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La traduzione greca del sermone nel suo contesto storico-letterario

1. I quadri storico-letterari di riferimento

1.5 La traduzione greca del sermone nel suo contesto storico-letterario

La traduzione greca del mēmrā su Ninive e Giona si inserisce a pieno titolo all’interno della produzione letteraria greca tardoantica, di cui condivide varie tendenze e caratteristiche. La seguente presentazione toccherà unicamente i generi letterari pertinenti all’analisi del testo; si farà riferimento soprattutto al IV-V secolo.

La traduzione che è oggetto di questa analisi corrisponde innanzitutto a un mēmrā siriaco, che è tradotto nell’intestazione del manoscritto greco con il termine λόγος, dunque “discorso”

298 Flusin 2004: 68.

299 Tra i più recenti si citano Brock (1996); Taylor (2002); Butts (2013); Butts (2014b).

300 Taylor 2002: 310-311 (presenta anche il caso di γίγνομαι con il significato di “essere costruito”, forse

influenzato dall’aramaico hwʼ); Butts 2014a: 82.

301 Taylor (2002: 308-310), analizzando alcune iscrizioni greche tardoantiche della Siria settentrionale, vi ravvisa

il mancato uso dell’articolo determinativo; l’uso non classico dei casi dopo verbi o preposizioni, in particolare il dativo sostituito da genitivo o accusativo; l’uso idiosincratico di un verbo deponente che si suppone usato in diatesi attiva per probabile influsso del verbo siriaco.

302 Ihnken 1989. 303 Black 1967. 304 Thompson 1985.

305 A tal proposito, è probabilmente esagerata l’opinione di Ihnken (1989: 189) che il siriaco abbia esercitato sul

greco, così come quest’ultimo sull’altro, un influsso di portata considerevole. Un prerequisito metodologico su tale questione è la differenziazione linguistica su più variabili, in particolare tenendo in considerazione il livello culturale dello scrittore, il genere letterario e il pubblico di riferimento dello stesso.

57 (il termine viene latinizzato con sermo).307 Tradizionalmente, il genere poetico del mēmrā viene inteso come una predica di natura esegetica e a questo genere cristiano, l’omelia, dovrebbe appartenere anche il testo qui analizzato, che rappresenta una narrazione esegetica e parenetica dei capitoli 3-4 del libro di Giona. L’ὁμιλία è un genere che appartiene alla letteratura cristiana sin dalle origini, dato che essa è fondata sull’annuncio della parola di Dio, il cui significato talora arduo deve essere spiegato e diffuso tra i fedeli: l’omelia cristiana assume così il tono della conversazione, in cui il predicatore cerca di coinvolgere il più possibile il suo uditorio con apostrofi e facendo uso di un linguaggio accessibile.308 Ovviamente, l’omelia ha al suo interno un ampio raggio di variazione stilistica sulla base dell’occasione in cui è recitata e del pubblico cui è rivolta: negli studi si sente ancora l’esigenza di indagare più a fondo il rapporto tra retorica,

performance, liturgia ed esegesi nell’omiletica greca (e ancora di più in quella siriaca).309 Come si vedrà in § 10.4, la traduzione greca del sermone su Ninive e Giona presenta alcuni tratti che si riscontrano anche nella coeva produzione omiletica dei secoli IV e V in lingua greca.

In secondo luogo, la traduzione greca del sermone efremiano è un’opera scritta in versi e, in quanto tale, appartiene al regno della poesia, che in epoca tardoantica conosce una notevole rinascita rispetto ai secoli imperiali precedenti.310 Come si evince dalla metrica del testo (§ 1.2), esso non appartiene sicuramente a quella poesia classicizzante che, sia in ambito pagano sia cristiano, creava una continuità con la tradizione precedente attraverso l’impiego della metrica quantitativa (e, dunque, della dizione poetica impiegata nelle opere classiche).311 Per quanto riguarda la poesia di ispirazione chiaramente cristiana, l’autore più rilevante è certamente Gregorio di Nazianzo sul finire del IV secolo, il quale aveva alle spalle una lunga tradizione di poesia cristiana esametrica, rappresentata dai libri cristiani degli Oracoli Sibillini (probabilmente composti intorno al III secolo d.C.)312 e dagli otto poemetti contenuti nel cosiddetto “codice delle visioni”, che preannunciano alla metà del IV secolo la stagione delle parafrasi bibliche in ambito greco.313 Le prime produzioni poetiche greche che presentano un

307 In generale, sull’omelia cristiana antica, cf. Sachot (1994: 155-172). Una sorta di distinzione tra λόγος e ὁμιλία

in ambito greco sembra essere presente solo dal VII secolo: con il primo termine viene designata l’omelia festale, pronunciata in contesti celebrativi e panegirici, mentre il secondo termine resta utilizzato per la predicazione più informale e meno strutturata (Cunningham/Allen 1998: 1-2).

308 Norden 1915: 540-543.

309 Kinzig 2001: 647-651 (l’autore presenta il passo di un’omelia di Asterio che costituisce un esempio di un alto

livello di artificialità retorica nello stile e nel linguaggio). Una breve rassegna degli autori cristiani (soprattutto scrittori di omelie) più significativi del periodo tardoantico è in Kennedy (1983: 180-264). Si veda anche la raccolta di studi in Cunningham/Allen (1998), concentrata sulle dinamiche performative delle omelie tardoantiche e bizantine.

310 Cameron 2004.

311 Per una rassegna della produzione poetica greca tardoantica, si veda Agosti (2012), con relativa bibliografia. 312 Per una bibliografia degli studi su quest’opera, si veda la recente monografia di Lightfoot (2007).

58 sistema metrico non più quantitativo, bensì esclusivamente isosillabico e accentuativo sono gli inni liturgici risalenti al V secolo,314 che inaugurano l’immensa produzione innografica bizantina, in relazione alla quale la posizione dei testi metrici dell’Efrem greco non è ancora del tutto chiara (cf. § 1.3).

Dunque, il sermone di Efrem tradotto in greco si colloca in un contesto letterario dove la produzione poetica si presenta assai varia e disomogenea. Un esempio emblematico della compresenza di forme poetiche nettamente differenti è offerto dalla seconda inaugurazione della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli nel 562; in quest’occasione, vi furono due diverse

performance poetiche: l’ekphrasis in metrica quantitativa di Paolo Silenziario (destinata a un

pubblico ristretto) e un contacio in metrica accentuativa per il grande pubblico.315

La traduzione greca del sermone su Ninive e Giona mostra inoltre alcune caratteristiche compositive (cf. § 5) che permettono di accostare il testo a un genere letterario particolarmente coltivato nel IV e nel V secolo nell’ambito della produzione poetica cristiana (soprattutto in Egitto): la parafrasi in versi, consistente nella riscrittura in esametri di un testo, specialmente la Bibbia. Essa si afferma come genere poetico più o meno contemporaneamente in latino e in greco, intorno alla metà del IV secolo.316 Le parafrasi greche sono costituite dalle seguenti opere: alcuni poemetti contenuti nel già citato “codice della visioni”, la parafrasi del Vangelo

di Giovanni di Nonno di Panopoli (prima metà del V secolo), l’anonima Metafrasi dei Salmi

(circa 460, falsamente attribuita ad Apollinare di Laodicea), i Centoni omerici e la parafrasi del martirio di San Cipriano vescovo di Antiochia di Eudocia Augusta (circa metà del V secolo), le perdute metafrasi dell’Ottateuco, di Zaccaria e di Daniele della stessa autrice.317

La parafrasi (detta anche metafrasi) era un normale esercizio di scuola, che gli autori cristiani trasformarono in un raffinato genere letterario, strettamente legato alla poesia classicizzante. Benché, come si è visto, la traduzione del sermone su Ninive e Giona non appartenga a questo tipo di produzione poetica, tuttavia essa condivide con le parafrasi bibliche l’impiego di procedimenti tecnico-compositivi analoghi a quelli usati dai poeti greci e latini, che facevano parte della prassi retorico-parafrastica appresa a scuola, come l’abbreviazione o omissione, la trasposizione, l’amplificazione, l’impiego di sinonimie e ripetizioni.318 In questo,

314 Bouvy 1886: 221-227; Maas/Mercati/Gassisi 1909. 315 Macrides/Magdalino 1988: 76.

316 Su questo genere e le sue caratteristiche, cf. Roberts 1985: 61-106 (contiene una presentazione degli autori

latini di parafrasi bibliche).

317 Agosti 2012: 371-372 (nello stesso autore si troveranno i riferimenti bibliografici di ogni opera). Vi sono anche

parafrasi in prosa, come la parafrasi dell’Ecclesiaste di Gregorio Taumaturgo e la parafrasi della Vita di Tecla (cf. Johnson 2006: 93-104).

59 la nostra traduzione rappresenta a pieno titolo un prodotto letterario che, come la maggior parte delle opere della Tarda Antichità, mostra chiaramente la messa in opera delle tecniche retoriche insegnate a scuola: per esempio, quelle parafrastiche che pervadono l’intero testo (cf. § 5) o l’etopea (cf. § 10.4.2).

Infine, il testo va inquadrato all’interno del più ampio movimento di traduzioni dal siriaco al greco e dal greco al siriaco, menzionato sopra (§ 1.4).319 L’apporto ricevuto dalla cultura siriaca è nettamente superiore a quello che quest’ultima ha dato alla letteratura greca e, per questo, è stato maggiormente studiato.320 Questo movimento di traduzioni si presenta ininterrotto dal III secolo fino al IX secolo, quando esso confluisce nelle traduzioni di opere greche in arabo. Il celebre studio di Sebastian Brock del 1983 cerca di stilare una storia di questo lungo movimento di traduzioni, scandito in quattro periodi principali sulla base della tecnica di traduzione, cioè l’attitudine del traduttore verso il testo-fonte e la lingua del testo d’arrivo.321

Lo studioso stabilisce su questa base uno sviluppo cronologico delle tipologie di traduzioni, che si riassumono qui di seguito, rimandando all’articolo di Brock per ulteriori approfondimenti. La prima fase (IV-V secolo) è caratterizzata da traduzioni reader-oriented, libere, con ristrutturazioni delle frasi e una prevalenza dell’equivalenza dinamica (che evita, cioè, i calchi semantici e sintattici). Le traduzioni della seconda fase (VI secolo) si mostrano piuttosto source-oriented, con una maggiore letteralità nella resa del modello, l’impiego di calchi dal greco e il rispetto dell’ordine delle parole; l’esempio più eloquente di questa tendenza è la revisione del Nuovo Testamento da parte di Filosseno di Mabbog. La terza fase (VII-VIII secolo) vede la prevalenza del cosiddetto myrror-type: le traduzioni riflettono il greco in ogni minimo aspetto, al punto da risultare talvolta incomprensibili se non si conosce la lingua di partenza; per questo periodo, sono ancora emblematiche le ritraduzioni della Bibbia (l’Antico Testamento a cura di Probo, il Nuovo Testamento a cura di Tommaso di Ḥarqel). Il quarto periodo (IX secolo) è costituito dalle traduzioni greco-arabe, che fanno tesoro della lunga pratica di traduzione dal greco al siriaco, ma tendono a essere maggiormente orientate verso la lingua d’arrivo.

La traduzione greca del sermone su Ninive e Giona si inserisce all’interno di questo movimento di scambio interlinguistico tra greco e siriaco che copre tutto il periodo tardoantico

319 Per quanto riguarda l’approccio dei traduttori latini di opere greche, cf. Seele (1995). Sulle teorie antiche della

traduzione, sviluppate soprattutto nelle riflessioni di Cicerone e di Gerolamo, e l’opposizione fra traduzione “letterale” e “libera”, cf. Brock (1979). Per quanto riguarda specificamente Gerolamo, si veda il commento all’epistola 57 (spesso chiamata Liber de optimo genere interpretandi) in Bartelink (1980). Uno sguardo ad ampio raggio sulle teorie e le pratiche della traduzione nella Roma antica è in Bettini (2012).

320 Recenti rassegne (con relativa bibliografia) sono in Taylor (2007) e Butts (2014a). 321 Brock 1983 (con relativa bibliografia).

60 e procede oltre. La tecnica di traduzione che verrà indagata in questo lavoro sarà messa a confronto con le categorie di Brock, per dare una collocazione cronologica orientativa al testo, insieme ad altri elementi utili alla datazione. Per indagare compiutamente l’approccio del traduttore bisogna tuttavia includervi anche gli influssi esercitati dai tre generi letterari presentati all’inizio di questo capitolo (omelia, poesia cristiana ritmica, parafrasi in versi), ognuno dei quali concorre in misura diversa alla composizione del metatesto.

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