• Non ci sono risultati.

4. Metrica, stile e struttura compositiva dal prototesto al metatesto

4.1 Struttura metrica

4.1.1 Strofe e versi

La traduzione greca riprende la struttura metrica del testo siriaco, adattandone i principi fondamentali: si impiega un verso isosillabico di sette sillabe – come nell’originale siriaco –, oppure di otto; i versi greci sono accoppiati tra di loro per formare un’unità ritmica (strofa), che nel mēmrā corrisponde a un verso costituito da due emistichi isosillabici (7+7); infine, la cesura interna dell’emistichio siriaco (3+4 oppure 4+3) è riprodotta con la pausa breve tra i cola di un verso.

Si osservi il seguente esempio:

17 18 : ܐܒܪ ܐܢܘܢܒ ܝܠܨ ܘ ̣ܗ : ܐܒܪ ܐܟܪܟܒ ܐܝܘܢ ܝܢܘ ἐν κοιλίᾳ τοῦ κήτους · τοῦ μεγάλου ηὔχετο · ὡσαύτως Νινευῖται · ἐν τῇ μεγάλῃ πόλει · 15αβ 16αβ 8

Gli emistichi siriaci 17 e 18 e i cola greci 15α, 15β, 16α e 16β sono isosillabici: si tratta di ettasillabi. L’unità ritmica greca corrisponde all’unione tra i due versi 15αβ e 16αβ (così si forma la strofa), proprio come l’unità ritmica siriaca è costituita dall’accoppiamento degli emistichi 17 e 18 a costituire un verso di quattordici sillabe. Infine, la cesura che distingue le due metà di ogni emistichio siriaco (3+4) corrisponde alla pausa breve che si osserva, da un lato, tra 15α e 15β e, dall’altro, tra 16α e 16β. In questo modo, la struttura metrica siriaca è quasi perfettamente rispecchiata in quella greca, con due differenze fondamentali: il greco raddoppia le micro-unità metriche (quattro cola invece di due emistichi) e, quindi, anche il numero di sillabe per ogni verso; inserisce la pausa interna al verso tra due micro-unità che hanno lo stesso numero di versi, mentre in siriaco la cesura interna all’emistichio è sempre tra micro-unità impari.

La costruzione delle strofe tetrastiche (cioè costituite da quattro cola isosillabici) pare ineccepibile: le apparenti anomalie del sistema si possono spiegare come guasti della tradizione manoscritta (opportunamente segnalati nell’edizione critica).456

Per quanto riguarda le tipologie di versi, il sermone su Giona e i Niniviti presenta delle sezioni con strofe di ettasillabi e altre con strofe di ottosillabi. Come si è visto (§ 1.2), i versi isosillabici usati negli altri testi metrici del corpus di Efrem greco sono l’ettasillabo e l’ottosillabo (sorto per accoppiamento del tetrasillabo). La maggior parte di essi utilizza una

456 Già Mercati (1915: 7-8) suppone di poter attribuire a corruttele filologiche le anomalie metriche ravvisate nel

165 sola tipologia di verso per l’intero componimento; come il sermone su Giona, impiegano invece il verso misto anche i sermoni In Abraham et Isaac457 e In Eliam prophetam.458

Si pone la questione del perché il componimento sia costituito da blocchi di strofe con sette e otto sillabe. I versi si alternano nel modo seguente:459 ettasillabi (strofe 1-82); ottosillabi (83- 132); ettasillabi (133-251); ottosillabi (252-332); ettasillabi (333-452). Gli ettasillabi sono usati in prevalenza rispetto agli ottosillabi: circa tre quarti dei versi appartengono al primo tipo (322 strofe su 452), mentre un quarto di essi è dell’altra tipologia (130 strofe). Anche considerando delle ipotetiche perdite filologiche di materiale testuale tradotto, la proporzione ricavabile dal confronto col testo a nostra disposizione non lascia dubbi sul fatto che l’ettasillabo è il verso preferito. Questo non stupisce, in quanto il prototesto siriaco è interamente costruito su versi di sette sillabe, che costituiscono pertanto il modello stichico preferenziale nella resa greca.460

Per tentare di spiegare la presenza degli ottosillabi e dell’alternanza tra porzioni di testo con versi di sette sillabe a porzioni con versi di otto, si può osservare la struttura interna del sermone. Alla strofa 83 si apre la prima serie di cola di ottosillabi. Il cambio di metro si accompagna in questo punto a una movenza particolarmente patetica in cui il predicatore, per l’unica volta in tutto il testo, si rivolge a Dio, simulando la voce di lamento e di supplica dei Niniviti. Questo momento dell’omelia segna il passaggio da una sezione eminentemente narrativa (strofe 1-82) in ettasillabi a una sezione più “drammatica”: questa si apre con la movenza patetica del predicatore, quindi ripercorre il catalogo dei lamenti dei Niniviti e include poi tre discorsi diretti.

Il ritorno agli ettasillabi alla strofa 133 è introdotto da una svolta nella vicenda, segnalata da un nuovo momento narrativo, cioè l’uscita del re di Ninive, cui segue un nuovo catalogo dei sofferenti, continuato in ettasillabi. Questa terza sezione, che termina alla strofa 251, rappresenta una porzione ben determinata all’interno del sermone, poiché include il discorso parenetico del re al suo popolo e le misure per iniziare la lotta penitenziale.

Alla strofa 252 si registra una nuova svolta narrativa, in cui entra in azione il profeta Giona, che osserva la differenza tra la pietà mostrata dai Niniviti e l’empietà del suo popolo. Quindi, iniziano nuovamente immagini di sofferenza, pianto e penitenza che continuano ad accumularsi fino alla fine della sezione (strofa 332).

457 Mercati 1915: 7 (si alternano strofe di ettasillabi e di ottosillabi). 458 Mercati 1915: 194 (ettasillabi e ottosillabi).

459 Le alternanze per In Abraham et Isaac e per In Eliam prophetam sono ettasillabi-ottosillabi-ettasillabi (la minore

percentuale di variazione in questi due testi rispetto al sermone su Giona sarà dovuta alla minore estensione testuale, che per il primo è di 688 versi, per il secondo di 484).

460 Anche nei testi In Abraham et Isaac (624 ettasillabi contro 64 ottosillabi) e In Eliam prophetam (388 ettasillabi

166 L’ultima sezione di ettasillabi si apre (strofa 333) con la salvezza di Ninive e continua fino alla fine della narrazione con questo ritmo.

Riassumendo gli elementi finora osservati, si può notare che il cambio di verso è sempre accompagnato da una cesura narrativa che segnala una svolta o da un mutamento di Stimmung poetica in direzione di un aumento del patetismo. Si può altresì rilevare che alcune sezioni dialogiche (cf. § 4.3.2) sono in ottosillabi (quelle nella seconda sezione), mentre le altre in ettasillabi (nella terza e nella quinta sezione): la natura dei dialoghi differisce tra i due versi utilizzati, in quanto i discorsi diretti in ottosillabi si caratterizzano per un’alta drammaticità (i bambini spaventati e i padri che, pur abbattuti, li consolano; Abramo che crede di dover uccidere il figlio e preferisce mentire pur di non turbarlo), mentre quelli in ettasillabi si allontanano dal motivo del lamento (la parenesi quasi epica del re; le parole di letizia e gratitudine dei Niniviti; l’alterco tra Giona e Dio con un fine paideutico).

Si può dunque osservare che gli ottosillabi corrispondono in generale a un’atmosfera più patetica ed emotivamente carica, mentre gli ettasillabi si prestano alle sezioni diegetiche o per dialoghi che puntano alla persuasione e all’ammaestramento. Questa differente distribuzione dei due versi può essere forse dovuta a un diverso ethos assegnato alle due tipologie stichiche. Un confronto si rileva con i primi componimenti bizantini – risalenti ai secoli IX-X – che impiegano soltanto o gli ettasillabi o gli ottosillabi (per lo più accoppiando i versi a due a due): mentre i primi sono usati per gli inni sacri, i secondi sono i versi di componimenti poetici associati al lamento e alla contrizione, quali le monodie e gli ἀλφάβητοι κατανυκτικοί.461

Si possono trovare delle analogie con il cambio di ritmo anche nei due componimenti In

Abraham et Isaac e In Eliam prophetam. Nel primo, la sezione degli ottosillabi è ben

circostanziata: si tratta del lamento di Sara (θρῆνος) per la futura immolazione di suo figlio. L’inizio e la fine del discorso in un nuovo ritmo sono segnalati in maniera chiara negli ettasillabi precedenti e seguenti.462 Nel secondo testo, la sezione in ottosillabi inizia con una svolta narrativa, l’arrivo di Elia presso la vedova di Sarepta e la richiesta di aiuto, e si conclude con un altro sviluppo narrativo, altrettanto drammatico, cioè la morte del figlio della vedova, la quale esplode in un θρῆνος pronunciato in ettasillabi.463

461 Lauxtermann 1999: 46-51. Poiché gli ettasillabi e gli ottosillabi usati nel Λόγος su Giona e i Niniviti hanno una

struttura interna simile, non sembra probabile che tra i due tipi di versi fosse avvertita una differenza di “velocità” (γοργότης), un concetto usato dai Bizantini per designare, rispetto al trimetro giambico degli antichi, il particolare carattere del dodecasillabo: questo possiede un ritmo accelerato grazie alla sua struttura interna, suddivisa in brevi cola sillabici ognuno dotato di un significato compiuto (cf. Lauxtermann 1998: 25-28).

462 Οἵοις δ’ἄν ἐχρήσατο /λόγοις πρὸς τὸν Ἀβραάμ, /καὶ ὀλοφυρομένη /γοερὸν ἀνέκραξεν ; (str. 75) e Ταῦτα καὶ τὰ

τοιαῦτα /ἐποίησεν ἄν ἡ Σαῤῥα (str. 183).

167 Dunque, il confronto con altri due testi dell’Efrem greco permette di rilevare una funzione retorica e narrativa per la variazione del metro nel corso del componimento. Questo accorgimento metrico doveva essere stato introdotto dai traduttori/imitatori che composero i testi metrici dell’Efrem greco, in quanto i mēmrē siriaci non conoscevano che l’ettasillabo, il pentasillabo e il dodecasillabo. In ogni caso, in questo genere della poesia siriaca non si nota mai una variazione interna nel tipo di emistichio o verso isosillabico utilizzato all’interno di un’unità ritmica.

4.1.2 Fenomeni ritmici vincolati all’isosillabismo

Nel sermone greco su Giona e i Niniviti è molto raro trovare esempi di enjambements: questa caratteristica metrica è direttamente ripresa dal testo di partenza, dove l’unità metrica della coppia di emistichi non è quasi mai spezzata dall’unione di senso con il verso successivo.464 Inoltre, l’assenza di enjambements riguarda anche le pause interne di ogni singola unità ritmica, le quali sono per lo più costituite da sintagmi autonomi.

Anche i testi metrici del corpus dell’Efrem greco presentano uno scarso uso dell’enjambement. Mercati nota che è molto insolito trovare inarcature nell’Efrem greco, in particolare con parole che si legano strettamente a quella successiva, come articolo, preposizione, congiunzione.465 D’altra parte, anche nel resto della poesia greca di età imperiale e tardoantica in metri classici – soprattutto se basata sul parallelismo – è molto raro incontrare degli enjambements.466

Nel sermone efremiano si possono comunque identificare alcuni casi dove i due elementi di un sintagma si trovano in versi separati per motivi metrici. Questo accade talora anche nel testo di partenza, nei casi in cui il sintagma sia costituito da più parole e arrivi ad occupare da solo un intero emistichio.

Si osservi il seguente esempio:

55 56 : ܘܚܬܦܘ ܐܪ̈ܝܬܥ ܝܗܘܥܡܫ : ܐܢܟ ܣܡ ܡܕܩ ܢܘܗܝܙ ܓ ἤκουσαν οἱ πλούσιοι · καὶ εὐθέως ἤνοιξαν · τοὺς ἑαυτῶν θησαυρούς · ἔμπροσθεν τῶν πενήτων · 51αβ 52αβ 26

464 Beck 1983: 363. L’autore nota che di solito nei mēmrē di Efrem l’unione di senso tra due versi contigui è molto

ricorrente (360-362).

465 Mercati 1915: 86. Lo studioso osserva che simili enjambements si trovano di rado anche in Romano il Melode. 466 Ciò è legato alla progressiva eliminazione della sinafia classica e alla tendenza a combinare pausa del verso

con pausa del senso: è la regola dell’isometria, che ha come conseguenza quella di evitare l’enjambement (Lauxtermann 1999: 70-71). Un medesimo destino ha subito l’esametro, il verso più aulico della tradizione letteraria greca: questo si può notare non solo nella poesia epica di Nonno di Panopoli, ma è evidente anche in forma grafica nelle iscrizioni metriche tardoantiche, dove la cesura di fine verso viene spesso marcata anche visivamente con appositi segni grafici (cf. Agosti 2010).

168 Il verbo alla fine dell’emistichio 55 costituisce un sintagma verbale insieme al complemento oggetto e al complemento di luogo che occupano il siriaco 56: il greco riproduce il medesimo

enjambement tra i versi 51αβ e 52αβ.

Vi sono poi altre situazioni in cui a fini metrici il traduttore si trova costretto a creare diverse inarcature indipendentemente dal testo di partenza. Queste possono riguardare sintagmi spezzati da una pausa breve tra due cola, come attributo e sostantivo (14αβ, 15αβ, 35αβ, 191αβ, 325αβ), sostantivo e pronome in genitivo (151αβ, 186αβ, 237αβ, 663αβ), sostantivo e complemento attributivo o genitivo (44αβ, 397αβ), verbo reggente e verbo dipendente (225αβ, 229αβ), copula e nome del predicato (226αβ); oppure sintagmi separati da una pausa tra due versi, come sostantivo e pronome in genitivo (59αβ-60αβ), articolo e participio congiunto (61αβ-62αβ), verbo e complemento (117αβ-118αβ, 301αβ-302αβ, 403αβ-404αβ), sostantivo e apposizione (333αβ-334αβ).

Per mantenere l’isosillabismo il traduttore ricorre inoltre a dei particolari trattamenti ritmici delle parole. Queste peculiarità non hanno alcuna corrispondenza diretta con il testo di partenza, anche se la poesia siriaca ricorre anch’essa a delle particolari scansioni sillabiche a fini metrici.467

I fenomeni ritmici del sermone greco su Giona trovano parallelismi con altri testi metrici del corpus dell’Efrem greco, come quelli che sono stati osservati da Mercati ed Éméreau,468 ma ovviamente appartengono già al repertorio della metrica greca classica. Nel sermone si osservano in particolare i seguenti fenomeni: sinizesi (σκιά [676β]; varie occorrenze del termine Θεός);469 dieresi (μετάνοϊαν [116β, 238β], ἐλεεϊνός [167β], συμβουλεΰων [336β]; varie occorrenze del termine υἱός);470 sinalefe (occorrenze di καί che si fonde con la parola successiva iniziante per vocale).471

467 Un esempio è la mancata pronuncia della lettera ܗ in ܝ ܼܗ/ܘ ܼܗ e la conseguente caduta della sillaba che inizia con

tale lettera: la vocale forma così un dittongo con quella finale della parola precedente.

468 Mercati 1915: passim; Éméreau 1918: 75.

469 19β, 254α, 540α, 679α, 684β, 712α, 746β, 758β, 782β, 789α. L’impiego monosillabico di Θεός è riscontrabile

altrove nei testi metrici dell’Efrem greco (Mercati 1915: 93). In tal caso il sostantivo era forse pronunciato /ˈθyos/, attribuendo alla vocale ε un valore semiconsonantico in modo da creare un dittongo ascendente con la vocale seguente. Tale pronuncia, chiaramente popolare, è ancora oggi attestata in alcuni dialetti del greco moderno.

470 6β, 185α, 188β, 254β, 491α, 504α, 701β. Le oscillazioni nel valore bisillabico e trisillabico del termine si

riscontrano anche in altri testi metrici dell’Efrem greco (Mercati 1915: 85) e in Romano (Mitsakis 1967: § 45).

169