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4. Metrica, stile e struttura compositiva dal prototesto al metatesto

4.3 Le strutture compositive del testo

4.3.1 Sezioni narrative e descrittive

Il sermone è costituito per la maggior parte da sezioni narrative e descrittive. La narrazione segue sostanzialmente il dettato biblico di Giona, 3-4 ed è caratterizzato dai seguenti elementi: un attacco in medias res (1-2 = 1αβ-2αβ), prolessi narrative (131-134 = 103αβ-106αβ; 917-986 = 511αβ-546αβ; 1087-1088 = 587αβ-588αβ) e varie analessi che si riferiscono a quanto narrato in Giona, 2 (11-32 = 9αβ-30αβ; 1519-1528 = 807αβ-812αβ).

Le descrizioni si caratterizzano per la strategia retorica dell’enumerazione, in cui si accumulano immagini simili, funzionali a creare un’impressione poetica piuttosto che una rappresentazione realistica dei personaggi e dell’ambiente. Nel seguito si presenterà uno schema della narrazione e delle descrizioni del sermone siriaco, perfettamente ricalcate dalla traduzione greca.

L’inizio del sermone (1-98 = 1αβ-82αβ) racconta l’arrivo sconcertante di Giona, che con il suo annuncio getta nella confusione totale Ninive, provocando un’immediata reazione di paura

174 che spinge i cittadini a pentirsi; la seconda parte di questa sezione contiene una lunga enumerazione delle manifestazioni concrete di pentimento (49-98 = 45αβ-82αβ). Si rilevano le seguenti omissioni: 9-10, 75-78, 83-84, 89-92.

Dopo un breve inserto in cui il poeta si rivolge direttamente al suo pubblico e paragona la penitenza dei Niniviti a quella della sua comunità (cf. § 4.3.5), la narrazione procede con la descrizione della missione di Giona (111-164 = 89αβ-126αβ): egli è come un medico, venuto per curare la ferita del peccato dei Niniviti, assimilati a dei malati. I seguenti versi siriaci sono omessi: 135-136, 155-158.

Il narratore inserisce quindi la descrizione delle privazioni volontarie che i Niniviti praticano (165-196 = 127αβ-148αβ): essa si configura come una lunga enumerazione di immagini che riguardano il digiuno dal cibo e dal bere, la rinuncia alle ricche vesti in favore di un sacco, il rifiuto del denaro, del piacere e del sesso. I seguenti versi sono omessi: 189-196.

Efrem si sofferma poi su una riflessione ispirata a un’immagine di ascendenza paolina (197- 222 =149αβ-164αβ): poiché la salvezza della città, come quella di un solo corpo formato da tante membra, dipende da quella di ogni suo singolo abitante, tutti – tanto i peccatori quanto i giusti – si devono impegnare nelle preghiere di supplica. Le omissioni sono: 199-200, 215-218. A questa riflessione segue una nuova descrizione (223-258 = 165αβ-184αβ): essa consiste in un catalogo di diverse categorie di Niniviti che, terrorizzati per il destino di morte che colpirà indifferentemente tutti, si abbandonano a lamenti luttuosi. I versi omessi sono i seguenti: 233- 234, 237-238, 241-242, 249-250, 257-258.

Segue una sezione in cui si inserisce il discorso dei figli (cf. § 4.3.2), dopo il quale il narratore osserva la reazione di sconforto dei padri all’udire tali parole (277-300 = 197αβ- 206αβ). I versi omessi sono: 281-282, 287-288.

Efrem introduce quindi la similitudine con Abramo (cf. § 4.3.3), cui segue il discorso dei padri (cf. § 4.3.2) – introdotto ai versi 345-348 = 227αβ-229αβ –, che si chiude con un’osservazione del narratore (425-442 = 257αβ-264αβ): i padri furono effettivamente profeti di verità, poiché la paura della punizione divina incrementò a Ninive la penitenza salvifica. I versi 439-442 sono omessi.

Dunque, vengono nuovamente descritti gli atti penitenziali dei Niniviti (443-504 = 265αβ- 312αβ): si tratta di una lunga enumerazione in cui si osserva come si pratichino a Ninive digiuni e suppliche, accompagnati da terrore e pianto. Le omissioni sono: 445-446, 461-462, 501-502. L’attenzione del narratore si sofferma sul re di Ninive, che prima di iniziare il suo lungo discorso (cf. § 4.3.2) appare in lacrime di fronte al suo popolo (505-506 = 313αβ-314αβ). Terminato il suo discorso, il re arma il suo popolo con i sacchi neri, per poi inviare dei

175 messaggeri in città (823-840 = 453αβ-462αβ); dopo l’annuncio di questi (cf. § 4.3.2), il re si volge all’annientamento del male di Ninive e passa in rassegna i suoi sudditi in vesti penitenziali per spronarlo alla lotta morale (861-900 = 473αβ-502αβ). Dalla sezione narrativa sono omessi i seguenti versi: 889-890, 899-900.

La narrazione prosegue con la contrapposizione tra i Niniviti e gli ebrei, strutturata come un’invettiva contro questi ultimi (cf. § 4.3.4), cui segue un’anticipazione narrativa (917-956 = 511αβ-528αβ): la cura applicata dal re a Ninive, come quella di un medico, sta sortendo il giusto effetto, poiché il pentimento spazza via i peccati; i Niniviti stringono il patto di riconciliazione con Dio grazie al quale questi li salverà. Le omissioni sono: 927-930, 955-956.

Efrem inserisce quindi una nuova lunga sezione descrittiva che si può suddividere in tre blocchi di enumerazioni (957-1058 = 529αβ-572αβ): le opere di penitenza che sostengono la città di Ninive (fino a 974 = 536αβ), le manifestazioni di pianto e di lamento (fino a 1012 = 556αβ), le opere virtuose e la solidarietà collettiva dei Niniviti (fino a 1058 = 572αβ). Si registrano molte omissioni di queste enumerazioni: 959-964, 971-972, 991-992, 1009-1014, 1019-1022, 1029-1030, 1035-1036, 1039-1040, 1047-1048, 1053-1058.

La narrazione prosegue con l’osservazione della città tremante, terrorizzata per la morte imminente (1059-1074 = 573αβ-578αβ). I versi 1059-1062 sono omessi.

L’attenzione si sposta poi su Giona, che osserva Ninive all’ombra di una pianticella di ricino (1075-1088 = 579αβ-588αβ): attraverso gli occhi del profeta si ha il catalogo degli atti di vera penitenza dei Niniviti (1089-1098 = 589αβ-592αβ), ai quali poi Giona contrappone la malvagità che risiede presso gli ebrei in una seconda invettiva contro questo popolo (cf. § 4.3.4). Quindi vi è un intervento del narratore, che osserva il paradosso del pianto dei Niniviti, che già esprimono il loro cordoglio su altri viventi, dato che sanno di essere destinati a morire a breve (1165-1180 = 615αβ-620αβ). I seguenti versi sono omessi: 1079-1080, 1097-1098, 1169-1172. Si verifica una svolta narrativa (1181-1272 = 621αβ-652αβ): è arrivato l’ultimo giorno. Il poeta si abbandona alla descrizione della disperazione dei Niniviti che raggiunge il parossismo: convinti di morire, rivolgono gli ultimi saluti ai propri cari, domandandosi ansiosi in quale momento spariranno per sempre. Le omissioni sono: 1195-1196, 1203-1204, 1211-1214, 1233- 1252, 1261-1262.

Non accade nulla a Ninive e la città, grazie alla misericordia divina, rinasce (1273-1326 = 653αβ-680αβ); il poeta inserisce il catalogo delle espressioni di gratitudine dei Niniviti verso Dio, mentre Giona si mostra contrito (1327-1336 = 681αβ-688αβ); essi rivolgono a quest’ultimo un discorso consolatorio (cf. § 4.3.2). Vari versi sono omessi: 1285-1286, 1289- 1290, 1293-1296, 1301-1302, 1305-1312.

176 Terminato il discorso dei Niniviti, si avvia una nuova sezione dialogica (cf. § 4.3.2), preceduta da un preambolo che illustra il paradosso di Giona che parla per conto di sé stesso e dello Spirito Santo (1389-1412 = 725αβ-746αβ). Tra i vari discorsi il narratore inserisce dei commenti: appena prima che lo Spirito Santo replichi a Giona viene ribadito che il primo parla tramite la bocca del secondo (1415-1420 = 753αβ-758αβ); alla fine del discorso inserisce la menzione del ringraziamento di lode dei Niniviti e un ulteriore commento sulla natura paradossale di questo dialogo che avviene internamente a Giona (1451-1460 = 781αβ-790αβ). La traduzione omette il commento dopo il secondo intervento del profeta (1463-1466).

Finito l’alterco tra Giona e lo Spirito Santo, i Niniviti, che hanno compreso la lezione di Dio, rendono ingenti onori e doni a Giona (l’enumerazione è ai versi 1481-1510 = 793αβ- 805αβ), prima che il profeta intraprenda il viaggio di ritorno in patria con una scorta di uomini di Ninive, proprio come quando era stato accompagnato da un corteo di pesci nel ventre della balena (1511-1546 = 806αβ-812αβ). Il predicatore osserva un ulteriore parallelismo: così come Giona fu temuto al suo arrivo, ora al suo ritorno è venerato dalla stessa città che ha potuto godere della misericordia divina (1547-1568 = 813αβ-822αβ). Dalla sezione sono omessi molti versi: 1485-1488, 1501-1504, 1507-1508, 1511-1514, 1517-1518, 1521-1522, 1529-1546, 1565-1568.

Giunti in prossimità del confine, Giona non vuole che i Niniviti osservino l’empietà del suo popolo, quindi li saluta congedandosi da loro (1569-1614 = 823αβ-834αβ), inventandosi poi un pretesto per scacciarli (cf. § 4.3.2). Le omissioni sono i versi 1581-1602 (che contiene un attacco polemico, cf. § 11.2.3), 1611-1612.

Di fronte all’insistenza dei Niniviti (cf. § 4.3.2), Giona escogita uno stratagemma impedendo loro di attraversare il confine (1671-1694 = 845αβ-852αβ), raccontando di una festa a cui chi non è ebreo non può avere accesso (cf. § 4.3.2). Le omissioni sono: 1681-1692.

Finito il discorso di Giona, i Niniviti se ne vanno, ma decidono di salire su un monte per guardare dall’alto Gerusalemme e restano sconvolti dalla visione (1711-1738 = 861αβ-870αβ); il poeta inserisce una lunghissima enumerazione che elenca tutti i culti pagani che si trovano in quella terra, di fronte ai quali i Niniviti restano basiti: è la terza invettiva contro gli ebrei (cf. § 4.3.4). I versi omessi sono: 1711-1714, 1719-1720, 1733-1734.

Dopo il discorso dei Niniviti (cf. § 4.3.2), l’ultima sezione narrativa ritrae i Niniviti nel loro allontanarsi da Israele per tornare a Ninive (1953-1958 = 899αβ-900αβ), prima che si apra la dossologia finale, praticamente del tutto assente in greco (cf. § 4.3.2). I versi omessi sono: 1955- 1958.

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