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Un parametro molto importante nella valutazione della proteinuria, il quale può essere di fondamentale aiuto nel caso non si riesca a determinare la proteinuria nelle 24 ore. Questo parametro esprime il rapporto tra la concentrazione delle proteine urinarie (in mg/dL) e la concentrazione della creatinina (anch’essa in mg/dL). Questo rapporto deve essere così interpretato: valori inferiori a 0.2 sono reperti normali, valori compresi tra 0.2 e 0.5 sono dubbi (borderline) e valori superiore a 0.5 attestano una condizione di anormalità della funzionalità renale (Osborne, 1999).

Quando la funzione renale è normale , la filtrazione glomerulare ed i meccanismi di concentrazione tubulare incidono in maniera simile sulle proteine e sulla creatinina; di conseguenza, la determinazione del PU/CU offre un’accuratezza di informazioni simile a quella data dal calcolo delle proteine urinarie escrete nelle 24 ore.

Il rapporto PU/CU può essere utile nel confermare l’esistenza di una proteinuria significativa, dal momento che i normali test di controllo (strisce reattive e SSA-test) sono sensibili a concentrazioni proteiche urinarie comprese tra 5 e 30 mg/dL e che, in urine molto diluite, concentrazioni proteiche decisamente elevate possono non essere rilevate da queste metodiche od apparire molto inferiori del loro reale valore, interpretandole erroneamente come di scarsa significatività clinica.

Dal momento che il rapporto PU/CU non è influenzato dalla concentrazione e dal volume urinari, questo dato fornisce un sostanziale aiuto nella valutazione della perdita proteica urinaria in pazienti con urine a basso peso specifico (Osborne, 1999).

50 Questo rapporto può anche essere utile per differenziare la proteinuria in preglomerulare, glomerulare e postglomerulare; in linea generale, il rapporto PU/CU è basso in pazienti con proteinuria pre- e postglomerulare ed in alcuni affetti da patologie glomerulari primarie, mentre è elevato in soggetti con affezioni glomerulari.

Il rapporto PU/CU può essere notevolmente elevato in pazienti con ematuria importante o infiammazioni delle vie urinarie: sono stati osservati valori di PU/CU superiori a 10 volte il valore normale nelle urine di cani con infezione stafilococcica delle basse vie urinarie (Osborne, 1999). Quindi, anche questo importante dato deve sempre essere letto alla luce dei risultati dell’esame completo delle urine, sedimento incluso.

1.4.8 Urobilinogeno.

La valutazione dell’urobilinogeno, un metabolita tetrapirrolico incolore della bilirubina prodotto dall’attività di batteri anaerobici, è più tipicamente impiegata in medicina umana come utile strumento di controllo dei pazienti per l’esistenza di epatopatie, disturbi emolitici, pervietà delle vie biliari (Osborne, 1999). Nei piccoli animali, invece, la valutazione di questo analita non sembra avere una significatività clinica rilevante.

1.4.9 Nitriti.

I nitrati, al contrario, fanno parte dei normali costituenti delle urine e sono di origine alimentare. Normalmente, il nitrito, la forma ridotta del nitrato, non si ritrova nelle urine. Ma i nitriti possono essere prodotti da alcuni batteri, pertanto la loro rilevazione è suggerita come utile metodo per la ricerca di batteriuria (Osborne, 1999).

Ad ogni modo, la determinazione dei nitriti mediante il test delle strisce reattive costituisce un mezzo non totalmente affidabile per la rilevazione di batteri nelle urine ed è di limitato valore clinico (Fry, 2011).

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1.4.10 Leucocituria.

La leucocituria (ovvero la presenza di un numero superiore ai valori di riferimento di globuli bianchi nelle urine) indica la presenza di lesioni infiammatorie acute in un qualche punto del tratto uro-genitale con cui le urine sono venute in contatto (Osborne, 1999).

Le strisce reattive impiegate per determinare la presenza di leucociti rilevano le esterasi presenti a livello dei granuli citoplasmatici azzurrofili dei granulociti, dei monociti e dei macrofagi; i linfociti non vengono rilevati con questo metodo.

Il tamponcino reattivo della striscia contiene un estere, un sale di diazonio ed un tampone; le esterasi di cui sono provvisti i globuli bianchi idrolizzano l’estere, formando un composto aromatico. Quasi immediatamente, si determina una diazoreazione tra il pirrolo che si è liberato ed il sale di diazonio, producendo un colore viola.

Utilizzando una scala di colori standard, le variazioni cromatiche vengono interpretate visivamente come negative (di colore beige), virando poi verso diverse tonalità di viola (tracce, 1+, 2+, 3+).

Nel cane, il test per la rilevazione dell’attività esterasica dei leucociti ha, però, un scarsissima sensibilità (46%), mentre la specificità è addirittura del 93,2%, dimostrando di avere un’elevata specificità per la batteriuria (Osborne, 1999). I test dell’esterasi leucocitaria nelle urine risultano positivi nella maggior parte dei campioni urinari felini che non contengono in realtà globuli bianchi; conseguentemente, le strisce reattive per determinare l’attività esterasica dei leucociti non hanno valore diagnostico in questa specie, anche se il congelamento dei campioni urinari elimina le reazioni false-positive. Il meccanismo associato alla determinazione delle reazioni false-positive a questo test nel gatto è sconosciuto, ma si ipotizza che esterasi feline di origine extra-leucocitaria siano in grado di idrolizzare i reagenti delle strisce per la rilevazione delle esterasi leucocitarie.

Probabilmente questo tipo di esterasi contribuisce a determinare la resistenza innata dei gatti allo sviluppo di infezioni delle basse vie urinarie di natura batterica (Osborne, 1999).

A seconda dei criteri utilizzati per analizzare i dati, dal 3% al 16% dei cani e dei gatti senza apparenti alterazioni della valutazione fisico-chimica delle urine possono riportare

52 importanti anormalità a carico del sedimento urinario, quali piuria, batteriuria o ematuria microscopica (DiBartola, 2007).

Nell’uomo, il test delle strisce reattive per l’individuazione della batteriuria è consigliato soltanto per pazienti ad elevato rischio, quali donne tra la 12° e la 16° settimana di gestazione in qualità di test di screening per infezioni asintomatiche delle vie urinarie e l’American College of Physicians ha specificato sul Periodic Health Examination che l’analisi delle urine non dovrebbe essere necessariamente impiegata per il controllo della batteriuria in soggetti asintomatici (Israni, 2012.).

Nei bambini, l’esecuzione di test di screening per la batteriuria raccoglie ancora opinioni controverse: l’American Academy of Pediatrics lo caldeggia per i bambini fino all’adolescenza, anche se un buon compromesso costo-beneficio viene indicato nell’effettuazione dell’esame al momento dell’inizio della scolarizzazione (Israni, 2012). In uno studio di Bonnardeux et al. su 5486 campioni urinari, è stato concluso che un esito negativo del test delle strisce reattive per la ricerca di batteriuria è con molta probabilità sufficiente per escludere alterazioni microscopiche delle urine, senza necessità, quindi, di condurre l’esame del sedimento. Anche nella diagnostica umana falsi positivi nella determinazione della presenza di esterasi granulocitarie nelle urine possono verificarsi in luogo di contaminazione dalla vagina; oltre a questo, elevati livelli di glucosio, albumina, acido ascorbico, tetraciclina, alcune cefalosporine o grandi quantità di acido ossalico sono potenzialmente in grado di inibire la reazione (Israni, , 2012).

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1.5 L’esame microscopico del sedimento urinario.

Il valore dell’esame microscopico del sedimento urinario nell’interpretazione complessiva dell’analisi delle urine è paragonabile alla valutazione microscopica dello striscio ematico nella corretta lettura di un emogramma (Osborne, 1999). L’interpretazione dei caratteri fisico-chimici delle urine in un’analisi di routine è accresciuta dalla conoscenza della rappresentatività del sedimento urinario: ad esempio, un grado moderato di proteinuria in assenza di un numero significativo di eritrociti o leucociti di solito indica una proteinuria di pertinenza glomerulare; per contro, la stessa entità di proteinuria associata ad ematuria o piuria indica la presenza di una risposta infiammatoria localizzata a qualche livello lungo il tratto uro-genitale. In questo caso, se la proteinuria fosse analizzata senza essere muniti del riscontro cellulare del sedimento, essa sarebbe erroneamente attribuita a lesioni glomerulari o tubulari.

L’esame del sedimento urinario è particolarmente importante nella rilevazione e valutazione di cristalli, globuli bianchi, alcuni tipi di cellule epiteliali, cilindri, batteri, lieviti o ife fungine e parassiti (Osborne, 1999). Tutti questi parametri non possono essere valutati con un buon livello di affidabilità impiegando un metodo come quello delle strisce reattive. L’esame del sedimento può essere con buone ragioni definito una citologia esfoliativa, soprattutto nel caso di un prelievo traumatico dell’urina; analogamente ad altre tecniche di citologia esfoliativa, le caratteristiche morfologiche di cellule, cilindri, batteri ed altri elementi presenti forniscono informazioni utili, ma non sempre consentono di emettere una diagnosi specifica.

Un interrogativo frequente riguardo l’esame microscopico del sedimento urinario scaturisce dalla necessità di capire se esso sia effettivamente necessario per ogni campione di urine sottoposto ad analisi o meno (Osborne, 1999). La domanda è principalmente dettata da motivi di ordine economico, dal momento che l’esame del sedimento è la parte più costosa dell’intera analisi delle urine in quanto richiede un maggior dispendio di tempo. La risposta è legata allo scopo della valutazione del campione: se tutti gli analiti determinati con il test delle strisce reattive non risultano alterati in un campione di urine di normale trasparenza ed in un paziente senza alcuna evidenza di malattie in corso o di precedenti affezioni delle vie urinarie, si può presumere con un buon livello di confidenza che anche l’esame del sedimento sia

54 normale (Osborne, 1999). Per cui, in tal caso, l’analisi microscopica del sedimento può non essere eseguita.