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II) La rappresentazione russa del Giappone e dei giapponesi prima della

3. I paesaggi giapponesi

Altra questione a lungo trattata in queste testimonianze fu quella della descrizione dei paesaggi giapponesi. Gli autori rimasero sorpresi dalla quantità e dalla bellezza degli ambienti naturali del Giappone, mai visti prima per lo meno nell’Impero russo. I viaggiatori zaristi arrivati al porto con le loro imbarcazioni, nelle visite nei pressi dei centri abitati oppure durante gli spostamenti da una città all’altra in treno, resi possibili grazie allo sviluppo della rete ferroviaria giapponese attorno agli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, descrissero accuratamente le viste naturalistiche incontrate78. A destare

più stupore tra i visitatori, oltre che la ricca flora composta da specie vegetali diverse, non fu soltanto la differenza tra i paesaggi russi e giapponesi, ma anche la cura e la dedizione con cui le persone coltivavano la terra, evidente soprattutto nelle risaie.

Molte furono le descrizioni riguardo agli ambienti naturali giapponesi fornite dagli autori che arrivarono nel Paese via mare. Goncharov descrisse il paesaggio che trovò davanti a sé al suo arrivo nella baia di Nagasaki. Lo scrittore rimase attratto dalle colline e montagne verdi, certe più alte altre meno, che si alternavano l’un l’altra e che diceva esser “coltivate da cima a fondo con tanta cura e precisione ”79. Raccontò degli alberi che

trovò lungo l’insenatura: pini, palme, alberi di pesco e altri che non riuscì ad identificare. Entrando nella rada si soffermò a raccontare cosa vide attorno a sé: a sinistra una lunga baia, un promontorio e scogliere a picco sul mare, a destra un’alta collina con le sue terrazze coltivate. Ovunque vide speroni, promontori e piccoli isolotti ricoperti con alberi e una fitta vegetazione di vario genere80. Goncharov, esterrefatto da tutto ciò, affermò

78 R. Calvet, Storia del Giappone e dei giapponesi, p. 322 e R. Caroli e F. Gatti. Storia del

Giappone:p. 134.

79 I. A. Goncharov, Sobranie sochinenii v shesti tomakh: p. 108.

che: “Tutto è così armonioso, così pittoresco, che non sembra reale, e sospetti che sia una scena dipinta, presa interamente da un balletto incantato”81. Una descrizione simile della

baia di Nagasaki la diede Garin-Mikhailovskii: alte e verdi colline lungo il litorale82. L’autore, però, in questo caso navigò lungo l’arcipelago giapponese per poi raggiungere Yokohama. Durante il viaggio, per conquistare la nuova città da visitare, rievocò delle impressioni e sensazioni già vissute in precedenza:

Mi ricorda un po’ di viaggiare nell’Adriatico - lo stesso arioso mare azzurro, le stesse scoscese isole grigie, dormendo allo stesso modo nella limpida aria dorata. I colori del mare, del cielo e dell’orizzonte sono altrettanto delicati. Qui forse c’è qualcosa di ancora più delicato nella tonalità veramente rosata dell’aria83.

Arrivato nella rada di Yokohama, Garin-Mikhailovskii notò la lontananza delle montagne e delle colline dalla zona costiera a differenza di Nagasaki, ma rimase in particolar modo affascinato dalla vista del Monte Fuji, con la sua punta imbiancata dalla neve84. Inoltre, raccontò dell’affascinante panorama che ammirò dalla nave quando calò la notte e delle luci delle abitazioni che si riflettevano a specchio nell’acqua della baia. Altro autore che descrisse cosa vide dal ponte della sua nave fu l’esploratore Maksimov. Aspettando l’arrivo dei funzionari giapponesi, per avere il nulla osta a poter scendere a terra, si soffermò sulla vista della città che si estendeva di fronte a lui, sulle pendici del verde monte circondato da coste85. Dichiarò che: “L’aspetto esterno [di Hakodate] è

come niente che abbiamo conosciuto o visto prima. Non c’è nulla che ci ricordi delle città russe, neanche di quelle europee o orientali”86.

81 I. A. Goncharov, Sobranie sochinenii v shesti tomakh: p. 109.

82 N. G. Garin-Mikhailovskii, Po Koree, Man’chzhurii i liaodan’skomu poluostrovu: p. 176.

83 Ibid p. 180.

84 Ibid pp. 181-182.

85 S. V. Maksimov, Na vostoke: poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p.

125.

Anche dopo esser scesi a terra, visitando i dintorni delle città in cui si trovavano, i viaggiatori russi furono colpiti dagli ambienti che li circondavano. Per esempio Kornilov, inizialmente dubitando della maestosità dei paesaggi giapponesi descritti dai suoi colleghi in precedenza e classificando il Giappone come un Paese “noioso”, si dovette ricredere dopo aver visto i giardini e le terrazze che davano sulla città di Edo87. Altri

viaggiatori, come Zarubin e Krasnov, raccontarono di cosa ammirarono attorno a Nagasaki. Zarubin rimase colpito dalla folta vegetazione che ricopriva i pendii, formata probabilmente da foreste di camelie. Il medico, incuriosito da ciò che gli esploratori zaristi avevano scritto in passato sulle meraviglie del Giappone, tra la flora cercò anche la

Cryptomeria japonica88, che in passato, a suo parere, aveva “deliziato i viaggiatori

russi”89. Zarubin, inoltre, affrontò uno dei maggiori problemi del Giappone: la mancanza

di terra coltivabile a causa del territorio per lo più collinare e montuoso. A proposito di ciò scrisse: “Ogni spazio libero è occupato da rettangoli chiari di campi di riso. In Giappone c’è poca terra e non ne viene sprecata neanche un centimetro”90. Inoltre,

scrutando il paesaggio e definendolo “meraviglioso”, Zarubin notò Dejima, l’isola artificiale situata nella baia di Nagasaki e abitata da olandesi a partire dal 1641, e Inosa, un piccolo villaggio di pescatori che col passare degli anni divenne una “colonia russa”91.

A parlare delle bellezze paesaggistiche di Inosa fu il professore dell’Università di Charkiv, Krasnov (1895), che nel 1892 viaggiò in Giappone, Cina e Giava per studiare la storia naturale e la botanica di queste regioni e che nella sua visita in Giappone alloggiò proprio nel villaggio abitato per lo più da russi. Essendo studioso di scienze botaniche, l’autore si addentrò in un boschetto in una collina nelle vicinanze del villaggio per scoprire che tipologia di flora caratterizzasse la zona. Rimase colpito dalla quantità di diverse piante che incontrò lungo il suo sentiero: pini, camelie, alberi sempreverdi, castani e bambù selvatici, gardenie bianche aromatiche, magnolie e azalee. Scrutando gli

87 A. Kornilov, Izvestiia iz Iaponii: p. 122.

88 Cedro giapponese.

89 I. Zarubin, Vokrug Azii: putevye zapiski: p. 148.

90 Ibid p. 148.

speroni rocciosi notò edere e fino a otto tipi di felce differenti92. Krasnov credeva di esser

immerso in un “paradiso sulla terra”, dove “ogni cinque o dieci passi della tua camminata, attraverso questa giungla e questa foresta, sarai ricompensato con una vista spettacolare o un’immagine senza precedenti della natura”93.

Altro punto di osservazione dei paesaggi giapponesi fu il treno. Nel resoconto del medico Cherevkova (1900), l’unica donna russa a testimoniare riguardo il proprio soggiorno e quello del figlio di sette anni in Giappone nel 1890, viene raccontato nei dettaglio tutto ciò che l’autrice notò dal finestrino del suo convoglio, mentre stava viaggiando da Nagoya a Yokohama. Ella osservò, allo stesso modo degli autori, le risaie, i frutteti e le piantagioni di tè che ricoprivano le colline verdi e poco dopo rimase anche lei affascinata come Garin-Mikhailovskii alla vista del Monte Fuji94. La donna, infatti, affermerà: “Non riesco a distogliere lo sguardo dal finestrino della carrozza. Questo posto è così meravigliosamente bello da sfidare la descrizione”95. Cominciarono a comparire

delle similitudini tra ambienti europei e giapponesi, ma non venne mai preso in considerazione l’Impero russo. Attraversando vallate, montagne, fiumi e radure, all’autrice tornarono in mente i ricordi del Passo di San Gottardo e della parte italiana della Svizzera, secondo lei molto simili ai luoghi che stava percorrendo96. Allo stesso modo Alexeev, che visitò ed esplorò il Giappone nel suo tempo libero accompagnato da una guida personale,paragonò i panorami giapponesi con luoghi già visti in precedenza sempre in Europa, ma questa volta non in Svizzera, bensì in Olanda97.

92 A. N. Krasnov, Po ostrovam dalekogo vostoka: putevye ocherki in D. N. Wells. Russian

Views of Japan, 1792-1913: An Anthology of Travel Writing: pp. 171-173.

93 Ibid p. 173.

94 A. Cherevkova, Po zheleznym dorogam Iaponii, in D. N. Wells. Russian Views of Japan,

1792-1913: An Anthology of Travel Writing: p. 163.

95 Ibid p. 165.

96Ibid.

97 A. Renner, Watching foreign neighbours: p. 41 e P. S. Alekseev, Putevye zametki po Iaponii,

Gli autori, quindi, concordarono appieno nel fatto che il Giappone offrisse paesaggi e viste meravigliose ed affascinanti, nonché curatissime. Goncharov lo definì un “regno magico”, mentre Kornivol lo presentò come “un posto eccellente”98. L’aggettivo

comunemente utilizzato nelle descrizioni dei viaggiatori zaristi presentati fu “pittoresco”. Di conseguenza gli autori, con queste rappresentazioni ed impressioni, andarono ad evocare nelle menti dei russi e non solo quell’idea di “Paese esotico” che ancora oggi rimane viva99.