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Lo studio del sedimento inizia con la valutazione microscopica tramite un obiettivo a basso ingrandimento (10x) per stimare la quantità di sedimento presente e le possibilità diagnostiche di questo esame. Preparati ben eseguiti sono caratterizzati anche da una distribuzione degli elementi presenti senza un’eccessiva sovrapposizione; se la quantità di materiale presente nel sedimento fosse eccessiva, esso può essere diluito con il surnatante o con soluzione salina fisiologica: in ogni caso, ciò altererebbe l’interpretazione dei risultati semi-quantitativi.

L’osservazione a basso ingrandimento aiuta nel rilevamento di elementi (come i cilindri, i cristalli o i pigmenti biliari) che possono presentarsi solo in alcuni campi microscopici; gli elementi più pesanti, soprattutto nel gatto, si accumulano di solito in prossimità dei bordi del copri oggetti, specialmente se un eccesso di liquido si è formato al di sotto del vetrino (Osborne, 1999). Pertanto, per identificare strutture più grandi , prima è buona norma esaminare il bordo del coprioggetti utilizzando un basso ingrandimento, poi spostarsi nel centro del vetrino e proseguire l’esame. Una volta eseguita l’osservazione a piccolo ingrandimento, si può passare alla valutazione ad elevato ingrandimento elevato (40x) con cui si possono già rilevare i caratteri morfologici delle cellule, dei cilindri e dei cristalli, oltre che la presenza di batteri, lieviti e gocce lipidiche. Con l’esperienza ed un’adeguata preparazione, è possibile apprezzare la maggior parte dei dettagli degli elementi presenti nel sedimento non colorato. In ogni caso, alcuni elementi sono più facilmente individuabili dopo colorazione.

L’identificazione delle diverse strutture presenti nel sedimento urinario è spesso più difficile rispetto all’esame dello striscio ematico o alla preparazione di un citologico da altri tessuti; questo è in parte dovuto al fatto che cellule a diverso stadio maturativo possono originare dal sistema vascolare, dal tessuto interstiziale o dalla superficie epiteliale localizzati a vari livelli lungo il tratto urinario e/o genitale (Osborne, 1999). Le cellule presenti nel sedimento sono soggette, per un periodo variabile, a cambiamenti di osmolarità e pH che possono essere marcatamente diversi dal loro normale ambiente fisiologico, ma possono anche essere esposte all’azione di enzimi od a concentrazioni

55 tossiche di metaboliti escreti con le urine o prodotti da patogeni. Come risultato di ciò, questi elementi cellulari subiscono cambiamenti nelle dimensioni, nella struttura e nella trasparenza (Osborne, 1999).

Per minimizzare i cambiamenti degenerativi provocati dall’esposizione delle cellule nel sedimento alle sostanze possibilmente contenute nelle urine, queste ultime dovrebbero essere centrifugate il prima possibile dopo la raccolta ed il preparato dovrebbe venire immediatamente osservato; se ciò non risulta possibile, sarebbe auspicabile l’utilizzo di un conservante.

Non è possibile stabilire un limite superiore della normale rappresentatività di molte strutture presenti nel sedimento urinario, in quanto un significativo numero di possibili variabili ne altera la composizione qualitativa, rendendo priva di senso una rigorosa interpretazione quantitativa.

Per convenzione, il numero di eritrociti e leucociti viene contato in almeno 10-15 campi microscopici e riportato come la media per campo microscopico ad elevato ingrandimento (40X). I cilindri, invece, vengono espressi come media a basso ingrandimento (10X), nonostante la loro presenza possa essere determinata ad elevato ingrandimento.

Batteri, parassiti, cristalli, spermatozoi o altri elementi vengono solitamente riportati come scarsi, rari, frequenti o molti; per cui, per i motivi suddetti, il numero di cellule, cilindri o di altri elementi osservati rappresentano, al più, una mera valutazione semi- quantitativa (Osborne, 1999).

1.5.2 Eritrociti.

Le emazie nel sedimento urinario sono rilevabili con maggiore facilità ad elevato ingrandimento, a causa delle loro ridotte dimensioni; l’aspetto di queste cellule differisce in dipendenza del peso specifico delle urine, del pH e, talvolta, delle presenza di batteri (Osborne, 1999).

In campioni di urina a fresco con peso specifico di circa 1.010-1.020, gli eritrociti appaiono come dischi anucleati rotondi, moderatamente rifrangenti, giallo pallido e dalla superficie omogeneamente liscia di 6-7 micron di diametro; i globuli rossi rimasti nell’urina per un tempo variabile possono risultare trasparenti, come esito della perdita di emoglobina nel mezzo circostante, costituendo le cosiddette “cellule fantasma”

56 (ghost cells). Questi elementi cellulari sono più piccoli dei leucociti, non presentano strutture all’interno del citoplasma e possono essere biconcavi; in urine concentrate gli eritrociti divengono più piccoli, crenati e distorti a causa della perdita di acqua in conseguenza della disidratazione. Infatti, quando queste cellule perdono acqua, la loro caratteristica forma biconcava viene a perdersi e compaiono spicole e crenazioni sulla superficie cellulare (dove tali irregolarità e distorsioni membranarie rappresentano delle protuberanze che si formano nelle emazie in conseguenza del loro restringimento in soluzioni ipertoniche come le urine).

Nelle urine diluite, gli eritrociti divengono più grandi, rigonfi e sferici, mentre in quelle molto diluite queste cellule appaiono come elementi circolari debolmente colorati (ghost cells) oppure vanno incontro a lisi diventando impossibili da individuare.

Studi effettuati in vivo ed in vitro hanno dimostrato che una significativa emolisi osmolalità-indotta si presenta in campioni di urine con peso specifico inferiore od uguale a 1.008 (Osborne, 1999). Poiché i globuli rossi non sono provvisti di strutture interne alla membrana cellulare, essi alcune volte potrebbero essere confusi con gocce lipidiche, lieviti o bolle d’aria; in tali casi, l’esito della ricerca di sangue occulto mediante il test delle strisce reattive dovrebbe risultare negativo, ad indicare l’assenza di eritrociti nel campione (Osborne, 1999).

Ma, al contrario delle emazie, le gocce lipidiche risultano di dimensioni variabili tra loro e sono altamente rifrangenti; oltre a questo, le gocce lipidiche si trovano al di fuori del piano focale degli altri elementi del sedimento in quanto tendono a rimanere in sospensione piuttosto che precipitare e, di solito, hanno un aspetto scuro quando esaminati con l’ausilio di scarsa illuminazione.

Le cellule di lievito contengono frequentemente rigonfiamenti, sono variabili nelle dimensioni, prive di colore e di forma ovoidale piuttosto che sferica.

I leucociti possono essere distinti con difficoltà dagli eritrociti in campioni molto concentrati; in questi casi, l’aggiunta di acido acetico può essere impiegata per mettere in evidenza i nuclei dei globuli bianchi e lisare i globuli rossi (Osborne, 1999).

Il riscontro a carattere occasionale di eritrociti nel sedimento urinario viene ritenuto normale, mentre la loro presenza in numero superiore ai valori di normalità stabiliti in riferimento al tipo di campionamento impiegato (0-8 RBC/hpf nel caso della minzione spontanea, 0-3 /hpf nel prelievo per cistocentesi e 0-5/hpf nel cateterismo) può essere

57 definita ematuria ed è indicativa della presenza di un fenomeno emorragico (DiBartola, 2007.).

L’ematuria può avere carattere microscopico o macroscopico, ovvero il quantitativo di emazie presenti nelle urine può essere in grado o meno di modificare la normale colorazione dell’urina.

L’individuazione della fase della minzione nella quale l’ematuria si presenta con maggiore intensità può essere molto utile nella determinazione della sede del sanguinamento (Osborne, 1999). Ematuria macroscopica manifesta per tutta la durata della minzione è più frequente nel caso di pazienti nefropatici poiché gli ureteri prendono inserzione nella vescica a livello della sua porzione caudo-dorsale e flussi di urina vengono periodicamente emessi da queste strutture entro il lume vescicale, ma viene anche osservata in caso di patologie vescicali diffuse o quando il sangue proveniente da lesioni prostatiche o dall’uretra prossimale refluisce dall’uretra prostatica alla vescica stessa.

L’ematuria macroscopica rilevata prevalentemente al termine dell’urinazione è suggestiva di una lesione focale nella porzione ventrale o ventro-laterale della vescica e si associa molto spesso alla presenza di grandi uroliti, i quali sono probabilmente all’origine del sanguinamento per una continua azione traumatica sulle pareti del viscere; ma un fenomeno emorragico nella fase terminale della minzione può essere ricondotto anche alla presenza di polipi (Osborne, 1999).

Questo tipo di macroematuria si manifesta spesso in cani sedentari, evenienza che consente alla maggior parte degli eritrociti presenti nelle urine di permanere a livello della porzione di lume vescicale da cui sono originati.

Dal momento che le urine contenute nella porzione più apicale della vescica vengono sospinte per prime entro l’uretra, quelle ricche di sangue accumulatesi sul fondo del viscere vengono ad essere eliminate alla fine della minzione (Osborne, 1999).

Fenomeni di macroematuria indipendenti da una specifica fase della minzione o che si manifestano con maggiore intensità nella parte iniziale di essa sono solitamente indicative di lesioni a carattere emorragico dell’uretra, della vagina o dell’utero nelle femmine e di affezioni uretrali o prostatiche nei maschi.

È stato documentato che, durante le operazioni di centrifugazione, soltanto il 50% dei globuli rossi viene recuperato e passato al vaglio dall’operatore mediante l’osservazione

58 del sedimento urinario (Osborne, 1999). Inoltre, gli eritrociti andati incontro ad emolisi non possono spesso essere individuati con la valutazione del sedimento e ciò viene a verificarsi spesso nel caso di urine con peso specifico inferiore a 1.005, nelle quali i globuli rossi vanno obbligatoriamente incontro a lisi, non potendo essere rilevati e determinando, così, una sottostima della microematuria.

In medicina umana, diversi ricercatori hanno documentato che gli eritrociti di provenienza glomerulare apparirebbero più piccoli, frammentati e di dimensioni e forma variabili (c.d. “dismorfismo eritrocitario”) rispetto a quelli di pertinenza non glomerulare, di morfologia e dimensioni normali (Osborne, 1999).

La spiegazione a questa modificazione morfologica risiede, con molta probabilità, nel passaggio degli eritrociti attraverso le pareti dei capillari glomerulari a cui consegue la deformazione.

Figura 4.1 Globuli rossi eumorfici e crenati nel sedimento urinario non colorato.

Osborne CA, Stevens JB. In: Urinalysis: A Clinical Guide to Compassionate Patient Care; 1999.

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1.5.3 Leucociti.

Il sedimento urinario può presentare, di norma, anche neutrofili, eosinofili, linfociti e monociti/macrofagi; si parla invece di piuria quando i leucociti nel sedimento urinario superano le 8 cellule/hpf nel caso della minzione spontanea, le 5 cellule/hpf nella cateterizzazione e le 3 cellule/hpf nel prelievo per cistocentesi (DiBartola, 2007). L’aspetto di questi elementi cellulari è comunque variabile, a seconda del tipo cellulare e dell’influenza del peso specifico, del pH e dell’eventuale presenza di tossine di provenienza batterica sulla normale morfologia leucocitaria (Osborne, 1999).

Nelle urine appena raccolte, i campioni prevalentemente costituiti da neutrofili sono caratterizzati dall’osservazione di cellule sferiche provviste di caratteristici granuli citoplasmatici e nuclei lobati o segmentati, di dimensioni da 1½ a 2 volte quella degli eritrociti (10-14 µm), ma solitamente inferiori a quelle delle cellule epiteliali di transizione.

I leucociti vengono a ridursi di dimensioni nell’urina concentrata, mentre si espandono in quella diluita e possono essere rilevati singolarmente o in ammassi cellulari, evenienza nelle quale la loro conta nel preparato potrebbe risultare diminuita (Osborne, 1999).

Talvolta è possibile individuarne i nuclei cellulari, ma più frequentemente essi risultano degenerati; con l’aggiunta del 2-10% di acido acetico, però, è possibile acquisire maggiore dettaglio delle caratteristiche nucleari, in quanto si riescono a lisare i globuli rossi presenti nel campione.

Con difficoltà i leucociti possono essere differenziati dalle cellule epiteliali dei tubuli renali e la distinzione dei diversi tipi cellulari della serie leucocitaria non è solitamente facile nei preparati a fresco (Osborne, 1999).

Analogamente a quanto avviene per gli eritrociti, anche i leucociti vanno rapidamente incontro a lisi in urine alcaline o ipotoniche. Il numero di globuli bianchi può infatti diminuire fino al 50% del totale entro un’ora dalla raccolta se il campione viene mantenuto a temperatura ambiente.

Essendo i globuli bianchi cellule mobili nell’organismo, esse possono avere accesso alle vie urinarie, potenzialmente, da ogni parte; quindi, sono oltremodo necessarie informazioni addizionali per stabilirne la provenienza.

60 La localizzazione della piuria solitamente si fonda sulla base dei segni clinici del paziente, dei test di funzionalità renale oltreché sull’ausilio fornito dalla diagnostica per immagini, in aggiunta ai risultati dell’esame delle urine (Osborne, 1999).

Pertanto, la presenza di leucocituria non aiuta a localizzare la lesione d’origine, a meno che siano presenti cilindri leucocitari indicanti chiaramente la provenienza renale (DiBartola, 2007). Le infezioni del tratto urinario sono la causa elettiva di piuria, anche se una contaminazione delle vie genitali può causare questa alterazione nei campioni minzionali o per cateterizzazione (DiBartola, 2007).

Nei casi in cui l’origine della piuria sia incerta, potrebbe essere di notevole ausilio nella sua localizzazione l’analisi di un campione di urine raccolto per cistocentesi, anche se il rilevamento di leucocituria con questo tipo di campionamento non permette di escludere con assoluta certezza il coinvolgimento delle basse vie urinarie dal processo infiammatorio (Osborne, 1999).

La presenza di un cospicuo numero di globuli bianchi è indicativo di un fenomeno infiammatorio in atto, oltre a rappresentare la risposta dell’organismo ad un’ampia varietà di disordini di natura infettiva o meno. La risposta infiammatoria si accompagna tipicamente anche alla presenza di un numero variabile di eritrociti ed a proteinuria; il rilevamento, invece, di un’elevata carica microbica in associazione a piuria è indicativa del fatto che il fenomeno flogistico è attivo e che è stato causato o complicato da un’infezione batterica. Poiché i batteri sono maggiormente difficili da identificare rispetto alla presenza di cellule leucocitarie, la piuria può non associarsi a batteriuria se i microrganismi sono presenti nelle urine in numero esiguo (Osborne, 1999).

Quindi, la leucocituria è un indice scarsamente significativo di batteriuria, motivo per il quale non può essere concettualmente assimilato come indicativo di un’infezione del tratto urinario; sebbene la piuria possa far sospettare un processo infettivo, dovrebbero essere prese in considerazione anche cause flogistiche di natura non settica (es. uroliti di origine metabolica, neoplasie, etc).

Il test delle strisce reattive per le esterasi leucocitarie routinariamente impiegato per la valutazione delle urine in medicina umana è un metodo privo di sensibilità per la determinazione di piuria nel cane e nel gatto, in quanto le varie popolazioni leucocitarie possono avere differenti quantità e tipologie di esterasi (Osborne, 1999). I linfociti non possiedono, infatti, esterasi, così come globuli bianchi lisati potrebbero dar luogo ad una

61 reazione positiva per le esterasi leucocitarie senza però essere rilevabili all’osservazione del sedimento urinario (Osborne, 1999).

Nell’uomo, il numero di leucociti che può normalmente essere rinvenuto nelle urine è controverso: un approccio è quello di considerare un reperto anormale la presenza di più di un leucocita/hpf. Alla stregua di quanto avviene nei piccoli animali, l’osservazione di leucociti nel sedimento urinario in assenza di altri elementi figurati richiede al clinico un ulteriore approfondimento diagnostico per far luce sul l’origine cellulare, dal momento che, contrariamente agli eritrociti, non esiste un metodo efficace nel discriminare la provenienza dei globuli bianchi nelle urine.

a)

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b)

Figura 5.1 (a) Sedimento a fresco e (b) allestito con la colorazione di Wright dalle urine di un cane affetto da carcinoma delle cellule di transizione e da cistite batterica. In questo caso, la colorazione è stata di ausilio per evidenziare la batteriuria.

Michael M. Fry. Urinalysis. In: Nephrology and Urology of Small Animals; Bartges J., Polzin D. eds., 2011.

In assenza di evidenze cliniche suggestive, la contaminazione del campione è una causa comune che dovrebbe essere tenuta in considerazione.

Molto spesso, i leucociti nelle urine sono cellule polimorfonucleate ed è oltremodo erroneo assumere che tutti i leucociti urinari siano neutrofili; infatti, la presenza di eosinofili potrebbe costituire un importante indizio diagnostico, in quanto già negli anni ’50 un’associazione tra oesinofiluria ed ipersensibilità indotta da farmaci è stata evidenziata da Eisenstaedt e, negli anni successivi, un cospicuo numero di ricercatori ha evidenziato una correlazione tra la prima e le patologie renali (Israni, 2012).

L’evidenziazione degli eosinofili nelle urine può essere facilitata dall’impiego della colorazione di Wright, anche se questa risulta inibita da valori di pH inferiori a 7.0; l’utilizzo della colorazione di Hansel incrementa, invece, la sensibilità della rilevazione di eosinofili oltre gli standard della colorazione di Wright.

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1.5.4 Cellule epiteliali.

Tra le popolazioni cellulari osservabili all’analisi del sedimento urinario è possibile annoverare anche cellule epiteliali, le quali possono essere rappresentate da cellule del tubulo renale, dell’epitelio di transizione, da cellule epiteliali squamose o da cellule neoplastiche.

Non sono disponibili dati sufficientemente accurati riguardo al numero di cellule epiteliali che possono essere normalmente rinvenute nelle urine del cane e del gatto (Osborne, Stevens, 1999).

Le cellule tubulari renali sono rotonde e di dimensioni variabili (10-50 µm), provviste di un ampio nucleo centrale di forma circolare e di un citoplasma finemente granulare Occasionalmente, possono essere repertate cellule colonnari dotate di un orletto a spazzola (microvilli), che indicano la pertinenza tubulare prossimale di questi elementi. Al contrario di quanto solitamente viene affermato, non c’è evidenza che cellule rotonde, di piccole dimensioni siano un indice affidabile di patologie a localizzazione renale, a meno che queste non siano contenute all’interno di cilindri, in quanto non possono essere differenziate con facilità da leucociti o da piccole cellule epiteliali di transizione (Osborne, 1999).

Queste ultime sono le cellule dell’urotelio e possiedono un’ampia variabilità nelle dimensioni, in stretta dipendenza dalla profondità della loro origine nell’epitelio di transizione, arrivando ad essere da 2 a 4 volte più grandi (20-40 µm) di un globulo bianco.

La morfologia e le dimensioni delle cellule dell’urotelio tendono a variare a seconda della loro profondità di localizzazione: lo strato più esterno è caratterizzato da cellule di transizione grandi (40 µm) ed appiattite, quello intermedio è dato da elementi più piccoli e di forma più arrotondata, mentre le cellule dello strato basale tendono ad assumere una morfologia colonnare (Osborne, 1999). Se le cellule uroteliali vengono ad assorbire acqua, possono anche raggiungere le dimensioni di cellule epiteliali squamose. Quindi, in sintesi, le cellule dell’epitelio di transizione possono essere piriformi, fusate, caudate (provviste di estremità rastremate, di probabile provenienza dalla pelvi renale) o poligonali ed hanno un citoplasma provvisto di granuli (Osborne, 1999).

Le cellule dell’urotelio possono essere normalmente rilevate con carattere occasionale nel sedimento urinario di campioni ottenuti per cistocentesi, minzione spontanea o

64 cateterizzazione, mentre la loro esfoliazione nelle urine in notevole quantità è indicativa di processi flogistici, infettivi o neoplastici a carico del sistema urinario.

Le cellule epiteliali squamose sono repertabili nel sedimento urinario di campioni prelevati per minzione spontanea o cateterismo.

Costituiscono gli elementi di dimensioni maggiori (circa 50 µm) tra le cellule che si possono rinvenire in un normale sedimento urinario; sono grandi, dall’esiguo spessore e con profili cellulari netti od irregolari ed un piccolo e denso nucleo, anche se possono essere provvisti di nuclei vescicolari di maggiori dimensioni o esserne del tutto privi. Le cellule squamose possono presentarsi singolarmente nel sedimento od in piccolicluster pavimentosi e la loro morfologia può essere molto inusuale se i margini cellulari tendono ad incurvarsi o piegarsi, tanto che le cellule che si ripiegano assumendo una forma tubulare possono rassomigliare un cilindro (Osborne, 1999). Talvolta, nel sedimento urinario di pazienti affetti da carcinomi delle cellule di transizione (vedi Fig. 5.1), da rabdomiosarcomi e, meno comunemente, da altri tipi di neoplasie, si possono rinvenire cellule tumorali. La loro identificazione risulta nettamente migliore con l’ausilio di colorazioni più specifiche, come la Wright-Giemsa (DiBartola, 2007).

Campioni raccolti per cateterizzazione hanno maggiori probabilità di contenere cellule neoplastiche rispetto a quelli ottenuti per cistocentesi, anche se il lavaggio del lume vescicale ed i campioni ottenuti grazie all’impiego del cytospin possono incrementare il contenuto di cellule neoplastiche eventualmente presenti nel campione (Osborne, 1999). Può essere tuttavia complesso differenziare cellule epiteliali iperplastiche da cellule epiteliali neoplastiche.

In sintesi, cellule epiteliali cuboidali provenienti dai tubuli renali, cellule epiteliali di transizione dal bacinetto renale, dagli ureteri, dalla vescica e dall’uretra, così come cellule squamose dalla vagina e dall’uretra distale vengono comunemente repertate nel sedimento urinario di animali sani e si reputa che tale evenienza sia il risultato del normale ricambio cellulare e dell’esfoliazione a cui sono soggetti questi elementi cellulari.

Sebbene la massiccia esfoliazione di cellule epiteliali possa essere una manifestazione patologica, sono disponibili metodi diagnostici maggiormente affidabili che dovrebbero essere impiegati per confermare la presenza di affezioni urinarie (Osborne, 1999).

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1.5.5 Cilindri.

Altri elementi di possibile rinvenimento nel sedimento urinario sono i cilindri, stampi dei tubuli renali dall’omonima forma, composti da aggregati proteici che si formano nella branca ascendente dell’ansa di Henle e nel tubulo distale a causa della massima acidità presente, oltre che della maggiore concentrazione di soluti e della portata inferiore di queste aree (DiBartola, 2007). Al contrario degli altri elementi che è possibile repertare nel sedimento urinario, la presenza dei cilindri indica chiaramente un coinvolgimento del rene e consente, pertanto, la localizzazione del distretto colpito (DiBartola, 2007).

La forma e la lunghezza dei cilindri sono in diretta dipendenza dalla morfologia del lume tubulare entro cui si sono formati e, analogamente, la loro ampiezza è determinata