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ISTORIA DEL CONCILIO TRIDENTINO

a cura di Corrado Vivanti, pp. 1484, 2 voli, €45,

Einaudi, Torino 2011

Q

uesta edizione dell'Istoria

del Concilio Tridentino in due volumi della "Piccola Bi-blioteca Einaudi" rinnova e ag-giorna quella già curata dallo stesso Vivanti nella indimenti-cabile " N U E " . Il legame tra au-tore e curaau-tore è antico e pro-fondamente radicato come mo-strano le recenti Quattro lezioni su Paolo Sarpi tenute da Vivan-ti all'IsVivan-tituto di studi filosofici di Napoli (Bibliopolis, 2005). Lo stato attuale della ricerca sarpiana è oggetto di una densa e aggiornata premessa che in-sieme con l'ampia introduzione costituisce quasi un libro a par-te. Nelle nitide pagine dei due volumi einaudiani è

qui offerto al lettore il testo dell'Istoria

qua-le comparve nella pri-ma edizione londine-se del 1619 accurata-mente riscontrato sul manoscritto della Bi-blioteca Marciana su cui si fondava l'edi-zione Gambarin della collana laterziana de-gli "Scrittori d'Italia"

nonché sull'edizione ginevrina del 1629. Vivanti ha compiuto una scelta ragionata e ha svolto un lavoro di accertamento mol-to accuramol-to che pone su robu-ste basi l'auspicabile edizione critica dell'opera. Qui, coeren-temente con il carattere delle edizioni Einaudi, si è mirato a rendere il testo accessibile al lettore ammodernando come di consueto le forme grafiche anti-quate e fornendogli un'annota-zione di carattere informativo semplice e chiara. Una scansio-ne in una fitta serie di paragra-fi permette di seguire il conti-nuo annalistico della narrazio-ne senza smarrirsi. Grazie a Vi-vanti il nitore dello stile sarpia-no emerge come quello di un dipinto sapientemente restau-rato. E l'aggiunta in appendice della Vita di fra Paolo Sarpi scritta dall'allievo e discepolo Fulgenzio Micanzio arricchisce notevolmente l'edizione.

Fedele alla ricetta cantimoria-na che per spezzare il pane della scienza bisogna saperlo impasta-re, Vivanti ha unito esperienze di ricerca di prima mano all'im-pegno pluridecennale nella casa editrice di Giulio Einaudi. I suoi contributi personali di studioso hanno accompagnato un'opera di rinnovamento della cultura storica del nostro paese di cui il catalogo Einaudi conserva trac-ce importanti. Basti ricordare quel grande laboratorio che è stata la Storia d'Italia Einaudi, coordinata da lui insieme con Ruggiero Romano: qui storici italiani e non italiani sono stati chiamati a collaborare a una va-sta impresa di studio intorno a nodi fondamentali della nostra storia. In quello stesso catalogo

si incontrano anche gli autori a cui Corrado Vivanti ha dedicato la sua speciale attenzione di sto-rico: Niccolò Machiavelli e Pao-lo Sarpi. Li potremmo definire i due grandi esuli della cultura italiana. Di fatto, tanto le opere di Machiavelli quanto quelle di Sarpi hanno circolato soprattut-to fuori d'Italia per la guerra che all'uno e all'altro è stata dichia-rata dalle autorità ecclesiastiche della Controriforma.

T'Istoria di Sarpi, stampata a Londra sotto un trasparente pseudonimo (Paolo Soave Pola-no), fu colpita da una fulminea messa all'Indice, anche per ef-fetto del sottotitolo e della de-dica decisamente provocatori aggiunti da Marcantonio De Dominis. Ma il successo imme-diato e vastissimo dell'opera nella cultura europea la impose all'attenzione dei lettori italiani. Come attesta una lettera del 1665 dell'antagonista Sforza Pallavicino, il libro "era sparso

per tutta Italia ed in Roma sì fattamente che a pena ci era huo-mo vago di lettere, il quale non l'havesse letto". Per il rientro ufficiale in Italia si dovette attendere a lungo: vi tornò prima in maschera con finti luoghi di stampa e poi apertamente con la battaglia laica del Ri-sorgimento. Intanto, però, pro-prio per il successo dell'opera oltre che per l'importanza di quel paradigma tridentino che ha sorretto per secoli il papato della Controriforma, si avvertì l'urgenza di una risposta. La storia dell'opera è stata a lungo dominata dalla controversia sul-la sua attendibilità tra nemici e difensori del Sarpi.

L

a polemica di parte cattolica non è mai cessata, sul dop-pio registro sociale del puro e semplice divieto al popolo di leggere Sarpi e della demolizio-ne del fondamento di verità del-l'opera per l'ambiente dei dotti. Sulla prima posizione si attestò il letterato siciliano del Seicento Scipione Errico, poetastro di ri-me lascive, autore non solo di una superficiale Censura teologi-ca e storiteologi-ca ma anche di un testo pubblicato in Germania sotto il falso nome di Cesare Aquilinio, dove tentò di dimostrare che non solo Sarpi ma anche il gesui-ta Sforza Pallavicino era perico-loso per i lettori cattolici perché tutte quelle informazioni su dot-trine eretiche mettevano in peri-colo il candore dell'ignoranza. Erano reazioni tipiche del clima da fortezza assediata che si re-spirava nell'Italia del tempo.

La linea ufficiale per il mondo dei dotti e dei polemisti fu quel-la indicata allora da Sforza Pal-lavicino e ripresa secoli dopo da Hubert Jedin. Bisognava negare credibilità all'Istoria, dimostrare che un Sarpi acerrimo nemico del papato copriva le lacune del-la sua informazione forzando i documenti, giocando scorretta-mente con nomi e date, prestan-do ai personaggi storici le

pro-prie convinzioni in quell'infido e avvolgente stile indiretto. Dunque, una storia non impar-ziale, tendenziosa fino al punto di usare fonti "semplicemente inventate" (Jedin, Storia del Concilio di Trento, II). Bisogna-va allontanarla nel passato, so-stituirla: e anche per questo fu scritta la nuova Storia del Conci-lio di Trento di Jedin, comincia-ta a uscire nel 1948 (e ormai da tempo conclusa: qui è da aggior-nare la "nota al testo" dell'edi-zione Vivanti); Jedin anticipò i temi della sua Storia di Jedin con un volume di analisi della storiografia precedente sul Con-cilio e da una proposta termino-logica che doveva dominare la storiografia del Novecento, quella per cui non la negativa Controriforma ma la positiva Riforma cattolica era il carattere generale dell'età che nel Conci-lio di Trento aveva trovato la sua carta costituzionale, realizzando quella che con un singolare ri-torno del rimosso galileiano mons. Jedin definì la "svolta co-pernicana" della chiesa.

Si dovette proprio a un saggio fondamentale di Vivanti, qui ri-fuso nell'ampia introduzione, la dimostrazione carte alla mano che Sarpi non inventava nulla ma lavorava su documenti che i suoi accusatori avrebbero dovu-to ben conoscere perché raccolti nella più importante collezione di fonti storiche sul Concilio, quella edita dalla Goerres-Ge-sellschaft nel corso del Novecen-to. Con questo intervento di Vi-vanti la fase della controversia sull'attendibilità di Sarpi potè dirsi conclusa, insieme con il fal-so problema dell'"imparzialità" e "oggettività" dello storico. Si aprì allora una nuova stagione di studi sarpiani, che affrontò le ra-gioni e i modi della genesi del-l'opera e la storia della sua circo-lazione nel contesto europeo del tempo. Il lettore ne troverà un resoconto di grande interesse nell'ampia introduzione a questa edizione, dove Corrado Vivanti mette a frutto accanto ai suoi gli studi di Gaetano Cozzi, Frances Yates e di molti altri. Con questo viatico, l'opera si rivolge ai letto-ri. E facile prevedere che non le mancheranno, con buona pace dell'autore che ebbe a scrivere questo pronostico: "Tengo per fermo che quest'opera sarà da pochi letta et in breve tempo

mancherà di vita". •

a.prosperi@sns.it

A. Prosperi insegna storia moderna alla Scuola Normale Superiore di Pisa

A. Prosperi insegna storia moderna alla Scuola Normale Superiore di Pisa

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