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sono stati allestiti i cytospin dal sedimento urinario di ogni campione.

STIMA WBC DETERMINATI SU CYTOSPIN

È stata evidenziata una connessione tra la stima differenziale dei globuli bianchi eseguita sul campione processato con la citocentrifugazione e la batteriuria determinata sul medesimo campione (presenza/assenza)[p=0,0012].

Allo stesso modo, sarebbe presente una relazione tra la stima leucocitaria differenziale condotta su un dato campione di sedimento colorato ottenuto per centrifugazione standard delle urine e la batteriuria determinata sul campione stesso (p=0,0002).

Tabella 11 Relazione tra stima leucocitaria differenziale su cytospin e tq e la batteriuria.

STIMA WBC DETERMINATI SU TAL QUALE BATTERI URINARI assenti presenti assenti 32 (52,4%) 10 (16,4%) neutrofili 3 (4,92%) 11 (18%) neutrofili; macrofagi 0 4 (6,5%) neutrofili; macrofagi; linfociti 1 (1,64%) 0

L’analisi microscopica dei campioni sul sedimento colorato ha inoltre permesso di apprezzare la localizzazione dei batteri. Dei 25 pazienti presentanti batteriuria, 4 soggetti (16%) mostravano microrganismi in sede intracellulare. Tutti i campioni caratterizzati da batteriuria intracellulare provenivano da cani affetti da uropatia.

STIMA WBC DETERMINATI SU CYTOSPIN BATTERI URINARI assenti presenti assenti 32 (52,5%) 10 (16,4%) neutrofili 3 (4,92%) 7 (11,5%) neutrofili; linfociti 0 1 (1,64%) neutrofili; macrofagi 0 5 (8,2%) neutrofili; macrofagi; linfociti 1 (1,64%) 2 (3,3%)

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Discussione

L’analisi microscopica del sedimento urinario costituisce una fase diagnostica di fondamentale importanza dell’esame delle urine, dal momento che si configura come il metodo più affidabile per apprezzare e valutare gli elementi figurati di un campione di urine.

La nostra ipotesi era che la sensibilità dell’esame del sedimento potesse essere aumentata effettuando l’osservazione microscopica dopo apposita colorazione, così da eliminare ogni incertezza sul citotipo grazie all’evidenziazione dei nuclei cellulari. A nostro conoscenza, in medicina veterinaria, nessun altro studio ha finora analizzato le differenze rilevabili all’osservazione microscopica del sedimento urinario colorato e non colorato e, in particolare, non ci sono evidenze di precedenti lavori che abbiano effettuato la stima leucocitaria differenziale, ad eccezione di uno studio di O’Neil et al. del 2012 nel quale, però, la conta non è stata portata a termine per lo scadimento delle condizioni di conservazione cellulare.

L’analisi dei dati ha evidenziato che nel nostro studio la cellularità del sedimento non è influenzata dai valori di pH e peso specifico urinari, sia nel caso dell’osservazione microscopica sul sedimento colorato che nell’esame microscopico a fresco non colorato. Analogamente, neanche la cristalluria, la cilindruria e la batteriuria hanno evidenziato una dipendenza da questi due parametri dell’esame biochimico delle urine.

Come riportato in letteratura da Osborne et al. (1999), le emazie, i cilindri, ma, in particolare, i leucociti possono andare incontro a citolisi e disgregazione quando sospesi in urine di peso specifico uguale od inferiore a 1.008. Tra la popolazione inclusa nello studio, soltanto 6 pazienti presentano urine ipostenuriche, mentre la quasi totalità dei cani ha riportato valori fisiologici per la specie compresi tra 1.015 e 1.045. Questo potrebbe essere il motivo per il quale la stima cellulare da noi condotta non è risultata essere influenzata quantitativamente dal peso specifico urinario, potendo escludere una sottostima di eritrociti e leucociti conseguente a lisi in urine ipotoniche.

Per ciò che concerne il pH, soltanto 11 pazienti (18%) mostravano valori di pH urinario oltre il range fisiologico (5.5-7.0) e la metà di questi presentava batteriuria nel sedimento. Straub et al.(1974) hanno dimostrato che la citolisi dei globuli bianchi presenti nel sedimento urinario sembra essere quantitativamente maggiore in urine a pH

134 alcalino o il cui valore aumenti successivamente al prelievo, sia per effetto di temperature ambientali particolarmente elevate che di fattori in grado di innalzare il pH urinario; nel nostro caso, possiamo ipotizzare che i campioni provenienti da pazienti con livelli di pH oltre il range fisiologico possano aver subito un’alcalinizzazione delle urine ad opera di germi ureasi-produttori, spesso presenti come normali contaminanti del tratto distale dell’uretra, delle vie genitali e di cute e mantello.

Poiché, invece, la processazione del campione avveniva in tempi brevi, l’innalzamento dovuto alla conservazione è considerabile non significativo.

Il tipo di cristalli osservati (acido urico, ossalato di calcio, etc) nel sedimento processato con le due metodiche ha rispettato il range di pH a cui i cristalli hanno maggiore tendenza a formarsi per diminuzione della solubilità e precipitazione. tab

In generale, il riscontro di cristalli nel sedimento urinario è un’evenienza piuttosto comune, che non sempre è specchio della presenza di urolitiasi o di altre patologie. Come è noto, l’urina è una miscela complessa di numerose sostanze che possono, potenzialmente, cristallizzare in assenza dell’azione contrastante di composti inibitori della litogenesi (come citrati, pirofosfati e magnesio, zinco e glucosamminoglicani); pertanto, la comparsa della cristalluria può essere connessa in maniera diretta ad una diminuzione degli inibitori della cristallizzazione, ma può anche essere legata ad una contrazione della diuresi o all’aumentata escrezione di alcuni soluti urinari (come calcio ed ossalati) [DiBartola, 2007]. Spesso, però, i cristalli che si rinvengono nel sedimento non sono presenti al momento della raccolta del campione: infatti, il raffreddamento dell’urina e le normali modifiche a carico del pH che questa può subire sono la causa della diminuzione della solubilità delle sostanze minerali, le quali giungono a sovrasaturazione ed a precipitazione sotto forma di cristalli (DiBartola, 2007).

È importante comunque precisare che l’abbattimento dei tempi di processazione dei campioni urinari entro un’ora dal prelievo, come nel nostro caso, ha limitato decisamente questa evenienza. D’altro canto, occorre sottolineare che microrganismi ureasi-produttori sono capaci di operare modificazioni della composizione chimica dell’urina, favorendo i fenomeni di cristallizzazione e di potenziale formazione di uroliti. Il ruolo di questi batteri è ben documentato in letteratura e studi condotti nella specie murina hanno dimostrato che l’instillazione di ceppi di Proteus spp. ureasi- produttori nella vescica provocherebbe la rapida formazione di incrostazioni che non si

135 verifica, invece, dopo l’inoculo di batteri privi dell’ureasi (Trinchieri, 2010). Questo enzima agisce utilizzando l’urea come substrato e tale sostanza viene scissa in ammonio ed anidride carbonica, i quali, in presenza di acqua, sono idrolizzati in ioni ammonio e bicarbonato, comportando l’incremento del pH urinario e diminuendo la solubilità di composti minerali come il magnesio, che giungono a cristallizzazione (Trinchieri, 2010).

Unica eccezione a quanto finora detto è stato un campione in cui è stata repertata la contemporanea presenza di cristalli di cistina e di struvite. Il soggetto da cui provengono le urine è un cane di razza Bassethound, affetto da litiasi vescicale; la cistinuria è una patologia ereditaria correlata ad un gene autosomico recessivo che si evidenzia clinicamente soltanto negli individui omozigoti, che hanno ricevuto il gene patologico sia dalla madre che dal padre. I cani cistinurici, per un difetto nel riassorbimento tubulare prossimale di cistina ed altri aminoacidi, recuperano una percentuale di cistina molto inferiore rispetto a quella filtrata dal glomerulo ed alcuni possono perfino avere una secrezione netta di questo aminoacido nelle urine (Casal et al., 1995). La cistinuria canina è generalmente eterogenea ed è stata riconosciuta in più di 60 razze (tra cui Bassotti, Bulldog inglesi, Chihuahua, Terranova, Rottweiler, Terranova nonché Bassethound) con quadri variabili di aminoaciduria (Case et al, 1992; Osborne et al, 1999; Hentorn et al., 2000). È ragionevole supporre che la compresenza di due tipi di cristalli che si formano entro un range di pH differente (acido per la cistina ed alcalino per la struvite) possa essere legata ad un’alcalinizzazione dell’urina ad opera di germi ureasi-produttori che abbiano comportato la diminuzione della solubilità di magnesio e fosfato, osservazione motivata anche dalla presenza di microrganismi batterici nel suddetto campione.

La batteriuria repertata nel sedimento colorato dei pazienti in studio si colloca prossima al limite superiore dei normali valori di riferimento di pH nella specie canina (7.0); il fatto che batteri normali contaminanti della porzione distale dell’uretra, delle vie genitali o del pelo in urine raccolte per minzione spontanea siano spesso dei microrganismi ureasi-produttori in grado di alcalinizzare le urine potrebbe essere giustificativo di questo nostro riscontro.

Il rapporto proteine urinarie/creatinina urinaria ha mostrato una correlazione negativa altamente significativa con il peso specifico dei campioni in esame; come evidenziato in

136 uno studio di Rossi et al. (2012), poiché la concentrazione della creatinina urinaria è in relazione diretta con la concentrazione delle urine stesse, espressa dal valore del peso specifico, è ragionevole supporre che il rapporto PU/CU subisca una maggiore influenza da parte di campioni urinari aventi basso peso specifico.

In linea ipotetica, fisiopatologicamente questa osservazione potrebbe essere spiegata dal fatto che, al diminuire della funzionalità renale, i normali meccanismi di filtrazione glomerulare e di riassorbimento tubulare subiscono una variabile compromissione, che si evidenzia anche con una diminuzione del valore del peso specifico urinario, quale segno di incapacità da parte del rene di concentrare le urine, e di perdita più o meno ingente di proteine dall’emuntorio renale.

Dal confronto dell’analisi microscopica del sedimento condotta sui preparati colorati e non colorati è emersa una differenza significativa tra i due metodi soltanto a carico delle stime cellulari di eritrociti e leucociti, che ha evidenziato un numero più elevato di questi nel sedimento non colorato.

A nostro avviso, questo riscontro può essere spiegato dalla maggiore sensibilità che l’utilizzo di un colorante sopravitale, come quello di Wright nel nostro caso, apporta al riconoscimento cellulare, eliminando ogni sorta di dubbio identificativo soprattutto grazie all’evidenziazione dei nuclei leucocitari. Il confronto delle altre determinazioni microscopiche del sedimento (cilindri, cristalli, batteri e cellule epiteliali) non ha evidenziato differenze significative tra i due metodi di osservazione. Prescindendo dalla non significatività del dato, è comunque doveroso precisare che l’esame del sedimento colorato ha dimostrato il 10% di sensibilità in più per i batteri urinari rispetto a quello a fresco non colorato, nonché l’11,47% ed il 13,11% in più per cristalli e cilindri, rispettivamente.

Presumibilmente, nella stima cellulare sul sedimento colorato, la colorazione di Wright ha fatto la differenza soprattutto nel facilitare l’identificazione degli eritrociti dai leucociti e di questi ultimi dalle piccole cellule rotonde. Alcuni leucociti potrebbero essere stati erroneamente scambiati per emazie, potendo giustificando il nostro riscontro; in ogni caso, in letteratura non esistono evidenze in merito o che affermino il contrario di quanto da noi supposto.

Per quanto riguarda invece la stima maggiormente elevata dei globuli bianchi nel sedimento non colorato, è possibile, infatti, che i leucociti, in quanto cellule di

137 dimensioni medie che oscillano tra 10 e 14µm caratterizzate dalla presenza di granuli intracitoplasmatici, possano essere stati confusi, al momento della stima operata dal microscopista sul sedimento non colorato, con cellule epiteliali del tubulo renale, elementi cellulari rotondi, di dimensioni comprese tra 10 e 50 µm, provvisti anch’essi di granulazioni citoplasmatiche. Proprio in merito a questo, Fogazzi, in occasione dell’Urinalysis Performance (Programma di Valutazione Esterna di Qualità dell’esame chimico-fisico delle urine) in patrocinio con l’Associazione Italiana Patologi clinici e con la Società Italiana dei Medici di Laboratorio, ha evidenziato la difficoltà nella distinzione tra macrofagi urinari e cellule tubulari renali nel 38% dei professionisti sottoposti al VEQ (Valutazione esterna di qualità) [Fogazzi, 2012].

Pertanto, potrebbe essere ragionevole supporre che in pazienti nefropatici, in particolar modo in quelli con tubulopatie, l’erronea individuazione delle piccole cellule rotonde tubulari possa aver determinato una sovrastima dei leucociti urinari nella valutazione del sedimento non colorato, evenienza non dimostratasi nella stima cellulare previa colorazione di Wright, data l’inequivocabile identificazione dei citotipi presenti nel sedimento urinario.

Dall’analisi dei dati è emerso anche che la patologia individuata nei pazienti influirebbe sulla cellularità a carico di eritrociti e leucociti, sia sul sedimento colorato che sul non colorato. Come si desume dai risultati (tabella 9), la maggiore cellularità dei globuli rossi osservati è associata ad affezioni urologiche e nefro-urologiche; un numero più esiguo di cellule si accompagna alle nefropatie e alle altre affezioni, a decrescere rispettivamente. Questa tendenza è stata rilevata in entrambe le osservazioni microscopiche (su sedimento colorato e non colorato).

Il rilievo di un grado di ematuria più elevato in soggetti affetti da uropatie (includenti, nel nostro studio, prevalentemente casi di cistite) è connesso al fatto che la flogosi delle basse vie urinarie comporta una maggiore essudazione di globuli rossi nelle urine dai vasi presenti nella sottomucosa, aumentati di numero e dimensioni in risposta al fenomeno irritativo locale. Anche sostanze somministrate per via sistemica come alcuni farmaci citostatici quali la ciclofosfamide in pazienti che ne prevedano l’assunzione in un protocollo chemioterapico possono scatenare flogosi importanti fino alla cistite emorragica sterile. Un caso incluso nel nostro studio mostrava tale disturbo, anche se l’analisi microscopica del sedimento urinario evidenziava la presenza di batteri in sede

138 extracellulare; in ogni caso, forme di cistite emorragica sterile, in conseguenza dell’insulto chimico mucosale, possono favorire l’impianto microbico.

Come evidenziato nella parte compilativa di questa tesi, la morfologia delle emazie è un dato microscopico che trova un importante riscontro clinico in medicina umana, in particolare in luogo di microematuria a carattere isolato. Infatti, nell’ematuria di tipo post-renale, la morfologia eritrocitaria rimane inalterata (globuli rossi eumorfici), mentre in quella nefro-parenchimale queste cellule appaiono variamente eterogenee per forma (globuli rossi dismorfici) e con scarso contenuto emoglobinico. Queste alterazioni si generano all’attraversamento della membrana basale glomerulare scontinuata e/o per gli shock osmotici che i globuli rossi subiscono nel tragitto intratubulare (Mandalara, 2004). Il valore prognostico delle alterazioni morfologiche delle emazie è stato analizzato in maniera formalmente corretta alla fine degli ani ’80 (Mandalara, 2004; Schramek, 1989). Tuttavia, il valore diagnostico degli eritrociti dismorfici non è elevatissimo. È stato però dimostrato come la presenza di acantociti (globuli rossi caratterizzati da spicolazioni irregolari della superficie cellulare) nel sedimento sia un indicatore di microematuria di pertinenza renale; l’acantocituria, in ogni caso, sarebbe un indicatore relativamente poco sensibile di microematuria nefro- parenchimale poiché ha una sensibilità di appena il 52% (Kholer et al., 1991); per contro, l’assenza di acantociti nelle urine costituisce un rilievo di primaria importanza in quanto ha un specificità del 98%, consentendo di escludere con un’altissima probabilità l’ematuria di origine renale (Kholer et al, 1991).

Di questo assunto della nefrologia umana è stato tenuto conto durante il nostro lavoro ed è stato interessante notare che, all’analisi dei 5 campioni di sedimento microematurici provenienti da pazienti nefropatici ed in cui siano state escluse affezioni delle basse vie urinarie, gli eritrociti si sono presentati uniformemente eumorfici. Si potrebbe ipotizzare che il pattern morfologico degli eritrociti nella specie canina non sia sensibile ai fattori fisico-meccanici che influenzano la forma delle emazie dell’uomo, ma, attualmente, in medicina veterinaria non ci sono evidenze bibliografiche in merito. La leucocituria ha mostrato un andamento del tutto sovrapponibile all’ematuria.

La piuria può essere lo specchio di un processo flogistico/infettivo in atto a carico delle vie urinarie e l’infiammazione può presentarsi contestualmente ad ematuria e ad un incremento del PU/CU; la leucocituria insieme alla batteriuria può essere indicativa di

139 un’infiammazione acuta provocata o complicata dai microrganismi, anche se, nel prelievo per minzione spontanea, non può essere esclusa la contaminazione del campione urinario se non si evidenzia la presenza intracellulare dei batteri.

Il confronto delle stime leucocitarie differenziali condotte sul cytospin e sul sedimento urinario tal quale sono risultate sovrapponibili (tabella 8). Ad ogni modo, la tecnica della citocentrifugazione ha permesso di individuare nei campioni di sedimento citotipi leucocitari scarsamente rappresentati nei vetrini realizzati con la centrifugazione standard, utili, come nel caso dei macrofagi e dei linfociti riscontrati nel cytospin, per una migliore definizione della leucocituria.

Inoltre, la conservazione cellulare ed il dettaglio citologico sono risultati decisamente migliori nei vetrini di sedimento colorato preparati con il cytospin rispetto al tal quale. Infatti, la citocentrifugazione consente di concentrare la frazione cellulare presente in un campione, evidenziando più efficacemente gli elementi meno rappresentati. La centrifugazione più delicata che viene attuata nell’allestimento di un cytospin è responsabile del maggiore rispetto delle caratteristiche morfologiche e strutturali delle cellule (Meyer, 2009).

Al momento non ci sono dati in letteratura che ci indichino l’utilità clinica di questo dato, ma sarebbe interessante poter disporre dell’individuazione anche di queste cellule ai fini dell’inquadramento del decorso patologico in paziente affetti da uropatie presentanti un sedimento attivo.

Lo studio delle stime leucocitarie differenziali su cytospin e tal quale previa colorazione non avrebbe rilevato una connessione tra queste e la diagnosi dei pazienti, anche se i valori sono molto prossimi alla soglia di significatività. Le stime condotte su cytospin indicherebbero la prevalenza di un pattern leucocitario di tipo pio- granulomatoso nei soggetti uropatici, mentre pazienti nefropatici o affetti da altra patologia presenterebbero un citotipo prevalentemente neutrofilico (tabella 10).

In questi ultimi, la leucocituria potrebbe anche essere il risultato di una contaminazione dal tratto genitale o essere la conseguenza di disturbi diversi dalla flogosi urinaria ad eziologia batterica come nel caso di cause infiammatorie asettiche quali eventuali urolitiasi metaboliche non diagnosticate.

Al contrario, il nostro studio ha mostrato una connessione diretta tra la batteriuria e le stime differenziali dei globuli bianchi nel sedimento colorato; il citotipo prevalente nei

140 pazienti batteriurici è risultato quello neutrofilico, tanto nel cytospin quanto nel tal quale ed anche in questo caso, la stima condotta su preparati citocentrifugati ha mostrato una maggiore sensibilità nella rilevazione di elementi cellulari meno numericamente rappresentati come i linfociti, la cui presenza era attorno al 10-15% nei 4 sedimenti allestiti come cytospin; al contrario, l’osservazione del sedimento colorato tal quale ne ha permesso l’evidenziazione soltanto in un paziente sui 4 complessivi.

Tenuto conto di quanto finora detto in merito alle stime leucocitarie differenziali, l’apporto clinico fornito dal cytospin dà senza dubbio spunti interpretativi interessanti all’analisi microscopica del sedimento, ma, visti i maggiori tempi e costi di processazione e dato che l’approccio terapeutico ai pazienti non subirebbe sostanziali modifiche, soprattutto negli uropatici, non riteniamo possa essere conveniente applicarlo routinariamente nell’esame del sedimento urinario in sostituzione della centrifugazione standard.

Un limite importante del nostro studio è il fatto che il microscopista che ha letto i sedimenti non colorati non coincide con quello che ha letto i preparati colorati; considerando la notevole variabilità operatore-dipendente, che deve essere presa in considerazione per entrambe le stime condotte e raffrontate, sarebbe a nostro avviso interessante pensare ad uno studio prospettico in cui i due operatori coincidano, o almeno, aumentare significativamente la casistica.

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Conclusioni

Il nostro studio ha evidenziato la maggiore sensibilità dell’osservazione microscopica del sedimento urinario previa colorazione di Wright nell’identificazione delle emazie e dei leucociti ed ha mostrato l’assenza di un’influenza da parte dei valori di pH e peso specifico urinari sulla cellularità del sedimento, avvalorando in tal modo le stime da noi condotte sui campioni in esame, in virtù dell’assenza di una possibile sottostima connessa a condizioni extracellulari sfavorevoli.

Le stime semi-quantitative di emazie e globuli bianchi hanno confermato una dipendenza della rappresentatività cellulare dalla patologia dei pazienti in studio ed i leucociti individuati su campioni cytospin e tal quale sono risultati in relazione con la batteriuria.

Pertanto, il nostro lavoro, sebbene preliminare e da ampliare, ha evidenziato che l’esame microscopico del sedimento urinario può essere decisamente implementato con l’utilizzo di una colorazione sopravitale come quella di Wright che elimini ogni dubbio interpretativo e consenta di discriminare tutti i citotipi del sedimento, aumentando la sensibilità della microscopia

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