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Particolari classi di operatori

Nel documento METODI MATEMATICI PER LA FISICA I (pagine 69-80)

Definizione 3.4.1. Sia H uno spazio di Hilbert e U : H → H un operatore (non necessariamente

lineare) tale che U (H) = H e che per ogni x, y ∈ H si abbia (U x, U y) = (x, y). Si dice allora che U `e un operatore unitario.

Nel caso di spazi su R gli operatori unitari sono in genere detti operatori ortogonali. Lemma 3.4.1. Sia U un operatore unitario, allora U `e lineare.

Dimostrazione. si deve mostrare che U (αx) = αU (x) e che U (x + y) = U (x) + U (y). Mostriamo

la prima uguaglianza essendo la dimostrazione della seconda analoga.

kU (αx) − αU (x)k2= (U (αx) − αU (x), U (αx) − αU (x)) = = (U (αx), U (αx)) − α(U (αx), U (x)) − α(U (x), U (αx)) + |α|2(U (x), U (x)) =

= (αx, αx) − α(αx, x) − α(x, αx) + |α|2(x, x) = 2|α|2(x, x) − 2|α|2(x, x) = 0 (3.4.1)

Nel lemma precedente non si `e usato il fatto che U (H) = H, quindi esso vale per una classe pi`u ampia di operatori degli operatori unitari. In effetti in molti testi l’ipotesi U (H) = H non compare nella definizione di operatore unitario

Lemma 3.4.2. Se U `e un operatore unitario allora U `e limitato, biunivoco e U−1 `e un operatore unitario.

Dimostrazione. da (U x, U y) = (x, y) segue in particolare, ponendo x = y, che kU xk = kxk, quindi kU k = 1 e U `e limitato. Inoltre si ha

kx − yk2= (x − y, x − y) = (U (x − y), U (x − y)) = (3.4.2) = (U (x) − U (y), U (x) − U (y)) = kU (x) − U (y)k2

da cui segue che U x = U y ⇔ x = y, quindi U `e iniettiva; poich`e U `e suriettiva per definizione si ottiene che U `e biunivoca. Inoltre vale l’uguaglianza

(U−1(x), U−1(y)) = (U U−1(x), U U−1y) = (x, y) (3.4.3) quindi U−1 `e anch’esso un operatore unitario.

Lemma 3.4.3. Sia H uno spazio di Hilbert e U : H → H un operatore lineare tale che U (H) = H

Dimostrazione. ricordiamo la formula di polarizzazione del prodotto scalare:

4(x, y) = kx + yk2− kx − yk2+ ikx − iyk2− ikx + iyk2 (3.4.4) allora usando la linearit`a di U e l’ipotesi kU xk = kxk si ottiene

4(U x, U y) = kU (x + y)k2− kU (x − y)k2+ ikU (x − iy)k2− ikU (x + iy)k2= (3.4.5) = kx + yk2− kx − yk2+ ikx − iyk2− ikx + iyk2= 4(x, y)

quindi (U x, U y) = (x, y); usando l’ipotesi U (H) = H si ottiene che U `e unitario.

Lemma 3.4.4. Sia U un operatore limitato, allora U `e unitario ⇔ U (H) = H e U+= U−1. Dimostrazione. ⇒) si ha per ogni x, y

(U+x, y) = (x, U y) = (U−1x, U−1U y) = (U−1x, y) (3.4.6) quindi U−1= U+.

⇐) Se U+= U−1 allora per ogni x, y si ha

(U x, U y) = (x, U+U y) = (x, U−1U y) = (x, y) (3.4.7) e quindi da U (H) = H segue che H `e unitario.

Definizione 3.4.2. Siano H1, H2spazi di Hilbert, V : H1→ H2un operatore tale che V (H1) = H2

e (V x, V y) = (x, y) (ovviamente il prodotto scalare a sinistra `e quello di H2mentre quello a destra `e quello di H1), allora V si dice operatore isometrico (o pi`u semplicemente isometria).

Per gli operatori isometrici valgono propriet`a analoghe a quelle mostrate per gli operatori unitari. Dal teorema 3.1.2 segue quindi che se H `e uno spazio di Hilbert separabile allora esiste

V : H → `2 operatore isometrico.

Definizione 3.4.3. Sia T : H → H un operatore lineare. λ ∈ C si dice autovalore di T se esiste

v ∈ H, v 6= 0 tale che T v = λv; se λ `e un autovalore di T e v ∈ H `e un vettore tale che `e soddisfatta l’uguaglianza T v = λv si dice che v `e un autovettore di T corrispondente all’autovalore λ. L’insieme degli autovettori corrispondenti all’autovalore λ (che si verifica subito essere uno spazio vettoriale) si chiama autospazio dell’autovalore λ. L’insieme degli autovalori di T si chiama spettro puntuale di T .

Definizione 3.4.4. Sia T : H → H un operatore limitato. Si dice che T `e autoaggiunto se

T = T+; si dice che T `e normale se T T+= T+T .

Lemma 3.4.5. Se T `e un operatore autoaggiunto allora tutti gli eventuali autovalori sono reali.

Dimostrazione. supponiamo esista x 6= 0 tale che T x = λx, allora si ha

(x, λx) = (x, T x) = (T x, x) = (λx, x) = (x, λx) (3.4.8) quindi (x, λx) ∈ R, ma (x, λx) = λkxk2, quindi λ ∈ R.

Il lemma precedente si pu`o anche ottenere come corollario del seguente, poich`e ogni operatore autoaggiunto `e evidentemente normale.

Lemma 3.4.6. Sia T un operatore normale, allora da T x = λx segue T+x = λx. Dimostrazione. si ha

0 = kT x − λxk2= (T x − λx, T x − λx) = ((T − λI)x, (T − λI)x) = = ((T+− λI)(T − λI)x, x) = ((T − λI)(T+− λI)x, x) =

= ((T+− λI)x, (T+− λI)x) = kT+x − λxk2 (3.4.9) e quindi T+x = λx.

Lemma 3.4.7. Se T `e un operatore normale autovettori relativi ad autovalori distinti sono

perpendicolari.

Dimostrazione. supponiamo T x = λx, T y = µy e λ 6= µ, allora si ha

λ(y, x) = (y, λx) = (y, T x) = (T+y, x) = (µy, x) = µ(y, x) (3.4.10) e poich`e λ 6= µ si ha (y, x) = 0.

Definizione 3.4.5. Sia V uno spazio vettoriale, V1 ⊂ V un sottospazio vettoriale e T : V → V un operatore lineare. Si dice che V1 `e un sottospazio invariante per T se T (V1) ⊂ V1. Se V1 `e un sottospazio invariante ha senso considerare la restrizione T |V1 : V1→ V1.

Quello che segue `e il teorema spettrale del corso di Geometria I.

Teorema 3.4.1 (Teorema spettrale normale). Sia H uno spazio di Hilbert di dimensione finita

e T : H → H un operatore normale, allora esiste una base ortonormale per lo spazio vettoriale H composta da autovettori di T (cio`e T `e diagonalizzabile).

Dimostrazione. in dimensione finita λ `e un autovalore se e solo se det(T − λI) = 0, quindi per il

teorema fonadamentale dell’algebra esiste almeno un autovalore λ1. Sia H1= {x ∈ H|T x = λ1x}

l’autospazio associato a λ1; evidentemente H1`e invariante per T ; vediamo ora che H1`e invariante anche per T+: se x ∈ H1allora

T (T+x) = T T+x = T+T x = T+(λx) = λ(T+x) (3.4.11) quindi T+x ∈ H1.

Lemma 3.4.8. Sia H0⊂ H un sottospazio vettoriale, allora H00= (H0) `e invariante per T ⇔ H0 `e invariante per T+.

Dimostrazione. siano x0 ∈ H0, x00 ∈ H00, allora (T x00, x0) = (x00, T+x0), quindi si ha (T x00, x0) = 0 per ogni x0 ∈ H0 (cio`e H00 `e invariante per T ) ⇔ (x00, T+x0) = 0, cio`e

T+x0∈ H0 per ogni x0 ∈ H0, cio`e se H0`e invariante per T+. dal lemma segue dunque che H2 = H

1 `e invariante per T . Indicheremo ora con il pedice 0 le restrizioni a H2; mostriamo che T0: H2→ H2`e normale: per fare ci`o mostriamo preliminarmente che (T0)+ = (T+)0: se x, y ∈ H2 allora

((T0)+x, y) = (x, T0y) = (x, T y) = (T+x, y) = ((T+)0x, y) (3.4.12) quindi (T0)+ e (T+)0 coincidono su H2. Si ha per ipotesi T T+ = T+T , quindi restringendosi

ad H2 si ha (T T+)0 = (T+T )0 cio`e T0(T+)0 = (T+)0T0 ed usando quanto appena visto si ha

T0(T0)+= (T0)+T0, quindi T0`e normale.

A questo punto si pu`o effettuare la dimostrazione per induzione su n = dimH. Se n = 1 allora si ha H = H1 ed il teorema `e mostrato. Supponiamo il teorema dimostrato fino a dimH = n e vediamo che `e vero anche per dimH = n + 1: poich`e per costruzione H16= {0}, allora dimH1≥ 1 e

quindi, poich`e per il teorema della proiezione si ha H = H1⊕ H2(si ricordi che in dimensione finita tutti i sottospazi sono sottospazi di Hilbert), si deve avere dimH2≤ n, quindi per l’ipotesi induttiva

esiste una base ortonormale V2 di H2composta di autovettori di T ; inoltre ogni base ortonormale di H1`e evidentemente composta di autovettori di T , quindi esiste una base ortonormale V1 di H1

di autovettori di T . Poich`e H = H1⊕ H2 si vede subito che V1∪ V2`e una base ortonormale di H composta di autovettori di T .

Mentre in dimensione finita esistono sempre autovalori (vedi la dimostrazione del teorema precedente), in dimensione infinita ci`o non `e vero: consideriamo in `2 l’operatore lineare limitato

T (x1, . . . , xn, . . .) = (0, x1, . . . , xn, . . .). Sia v ∈ `2 un vettore tale che T v = λv, allora si dovrebbe avere (0, v1, . . . , vn, . . .) = λ(v1, . . . , vn, . . .); se λ = 0 allora evidentemente v = 0, quindi 0 non pu`o

essere un autovalore. Se λ 6= 0 allora si deve avere vn+1=λ1vn e v1= 0, quindi vn= 0 per ogni n e v = 0. Di conseguenza l’operatore lineare T non ha autovalori.

Definizione 3.4.6. Sia V uno spazio vettoriale e T : V → V un operatore lineare; un polinomio

p(x) = xn+ · · · + a1x + a0si dice polinomio minimo di T se `e il polinomio di grado pi`u basso tale che l’operatore p(T ) = Tn+ · · · + a1T + a0I `e identicamente nullo su V .

Per il calcolo effettivo degli autovalori pu`o risultare utile il seguente teorema.

Teorema 3.4.2. Sia T un operatore lineare e sia p(x) il suo polinomio minimo, allora λ `e

autovalore ⇔ p(λ) = 0.

Dimostrazione. ⇒) Sia T x = λx con x 6= 0, allora si ha T2x = T (T x) = T (λx) = λT x = λ2x e

pi`u in generale Tnx = λnx; se p `e il polinomio minimo di T allora p(T ) = 0, quindi in particolare p(T )x = 0 (si ricordi che p(T ) `e un operatore lineare), ma `e immediato vedere che p(T )x = p(λ)x

(si noti che P (T ) `e un operatore lineare mentre p(λ) `e uno scalare), quindi si ha p(λ)x = 0 e poich`e

x 6= 0 si ha p(λ) = 0.

⇐) sia p(T ) =Qki=1(x−λi) il polinomio minimo; poich`e vale (T −λiI)(T −λjI) = (T −λjI)(T − λiI) si ha p(T ) =Qki=1(T − λiI). Poich`e p `e il polinomio minimo, si deve avereQki=2(T − λiI) 6= 0,

quindi esiste x tale cheQki=2(T − λiI)x = y 6= 0, ma allora si ha (T − λ1I)y =Qki=1(T − λiI)x = p(T )x = 0, quindi T y = λ1y e quindi λ1`e un autovalore di T . Analogamente si vede che per ogni

i il numero λi `e un autovalore.

Definizione 3.4.7. Sia H uno spazio di Hilbert e T : H → H un operatore lineare. T si dice

operatore compatto (in alcuni testi completamente continuo) se per ogni successione limitata {xi}i

esiste una sottosuccessione di {T xi}i che converge.

Un modo equivalente per esprimere la precedente definizione `e dire che un operatore lineare `e compatto se per ogni insieme A limitato l’insieme T (A) `e un insieme compatto.

Lemma 3.4.9. Sia T un operatore compatto, allora T `e limitato.

Dimostrazione. supponiamo per assurdo che T non sia limitato, allora esiste una successione {xn}

tale che kxnk ≤ 1 e limn→∞kT xnk = +∞, in particolare non esiste nessuna sottosuccessione

convergente della successione {T xn}, contraddicendo l’ipotesi che T sia compatto.

Lemma 3.4.10. Se A `e un operatore compatto e B `e un operatore limitato allora AB e BA sono

operatori compatti.

Dimostrazione. sia {xn} una successione tale che kxnk ≤ M , allora kBxnk ≤ kBkM quindi la

successione {Bxn} `e una successione limitata, quindi {ABxn} ammette una sottosuccessione

con-vergente poich`e A `e compatto, quindi AB `e compatto. Sia ora {yi} una successione limitata; poich`e A `e compatto esiste una sottosuccessione yik tale che {Ayik} sia convergente e poich`e B `e continuo

la successione BAyik `e ancora convergente, quindi BA `e un operatore compatto.

Teorema 3.4.3. Un operatore lineare limitato `e compatto se e solo se il suo aggiunto `e compatto.

Dimostrazione. poich`e (T+)+= T basta vedere che da T compatto segue T+ compatto. Sia {xn}

una successione limitata; per il lemma precedente T T+ `e compatto, quindi esiste una sottosuc-cessione {T T+xik} convergente. Mostriamo ora che {T+xik} `e una successione di Cauchy, da cui

segue che `e convergente e che quindi T+ `e compatto: si ha

kT+xik− T+xijk2= (T+(xik− xij), T+(xik− xij)) = = (xik− xij, T T+(xik− xij)) ≤ kxik− xijk kT T+(xik− xij)k ≤

e poich`e {T T+xik} `e una successione di Cauchy si conclude.

Lemma 3.4.11. Sia T : H → H un operatore lineare limitato tale che dimT (H) < +∞ (si dice

che T ha rango finito) allora T `e compatto.

Dimostrazione. sia {xn} una successione limitata di H, allora {T xn} `e una successione limitata

di T (H) (poich`e kT xnk ≤ kT k kxnk) e poich`e T (H) ha dimensione finita in esso vale il teorema

di Bolzano-Weierstrass, quindi ogni successione limitata in T (H) ammette una sottosuccessione convergente. In particolare {T xn} ammette una sottosuccessione convergente.

Teorema 3.4.4. sia {Tk} una successione di operatori compatti e T un operatore lineare tale che kT − Tkk → 0, allora T `e un operatore compatto.

Dimostrazione. sia {xi} una successione limitata. Poich`e T1`e compatto esiste una sottosuccessione

{x(1)i } tale che {T x(1)i } converge. Procedendo per induzione supponiamo di avere una

sottosuc-cessione {x(n−1)i } di {xi} tale che {Tn−1x(n−1)i } converga, allora si pu`o estrarre da {x(n−1)i } una

sottosuccessione {x(n)i } tale che {Tnx(n)i } converga. In questo modo si ottiene un insieme di

suc-cessioni {x(n)i } tale che si ha {x(n+1)i } ⊂ {x(n)i } e che per ogni n la successione {Tnx(n)i } converge.

Consideriamo ora la successione {x(i)i } e mostriamo che T x(i)i converge: notiamo innanzitutto che per ogni n la successione {Tnx(i)i }i converge poich`e se i ≥ n allora {x(i)i } `e una sottosuccessione di {x(n)i }i. Inoltre si ha kT x(n) n − T x(m) m k = kT x(n) n − Tkx(n) n + Tkx(n) n − Tkx(m) m + Tkx(m) m − T x(m) m k ≤ ≤ kT − Tkk kx(n) n k + kTkx(n) n − Tkx(m) m k + kT − Tkk kx(m) m k (3.4.14) fissato  > 0, se k `e abbastanza grande si ha kT − Tkk ≤ ; inoltre kx(n)n k, kx(m)m k ≤ M poich`e

la successione iniziale {xi} `e limitata e, poich`e {Tkx(i)i } converge, se n, m > N si ha kTkx(n)n Tkx(m)m k ≤  quindi l’espressione 3.4.14 `e minore di (2M + 1) e quindi T x(n)n `e una successione di Cauchy.

Corollario 3.4.1. Sia T : L2(0, π) → L2(0, π) definito da (T f )(x) = R0πk(x, y)f (y)dy, dove k ∈ L2([0, π] × [0, π]), allora T `e un operatore compatto.

Dimostrazione. vediamo innanzitutto che T `e limitato: sia T f = g, allora per la disuguaglianza di

Schwartz si ha |g(x)|2 Z π 0 |k|2dy Z π 0 |f |2dy = kf k2 Z π 0 |k|2dy (3.4.15) quindi kgk2= Z π 0 |g|2dx ≤ kf k2 Z π 0 Z π 0 |k|2dxdy = kf k2kkk2 (3.4.16) quindi si ottiene kT k ≤ kkk.

Vediamo ora che l’insieme {sin px sin qy}p,q∈N `e completo L2([0, π] × [0, π]): sia f (x, y) ∈ L2([0, π] × [0, π]), allora per il teorema di Fubini per quasi ogni y ∈ [0, π] si ha f ∈ L2

x(0, π), quindi se (f, sin px sin qy) = 0 per ogni p, q, allora

0 = Z π

0

Z π

0

f (x, y) sin px sin qydxdy =

Z π 0 Z π 0 f (x, y) sin pxdx  sin qydy (3.4.17) quindi, poich`e {sin qy}q∈N `e completo in L2

y(0, π), la funzioneR0πf (x, y) sin pxdx (che `e in L2

y per la disuguaglianza di Schwarz) `e nulla per quasi ogni y ∈ [0, π], quindi, per la completezza di

{sin px}p∈N in L2

x(0, π), si ottiene che per quasi ogni y e quasi ogni x si ha f (x, y) = 0 e quindi

Poich`e k ∈ L2([0, π] × [0, π]) per quanto visto esistono coefficienti apq tali che N X p,q=1 apqsin px sin qy → k(x, y) in L2 (3.4.18) Sia ora (TNf )(x) = Z π 0 N X p,q=1

apqsin px sin qyf (y)dy (3.4.19) a causa della somma su un numero finito di termini questo operatore ha rango finito e quindi (vedi lemma 3.4.11) `e un operatore compatto. Verifichiamo ora che kT − TNk → 0, che concluder`a la

dimostrazione a causa del teorema precedente. Sia f tale che kf k = 1, allora [(T − TN)f ](x) = Z π 0 [k(x, y) − N X p,q=1

apqsin px sin qy]f (y)dy (3.4.20) e quindi (per la disuguaglianza di Schwarz)

k(T − TN)f k2 Z π 0 Z π 0 |k(x, y) − N X p,q=1

apqsin px sin qy|2dxdy = kk(x, y) − N X p,q=1

apqsin px sin qyk2

(3.4.21) quindi si otttiene infine

kT − TNk = sup kf k=1 k(T − Tn)f k ≤ kk(x, y) − N X p,q=1

apqsin px sin qyk → 0 (3.4.22)

Gli operatori del tipo di quello del corollario precedente sono detti operatori di Hilbert-Schmidt. Lemma 3.4.12. Sia Tk : L2(0, π) → L2(0, π) definito da (Tkf )(x) = R0πk(x, y)f (y)dy, dove k ∈ L2([0, π] × [0, π]), allora (Tk)+= Tψ dove ψ(x, y) = k(y, x).

Dimostrazione. per ogni f, g ∈ L2(0, π) si ha (Tkf, g) = Z π 0 (Tkf )(x)g(x)dx = Z π 0 Z π 0 k(x, y)f (y)g(x)dxdy = = Z π 0 Z π 0 ψ(y, x)g(x)f (y)dxdy = Z π 0 (Tψg)(y)f (y)dy = (f, Tψg) (3.4.23) da cui la tesi.

Corollario 3.4.2. Sia T : L2(0, π) → L2(0, π) definito da (T f )x =R0πk(x, y)f (y)dy, dove k ∈

L2([0, π] × [0, π]) e k(x, y) = k(y, x), allora T `e un operatore compatto autoaggiunto.

Segue ora una serie di lemmi che serviranno nella dimostrazione del teorema spettrale compatto autoaggiunto nel caso di uno spazio di Hilbert generico.

Lemma 3.4.13. Sia T : H → H un operatore limitato, allora kT k = supkxk=kyk=1|(x, T y)|. Dimostrazione. si ha per la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, se kxk = kyk = 1,

quindi supkxk=kyk=1|(x, T y)| ≤ kT k. D’altra parte se kxk = 1 e T x 6= 0 si ha kT xk2= (T x, T x) = kT xk( T x

kT xk, T x) = kT xk(a, T x) (3.4.25)

dove kak = 1, quindi kT xk ≤ supkak=kxk=1|(a, T x)|.

Lemma 3.4.14. Sia T : H → H un operatore limitato autoaggiunto, allora

kT k = sup

kxk=1

|(x, T x)| (3.4.26)

Dimostrazione. come nel lemma precedente si vede subito che supkxk=1|(x, T x)| ≤ kT k. Notiamo

ora che per ogni x, y si ha (x, T y) = |(x, T y)|e e quindi |(x, T y)| = (x, T (ye−iθ)), quindi si ha in particolare sup kak=kbk=1 |(a, T b)| = sup kxk=kyk=1,(x,T y)∈R (x, T y) (3.4.27)

Siano ora x, z tali che kxk = kzk = 1 e (x, T z) ∈ R, allora si ha (x, T z) = (T x, z) = (z, T x) quindi 2(x, T z) = (x, T z) + (z, T x) = 1 2[(x + z, T (x + z)) − (x − z, T (x − z))] ≤ 1 2[|(x + z, T (x + z))| + |(x − z, T (x − z)|)] ≤ 1 2  kx + zk2|(a, T a)| + kx − zk2|(b, T b)| (3.4.28) dove a = x+z kx+zk e b = x−z

kx−zk e quindi kak = kbk = 1. Sia ora S = supkak=1|(a, T a)|, allora si ha

(usando l’identit`a del parallelogramma) 2(x, T z) ≤ 1

2S[kx + zk

2+ kx − zk2] =1 2S[2kxk

2+ 2kzk2] = 2S (3.4.29)

quindi (x, T z) ≤ S, quindi usando 3.4.27 ed il lemma precedente si ottiene kT k ≤ S che conclude. Teorema 3.4.5. Sia T : H → H un operatore compatto autoaggiunto, allora esite un autovalore

λ tale che |λ| = kT k.

Dimostrazione. per il lemma precedente esiste una successione {xn} tale che kxnk = 1 e |(xn, T xn)| → kT k. Notiamo inoltre che per ogni x si ha (x, T x) ∈ R poich`e

(x, T x) = (T x, x) = (x, T+x) = (x, T x) (3.4.30) quindi da |(xn, T xn)| → kT k segue semplicemente che almeno una delle due seguenti affermazioni `e vera:

1. esiste una sottosuccessione {xni} tale che (xni, T xni) → kT k 2. esiste una sottosuccessione {xni} tale che (xni, T xni) → −kT k

Per semplicit`a di notazione continueremo a chiamare {xn} una qualunque delle due sottosuccessioni

precedenti. Sia quindi {xn} tale che kxnk = 1 e (xn, T xn) → λ, dove |λ| = kT k, allora si ha

kT xn− λxnk2= kT xnk2+ |λ|2kxnk2− 2λ(xn, T xn) ≤ kT k2+ kT k2− 2λ(xn, T xn) (3.4.31) e l’ultimo membro tende a 0, quindi

Poich`e T `e compatto esiste una sottosuccessione {zn} di {xn} tale che {T zn} converge, ma allora,

per 3.4.32, anche {λzn} quindi anche {zn} converge (a rigore questo `e vero solo se λ 6= 0, ma se λ = 0

allora kT k = 0 e quindi T = 0 ed il teorema `e ovvio) ad un valore z tale che kzk = limn→∞kznk = 1,

quindi in particolare z 6= 0. Poich`e T `e limitato si ha allora lim T zn= T lim zn= T z, ma da 3.4.32 segue che lim T zn = lim λzn (poich`e entrambi i limiti esistono), quindi T z = λz e poich`e z 6= 0 si ottiene che λ `e un autovalore.

Lemma 3.4.15. Sia T : H → H un operatore compatto e sia λ 6= 0 un autovalore, allora

l’au-tospazio Hλ relativo all’autovalore λ ha dimensione finita (si dice anche che λ ha degenerazione finita).

Dimostrazione. supponiamo per assurdo che Hλ abbia dimensione infinita, allora esiterebbe una successione di vettori ortonormali {ek} in Hλ e quindi si avrebbe

kT ei− T ejk2= kλei− λejk2= |λ|2kei− ejk2= 2|λ|2δij (3.4.33) quindi nessuna sottosuccessione di {T ei} pu`o essere una successione di Cauchy, in particolare

nessuna sottosuccessione di {T ei} pu`o essere convergente, contrariamente all’ipotesi che T sia un

operatore compatto.

Nel teorema seguente si supporr`a che H abbia dimensione infinita in quanto il caso di dimensione finita `e gi`a stato trattato nel caso degli operatori normali.

Teorema 3.4.6 (Teorema spettrale compatto autoaggiunto). Sia T : H → H un operatore

compatto autoaggiunto, allora vale uno dei seguenti enunciati:

1. T ha un numero finito di autovalori distinti non nulli λ1, . . . , λn, H = ker T ⊕ H1⊕ · · · ⊕ Hn dove Hi `e l’autospazio relativo a λi, quindi esiste una base ortonormale {ei}N

i=1 di

(ker T ) composta di autovettori di T e si ha T x =PNi=1i P jeλi j (eλi j , x)] dove eλi j sono gli autovettori relativi a λi

2. T ha una infinit`a numerabile di autovettori non nulli che possono essere ordinati in modo che

limi→∞λi = 0, H = ker T ⊕

i=1Hi e quindi esiste una base ortonormale {ei}

i=1 di (ker T )

composta di autovettori di T e si ha T x =Pi=1i P

jeλi

j (eλi

j , x)]

Dimostrazione. per il teorema 3.4.5 esiste un autovalore λ1 tale che |λ1| = kT k; sia H1 il suo autospazio; per il lemma precedente H1 ha dimensione finita e sia quindi {e1, . . . , en} una base

ortonormale di H1. Sia ora H0= H

1 e mostriamo che H0 `e un sottospazio invariante per T : se x0 `e tale che (x0, ei) = 0 per ogni i, allora si ha

(T x0, ei) = (x0, T ei) = (x0, λei) = λ(x0, ei) = 0 (3.4.34) e quindi anche T x0∈ H0. Ha quindi senso considerare la restrizione T |H0 : H0 → H0 e chiamiamo

T0= T |H0. `E evidente dalla definizione che T0`e compatto. Inoltre procedendo come nel precedente teorema spettrale si vede che (T0)+ = (T+)|H0 e quindi che T0 = T |H0 = (T+)|H0 = (T0)+

e quindi anche T0 `e compatto e autoaggiunto, quindi esiste un secondo autovalore λ2 tale che

2| = kT0k ≤ kT k. Procedendo per induzione in modo analogo si ottiene una successione di

autovalori {λi} tale che |λ1| ≥ |λ2| ≥ · · · ≥ |λn| · · · ed indichiamo con Hii rispettivi autospazi. A questo punto si presentano due possibilit`a

1. esiste H0 = (H1⊕ · · · ⊕ Hn) tale che T |H0 = 0 2. non esiste H0 = (H1⊕ · · · ⊕ Hn) tale che T |H0= 0

Nel caso (1) si ha allora evidentemente H0 = ker T e quindi H = ker T ⊕ H1⊕ · · · ⊕ Hn. Poich`e tutti gli autospazi relativi ad autovettori distinti sono ortogonali, una base per (ker T )pu`o essere costruita dall’unione delle basi dei diversi autospazi H1, . . . , Hn; sia {ei}N

per ogni x ∈ H si ha x = x0+PNi=1ei(ei, x), dove x0∈ ker T ; applicando T a questa uguaglianza

e ricordando che gli ei sono autovettori si ottiene l’uguaglianza della tesi.

Nel caso (2) si ottiene una successione infinita {λi} di autovalori non nulli. Vediamo che

limn→∞λn = 0: sia {xn} una successione ortonormale di vettori tali che xn ∈ Hn e supponiamo per assurdo che per ogni n si abbia |λn| ≥ δ > 0, allora la successione {xn

λn} sarebbe una successione

limitata e si avrebbe T  xn λn  = 1 λnT (xn) = 1 λnλnxn = xn (3.4.35)

ma per costruzione kxn − xmk2 = 2δn,m, quindi non esisterebbe nessuna sottosuccessione con-vergente di {T (xnn)}, contrariamente all’ipotesi che T sia un operatore compatto, quindi si conclude che limn→∞λn= 0.

Sia {e1, . . . , eN} una base di H1⊕ · · · ⊕ Hn e sia xn la proiezione di x ∈ H su (H1⊕ · · · ⊕ Hn), cio`e xn= x −PNi=1ei(ei, x), allora kxnk ≤ kxk e

kT xnk = kT0xnk ≤ kT0k kxnk ≤ |λn+1| kxnk ≤ |λn+1| kxk (3.4.36) e l’ultimo membro tende a 0 se n → ∞. Sostituendo xn con il suo valore si ottiene quindi

T x − T N X i=1 ei(ei, x) ! → 0 (3.4.37)

A questo punto supponiamo per semplicit`a di notazione che i λi non indichino pi`u l’insieme degli autovalori distinti, ma l’insieme di tutti gli autovalori ognuno contato con la propria molteplicit`a (la dimensione dell’autospazio relativo) e supponiamo quindi che T ei= λiei, allora si ha (ricordando che gli autovalori di un operatore autoaggiunto sono tutti reali)

T N X i=1 ei(ei, x) ! = N X i=1 (ei, x)T ei = N X i=1 λiei(ei, x) = (3.4.38) = N X i=1 iei, x)ei= N X i=1 (T ei, x)ei= N X i=1 (ei, T x)ei quindi il limite 3.4.37 diventa

N X i=1

(ei, T x)ei → T x (3.4.39) cio`e {ei}

i=1 (una base di ⊕

i=1Hi) `e una base per ImT . Sia ora y = x −Pi=1ei(ei, x), allora

da quanto precede segue che T y = 0, quindi y ∈ ker T e da x = y +Pi=1ei(ei, x) e dal fatto

che autovettori relativi ad autovalori distinti sono ortogonali (si noti che ker T `e l’autospazio dell’eventuale autovalore 0) segue che H = ker T ⊕

i=1 Hi. Applicando T all’identit`a x = y + P

i=1ei(ei, x) e usando il fatto che gli ei sono autovalori si ottiene T x =Pi=1λiei(ei, x) (questa

`e l’identit`a della tesi, solo scritta in un altro modo). Supponiamo ora che λ sia un autovalore di

T , allora si deve avere, per quanto visto, T x = X i=1 λiei(ei, x) = λx = λy + X i=1 λei(ei, x) (3.4.40) da cui si ottengono immediatamente due possibili casi

1. λ = 0 e (ei, x) = 0 per ogni i (cio`e x ∈ ker T )

2. λ = λi, y = 0 e x ∈ Hi

Da ci`o segue che gli unici possibili autovalori (possibili poich`e non `e a priori detto che non si abbia ker T = {0}) di T sono 0 ed i vari λi, che conclude la dimostrazione.

Corollario 3.4.3. Sia T : H → H un operatore compatto autoaggiunto, allora esiste una base

ortonormale di H composta da autovettori di T .

Dimostrazione. nel teorema precedente si `e vista l’esistenza di una base ortonormale al pi`u nu-merabile di (ker T ). A questo punto una base ortonormale per H `e data dall’unione di una base ortonormale di ker T e di {ei} (ovviamente se H non `e separabile questa base non `e numerabile,

quindi la base di ker T non `e numerabile e quindi ker T `e uno spazio non separabile, in particolare ha dimensione infinita).

Teorema 3.4.7. Siano A, B : H → H due operatori compatti autoaggiunti tali che AB = BA,

al-lora esiste una base ortonormale al pi`u numerabile {ei} di (ker A∩ker B)composta da autovettori comuni ad A e B.

Dimostrazione. per il teorema spettrale A ha al pi`u una infinit`a numerabile di autovettori {λi}

non nulli e se si indicano con Hi i relativi autospazi si ha H = ker A ⊕iHi; inoltre per il lemma 3.4.15 ogni Hi ha dimensione finita. Consideriamo l’autospazio Hi e sia x ∈ Hi, cio`e Ax = λix,

allora si ha

A(Bx) = B(Ax) = B(λix) = λiBx (3.4.41) quindi Bx ∈ Hie quindi B(Hi) ⊂ Hi, cio`e Hi`e un sottospazio invariante per B. Sia ora Bi= B|Hi; procedendo come nel teorema spettrale `e semplice vedere che Bi`e compatto e autoaggiunto. Per il corollario 3.4.3 esiste allora una base ortonormale di Hi, sia essa Vi, composta di autovettori di B che, poich`e sono contenuti in un autospazio di A, sono anche evidentemente autovettori di

A. Poich`e autospazi relativi ad autovalori differenti sono ortogonali, l’insieme V = ∪Vi`e una base ortonormale per ⊕iHi = (ker A) e poich`e ogni Hi ha dimensione finita V `e al pi`u numerabile.

Sia ora x ∈ ker A, allora si ha A(Bx) = B(Ax) = 0, quindi Bx ∈ ker A, quindi ker A `e uno spazio invariante per B; definendo B0 = B|ker A si vede nuovamente che B0 `e compatto e autoaggiunto e quindi applicando il teorema spettrale si ottenene una base ortonormale numerabile

W di ker A ∩ (ker B) composta di autovettori di B, che sono anche autovettori di A relativi all’autovalore 0. Sempre poich`e autovettori relativi ad autovalori distinti sono ortogonali si vede quindi che W ∪ V `e una base ortonormale al pi`u numerabile per

(ker A)⊕ [ker A ∩ (ker B)] (3.4.42)

composta da autovettori comuni di A e B.

Vediamo ora che (ker A)⊕ [ker A ∩ (ker B)] = (ker A ∩ ker B). Questo discende dal fatto pi`u generale che se X, Y sono due sottospazi di Hilbert di H si ha (X ∩ Y ) = X⊕ X ∩ Y (basta porre X = ker A, Y = ker B).

[Un modo sbagliato di dimostrare questa uguaglianza `e

X ∩ Y ⊕ (X ∩ Y )= H = X⊕ X = X⊕ X ∩ H = (3.4.43) = X⊕ X ∩ (Y ⊕ Y) = X⊕ X ∩ Y ⊕ X ∩ Y

dove si `e per`o usato il fatto X ∩ (Y ⊕ Y) = X ∩ Y ⊕ X ∩ Y che non `e in generale vero: consideriamo in C2i sottospazi X = span{e1}, Y = span{e1− e2} e Y = span{e1+ e2}, allora si

ha X ∩ (Y ⊕ Y) = X 6= {0} mentre X ∩ Y ⊕ X ∩ Y= {0}]

Per mostrare (X ∩ Y )= X⊕ X ∩ Ysi pu`o procedere nel seguente modo: sia v ∈ (X ∩ Y ), allora v = x0 + x00, dove x0 ∈ X e x00 ∈ X; poich`e v e x00 sono perpendicolari a X ∩ Y , si deve avere anche x0 ∈ (X ∩ Y ) e, poich`e x0 ∈ X, `e semplice verificare che x0 ∈ X ∩ Y, quindi (X ∩ Y )⊂ X⊕ X ∩ Y; l’inclusione inversa `e immediata da mostrare.

Lemma 3.4.16. Siano A, B : H → H due operatori compatti, allora A + B `e un operatore

Dimostrazione. sia {xn} una successione limitata, allora esiste una sua sottosuccessione {xnk}

tale che {Axnk} converga. D’altro canto {xnk} `e una successione limitata, quindi esiste una sua

sottosuccessione {xnki} tale che {Bxnki} sia una successione convergente; inoltre {xnki} `e una

sottosuccessione di {xnk}, quindi in particolare si ha anche che {Axnki} `e convergente, ma allora {(A + B)xnki} `e una successione convergente e quindi A + B `e un operatore compatto.

Corollario 3.4.4 (Teorema spettrale compatto normale). Sia N : H → H un operatore

com-patto normale, allora esiste una base ortonormale numerabile di (ker N ) composta da autovettori comuni a N e N+.

Dimostrazione. definiamo i due operatori A = N + N

+

2 ; B =

N − N+

2i (3.4.44)

per il lemma 3.4.16 A, B sono operatori compatti ed `e semplice vedere che sono autoaggiunti:

A+=  N + N+ 2 + =N ++ N++ 2 = N + N+ 2 = A B+=  N − N+ 2i + =−1 2i(N − N +)+= −1 2i(N +− N ) = N − N + 2i = B (3.4.45)

inoltre usando il fatto che N N+= N+N `e immediato vedere che AB = BA, quindi per il teorema

3.4.7 esiste una base ortonormale al pi`u numerabile di (ker A ∩ ker B) composta da autovettori

{ei} comuni ad A e B. Poich`e N = A + iB e N+ = A − iB, si vede subito che gli {ei}, essendo

autovettori di A e B, sono anche autovettori di N e N+. Inoltre usando 3.4.44 e N = A + iB,

N+ = A − iB `e immediato vedere che ker A ∩ ker B = ker N ∩ ker N+. Vediamo infine che ker N = ker N+, che concluder`a il teorema. Si ha infatti per ogni x ∈ H

kN xk2= (N x, N x) = (x, N+N x) = (x, N N+x) = (N+x, N+x) = kN+xk2 (3.4.46) e quindi N x = 0 ⇔ N+x = 0.

Anche se non lo si `e specificato nelle ipotesi mentre nel teorema spettrale compatto autoaggiunto lo spazio H poteva anche essere uno spazio vettoriale su R, poich`e gli autovalori di un operatore autoaggiunto sono reali, nel caso del teorema spettrale compatto normale `e essenziale che H sia uno spazio vettoriale su C, altrimenti non `e detto esistano gli autovalori.

Il metodo di dimostrazione del teorema spettrale compatto normale usando il teorema 3.4.7 ed il teorema spettrale compatto autoaggiunto `e tratto dal testo [4] della Bibliografia.

I risultati qui esposti trovano applicazioni in molti campi: sia Ω ⊂ R2 un aperto limitato per cui esista la funzione di Green del laplaciano (vedi sezione ”Identit`a di Green e sue conseguenze”) e consideriamo il problema agli autovalori



4u = λu in Ω

u = 0 in ∂Ω (3.4.47) per le propriet`a di unicit`a del problema di Dirichlet se λ = 0 allora l’unica soluzione di 3.4.47 `e

u = 0, quindi λ = 0 non `e un autovalore, quindi il problema precedente `e equivalente a



µ4u = u in Ω

u = 0 in ∂Ω (3.4.48) infatti anche in questo caso se µ = 0 si ha u = 0. Poich`e se u `e soluzione del problema 3.4.48 allora

u `e continua in Ω ed ha derivate prime continue `e possibile applicare il teorema 2.3.5 e quindi si

Nel documento METODI MATEMATICI PER LA FISICA I (pagine 69-80)

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