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Regolazione del volume cellulare in mezzi anisotonici Le cellule animali sono provviste di una membrana plasmatica che, in condizion

fisiologiche, è permeabile all’acqua e dotata di scarsa rigidità. Essenzialmente, l’acqua è libera di muoversi attraverso un meccanismo diffusivo posto in essere dalla differenza di osmolarità tra il comparto intra- ed extracellulare.

Nonostante questo, le strutture cellulari sono in grado di mantenere un volume costante entro condizioni basali, riuscendo a controbilanciare le perturbazioni che potrebbero avvenire a carico del volume, potenzialmente alteranti lo stato fisiologico della cellula fino alla sua degenerazione.

I cambiamenti del volume hanno ripercussioni su molteplici processi cellulari, quali i trasporti ionici, oltre alla maturazione degli eritrociti, alla proliferazione ed al differenziamento cellulare (Lang et al., 1998). Inoltre, è interessante notare come le suddette variazioni volumetriche siano in grado di influenzare anche il metabolismo cellulare; ciò è quanto è stato evidenziato nel fegato, dove il rigonfiamento epatocitario (swelling cellulare) è seguito da un incremento delle sintesi proteiche e del glicogeno, mentre, all’opposto, la contrazione degli epatociti (shrinkage cellulare) provoca degradazione delle proteine e del glicogeno (Häussinger et al., 1998).

Queste variazioni del volume cellulare possono manifestarsi sia in condizioni fisiologiche (ed è quanto avviene durante i processi di differenziazione e divisione cellulare) che patologiche, per l’instaurarsi di uno squilibrio osmotico tra lo spazio intracellulare e l’esterno, dovuto all’allontanamento dalla normale condizione di iso- osmolarità (che, nei Mammiferi, si attesta intorno a 308 mOsm) o in seguito all’esposizione degli elementi cellulari a soluzioni extracellulari ipertoniche od ipotoniche. Anche entro condizioni fisiologiche alcune cellule subiscono l’effetto di mezzi anisosmotici o con osmolarità variabile, come nel caso delle cellule dell’epitelio intestinale e degli eritrociti attraversanti il letto capillare intestinale, dove possono essere esposti ad ipotonicità

89 a seguito di un’eccessiva assunzione idrica. Le variazioni nell’equilibrio osmotico tra i comparti intra- ed extracellulare sono in grado di arrecare grave danno alle cellule, in quanto la permeabilità delle membrane cellulari alle molecole d’acqua è sufficientemente alta da permettere un rapido movimento di queste fuori e dentro le cellule. Pertanto, si è evoluto un meccanismo di regolazione ubiquitario, che va sotto il nome di regolazione del volume cellulare, fondato su un fine controllo dei trasposti ionici.

In condizioni di ipotonicità del mezzo extracellulare o di ipertonicità intracellulare, si instaura un flusso di acqua diretto verso l’ambiente citoplasmatico che provoca rigonfiamento della cellula, mentre, per inverso, un’ipertonicità extracellulare od un’ipotonicità intracellulare conducono all’uscita di acqua dal comparto cellulare, generando riduzione del suo volume.

In caso di rigonfiamento, le cellule (eritrociti compresi) attivano un processo regolativo chiamato decremento regolatorio del volume (RVD, Regulatory Volume Decrease) che consente il recupero dell’originario volume cellulare tramite l’uscita di acqua dalla cellula; al contrario, in caso di riduzione del volume cellulare, il meccanismo innescato dalla cellula è definito incremento regolatorio del volume (RVD, Regulatory Volume Decrease) che determina ingresso di acqua in sede cellulare.

Nelle cellule animali, l’attivazione dell’RVD è l’unico meccanismo a disposizione delle strutture cellulari per preservare le normali funzioni vitali in seguito ad avvenuto rigonfiamento cellulare.

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Figura 1.2 Regolazione del volume cellulare nei Vertebrati: i meccanismi implicati nell’RVD e nell’RVI.

Hoffmann EK, Lambert IH, Pedersen SF. Physiology of cell volume regulation in vertebrates. Physiol Rev. 2009 Jan; 1989(1):193-277).

La maggior parte delle cellule animali risponde allo swelling cellulare attivando dei sistemi di trasporto di membrana che bilanciano la perdita totale di soluti citoplasmatici osmoticamente attivi, consentendo così alla cellula di andare incontro ad una diminuzione regolatoria del volume (RVD).

Responsabili di questo meccanismo di controllo del volume cellulare sono ioni inorganici (in prevalenza K+ e Cl-) e piccole molecole organiche, quali aminoacidi, polioli e metilamine. Attualmente, ci sono forti evidenze estrapolate da molteplici studi su diversi tipi cellulari animali che la fuoriuscita di soluti organici come la taurina, il sorbitolo ed il mioinositolo avvenga attraverso un canale anionico attivato dal rigonfiamento cellulare , il quale, però, non è ancora stato caratterizzato a livello molecolare (Guizouarn and Motais, 1999).

Per quanto concerne gli ioni inorganici, sono stati finora descritti svariati meccanismi di trasporto del K+ e del Cl- innescati dal rigonfiamento: un cotrasportatore K+- Cl-, canali ionici separati per ciascuno dei due ioni ed un antiporto K+/H+.

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Figura 2.2 Rigonfiamento cellulare isosmotico ed iperosmotico.

Guizouarn, H., Motais R. Swelling activation of transport pathways in erythrocytes: effects of Cl-, ionic strength and volume changes. Am J Physiol Cell Physiol. 1999; 276:210-220.

Studi effettuati su eritrociti di trota hanno fornito un aiuto sostanziale nella comprensione dei meccanismi alla base della regolazione del volume cellulare in queste cellule del sangue, evidenziando che il rigonfiamento cellulare indotto da una diminuzione della tonicità del mezzo di sospensione, sia esso sangue od un altro fluido corporeo, prevede un meccanismo di maggiore complessità rispetto ad uno swelling cellulare di analoga intensità innescato da un’assunzione, nel comparto cellulare, di soluti osmoticamente attivi.

Come si evince dalla Figura 2, la prima immagine illustra quanto avviene nel caso di rigonfiamento cellulare isosmotico indotto dall’assunzione, da parte della cellula, di elettroliti e, conseguentemente, acqua secondo gradiente osmotico, evenienza che si manifesta, ad esempio, in luogo di stimolazione ormonale dello scambiatore Na+/H+ o di sospensione dei globuli rossi in una soluzione isotonica contenente NH4Cl. Il

rigonfiamento cellulare isosmotico è caratterizzato da un lieve incremento della concentrazione elettrolitica intracellulare (quindi, della forza ionica della cellula), a cui

92 l’eritrocita risponde con l’estrusione di K+

grazie ad un meccanismo Cl--dipendente, il cotrasportatore K+-Cl-.

Al contrario, il rigonfiamento cellulare iposmotico è indotto da un diminuzione dell’osmolarità extracellulare oppure dalla diffusione nello spazio citoplasmatico di soluti elettroneutri come l’urea, che innescano l’ingresso di acqua per effetto osmotico, diminuendo la forza ionica intracellulare. In questo caso, la risposta regolatrice del volume messa in atto dall’eritrocita è più complessa, coinvolgente l’estrusione di taurina e di K+ attraverso due sistemi di trasporto ben distinti, dei quali uno Cl-- dipendente; anche meccanismi cellulari che implicano la diminuzione della captazione di ioni Na+ (che contrasta la diminuzione regolatoria del volume cellulare) e la movimentazione di altri composti strutturalmente non correlati (quali colina, tetrametilammonio -TMA- e sorbitolo) vengono qui ad essere attivati (Guizouarn et al., 1999).

Al contrario, l’incremento volumetrico regolatorio (RVI) innescato dal restringimento cellulare in ambiente ipertonico o in luogo di ipotonicità cellulare rispetto al mezzo di sospensione è mediato, nella gran parte dei tipi cellulari finora studiati, dall’attività di un cotrasportatore Na+,K+,2Cl- (NKCC) e di uno scambiatore Na+/H+ (NHE), dei quali il primo è presente in 2 isoforme, in cui la NKCC2 è espressa soltanto a livello della membrana apicale delle cellule epiteliali renali dell’ansa di Henle e della macula densa, mentre il secondo ha espressione ubiquitaria ed è attivato in maniera consequenziale dal raggrinzimento cellulare.

La stimolazione dello scambiatore Na+/H+ esita in un’acidificazione citoplasmatica e nella successiva attivazione del meccanismo di scambio Cl-/HCO3-; in diretta

conseguenza di questo, le cellule accumulano Na+ e Cl-, eliminando all’esterno idrogenioni e HCO3- (Mongin et al., 2001).

I meccanismi finora illustrati descrivono i sistemi generali di regolazione del volume cellulare in seguito a variazioni dell’equilibrio osmotico nella maggior parte delle strutture cellulari dei Mammiferi, eritrociti compresi, ma è importante evidenziare che esistono differenze sostanziali nella composizione ionica e nei meccanismi di trasporto di questi ultimi nelle diverse specie viventi.

Come noto da tempo, la composizione elettrolitica eritrocitaria può essere distinta in tre diversi gruppi: 1. emazie con una composizione elettrolitica simile a quella delle altre

93 cellule corporee, ovvero ad elevato contenuto in K+ ed a ridotto contenuto in Na+, come nel cavallo, nel suino, nel coniglio e nell’uomo, in cui le cellule sono indicate con l’acronimo HK (High K); 2. emazie con un elevato contenuto cellulare di Na+

e ridotta concentrazione di K+ (HNa), nelle quali non si riscontra alcuna attività di una pompa del sodio a livello della membrana plasmatica e che sono caratteristiche dei carnivori, cane e gatto compresi; 3. emazie provviste di concentrazioni relativamente basse di K+ e ad alto contenuto in Na+, presentanti attività della pompa del sodio, tipiche dei ruminanti ed indicate come LK (Low K) [Aguggini, 1998].

A differenza di quanto accade nell’uomo, dove gli eritrociti HK mantengono un ampio gradiente elettrochimico per gli ioni Na+ e K+ attraverso una pompa ouabaina-sensibile che funziona scambiando K+ eritrocitario con Na+ extracellulare mediante idrolisi di ATP, nel cane il trasporto cationico in queste cellule differisce in maniera significativa: non è, infatti, mai stata dimostrata la presenza di alcun flusso di cationi inibito dall’ouabaina né è stata data prova dell’esistenza di una ATP-asi attivata da Na+

o K+ a livello della membrana cellulare (Castranova et al., 1976).

Studi condotti nei primi anni ’80 dai ricercatori giapponesi Inaba e Maede hanno dimostrato, a questo proposito, che gli eritrociti canini e felini perdono la loro Na-K adenosintrifosfatasi durante la fase tardiva della maturazione nel midollo osseo e durante quella di reticolociti, a seguito di meccanismi di natura proteolitica. Infatti, la Na-K ATP-asi, insieme a poche altre strutture proteiche, viene estrusa attraverso il sistema degli esosomi, conducendo alla scomparsa di queste proteine dall’eritrocita maturo, mentre la maggior parte di quelle che costituiscono la membrana cellulare, quali spectrina e banda 3, vengono preservate nel reticolocita e non sono espulse (Inaba et al., 1986).

Questi Autori hanno anche evidenziato che alcune razze di cani giapponesi come l’Akita e lo Shiba Inu, insieme ad altre ottenute da incroci in Corea e Giappone, rappresentano un’eccezione poiché mantengono la Na-K ATP-asi, avendo pertanto alte concentrazioni di potassio intracellulare ed un contenuto relativamente basso in sodio (eritrociti HK).

Numerosi studiosi hanno dimostrato che il raggrinzimento osmotico dei globuli rossi del cane è accompagnato da una drastica increzione del flusso di sodio verso il comparto intracellulare e da una significativa diminuzione di quello del potassio; per inverso,

94 quando le emazie subiscono il rigonfiamento osmotico, l’influsso del sodio diminuisce sensibilmente con aumento di quello del potassio. Questo meccanismo non avviene, però, quando le cellule vengono condotte ad un livello di esaurimento energetico in cui la produzione di lattato è quasi del tutto assente (Romualdez et al., 1972). Ciò suggerisce la possibilità che la dipendenza del meccanismo di trasporto cationico dal volume cellulare negli eritrociti di questa specie sia correlato allo stato metabolico delle cellule stesse.

Un interessante studio di B.C. Elford ha indagato il possibile effetto sul trasporto cationico degli eritrociti canini di un’interazione tra la temperatura e la tonicità del mezzo di sospensione; la ricerca ha confermato, come già sottolineato da Parker et Hoffman (1967), che, quando l’eritrocita va incontro ad una contrazione cellulare osmotica, si verifica solo una lieve modificazione della permeabilità per lo ione K+, mentre si estrinseca una drastica increzione di quella per il Na+. Quando gli eritrociti nello studio sono stati sottoposti a raggrinzimento cellulare entro una soluzione ipertonica di NaCl, si è verificato un significativo ingresso di ioni Na+ e l’entità della contrazione del volume eritrocitario si è dimostrata inferiore rispetto a quella attesa sulla base del valore di osmolarità del mezzo utilizzato, evento che l’Autore ha supposto essere dipeso dal fatto che la diminuzione osmotica del volume cellulare potrebbe aver indotto una distorsione della membrana cellulare, tanto da comportare la creazione di un’apertura specifica per il sodio attraverso la quale potrebbe essersi realizzato il flusso cationico.

L’assenza di connessione tra gli effetti della temperatura e della tonicità del mezzo di sospensione sul flusso di sodio e potassio negli eritrociti del cane ha evidenziato che le strutture deputate ai sistemi di trasporto cationico sarebbero da ascrivere a possibili modificazioni nell’organizzazione di complessi lipo-proteici di membrana specifici per questi due ioni.

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2.2 Effetto dell’osmolarità e del pH sulle emazie.

2.2.1 Forza ionica ed osmolarità di una soluzione.

Per meglio comprendere le modificazioni a cui i globuli rossi possono andare incontro una volta in contatto con un mezzo extracellulare che si discosta dalle normali condizioni fisiologiche, è fondamentale coglierne le particolarità strutturali e funzionali, che differenziano gli eritrociti da ogni altra linea cellulare.

Queste cellule anucleate, sia nell’uomo che negli altri Mammiferi, sono elementi unici in quanto la membrana plasmatica, che è il solo componente strutturale, espleta tutte le funzioni peculiari dell’eritrocita (antigeniche, di trasporto e meccaniche), consentendogli di sostenere ampie deformazioni passive durante i ripetuti passaggi attraverso le più fini diramazioni del microcircolo.

Lo studio dell’organizzazione strutturale delle emazie nell’uomo ha evidenziato che queste peculiari proprietà di membrana sono il risultato di un processo “ingegneristico” guidato dall’evoluzione, che è risultato nella genesi di una complessa struttura in cui una membrana plasmatica, costituita da colesterolo e fosfolipidi, è ancorata ad un sistema elastico bidimensionale, caratterizzato da uno scheletro proteico, mediante siti di legame sul dominio citoplasmatico di proteine transmembrana, poste, a loro volta, nel doppio strato fosfolipidico (Mohandas et al., 2008).

I globuli rossi maturi non possiedono un citoscheletro propriamente citoplasmatico poiché non presentano quella rete di strutture proteiche filamentose che, generalmente, caratterizza le cellule nucleate eucariotiche e che è alla base di fondamentali eventi cellulari, quali l’acquisizione ed il mantenimento della forma; questi ultimi sono, infatti, a carico dello stesso plasmalemma e del sottile strato di strutture citoscheletriche che si trova annesso alla superficie citoplasmatica del’eritrocita maturo.

Pertanto, i caratteri di plasticità ed elasticità propri degli eritrociti a livello dei capillari ematici sono assolti dalla membrana plasmatica cellulare. La tipica forma a lente biconcava dei globuli rossi circolanti non è attribuibile alle sole forze pressorie esterne agenti sulla superficie cellulare, quanto piuttosto alla preordinata organizzazione interna del loro plasmalemma.

Vista la facilità di ottenimento di membrane citoplasmatiche eritrocitarie nettamente separate dal contenuto cellulare dopo la rottura, per emolisi, entro soluzioni ipotoniche,

96 le proteine estrinseche ed integrali del plasmalemma di queste cellule sono le più conosciute e studiate; l’elettroforesi dello scheletro proteico sottomembranoso (che intrappola nella sua compagine anche alcune componenti proteiche della membrana esterna) ha evidenziato che circa il 75% dello stesso è costituito da spectrina (un tetramero composto, rispettivamente, da 2 molecole di α-spectrina e da 2 di β- spectrina), mentre il restante 25% è rappresentato da una decina di polipeptidi diversi, tra i quali sono stati individuati l’actina, la tropomiosina e l’anchirina. Alcuni di questi polipeptidi, non avendo ancora acquisito un nome specifico, vengono indicati sulla base della loro mobilità elettroforetica (es. proteina di Banda 3, proteina di Banda 4.1).

Figura 3.2 Un modello schematico dell’organizzazione strutturale della membrana eritrocitaria.

Young NS, Gerson SL, High KA, eds. Clinical haematology. Mohandas N, Reid ME. Erythrocyte structure. 2006; pp 36-38.

Come illustato in Figura 3, la struttura citoscheletrica dell’eritrocita si può affermare consistente in una rete sottomembranosa di tetrameri di spectrina rinforzata, a livello dei “punti nodali”, da corti filamenti di actina; strutture polipeptiche quali l’anchirina uniscono il dominio citoplasmatico della proteina di Banda 3 alla β-spectrina, mentre l’actina e la proteina di Banda 4.1 contraggono legame con le code dei tetrameri di spectrina; entrambe queste strutture sembrano indispensabili per mantenere l’integrità

97 strutturale. In modo particolare, la proteina di Banda 4.1 sembra capace di rafforzare, grazie ad un meccanismo Ca2+-calmodulina-dipendente, il legame tra spectrina ed actina, oltre ad essere implicata nell’ancoraggio della rete sottomembranosa di spectrina al dominio citoplasmatico della Glicoforina A (GPA) [Rosati, 2001].

Per quanto concerne le proteine transmembrana, ne sono state individuate più di 50, presenti in diversa proporzione, la cui eterogeneità funzionale spazia dal trasporto di molecole e ioni, all’implicazione nei meccanismi di adesione intercellulare con altre emazie o con l’endotelio, oltre all’espletamento di altre attività non ancora del tutto chiarite.

Le proteine transmembrana provviste di funzioni di trasporto includono la proteina di banda 3 (trasportatore anionico), l’Acquaporina 1 (deputata al trasporto delle molecole d’acqua), la RhAG (trasportatore di molecole gassose, probabilmente della CO2), il

cotrasportatore Na+-K+-2Cl- e quello Na+-Cl-, oltre al cotrasportatore Na+-K+ ed a quello K+-Cl-.

La proteina di banda 3 e la RhAG collegano, invece, il doppio strato fosfolipidico al citoscheletro proteico grazie all’interazione dei loro domini citoplasmatici con l’anchirina, la Glicoforina C (GPC) ed altre strutture dell’impalcatura proteica citoplasmatica (Mohandas et al., 2008).

Come già accennato, sembrerebbero esserci evidenze che le connessioni di alcune proteine transmembrana con quelle del citoscheletro possano giocare un importante ruolo nel regolare la coesione tra il doppio strato fosfolipidico e l’impalcatura proteica dell’eritrocita, consentendo così alla cellula di mantenere una superficie di membrana favorevole e scongiurandone una possibile vescicolazione.

La diretta interazione di diverse proteine del citoscheletro eritrocitario con fosfolipidi anionici del plasmalemma fornisce un ulteriore ancoraggio del sistema citoplasmatico proteico al doppio strato lipidico.

Il suddetto strato fosfolipidico è composto da un’eguale quantità di colesterolo e fosfolipidi, ma, mentre il primo si pensa sia distribuito uniformemente tra i due foglietti della membrana plasmatica, i 4 costituenti fosfolipidici sono ripartiti in maniera asimmetrica; infatti, fosfatidilcolina e sfingomielina sono prevalentemente localizzate a livello del monostrato esterno, mentre la maggior parte di fosfatidiletanolamina e tutta la fosfatidilserina sono confinati in quello interno. Il mantenimento di questa

98 distribuzione asimmetrica dei fosfolipidi di membrana ha importanti implicazioni a livello funzionale, in quanto le cellule macrofagiche riconoscono e fagocitano gli eritrociti che espongono la fosfatidilserina (PS) sul monostrato esterno della cellula. Inoltre, la perdita della normale asimmetria dei fosfolipidi di membrana conducente all’esposizione della PS sul monostrato esterno è stata ravvisata avere un ruolo nella distruzione prematura degli eritrociti nella talassemia e dei globuli rossi falciformi (Mohandas et al., 2008).

Alla luce delle conoscenze strutturali nell’eritrocita maturo, numerosi studi in medicina umana hanno indagato il coinvolgimento dei diversi componenti della membrana eritrocitaria nelle modificazioni che avvengono a carico della deformabilità e della morfologia cellulare in condizioni non fisiologiche.

È stato infatti evidenziato che i normali eritrociti (discociti) vanno incontro a variazioni della forma, in relazione a cambiamenti della concentrazione elettrolitica, del valore del pH del mezzo extracitoplasmatico ed a seguito dell’aggiunta di sostanze anfifiliche (Tachev K.D. et al., 2004). Una correlazione di carattere generale è stata individuata anche tra la morfologia eritrocitaria ed il potenziale transmembrana (TMP).

All’aumentare della forza ionica del mezzo di sospensione, a valori di osmolarità fissi, gli eritrociti vanno incontro alla trasformazione da stomatociti a normali discociti e, infine, ad echinociti.

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Figura 4.2 Schema della morfologia eritrocitaria: (a) stomatociti, aventi una sezione trasversale simile ad una mezza-luna; (b) discociti, provvisti di una forma a disco biconcavo; (c) echinociti, ricoperti da spicole sulla superficie della membrana cellulare. Con l’incremento della forza ionica del mezzo di sospensione, ad un valore di osmolarità fissa, un’emazia subisce una traformazione morfologica nella sequenza stomatocita  discocita  echinocita.

Tachev, KD et al. On the mechanism of stomatocyte-echinocyte transformations of red blood cells: experiment and theoretical model. Colloids and Surface B: Bionterfaces. 2004; 34: 123-140.

La spiegazione a questo fenomeno è stata espressa in termini di alterazione del rapporto tra l’area dei due monostrati costituenti il plasmalemma eritrocitario; nelle emazie dell’uomo, la scoperta del modello a mosaico fluido per le membrane biologiche (eritrociti compresi) proposto per la prima volta nel 1974 da Sheetz e Singer presuppone che qualsiasi espansione in maniera asimmetrica dei due foglietti fosfolipidici di membrana possa condurre ad un’alterazione diretta della forma cellulare; numerosi esperimenti condotti sui globuli rossi hanno dimostrato che l’incorporazione di sostanze ad azione farmacologica o di lipidi nel foglietto interno od esterno della membrana producono, rispettivamente, invaginamento (stomatocitosi) e crenazione (echinocitosi) della cellula.

La distribuzione asimmetrica dei composti fosfolipidici nei 2 foglietti giustapposti degli eritrociti è preservata dall’attività di una traslocasi ATP-dipendente che permette la totale internalizzazione della fosfatidilserina in circa 10 minuti. Dal momento che questo sistema di trasporto attivo è molto più rapido del meccanismo passivo che si verifica nel cosiddetto flip-flop (evenienza in cui una molecola fosfolipidica, ruotando di 180° all’interno del proprio foglietto lipidico, passa da un monostrato all’altro), ritenere che una redistribuzione fosfolipidica possa giustificare le alterazioni

100 morfologiche che si verificano nell’arco di pochi secondi negli eritrociti a seconda delle caratteristiche del mezzo di sospensione non è l’ipotesi più probabile (Gimsa et al., 1995).

Ci sono invece molte evidenze che, al contrario, depongono per una diretta implicazione nell’influenzare la morfologia cellulare della proteina di banda 3, struttura chiave nel mantenimento della corretta connessione tra la membrana eritrocitaria ed il suo citoscheletro proteico, oltreché nel trasporto anionico. Infatti, molteplici inibitori di questa proteina hanno provocato la trasformazione dei normali discociti in echinociti.