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Una delle caratteristiche che accomuna molti lavori recenti di economia, economia applicata ed econometria è il confronto con la dimensione storica dell'agire economico. Da punti di vista diversi e relativamente a problemi specifici diversi questi lavori si confrontano con il tentativo di incorporare la storia nei modelli economici.

Nel dicembre 1984 il convegno annuale dell'American Economie Association ha dedicato un'intera sessione alla discussione dei rap-porti tra economia e storia economica1. Nel 1985 D. Kreps e A.M. Spence intitolavano significativamente un loro contributo Modelting

the role of history in industriai organization and competition. P.A. Da-vid nel 1988 sottotitolava un paper: From the economics of technology

to the economics of almost everything?, dove economics è l'economia che fa propria la nozione di path-dependence, il tentativo forse più ambizioso di introduzione della storia, in senso forte, nella disciplina economica. Nel 1991 un'intera sezione del convegno dell'AEA è sta-ta dedicasta-ta proprio a Path dependence in economics2. D.N.

McClo-* Desidero ringraziare Renato Giannetti cui va attribuito il merito di avermi indotto a ripensamenti generali e particolari, ma non l'eventuale biasimo per i risultati.

1. La discussione, raccolta prima nei «Papers and proceedings» dell'«American eco-nomie review» (1985), quindi in un volume curato da W.N. Parker (1986) vede gli inter-venti, tra gli altri, di K.J. Arrow, R.E. Solow e P.A. David, D.N. McCloskey e W.W. Rostow.

2. La sezione intitolata Path dependence in economics: the invisible band in the grip of

the past è stata pubblicata in « American economie review, papers and proceedings », 1991, e vede gli interventi di S.N. Durlauf, J.J. Heckman, P. Krugman, P. Milgrom - Y. Qian e J. Robetts.

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skey e G.K. Hersh (McCloskey-Hersch 1990) hanno intitolato A

hì-btiography of historical economics la bibliografia di articoli di storia economica apparsi dal 1960 al 1980, a significare l'autonomia disci-plinare raggiunta dalla storia economica nell'ambito degli studi eco-nomici. Nella teoria dell'impresa, l'approccio di Nelson e Winter (Nelson-Winter 1982) può essere letto come tentativo di incorpora-re, attraverso un paradigma evoluzionista, il concreto divenire stori-co nella riflessione teorica. Questo approccio si è intersecato stori-con la ripresa della riflessione schumpeteriana sul tema dell'impresa e dello sviluppo economico (Rosenberg 1982; Scherer 1992); con la ricostru-zione, in prospettiva evoluzionista, della rivoluzione industriale, pro-posta da Joel Mokyr (Mokyr 1990a), che ipotizza un'affascinante tas-sonomia dell'innovazione e dei mutamenti tecnologici sulla base del-l'analogia con le scienze biologiche.

In maniera forse meno evidente, anche gli econometrici hanno cominciato ad affrontare il problema di inserire la storia all'interno dei loro modelli. L'analisi delle serie temporali nell'approccio Box-Jenkins (Box-Box-Jenkins 1970) si è sviluppata nel corso degli anni '70 e

i suoi principali risultati possono essere interpretati con l'analogia della memoria storica del processo che ha generato una data serie. La considerazione del tempo e del dato sono alla base della metodologia della nuova econometria dinamica che tenta di svincolare l'econome-tria della textbook methodology, che prevede la verifica, pressoché meccanica, di ipotesi teoriche (Hendry 1980; Spanos 1986; Cappuccio-Orsi 1991). Invece, sul versante dell'analisi strutturale delle serie temporali, Andrew C. Harvey mette a fondamento della valutazione della bontà dei risultati raggiunti il confronto di questi «with any prior knowledge [of the economie history of the period] which may be available» (Harvey 1989: 11).

E probabile che in questo ripensamento generale dei rapporti tra storia ed economia giochi un ruolo importante lo sviluppo in senso storico di discipline dure quali la cosmologia (Bellone 1989) o la ter-modinamica di non equilibrio (Prigogine-Stengers 1988) analogamen-te a quanto era successo con la meccanica classica che ha rappresenta-to il modello di scienza fatrappresenta-to proprio dal mainstream delle discipline economiche. E altresì probabile che questo rinnovamento sia indi-pendente dal cambiamento di prospettiva delle scienze naturali e sia invece frutto di un «pensiero tacito» che si trasmette nella storia del pensiero economico. E il caso per esempio dell'analisi delle fluttua-zioni economiche in cui è evidente il contrasto tra visione scientifica e visione storica del processo economico (Dardi-Screpanti 1987).

LA STORIA E I MODELLI DELL'ECONOMIA 87 Tracciare una mappa di questi contributi magari suggerendo alcu-ne chiavi di lettura e interpretative è un'impresa oltremodo difficile, poiché i campi di indagine sono diversi e sono diverse le competenze specifiche necessarie per seguire le varie linee di riflessione. Per que-sta ragione in queste pagine ci si limita alla considerazione di un aspetto della riflessione generale sui rapporti tra storia ed economia, quello relativo alla nozione di path-dependence (da qui in poi PD). L'i-dea è quella di ricostruire, vale a dire riassumere, ritagliare, riordina-re, alcuni testi per evidenziare opzioni teoriche, caratteristiche meto-dologiche e rilevanza empirica della nozione di PD.

Il lavoro è strutturato come segue. Nel primo paragrafo si defini-sce sommariamente la nozione di PD. Nel secondo se ne illustrano alcune applicazioni nel campo della teoria economica relative a mo-delli di localizzazione di imprese industriali, di selezione di tecnolo-gie in concorrenza e di fluttuazioni di grandezze macroeconomiche. Nel terzo si descrivono brevemente alcuni casi storici di selezione di tecnologie che rispondono alle caratteristiche di un modello PD defi-nito in precedenza. Nel quarto si ricostruisce l'introduzione del PD in storia economica e si discute la tassonomia per i processi storici messa a punto da P.A. David. Si conclude sostenendo una distin-zione interpretativa forte tra due visioni della PD e illustrandola con alcune suggestioni mutuate dal dibattito sull'evoluzione biolo-gica.

1 . P A T H - D E P E N D E N C E .

Con l'espressione path-dependence ci si riferisce a processi il cui esito in un certo momento del tempo dipende dalla storia del proces-so o, più precisamente, dal percorproces-so seguito dal procesproces-so nel tempo storico. In questo senso, in processi path-dependent, gli small

histori-cal events, possono produrre fenomeni di coerenza tali da determina-re univocamente l'esito finale del processo. A livello intuitivo que-sta affermazione è poco più della conque-statazione banale che certi fatti accadono solo perché successivi ad altri fatti (Starn-Hollinger 1991).

Il fatto che questa constatazione abbia carattere rivoluzionario sia per l'economia e, in maniera per certi versi sorprendente, per la storia economica (Baccini 199la), al loro stato attuale dipende dai percorsi seguiti dalle due discipline negli ultimi decenni.

88 ALBERTO B AC CINI 2 . P D E M O D E L L I ECONOMICI.

Scrive Robert Solow:

«La mia impressione è che i migliori e più intelligenti esponenti della pro-fessione procedano come se l'economia fosse la fisica della società. C'è un solo modello universale valido del mondo. Bisogna solo applicarlo. Potreste lasciar cadere un economista moderno da una macchina del tempo — un elicottero, forse, come quello che fa cadere i soldi — in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, insieme al di lui o di lei personal computer; lui (o lei) po-trebbero entrare in affari senza neppure doversi preoccupare di chiedere a che ora e in che posto. In breve tempo l'economista aggiornato avrà massi-mizzato un integrale di valore attuale e di aspetto familiare, avrà fatto alcu-ne approssimazioni familiari logaritmiche, e sarà passato attraverso l'obbli-gatoria regressione familiare. I coefficienti familiari verrebbero scarsamente determinati, ma circa uno su venti di essi risulterebbe significativo, con un'approssimazione del 5 per cento, mentre gli altri diciannove non dovreb-bero essere pubblicati affatto. Scegliendo qua e là con un po' di giudizio, verrebbe fuori che i dati sono a mala pena compatibili con l'ipotesi [...], e cioè che il denaro è neutrale (o non neutrale, fate voi) ovunque e sempre, avendo come modulo un'asimmetria d'informazione, una qualsiasi: non vi preoccupate, ne troverete una» (Solow, 1988: 36-37).

La caricatura dell'economista aggiornato tratteggiata da Robert Solow riflette in maniera estrema la completa astoricità del sistema di equilibrio economico generale, sistematizzato da Arrow-Debreu (1954). E utile riassumerne sommariamente le caratteristiche fonda-mentali poiché da esse si deve partire per comprendere l'introduzio-ne e gli esiti della noziol'introduzio-ne di PD l'introduzio-nel sistema l'introduzio-neoclassico.

Il sistema di equilibrio economico generale è costituito da agenti economici individuali, consumatori e imprese. Per ogni impresa è de-finito un insieme di possibilità produttive vincolato dalla tecnologia disponibile; l'insieme è costituito da tutti i vettori di tutte le possibili combinazioni di input ed output. In generale si assume che l'insieme di produzione sia convesso, ciò significa che il processo di produzione non presenta vantaggi di scala o di specializzazione. Per ogni consu-matore è definita una dotazione di beni, comprensiva del tempo-lavoro - per cui ogni consumatore è fornitore di input alle imprese. Ogni consumatore esprime preferenze sui vettori possibili di beni di consumo e tempo-lavoro e accede al mercato per scambiare beni e vendere input. Il mercato è atomistico ed ogni consumatore mette in

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moto un volume di scambi che rappresenta una quota trascurabile del totale. Il comportamento degli agenti nel mercato è del tipo

price-taker: i prezzi sono dei parametri al di fuori del controllo dell'agente decisore. Si suppone che un banditore annunzi un vettore di prezzi, uno per ogni bene. Allora ogni impresa sceglie dal suo insieme di pro-duzione quel vettore di propro-duzione che massimizza i profitti: questo definisce la domanda/offerta dell'impresa per ciascun bene come fun-zione (continua) del prezzo. Analogamente, ciascun consumatore vende i suoi beni ai prezzi di mercato e acquista un vettore di beni di consumo che massimizza la sua utilità, è cioè preferito ad ogni al-tro vettore di beni che può essere raggiunto dati i prezzi e il suo red-dito.

Date le funzioni di domanda e offerta di ciascun consumatore per ciascun bene si definisce eccesso di domanda di un bene la differenza tra la somma delle domande e delle offerte per quel bene. Sotto que-ste assunzioni, l'eccesso di domanda è una funzione continua di tutti i prezzi. Si definisce vettore dei prezzi di equilibrio il vettore di prezzi, uno per ogni bene, tale che l'eccesso di domanda per ogni bene è ze-ro, ovvero l'offerta di ogni bene eguaglia la sua domanda. Ciò signifi-ca che in condizioni di equilibrio generale ogni domanda e offerta corrispondente a quei prezzi è ottimale per il consumatore o l'impre-sa e nessun agente desidera modificare i propri piani. Arrow-Debreu nel 1954 dimostrarono che sotto le condizioni ricordate un vettore di prezzi di equilibrio esiste.

Il modello di equilibrio economico generale non ha alcun riferi-mento temporale. E possibile però reinterpretarlo identificando un bene non solo per le sue usuali caratteristiche, ma anche per la data alla quale quel bene si rende disponibile. Se si assume che esistano nel tempo presente mercati per tutti i beni che si renderanno disponi-bili in futuro, si dimostra l'esistenza di un equilibrio per il sistema in tutti i periodi di tempo, vale a dire che domanda e offerta si egua-gliano non solo nel presente ma anche nel futuro. Il modello di equili-brio economico generale implica allora un sentiero temporale di equi-libri dinamici.

Dimostrata l'esistenza i problemi sono quelli della unicità e della stabilità dell'equilibrio. Per l'economia di questo lavoro è sufficiente soffermarsi sulla nozione di stabilità che si riferisce, come è noto, al problema della convergenza del sistema a un qualche vettore di prez-zi di equilibrio, data una iniprez-ziale situaprez-zione di disequilibrio. Ciò ri-chiede che vengano rese esplicite le ipotesi relative al processo di

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aggiustamento che determina il sentiero temporale del vettore dei prezzi. Il meccanismo di aggiustamento detto di tatónnement è di tipo

amplitude-reducing : esiste un banditore il cui compito è quello di an-nunciate un vettore dei prezzi e raccogliere istantaneamente le infor-mazioni sugli eccessi di domanda di ciascun bene. Se il banditore rile-va, per alcuni beni, eccessi di domanda/offerta allora annuncia un nuovo vettore di prezzi in modo tale che il prezzo del bene in dise-quilibrio si muove nella stessa direzione dell'eccesso di domanda. So-lo al raggiungimento del prezzo di equilibrio avvengono effettiva-mente gli scambi. Per esempio, la scarsità di un bene (eccesso di do-manda positivo) determina l'aumento del prezzo di quel bene e di conseguenza la diminuzione della domanda e l'aumento dell'offerta in modo tale che la situazione iniziale di disequilibrio finisce per esse-re riassorbita prima che sia avvenuto qualche scambio.

L'analisi dei sistemi dinamici condotta con questa strumentazio-ne comporta la determinaziostrumentazio-ne di soluzioni che esibiscono sentieri di crescita di tipo steady state. Più in generale la prospettiva generale dell'analisi di equilibrio neoclassica prevede l'assorbimento nel tem-po degli shocks esogeni. Questa visione è in contrasto con la presenza e la persistenza delle fluttuazioni cicliche, con l'irregolarità dello svi-luppo e con i differenziali crescenti di reddito pro-capite tra paesi ricchi e paesi poveri. La diversità tra i tassi di crescita contraddice, per esempio, una delle più forti implicazioni della teoria neoclassica della crescita, per cui si deve verificare una convergenza asintotica verso il tasso di progresso tecnico, considerato invariabilmente eso-geno.

L'introduzione della nozione di PD all'interno del sistema di equilibrio economico generale permette il trattamento di dinamiche ben più complesse, ma comporta alcuni problemi analitici rilevanti, oltre l'estrema complicazione degli strumenti matematici utilizzati. Sostanzialmente l'introduzione della nozione di PD nel sistema economico neoclassico avviene attraverso la rimozione dell'ipotesi di (stretta) convessità dell'insieme di produzione, che equivale alla ri-mozione dell'ipotesi di rendimenti (decrescenti) costanti di scala. In-tuitivamente, questo significa il riconoscimento dell'esistenza di meccanismi di feedback positivo all'interno del sistema economico. In questo modo viene negata la generalità dell'approccio amplitude

redu-cing. Infatti l'esperienza di equilibri predicibili per prezzi e quote di mercato è una conseguenza del fatto che le azioni economiche metto-no in moto meccanismi di feedback negativo che assorbometto-no le oscilla-zioni riportando il sistema in equilibrio. La rimozione dell'ipotesi di

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convessità dell'insieme di produzione ha gravi conseguenze sulla ro-bustezza del modello di equilibrio economico generale. L'equilibrio può non esistere, può non essere unico e predicibile; possono pertan-to verificarsi inefficienze sia nell'allocazione delle risorse, sia nella se-lezione delle tecnologie di produzione; possono verificarsi fenomeni di incardinamento (lock-in) per cui una volta che sia stato raggiunto un certo esito del processo, quell'esito perdura indefinitamente - a meno di shocks esogeni; possono verificarsi infine fenomeni di PD per cui l'esito del processo è determinato dalle configurazioni del si-stema nel passato.

I campi in cui la nozione di PD ha dato un contributo nuovo alla definizione di modelli economici sono l'economia della localizzazione di impresa, l'economia della tecnologia e, più in generale, lo studio microfondato delle fluttuazioni macroeconomiche. Nei tre paragrafi seguenti si considerano brevemente tre modelli appartenenti ciascu-no ad uciascu-no dei campi appena ricordati. E da ciascu-notare che è l'ecociascu-nomia della tecnologia la prima ad essere stata interessata dall'introduzione della PD; l'ordine scelto invece riflette la semplicità espositiva dei modelli.

2.1. L'economia della localizzazione di imprese.

Un modello estremamente semplice dell'emergere di meccanismi di PD è quello di localizzazione di imprese industriali messo a punto da Paul Krugman (1991). In questo la selezione di uno tra più equili-bri possibili nella localizzazione di imprese industriali dipende dal-l'interazione tra rendimenti crescenti, costi di trasporto e domanda dei beni. La struttura del modello è tale che ciò che accade all'inizio del processo, generalmente a causa di fattori esogeni rispetto al mo-dello, determina univocamente l'esito del processo di selezione di un equilibrio tra quelli possibili.

Il modello prevede due sole localizzazioni possibili per le unità produttive, Nord e Sud, e due soli prodotti, prodotti agricoli e pro-dotti industriali. I propro-dotti agricoli richiedono due soli inputs, terra e lavoro; la produzione agricola può avvenire sia a Nord che a Sud senza economie derivanti da produttività marginali diverse dei terre-ni, per cui la popolazione occupata in agricoltura è divisa equamente (5096-5096) tra Nord e Sud. La produzione industriale può anch'essa aver luogo sia a Nord che a Sud, ma la scelta da parte di un'impresa

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di costruire i propri impianti a Nord, a Sud oppure in entrambe le località dipende dai costi di trasporto e di impianto. Infatti se un be-ne è prodotto, per esempio, al Nord l'impresa incorre in costi di tra-sporto per venderlo nel mercato del Sud e viceversa. Se la stessa in-dustria decide di produrre il bene sia a Nord che a Sud allora l'impre-sa incorre in un costo fisso addizionale, relativo alla costruzione di un nuovo impianto.

Si può supporre che la forza lavoro occupata nel settore industria-le sia proporzionaindustria-le al volume di produzione in ciascun luogo. Si può analogamente supporre che la domanda di beni per unità geografica sia proporzionale alla popolazione residente.

Date queste premesse è possibile definire alcune condizioni per-ché la produzione industriale si concentri in un solo luogo. Sia X; il totale delle vendite della impresa i-esima; sia n la proporzione della popolazione impiegata nelle imprese industriali; sia F il costo fisso in cui l'impresa incorre per produrre in entrambe le locazioni e sia T il costo di trasporto unitario tra Nord e Sud.

Se tutta la produzione è concentrata a Nord(Sud) la quota di po-polazione del Sud(Nord) è data da

(1 - n)/2;

e i costi di trasporto per servire il Sud(Nord) dal Nord(Sud) sono dati da:

tX(l - tt)/2

Il costo di costruzione di un impianto nel Sud(Nord) è F per cui l'impresa trova conveniente non costruirlo fino a che

F > t X ( l - 7t)/2.

Il raggiungimento di una posizione di equilibrio in cui tutta la produzione è concentrata in una località è legata pertanto alla presen-za di rilevanti economie di scala — F grande —, a bassi costi di tra-sporto e alla quota di popolazione impiegata nella industria (71).

Nel modello di Krugman sono pertanto possibili tre situazioni di equilibrio localmente stabili, tutte le industrie sono concentrate al Nord, tutte le industrie sono concentrate al Sud, la quota di industrie localizzate al Nord è uguale a quella del Sud. È evidente che un van-taggio iniziale del Nord dovuto a fattori «esogeni» al modello — in questo senso «accidenti storici» —, per esempio una precoce

indù-LA STORIA E I MODELLI DELL'ECONOMIA 93 strializzazione o una numerosa — relativamente al Sud — popolazio-ne impiegata in agricoltura può comportare che l'intera produziopopolazio-ne manifatturiera sia concentrata proprio al Nord. In questo modello l'esito è fortemente path-dependent: il processo non è in grado di scor-dare le condizioni iniziali o gli accidenti storici che, in un momento del suo divenire, hanno fatto pendere la bilancia a favore di una delle localizzazioni possibili. Questo vantaggio si è autorinforzato e ha fi-nito per favorire un esito che è di fatto bloccato dal meccanismo de-scritto in precedenza.

Con questo modello è possibile spiegare la nascita e lo sviluppo della cintura industriale statunitense che comprende una fascia di territorio relativamente piccola nel nord-est e nel midwest del paese. In questa zona e nel Sud del paese abitava, tra la fine del '700 e la prima metà dell'800, la quasi totalità della popolazione agricola statu-nitense. Nel nord-est e nel midwest si svilupparono le prime indu-strie. Durante la seconda metà dell'800 la crescita delle economie di scala, l'abbassamento dei costi di trasporto e la quota di popolazione non occupata in agricoltura crebbero così che la localizzazione inizia-le ha finito per conservarsi e rafforzarsi nel tempo, incardinando una condizione iniziale dovuta agli «accidenti della storia» — tali solo perché osservati dall'interno del modello.

Analogamente, lo sviluppo dell'industria dei computers nella Sili-con Valley è dovuto ad una piccola differenza nelle Sili-condizioni iniziali che ha reso vantaggiosa la localizzazione delle prime industrie elet-troniche proprio nella Contea di Santa Clara. Negli anni '40 e '50 alcune industrie elettroniche aprirono i loro laboratori vicino all'Uni-versità di Stanford, forse proprio perché Stanford rappresentava un buon mercato per prodotti ad alta tecnologia. In seguito altre

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