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II) La rappresentazione russa del Giappone e dei giapponesi prima della

6. Lo scarso valore della vita in Giappone

In genere, pur trattandosi di culture diverse e lontane l’una dall’altra, i viaggiatori zaristi arrivando in Giappone non vissero quello “shock culturale” che si verifica in coloro che, giungendo in un nuovo Paese, prendono contatto con abitudini, tradizioni, cibi e costumi diversi dal proprio139. Gli autori non espressero mai un senso di ansia, confusione o paura nell’interfacciarsi con questa nuova cultura, anzi provarono curiosità e rimasero affascinati nello scoprire questo “nuovo mondo”. Solo un aspetto del comportamento giapponese “tormentò” i pensieri dei russi, ovvero quella che Maksimov

137 S. V. Maksimov, Na vostoke: poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p.

134.

138 I. Zarubin, Vokrug Azii: putevye zapiski: p. 154.

139 M. Winkelman, Cultural shock and adaptation, Journal of Counseling & Development 73.2

definì come “l’indifferenza giapponese alla vita”140. A proposito di ciò ne parlarono in

modo simile tre autori in particolare: lo stesso Maksimov, raccontando la sua esperienza delle esecuzioni pubbliche, nonché Goncharov ed Alexeev, disquisendo riguardo alla pratica del seppuku.

Maksimov, durante il suo soggiorno in Giappone, fu uno di quegli autori che più si espresse con indignazione riguardo a questo argomento. Cominciò col spiegare che nel Paese si constatava un basso tasso di criminalità, in particolare di furti, in quanto anche se si rubavano solo pochi copechi la legge prevedeva la decapitazione141. Maksimov sostenne a proposito di ciò: “Nessuno ha pietà delle persone qui e anche questo [del taglio delle teste] è un evento frequente. In passato non c’è stato giorno senza un'esecuzione”142. L’autore riconobbe che già al suo arrivo, rispetto al passato, il numero

delle decapitazioni e delle esecuzioni fosse diminuito, anche se non cessato completamente. Il viaggiatore spiegò come da alcuni anni il governo di Edo avesse iniziato ad inviare i condannati a morte in esilio sull’isola di Sakhalin, che a partire dal 1855, con l’Articolo 2 del Trattato di Commercio, Navigazione e Delimitazione tra l’Impero russo ed il Giappone (conosciuto comunemente come Trattato di Shimoda), venne amministrata congiuntamente dai due Paesi143. Il continuo trasferimento delle persone tra le varie isole giapponesi portò, però, ad un considerevole problema: quello dell’affollamento. Maksimov reputò in merito a ciò che la questione fu risolta dalle

140 S. V. Maksimov, Na vostoke: poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p.

144.

141 Il copeco era una moneta russa creata nel XVI secolo in argento. Ad oggi esiste ancora ed

equivale alla centesima parte di un rublo.

142 S. V. Maksimov, Na vostoke: poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p.

143.

143 Nel 1875 fu concluso un altro trattato tra i due Paesi (il Trattato di San Pietroburgo), che

stabiliva all’Articolo 2 la cessione dei diritti giapponesi di Sakhalin all’Impero russo in cambio delle Isole Curili. T.J. Schoenbaum, Peace in Northeast Asia: Resolving Japan's territorial and maritime disputes with China, Korea and the Russian Federation. Cheltenham: Edward Elgar Publishing Ltd 2008: pp. 55-56.

autorità giapponesi in una maniera “vergognosa e criminale”, raccontando:

Per molti anni (i giapponesi non sanno nemmeno esattamente quanti), la popolazione di queste isole è diventata così densa e affollata che il governo è giunto alla convinzione vergognosa e criminale che le vite delle persone possono essere considerate quasi senza valore. Sono pronti ad usarli a proprio vantaggio se sono vigorosi e sani e li uccidono o li gettano via felicemente se sono anche minimamente toccati da malattia o decadimento144.

Infine, nel resoconto dell’esploratore russo viene rappresentata una comune esecuzione pubblica giapponese a cui l’autore assistette. Maksimov descrisse come le persone si rallegrassero nell’esser invitate fuori città per presenziare ad atti simili, come successe nel suo caso appena fuori da Hakodate145. Raccontò come in quella giornata le persone si precipitarono fuori dal centro per l’esecuzione di un criminale che aveva tentato di dar fuoco all’edificio dell’ammiragliato locale. A partecipare come “pubblico” all’uccisione furono solo gli uomini, mentre le donne si nascondevano in ogni dove in modo di non esser “contaminate” dalla vista del criminale. Anche i negozi lungo la strada percorsa dal prigioniero risultarono chiusi, sempre per evitare che il suo sguardo incontrasse la mercanzia, danneggiando il commercio o riducendo i profitti146. L’uomo, condannato al rogo, andò alla pira e ciò che sconvolse i russi presenti fu la sua espressione priva di vita e calma al punto che Maksimov scrisse: “Ci indignammo per conto dell'uomo in generale - così forte era il nostro odio in quel momento nei confronti di una legge che permetteva e giustificava tali spettacoli”147. Altro fatto che lo turbò furono i numerosi ambulanti che si

aggiravano tra la folla vendendo tè verde, riso, spezie, dolci, conversando tranquillamente con le persone, senza percepire ciò che stava accadendo in un’atmosfera che pareva di normalità. Le discussioni tra la massa non si placarono neanche quando il condannato fu

144 S. V. Maksimov, Na vostoke: poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p.

143.

145 Ibid.

146 Ibid p. 144.

inghiottito dal fumo. Inoltre, il corpo fu mantenuto intatto nei tre giorni successivi per permettere a coloro che non avevano presenziato il giorno della condanna di vederlo148.

Maksimov portò anche un altro esempio di esecuzione, a cui questa volta non assistette. Ad Edo un uomo, che aveva tentato di uccidere il fratello dello shōgun, fu condannato a morte, ma questa volta non al rogo, bensì bollito vivo in un calderone149.

I viaggiatori russi, inoltre, turbati descrissero la pratica del seppuku (Figura 1). Il

seppuku (tradotto “taglio del ventre”), in italiano denominato anche harakiri, era un antico

rituale di suicidio riservato alla casta militare (i samurai) che consisteva nell’aprirsi l’addome inferiore con un pugnale150. La morte in genere non derivava dalle ferite al

ventre, ma piuttosto dal rapido colpo inferto da un kaishakunin (ovvero un secondo) che con una lunga spada decapitava la persona che eseguiva il seppuku, al fine di risparmiargli ulteriori sofferenze. Per un samurai, la morte in battaglia era considerata tra i più alti onori, ma in caso di sconfitta l'atto di seppuku era in genere eseguito dal guerriero che non voleva arrendersi al nemico, oppure per fare ammenda dei propri fallimenti personali o per seguire il proprio signore fino alla morte151. Questa forma di suicidio era quindi un atto

onorevole, compiuto da coloro che avevano radicati ideali di lealtà e dovere, ma veniva spesso eseguito nel contesto di evitare il disonore152. Nonostante l’abolizione della classe samuraica durante la Restaurazione Meiji, il divieto del seppuku nel 1873 e di portare spade nel 1876, il rituale continuò ad essere visto come un atto di coraggio, onore e sacrificio all'interno della cultura giapponese153. Goncharov, Maksimov ed Alexeev furono

148 S. V. Maksimov, Na vostoke: poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p.

145.

149 Lo shōgun era l’autorità massima nel sistema del bakufu. S. V. Maksimov, Na vostoke:

poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p. 145.

150 R. Calvet, Storia del Giappone e dei giapponesi: p. 483.

151 J.M. Pierre, Culturally sanctioned suicide: euthanasia, seppuku, and terrorist martyrdom, World

J Psychiatry, n. 5 (2015): pp. 7, 8.

152 Ibid.

153 R. Calvet, Storia del Giappone e dei giapponesi: p. 491 e J.M. Pierre, Culturally sanctioned

i tre autori russi che narrarono a proposito di questa pratica. Goncharov riportò un esempio di seppuku di cui aveva sentito parlare durante la sua permanenza in Giappone. L’autore ricordò come un samurai di Nagasaki si tagliò il ventre a causa di un suo fallimento. Al guerriero era stato dato il compito di far recapitare dei regali al capitano di una nave inglese da parte della Corte giapponese, ma i doni non furono accettati dal graduato e, come conseguenza del fallimento personale, il samurai praticò il seppuku154. Anche Maksimov nel suo resoconto riportò in breve un esempio di questo rituale. L’esploratore scrisse che all’interno delle carceri giapponesi era frequente la decapitazione dei prigionieri da parte delle autorità. Raccontò di come a quei samurai che non riuscivano a tagliare la testa del detenuto in un colpo solo gli veniva ordinato di eseguire il rituale del suicidio davanti ai colleghi, in segno di vergogna per non esser riuscito nell’impresa di decapitazione155. Il viaggiatore Alexeev, invece, scrivendo negli anni Novanta

dell’Ottocento, aggiunse che sebbene questa pratica fosse stata abolita qualche decennio prima, nel 1891 si verificarono comunque due casi di suicidio in Giappone, avvenuti col taglio del ventre156.

154 I. A. Goncharov, Sobranie sochinenii v shesti tomakh: p. 106.

155 S. V. Maksimov, Na vostoke: poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p.

144.

Figura 1- Stampa su blocco di legno che rappresenta una scena del teatro Kabuki, una tipologia di teatro giapponese. Nella scena il fuorilegge, Shirai Gonpachi, compie il seppuku con

la sua spada su una barca. Suicidio al fiume – Kabuki, Kunisada Utagawa, 1856157.

In definitiva, i russi si approcciarono positivamente alla cultura giapponese, rimanendo anche affascinati dalla stessa, tranne nel caso delle esecuzioni e del seppuku, rappresentati dagli stessi come “pratiche vergognose e disumane”. Da questo punto di vista, la percezione dei giapponesi rappresentati nelle precedenti testimonianze come persone gentili, sempre sorridenti ed altruiste in queste occasioni perdeva la sua valenza, trasformandoli in una popolazione “bestiale e crudele” che permetteva questi atti158. A tale

proposito, Maksimov aggiunse a questa considerazione che: “Grazie a questa abitudine

ben consolidata nel considerare le proprie vite nulle, sono portati a vedere le vite degli altri con indifferenza”159. Questo “giustificherebbe” gli atti aggressivi ed ostili dei giapponesi

nei confronti degli occidentali di cui è già stato discusso nel sottocapitolo “La descrizione dell’evoluzione dell’accoglienza giapponese” e le decisioni di alcuni daimyō nell’assoldare sicari per l’uccisione degli stranieri. Maksimov concluse le sue considerazioni

157 The Ukiyo-e.org database https://ukiyo-e.org/image/mfa/sc178739 (Ultimo accesso 21 luglio

2020).

158S. V. Maksimov, Na vostoke: poezdka na Amur: dorozhnye zametki i vospominaniia: p.

143.

sull’argomento dicendo:

Immaginiamo quindi che le vite degli europei, che naturalmente sono considerate irritanti dal governo, saranno sempre in pericolo e saranno sempre a rischio di affilate sciabole giapponesi - il cui acciaio, come gli europei sanno da tempo, non ha rivali da nessuna parte sulla terra160.

È doveroso sottolineare, però, che anche in questo caso, come nei vari esempi dei problemi creati agli stranieri al loro arrivo nel Paese, questi comportamenti feroci apparentemente, secondo gli autori russi, non sembravano imputabili al popolo giapponese bensì introdotti dal governo. Secondo Maksimov questo comportamento non rientrava nell’indole giapponese, ma era stato dettato “dall’alto”, dalle autorità potenti ed influenti. L’autore, infatti, scrisse: “… quell’ottusa indifferenza [giapponese alla vita] introdotta nel popolo dal governo stesso, che ha stabilito leggi spietate e condannato a morte così tante persone”161.