Capitolo 4. Il panturchismo nella Turchia repubblicana
4.3 Il panturchismo nel dopoguerra
Tra la fine degli anni Quaranta e l‟inizio dei Cinquanta la situazione internazionale portò molti panturchisti a concentrare le proprie attività nel supporto alla comunità turco-cipriota, in reazione alle crescenti rivendicazioni panelleniche della Cipro greca. In termini più generali, il panturchismo di questo periodo poneva ancora una forte enfasi sia sulla questione della razza, sia sulla sua natura anticomunista. Uno degli autori più solerti nel coniugare questi due aspetti rimase Türkkan, artefice di una lunga serie di libri e pamphlet nei quali esaltava la comunanza razziale tra i turchi, dalla Bulgaria ai monti Altai. Atsız, dal canto suo, paragonava le rivendicazioni panturche sull‟Asia centrale a quelle tedesche sull‟ex Prussia orientale, quelle finlandesi sulla Carelia, quelle ungheresi sulla Transilvania, quelle jugoslave sulla Macedonia, quelle greche sulla Tracia orientale, quelle siriane su Alessandretta70. Perché, si chiedeva, i turchi non avrebbero potuto aspirare a vivere uniti? L‟inaugurazione del multipartitismo nel 1946 indebolì la posizione dominante che sino ad allora il Partito Repubblicano del Popolo fondato da Atatürk (Cumhuriyet Halk Partisi, CHP) aveva mantenuto. Le elezioni del 1950 videro in effetti prevalere il Demokrat Parti (“Partito Democratico”)
67 Ivi, p. 117. 68
Dopo aver mantenuto una difficile neutralità per quasi tutto il periodo bellico, la Turchia dichiarò guerra alla Germania soltanto quando il collasso tedesco appariva ormai certo, il 23 febbraio del 1945. Questa decisione, che permise al Paese di essere tra i membri costituenti dell‟ONU, fu presa da İnönü dopo ripetuti tentennamenti di fronte alle pressioni britanniche, nel timore di subire il bombardamento di Istanbul da parte dell‟aviazione tedesca.
69 «The war was over by then and the country‟s relations with the Soviet Union had changed. In a very
different mood and with scant media coverage, a retrial was held from August 1946 to March 1947, at which all charges against all the accused were dismissed by the Court. In effect, Pan-Turkism had been vindicated by the Courts as neither subversive nor illegal. He public had been fed a large dose of PanTurk ideology, emphasising its strongly nationalist character; indeed, as the accused themselves maintained, a public image was being created that they were the only true nationalists». J. M. Landau, Pan-Turkism:
From Irredentism to Cooperation…, cit., p. 118.
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di Adnan Menderes, il cui governo si dimostrò meno apertamente ostile al panturchismo di quanto non avessero fatto quelli precedenti. In seguito, dopo il colpo di Stato militare del 196071 e il periodo di caos politico che ne seguì, le attenzioni dei vari gabinetti di coalizione che si succedettero sarebbero state rivolte più alla preservazione della tenuta delle istituzioni repubblicane che al controllo delle attività dei circoli di ideali panturchi, i quali poterono sperimentare un periodo di relativa libertà.
Per questi motivi, nel corso dei primi due decenni del dopoguerra il numero di pubblicazioni editoriali, ad opera sia di cittadini turchi che di turchi non anatolici, si mantenne alto. A tal riguardo è necessario operare un distinguo essenziale: mentre la maggior parte dei “turchi esterni” affiancava all‟ideologia panturca la difesa delle prerogative delle rispettive comunità di appartenenza (tatara, azera, baschira, ecc.)72, gli attivisti nativi della Turchia avevano come unico obiettivo l‟unione dell‟interezza dei popoli turchi sotto la guida della nazione repubblicana, unica vera entità statuale turca indipendente, senza un particolare riguardo per le specificità di ogni gruppo etnico. Possiamo portare all‟attenzione diversi esempi di questa tendenza. Già nel 1944 venne pubblicato Yeryüzünde Türkler73 (“I Turchi intorno al globo”), uno studio, impregnato di sentimenti panturchi, sulle popolazioni turche viventi in Asia centrale, regione del Volga, Turkestan, Crimea, Azerbaigian, Rumelia, Iraq, Dobrugia, Cipro e Romania. Nel 1947 fu la volta di Türk gençliğin kükreyişi74 (“Il ruggito della gioventù turca”), in cui l‟autore Hikmet Tanyu, uno dei contestatori processati tre anni prima, propugnava l‟ormai consueta combinazione di panturchismo e anticomunismo. Hocaoğlu Selâhattin Ertürk, insegnante di filosofia a Konya, pubblicò nel 1952 Türkçülük nedir?75 (“Cos‟è il
71 Il 27 maggio 1960 il Millî Birlik Komitesi (“Comitato di Unità Nazionale”), guidato dal generale Cemal
Gürsel, annunciò il colpo di Stato ai danni del governo del Partito Democratico, accusato di un crescente autoritarismo e di deviazione dai principi laici della repubblica. L‟anno successivo, a seguito di un processo che ebbe una notevole risonanza internazionale, il Primo ministro Menderes fu giustiziato. Il golpe del 1960 inaugurò, da parte delle forze armate turche, la linea di interventismo politico che sarebbe stata ribadita in modo ricorrente nel corso dei decenni successivi. Il colpo di Stato e il successivo processo politico sono descritti in modo estremamente dettagliato in L. Pietromarchi, op. cit., pp. 341- 388.
72 Ottimi esempi di tale tendenza erano alcune delle riviste edite negli anni Cinquanta dai movimenti
nazionali delle varie comunità etniche turche: “United Caucasus”, organo del Comitato per l‟Indipendenza del Caucaso; “Svobodniy Kavkas” (“Caucaso Indipendente”), portavoce delle istanze dei nazionalisti del Caucaso e degli azeri; “Azerbaycan” (“Azerbaigian”), pubblicazione edita dall‟Associazione Nazionale dell‟Azerbaigian; “Millij Türkistan” (“Turkestan Nazionale”), periodico del Comitato Nazionale dell‟Unione del Turkestan; “Türkeli” (“Terra dei Turchi”), rivista del Comitato Nazionale per la liberazione del Turkestan; “Azat Vatan” (“Madrepatria Indipendente”), organo del Comitato Nazionale dei Tatari e Baschiri.
73 H. N. Orkun, Yeryüzünde Türkler, İstanbul, Kenan Matbaası, 1944. 74 H. Tanyu, Türk gençliğin kükreyişi, Ankara, Kanaat Basimevi, 1947. 75
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panturchismo?”), nel quale sosteneva come fosse dovere della Turchia assistere azeri, tatari e turkestani nelle rispettive lotte di liberazione nazionale, come primo passo verso la creazione di un “grande Turan”. Sei anni dopo Mehmet Emin Erişirgil rimarcò l‟importanza del principio della razza, fondamentale prerequisito per una corretta interpretazione del panturchismo, in Türkçülük devri, milliyetçilik devri, insanlık devri76 (“L‟era del panturchismo, l‟era del nazionalismo, l‟era dell‟umanità”). Il 1960, infine, vide la pubblicazione, ad opera di Kurt Tarık Öz-Han, di Hayır! Prof. H. E. Adıvar: esir Türk illeri kurtarılacaktır77
(“No alla professoressa H. E. Adıvar: i territori turchi prigionieri saranno riscattati”), una vera e propria condanna della figura di Halide Edip Adıvar, rea di aver paragonato il panturchismo al panslavismo, un fenomeno che l‟autore del libro riteneva ormai appartenente al passato e privo di obiettivi concreti. Dal punto di vista della stampa periodica la rivista di maggiore importanza, nel dopoguerra, fu senza ombra di dubbio “Orkun. Haftalık Türkçü dergi” (“Orkun78. Settimanale panturchista”), diretta dall‟attivissimo Atsız e apparsa a partire dal 1950. Sia il motto, «Bütün Türkler bir ordu» («Tutti i turchi, un esercito»), sia la copertina del periodico, caratterizzata dalla rappresentazione del lupo grigio, non si prestavano a fraintendimenti di sorta riguardo agli ideali propugnati dagli autori. Atsız, che confidava nel clima di maggiore libertà inaugurato dalle prime elezioni multipartitiche, utilizzava toni veementi ed estremamente espliciti, se paragonati a quelli degli anni pre-bellici. I suoi principali attacchi erano diretti tanto ai denigratori del panturchismo in Turchia, quanto al comunismo e, più in generale, alla Russia sovietica, ma neanche la Bulgaria, accusata di perseguitare la propria corposa minoranza turca, era risparmiata79. Veniva inoltre riaffermata la superiorità razziale dei turchi e caldeggiata la loro “liberazione”, dall‟Asia centrale, all‟Azerbaigian, a Cipro, allo scopo di ottenere finalmente la realizzazione delle loro aspirazioni e dei loro diritti.
Al di là delle attività editoriali e di propaganda, l‟attivismo panturchista tentò di dotarsi di un‟organizzazione politica. Già in precedenza erano stati fatti, a livello semi- clandestino e con scarso esito, diversi tentativi di questo genere80, ma dopo la fine della
76 M. E. Erişirgil, Türkçülük devri, milliyetçilik devri, insanlık devri, Ankara, Maarif Yayınevleri, 1958. 77 K. T. Öz-Han, Hayır! Prof. H. E. Adıvar: esir Türk illeri kurtarılacaktır, Ankara, Orkun Basımevi,
1960.
78 L‟Orkun (più spesso Orkhon, o Orhon) è il fiume della Mongolia nella cui vallata furono ritrovate le
iscrizioni (“iscrizioni dell‟Orkhon”) delle quali abbiamo parlato nel primo capitolo.
79 J. M. Landau, Pan-Turkism: From Irredentism to Cooperation…, cit., p. 129.
80 Gli stessi Togan, Türkkan e Atsız, come abbiamo visto in precedenza, avevano già portato avanti simili
iniziative. Il gruppo di Togan aveva un giuramento segreto che recitava «lavoreremo, anche a costo delle nostre vite, per l‟unione in idee, lingua e cultura tra i turkestani, dal Caucaso settentrionale al Turkestan
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Seconda guerra mondiale, in un clima di cauta apertura politica e senza più l‟applicazione della legge marziale, i panturchisti intravidero nuove opportunità di azione politica. Il movimento cominciava peraltro ad ottenere un supporto più vasto rispetto a quello avuto sino a quel momento, guadagnandosi anche il favore di alcuni importanti settori organizzati della gioventù turca81. Tra la fine degli anni Quaranta e l‟inizio dei Cinquanta nacquero perciò molte organizzazioni come il “Focolare della cultura turca” (Türk Kültür Ocağı), l‟“Organizzazione della gioventù turca” (Türk Gençlik Teşkilâtı), l‟”Associazione per le attività della cultura turca” (Türk Kültürü Çalışmaları Derneği) e l‟”Associazione della cultura turca” (Türk Kültür Derneği). Tutte queste erano più o meno vicine ad una sorta di “organizzazione-ombrello”, la Milliyetçiler Birliği Federasyonu (“Federazione dell‟unione dei nazionalisti”), la quale, sebbene si definisse nazionalista (milliyetçi), e non panturchista (türkçü), assunse nel corso del tempo un carattere spiccatamente panturco e anti-sovietico. Nel 1951, inoltre, fu fondata l‟“Associazione dei nazionalisti di Turchia” (Türkiye Milliyetçiler Derneği), che, in poco più di un anno, avrebbe contato più di ottanta sedi in tutto il Paese. L‟attivismo di questi circoli si fece tanto marcato che, nel gennaio 1953, il governo di Adnan Menderes decise di chiudere tutte le filiali del movimento82. La situazione censoria non era comunque assimilabile a quella dei primi anni repubblicani. Privo della gigantesca figura di Atatürk e ormai dotato di un sistema multipartitico, l‟arena politica turca, non più condannata al monismo ideologico, stava divenendo luogo di confronto tra dottrine contrapposte, in un clima di vivacità intellettuale che la Turchia non sperimentava dai tempi del periodo antecedente alla Prima guerra mondiale. A cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta i panturchisti avrebbero continuato a fondare organizzazioni politiche, spesso dotate di contatti internazionali con “turchi esterni” attivi al di fuori del Paese, e a portare avanti le loro attività editoriali in un clima di battaglia ideologica aperta con i propri principali rivali, i sostenitori del nazionalismo turco, dotati a loro volta di un‟imponente struttura organizzativa.
cinese, e moriremo per la causa, se necessario», («We shall work, even at the cost of our lives, for the unity of thought, language and culture among the Turkestanis from North Caucasia to Chinese Turkestan, and we shall die for the cause, if necessary»), cit. in J. M. Landau, Pan-Turkism: From Irredentism to
Cooperation…, cit., p. 132.
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Nel 1946, in seguito ai reportage giornalistici che descrivevano le persecuzioni ai danni delle minoranze turche in Bulgaria, Grecia e Jugoslavia, l‟Unione degli Studenti dell‟Università di Istanbul e l‟Associazione degli Studenti di Medicina dell‟Università di Ankara organizzarono manifestazioni e inviarono missive indignate al Primo ministro turco Mehmet Recep Peker.
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