizioni date da Hölscher, i due generi sono definitivi rispettivamente Sprech- o Lesedichtung e

Gesangsdichtung (1932: 50).

122 Nieten 2013: 148-149.

31 identiche formate dal semplice schema 7+7, 7+7; spesso vi si aggiungeva un alfabeto acrostico. La sogitā era la forma poetica più usata per comporre i poemi dialogici, in cui due o più personaggi si confrontano con un effetto quasi teatrale, che avranno grande fortuna non solo nella letteratura siriaca, ma anche nella produzione letteraria neoaramaica.124

La ʽonitā, che indicava in origine l’antifona di un canto responsoriale, nasce dal ritornello inserito tra le strofe di un madrāšā.125 Questo genere di inno sacro diviene indipendente a partire da un’epoca tarda, per conoscere il suo floruit nel XIII secolo, come mostra la raccolta poetica nota col nome di Wardā.126

Infine, il mēmrā, letteralmente “discorso”, rappresentava la forma tipica dei sermoni siriaci. Esso, a differenza del madrāšā, non veniva cantato, ma soltanto recitato (probabilmente con una forma cantilenata). Dal punto di vista metrico, questo genere è quello la cui struttura più si approssima a quella dell’Efrem greco: il verso unico, costituito da 5, 7 o 12 sillabe,127 viene ripetuto per un numero indefinito di volte, senza alcuna costruzione strofica; è presente però un accoppiamento parallelistico tra due versi contigui.128 Sembrerebbe, dunque, che sia stato il mēmrā a influenzare la produzione letteraria delle omelie metriche del corpus efremiano in

greco.

Per quanto riguarda la poesia dell’Efrem greco, si ritiene che con le prime traduzioni dal siriaco sia stato inizialmente adottato l’ettasillabo;129 in seguito al rapido successo di questo si sarà favorita la creazione greca del tetrasillabo, singolo o accoppiato a formare un ottosillabo, che non è utilizzato in siriaco.130 Inoltre, sulla base dell’unico testo metrico tradotto da un mēmrā esistente, quello su Ninive e Giona, si può supporre che la ripartizione dei versi greci in strofe sia una strategia atta a riprodurre nel greco l’unità semantica delle coppie di ettasillabi, che

124 Jiménez 2017: 134-138 (con relativa bibliografia). 125 Nieten 2013: 151-152; Pritula 2015: 83-85. 126 Edita e studiata da Pritula (2015).

127 Si noti, in particolare, la predilezione di Efrem per l’uso dell’ettasillabo nei mēmrē, al punto che tale struttura

ritmica viene identificata dalla tradizione come “metro di Efrem”. I versi di cinque sillabe sono associati a Balai, mentre quelli da dodici a Giacomo di Sarugh.

128 Secondo Grimme (1893: 8-11), anche i memrē in realtà avrebbero una struttura strofica, che si differenzia da

quella dei madrāšē per essere semplice (cioè presenta sempre lo stesso tipo di verso isosillabico per tutto il componimento). Come nota Beck (1970a: XV-XVI), la puntazione dei manoscritti più antichi dei mēmrē efremiani – punti semplici, doppi punti, puntini disposti a forma di croce o combinazione di punto e trattino – alla fine di ogni verso indica chiaramente che l’unione di due emistichi di sette sillabe era avvertita come un’unità ritmica, in quanto frase di senso compiuto (vi sono pochissime eccezioni, in cui l’ampiezza di un periodo si estende per più versi).

129 Come osserva Éméreau, «le mètre heptasyllabique a reçu, chez les Syriens, l’appellation patronymique de

metrum ephræmiticum, Saint Ephrem en faisait sanc cesse usage. L’emploi presque constant de ce même dans les λόγοι de l’Ephrem grec renforce encore l’idée de ce décalque». (1918: 77, n. 1).

32 nell’Efrem greco sono spesso espansi in quattro cola.131 Tuttavia, l’adattamento dei versi siriaci in strofe può anche variare rispetto a questo criterio generale (cf. § 5.1).

Sembra dunque probabile supporre che, durante la fase di traduzione di alcune opere poetiche di Efrem, sia stata esportata nel mondo greco anche la metrica straniera del mēmrā, puntualmente applicata ai testi tradotti;132 del resto, si possono osservare altri elementi propri dell’arte poetica siriaca in tali opere, come il parallelismo insistito e la retorica di ascendenza biblica.133 A livello della storia della ritmica greca, una simile operazione sembra verosimile, immaginando che sia avvenuta in un’epoca dove la considerazione quantitativa delle sillabe nel mondo greco sta venendo meno e, dunque, vi è la necessità di rifondare il sistema ritmico su nuove basi.134

La questione dell’origine della metrica efremiana, uno dei primi esempi di principio isosillabico, si deve considerare all’interno di quella più generale della nascita della poesia innografica bizantina e, in particolare, del contacio, in quanto primo genere di poesia sacra ampiamente attestato. Non è scopo di questa trattazione descrivere il passaggio dalla metrica classica, fondata sulla quantità, a quella bizantina, fondata sull’accento:135 ci si limiterà a dare solo qualche indicazione generale.

Quando, dopo secoli di oblio, nella seconda metà dell’Ottocento si scopre che gli inni sacri bizantini non sono in prosa,136 bensì in metrica, e ne vengono ritrovate le due leggi fondamentali, cioè l’isosillabismo137 e l’omotonia,138 vi sono dibattiti tra gli studiosi sull’origine di una metrica fondata su elementi completamente estranei alla metrica greca classica e sulle ragioni di una trasformazione così sostanziale.139

131 Halleux 1990: 153-154.

132 Valgano per tutti le parole di Éméreau: «Une métrique grecque, qui ne repose sur aucune base prosodique ou

tonique […] pourrait bien n’être qu’un simple décalque d’une métrique étrangère à la tradition poétique indoeuropéenne» (1918: 77), che sono ormai accettate da tutti gli studiosi, tra cui Dihle (1954: 193), Grosdidier de Matons (1977: 21), Halleux (1983: 342-343), Lauxtermann (1999: 79-80) e Lash (2001: 435). Suh (2000: 309) invece espone l’idea di una possibile origine greca del mēmrā siriaco, visto come forma estremizzata dell’isocolon dei λόγοι greci.

133 Éméreau 1918: 76-77 e 90-93.

134 Éméreau 1918: 77-81. Già in alcuni testi poetici del terzo e quarto secolo si notano numerosi errori di quantità

(Oracoli Sibillini, in particolare i libri XI-XIV; i due inni attribuiti a Gregorio di Nazianzo: ὕμνος ἑσπερινός e λόγος πρὸς παρθένον παραινετικός).

135 Si rimanda alle presentazioni di Bouvy (1886), Petersen (1985: 7-10), Lauxtermann (1999: 69-86) e D’Aiuto

(2004: 260-268).

136 Questa erronea convinzione perdurò dall’età post-bizantina fino all’epoca della scoperta delle leggi del metro

dell’innografia, nonostante la consapevolezza di alcuni eruditi seicenteschi, tuttavia inascoltati, di avere a che fare con testi poetici: si vedano in particolare Petersen (1985: 7, n. 26) e D’Aiuto (2004: 263-265).

137 Lo scoprono, indipendentemente l’uno dall’altro, Mone (1853) e Pitra (1867). 138 Christ (1871).

139 La differenza tra il sistema quantitativo-prosodico antico e quello isosillabico-accentuativo bizantino è esposta

in Maas (1929: 1-5). Bouvy (1886: 258-348) descrive nel dettaglio la struttura poetica dell’innografia liturgica bizantina.

33 Mentre l’omotonia dei versi viene ritenuta generalmente una conseguenza dell’annullamento delle differenze di quantità tra le sillabe,140 riguardo all’isosillabismo si oppongono due tesi contrapposte: o esso è uno sviluppo intrinseco della metrica classica, totalmente indipendente dalla metrica siriaca,141 oppure è un’innovazione stimolata dalla metrica siriaca in uso nella florida produzione innografica di epoca tardoantica.142

Così, si sono delineate fondamentalmente due teorie contrapposte sulla nascita della metrica bizantina. La prima ne dichiara l’origine siriaca ed è efficamente riassunta nelle parole di uno dei suoi primi propugnatori, Wilhelm Meyer: «Von den semitischen Christen […] ist mit dem Christenthum die rythmische Dichtungsform zu den lateinischen und griechischen Christen gewandert»;143 «Es steht fest, dass die umfangreiche Hymnendichtung der Byzantiner ihren Inhalt und ihre Formen der syrischen Dichtung nachgeahmt hat».144

La seconda teoria, già sostenuta da Bouvy e Christ, fortemente difesa da Albrecht Dihle145 e sviluppata da Marc Lauxtermann,146 vede la nascita della poesia accentuativa in un ambito completamente interno alla lingua greca, dove le trasformazioni prosodiche avrebbero portato alla creazione di nuovi principi su cui fondare la forma poetica.

Il posto che viene assegnato alla poesia efremiana in questo contesto dipende ovviamente da quale delle due interpretazioni sulla poesia bizantina si adotta.

Tutti sono d’accordo nel ritenere che la fama di Efrem si sparse rapidamente e ampiamente nell’ecumene cristiana attraverso le traduzioni. Poiché varie fonti sembrano indicare l’utilizzo del canto in ambito ecclesiastico greco già dal III-IV secolo147 e l’introduzione nelle chiese

140 Si veda per tutti Maas (1929: 20-23). Il siriaco non può aver influenzato in questo il greco, poiché l’accento

non rappresenta il principio regolatore della versificazione.

141 Christ 1871: 88 (i melodi bizantini avrebbero imitato i modi degli antichi poeti lirici e scenici, semplicemente

sostituendo alla quantità l’accento tonico); Dihle 1954: 196; Brock 1985: 81; Lauxtermann 1999: 79.

142 Pitra 1867: 33; Bickell 1879: 3; Meyer 1884: 108; 1901: 148-152; Grimme 1893: 77-95; Éméreau 1918: 77;

Maas 1910a: 290; Mitsakis 1971: 23.

143 Meyer 1884: 108. 144 Meyer 1901: 148.

145 L’accento espiratorio (ictus) subentra al posto della sillaba lunga; a causa dell’isocronia delle sillabe, la

soluzione adottata per identificare un verso è l’isosillabismo (Dihle 1954: 196).

146 La mancanza di variazione ritmica (dovuta all’impossibilità di distinguere le unità prosodiche) portò alla

creazione di schemi monotoni che infine condussero all’isosillabismo. La regolazione dell’accento verso la fine del verso (che segnalava la presenza di uno schema poetico fatto di versi) portò, da un lato, all’isometria (cioè l’assenza di enjambements, perché ogni verso tende a rappresentare un’unità ritmica e di senso) e, dall’altro, all’omotonia (cioè la fissazione della posizione dell’accento nel verso). L’assenza di sinafia in cesura portò a una struttura per cola accoppiati. Questi cambiamenti sono già in atto nella poesia quantitativa, che prepara il terreno alla poesia accentuativa; quando questa si impone definitivamente, la rivoluzione ritmica dalla metrica prosodica a quella accentuativa non appare così drastica (Lauxtermann 1999: 69-74).

147 Socrate, Historia ecclesiastica, 6, 8 (nel IV secolo a Costantinopoli si usavano inni per diffondere la dottrina

ariana; nel I secolo Ignazio di Antiochia introdusse il canto di inni antifonali nella chiesa; ed. PG 67: 688d-692a); Eusebio, Historia ecclesiastica, 7, 30 (al tempo di Paolo, il vescovo di Antiochia scomunicato nel 268, si cantavano inni nella chiesa di Antiochia; ed. PG 20: 713b); Sozomeno, Historia ecclesiastica, 3, 16, 1-4 (menzionando gli

34 occidentali di canti liturgici “alla maniera degli orientali”,148 si suppone che anche nella chiesa greca l’introduzione e la diffusione di inni liturgici cantati si sia verificata su modello orientale, nella fattispecie siriaco (qui, infatti, è attestata la produzione di inni sacri almeno sin dalla fine del II secolo, con Bardesane). Tuttavia, se gli inni liturgici di Efrem abbiano esercitato un’influenza diretta non è dimostrabile.

Inoltre, dopo lo studio di Paul Maas nessuno può negare il forte legame del contacio bizantino con il madrāšā e la sogitā,149 generi in cui Efrem eccelleva. Però, la tendenza estremizzante che riteneva questo genere del tutto un’importazione siriaca è oggi attenuata: Romano e gli altri poeti di contaci si saranno sicuramente serviti di materiale ritmico preesistente, che si connette per la struttura esterna a modelli siriaci, ma lo hanno rielaborato in una nuova forma originale.150

Nello specifico sull’Efrem greco, si sono espressi con diversi punti di vista tre studiosi.151 Casimir Éméreau ricostruisce un percorso di filiazione genetica dall’Efrem greco al contacio. I testi metrici dell’Efrem greco, tradotti nel IV secolo, avrebbe esercitato numerosi influssi sul genere dell’omelia in prosa ritmica (“omelia poetica”) del V secolo; da questa si sarebbe poi sviluppato il genere del contacio, che è un’omelia in forma strofica.152 Insieme a questi elementi di trasmissione, ci sarebbe anche il principio metrico dell’isosillabismo, che sarebbe stato sperimentato per la prima volta proprio nell’Efrem greco.153 Così, l’Efrem greco rappresenterebbe lo stadio intermedio tra la metrica classica, fondata sulla quantità, e quella bizantina, basata invece sull’accento tonico e l’eguale numero di sillabe. In tali testi, non si

inni composti da Efrem, introduce una digressione su Bardesane e il figlio di questi, Armonio, che avrebbe imparato dai Greci a comporre inni introducendovi melodie che in seguito Efrem utilizzò per i suoi componimenti; ed. PG 67: 1086c-1089c).

148 Paolino, Vita Ambrosii, 13; Agostino, Confessiones, 9, 15. I due passi riferiscono dell’introduzione di inni e

salmi cantati in forma responsoriale nella chiesa di Milano per opera di Ambrogio. Bisogna anche ricordare la composizione del salmo abecedario di Agostino contro i donatisti (si veda l’analisi in Alfonsi [1958], con bibliografia).

149 Maas 1910a. I tratti formali che il contacio avrebbe preso dai generi della poesia siriaco sono la costruzione

strofica variata, il ritornello, gli acrostici e il parallelismo. Secondo Éméreau (1918: 103), invece, il contacio bizantino va identificato con il mēmrā siriaco, poiché entrambi sono omelie metriche con il medesimo spirito di dramma liturgico.

150 Hörandner 1997: 180-182.

151 A questi si può aggiungere il cursorio riferimento di McGuckin (2008: 645-646) al fatto che Efrem «set a tone

that constituted a norm for Byzantine hymnology».

152 Éméreau 1918: 97-107. Le influenze tematiche e formali, spesso di provenienza siriaca, tra poesia liturgica e

omelia in prosa sono confermate da Grosdidier de Matons (1977: 20-21), che tuttavia non si sbilancia fino a includervi anche un’influenza metrica.

153 Éméreau 1918: 120-121 («Les traductions grecques des oeuvres de saint Ephrem, basées uniquement sur la loi

de l’isosyllabie, fourniraient l’exemple d’une poésie liturgique antérieure à l’hymnographie des Mélodes. Avant que l’homotonie devînt une loi de la poésie religieuse byzantine (et des poésies iambiques et anacréontiques), l’isosyllabie suffisait déjà à étayer le rythme des premières cantilènes liturgiques. […] Au IVe siècle, d’ailleurs, l’accent est encore loin de son triomphe définitif sur la quantité; et quand les Mélodes font appel à ses services, il a effectivement remplacé la prosodie dans tous les genres de poésie»).

35 trova ancora una regolazione della posizione dell’accento, ma l’unico principio è l’isosillabismo, che ha sostituito la durata dei metri classici. Esso sarebbe sorto per influsso siriaco, in concomitanza con gli sviluppi prosodici interni alla lingua greca che hanno portato all’isocronia delle sillabe.154

La ricostruzione di Éméreau è oggi rigettata per varie ragioni. Il contacio è influenzato nelle sue origini metriche non dal mēmrā, ma dal madrāšā;155 inoltre, nell’Efrem greco sono completamente assenti alcuni elementi strutturali del contacio (l’acrostico, la costruzione strofica complessa e l’omotonia), mentre le poche somiglianze ritmiche tra i due generi non sono sufficienti a stabilire un contatto genetico. Il genere dell’omelia poetica, che ha pure influenzato il contacio, sembra invece aver accolto elementi siriaci direttamente dalla sogitā.156

Scartata l’ipotesi di un legame diretto con il contacio, si può forse rilevare un’influenza del

mēmrā, lo stesso genere che ha influenzato profondamente l’Efrem greco, sulle composizioni

κατὰ στίχον in voga nel V e nel VI secolo:157 in effetti, come si è visto sopra, in alcuni casi i testi metrici efremiani non hanno una struttura strofica, proprio come i versi appena citati. Tuttavia, non è prudente azzardare l’ipotesi di una comune origine siriaca delle due produzioni, poiché i versi κατὰ στίχον non solo presentano il principio dell’omotonia estraneo all’Efrem greco, ma, scarsamente attestati, furono pure immediatamente oscurati dal contacio.158

In netta alternativa alla ricostruzione di Éméreau, si pone l’ipotesi di Albrecht Dihle, che stabilisce l’eccezionalità dell’esperienza metrica puramente isosillabica dell’Efrem greco, un

unicum all’interno panorama innografico bizantino delle origini, giustificato dal fatto che si

tratta di testi probabilmente tradotti. La posizione dello studioso si riassume bene nel suo lapidario commento: «Die isosyllaben und sonst gänzlich unmetrischen bzw. unrhythmischen Zeilen der alten griechischen Ephraem-Übersetzungen sind […] zwar Beispiele genauer Übersetzung, jedoch schwerlich griechische Verse».159 L’introduzione dell’isosillabismo nella metrica greca non ha niente a che vedere con le traduzioni di Efrem in greco, ma sarebbe tutto uno sviluppo interno al sistema metrico greco.

L’ipotesi più recente è proposta da Marc Lauxtermann. Sebbene l’autore assegni a Efrem un ruolo importante nella storia della poesia greca, egli è accorto nel non confondere la

154 Éméreau 1918: 77-81.

155 Grimme 1893: 90-95; Petersen 1985: 17-18; Brock 1989: 141. 156 Grosdidier de Matons 1977: 18-24.

157 Grosdidier de Matons 1977: 24; Brock 1989: 141. Le prime edizioni di questi componimenti si devono a

Maas/Mercati/Gassisi (1909) e Maas (1910a). Una bibliografia sul genere dei κατὰ στίχον è in D’Aiuto (2004: 269, n. 38). Sulla questione degli inni κατὰ στίχον nella produzione letteraria bizantina, si prevede il prossimo anno l’uscita di un volume miscellaneo a cura di Stig Frøyshov e Antonia Giannouli.

158 Grosdidier de Matons 1977: 25; D’Aiuto 2004: 269. 159 Dihle 1954: 193.

36 cronologia con la causalità: anche se alcuni dei componimenti (come In Abraham et Isaac, sicuramente databile al IV secolo)160 sono tra i primi esempi di poesia isosillabica, non bisogna assegnare alle traduzioni di Efrem dal siriaco il ruolo di fattore determinante nella rivoluzione ritmica che si verificò nella poesia greca (e che si sarebbe avuto con o senza Efrem). Quel che