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Rendimenti di azioni e titoli di stato: un'analisi empirica dei loro determinanti*

SINTESI.

Questo lavoro esamina i fattori che determinano cambiamenti

n&Wequity premium (il rapporto fra il rendimento delle azioni e quello dei titoli di stato a breve durata). L'analisi empirica indica l'esistenza di un legame positivo e significativo fra Yequity premium e il rapporto debito pubblico/PIL. Tale risultato resta valido anche quando si ten-ga conto del ruolo di altre variabili esplicative, come l'inflazione, il rischio e le aspettative di crescita futura. Introducendo una struttura a generazioni sovrapposte in un modello «ad alberi» simile a quello di Lucas (1978), si formalizza la nozione intuitiva secondo la quale ad aumenti nel debito pubblico dovrebbero corrispondere aumenti nei tassi d'interesse sui titoli di stato, rispetto ai rendimenti alternati-vi, come quelli sulle azioni. Dunque la relazione osservata risulta sor-prendente, anche dal punto di vista di modelli nei quali non valga l'e-quivalenza ricardiana. Facendo uso di dati su venti paesi, si confer-mano anche altre relazioni empiriche già analizzate nella letteratura per un numero limitato di singoli paesi. I valori attesi della crescita del PIL reale sono positivamente e significativamente correlati con i rendimenti azionari. Aumenti dell'inflazione portano ad una

cresci-* Desidero ringraziare David Cutler, Brad Delong, Benjamin Friedman, Eric Ma-skin, Greg Mankiw, Robert C. Merton, José Montalvo, Andrei Shleifer e Philippe Weil, per i loro utili commenti e suggerimenti.

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ta dei tassi d'interesse nominali, ma (nei paesi OCSE) riducono quel-li reaquel-li. Infine, alcuni risultati prequel-liminari confermano l'esistenza di un legame positivo tra «rischio» e rendimento del mercato azionario. L'analisi si basa su dati annuali di dodici paesi dell'OC SE e di otto paesi in via di sviluppo con mercati azionari «emergenti.

1 . INTRODUZIONE.

Questo lavoro empirico costituisce un tentativo di individuare i fattori che determinano cambiamenti ne\Y«equity premium» (qui con-venzionalmente definito come il rapporto fra i rendimenti attesi sulle azioni e sui titoli di stato a breve durata). Negli Stati Uniti, Yequity

premium ha recentemente attirato l'attenzione di molti studiosi, a causa del suo livello medio troppo alto per essere compatibile con mo-delli neoclassici che ipotizzino l'esistenza del consumatore rappre-sentativo1. Inoltre, Barsky (1989) analizza, da un punto di vista teorico, alcuni dei fattori che potrebbero determinare i rendimenti attesi sulle azioni e sui titoli di stato. Tuttavia, vi sono state relativa-mente poche analisi empiriche dei fattori che determinano i cambia-menti dell'equity premium, e nessuna si è interessata direttamente a questo argomento2.

La relativa mancanza di lavori empirici sull'argomento può essere in parte dovuta alla difficoltà di stimare Yequity premium. Merton (1980) fa notare che, a causa dell'elevata variabilità dei rendimenti azionari, è particolarmente difficile stimare il valore atteso dei

rendi-1. Mehra e Prescott (1984) hanno dato inizio alla letteratura sull'«equity premium puzzle». Durante questo secolo, negli Stati Uniti, le azioni hanno reso mediamente circa 6 punti percentuali all'anno più delle obbligazioni. Sulla base di modelli fondati sul para-digma del consumatore rappresentativo, un equìty premium così alto richiederebbe che il coefficiente di avversione al rischio fosse estremamente alto. Osservando la Tavola 1, il caso dell'Italia sembra atipico, dato che il suo equity premium è stato invece piuttosto bas-so, e persino negativo nel periodo considerato in questo studio.

2. Una possibile eccezione è costituita dalla letteratura sul «time-varying risk premia», che si interessa tuttavia al ruolo della variabilità del rischio nel determinare i rendimenti azionari. Bollerslev et al. (in fase di pubblicazione) ne fornisce una sintesi. Inoltre, dopo aver terminato la versione in inglese di questo lavoro, sono venuto a conoscenza di un lavo-ro di Blanchard, il quale sostiene che Yequity premium mondiale sia sceso negli anni Ottan-ta. Il suo approccio è comunque notevolmente diverso da quello adottato in questo studio: Blanchard utilizza altri dati sui rendimenti, aggrega le variabili a livello mondiale, utilizza il rapporto prezzo/dividenti come proxy per il rendimento azionario atteso e non analizza il ruolo di alcuna variabile fiscale.

RENDIMENTI DI AZIONI E TITOLI DI STATO 51 menti azionari. Merton dimostra che le stime dei rendimenti attesi possono essere migliorate soltanto ottenendo serie storiche più lun-ghe; un aumento della frequenza delle osservazioni servirebbe solo a migliorare le stime della varianza dei rendimenti. Dati storici di lun-go periodo sui rendimenti azionari ed obbligazionari sono disponibili soltanto per un numero molto limitato di paesi. Dunque, a priori, ci si potrebbe aspettare che l'individuare legami significativi fra

Yequi-ty premium ed i fattori che lo determinano sia impresa difficile. La natura di questo lavoro empirico deve pertanto essere necessariamen-te di «esplorazione». Tuttavia, altri ricercatori hanno analizzato il le-game fra rendimenti azionari e l'inflazione o la crescita del PIL, otte-nendo risultati interessanti3. Inoltre, facendo uso di un panel di paesi, ci si può basare su di un numero elevato di osservazioni.

Uno dei fattori che potrebbero contribuire a determinare Yequity

premium è la politica fiscale4. Questo meccanismo non è ancora sta-to analizzasta-to. La maggior parte dei modelli concernenti Yequity

pre-mium (per esempio, Mehra e Prescott (1985), Weil (1990), Blan-chard e Weil (1990), Barsky (1989)) calcolano il rendimento sui titoli «a rischio nullo» ipotizzando che la loro quantità di equilibrio sia ze-ro. Nel paragrafo 2, si analizzano le conseguenze dell'abbandono di tale ipotesi estrema. Si introduce una struttura a generazioni sovrap-poste in un modello «ad alberi» simile a quello di Lucas (1978). Con questo si formalizza il principio intuitivo secondo il quale ad aumenti nelle dimensioni del debito pubblico corrisponderanno — in equili-brio — aumenti nei tassi di interesse sui titoli pubblici, rispetto ai rendimenti su titoli alternativi, quali le azioni. Ciò permette di per-suadere gli investitori a detenere un più alto debito pubblico. Si di-mostra infatti che una delle implicazioni del modello è che Yequity

premium scenda al salire del debito pubblico. Una delle ipotesi del modello è che i titoli del debito pubblico costituiscano ricchezza rea-le. Qualora invece di introducessero nel modello ipotesi, come, ad esempio, nel modello di Barro (1974), tali da implicare equivalenza

3. Fra i recenti contributi allo studio del legame fra inflazione e rendimenti finanzia-ri, si vedano Giovannini e Labadie (1991) e Marshall (1992). La relazione fra rendimenti azionari e prospettive di crescita economica è stata analizzata, fra altri, da Fischer e Mer-ton (1984) e Fama (1990).

4. Blanchard (1992) riconosce, in via di principio, la possibilità che Yequity premium sia influenzato dall'offerta relativa di azioni e titoli di stato, senza tuttavia analizzarla at-traverso un modello formale o l'esame dei dati.

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ricardiana, allora il debito pubblico non avrebbe alcun effetto

sull'e-quity premium.

Il paragrafo 3 analizza empiricamente le previsioni del modello. Il rapporto debito pubblico/PIL risulta essere positivamente e signifi-cativamente legato alYequity premium. A seguito dei risultati teorici ottenuti nel paragrafo 2, questo risultato è sorprendente anche dal punto di vista di modelli nei quali non sussista l'equivalenza ricar-diana5. Si mostra inoltre che tale sorprendente relazione permane anche introducendo nelle stime altre variabili esplicative, come l'in-flazione, la varianza dei rendimenti azionari (quale proxy del rischio derivante dal detenere azioni) e le prospettive di crescita dell'econo-mia reale. Tali altri fattori vengono analizzati anche come argomenti di interesse in se stessi. La stessa analisi empirica permette infatti di confermare un numero di relazioni già rilevate nella letteratura per un limitato numero di singoli paesi. In particolare, esiste un legame positivo e significativo tra la crescita futura del PIL e i rendimenti azionari. Inoltre, aumenti dell'inflazione portano ad una crescita dei tassi di interesse nominali e (nei paesi OCSE) riducono quelli reali. Infine si presentano alcuni risultati preliminari secondo i quali il ri-schio di mercato avrebbe un effetto positivo e significativo sui rendi-menti azionari.

Nel paragrafo 4, si suggeriscono alcune implicazioni e possibili estensioni alla luce della letteratura. L'ultimo paragrafo presenta al-cune interpretazioni compatibili con i risultati, insieme ad alal-cune considerazioni conclusive.

2. UN LUCAS-TREE MODEL A GENERAZIONI SOVRAPPOSTE. In questo paragrafo, si analizza il ruolo delle dimensioni del debi-to pubblico nel determinare Yequity premium. A tal fine, si fa uso di una versione di equilibrio economico generale del Capital asset pricing

model, seguendo Lucas (1978), e vi si introduce una struttura a gene-razione sovrapposte (overlapping generations). Il modello adottato pre-senta inoltre alcune caratteristiche in comune con i modelli a due

pe-5. Secondo la teoria dell'equivalenza ricardiana, una riduzione delle tasse finanziata con un aumento del debito non induce i consumatori a sentirsi più ricchi, e dunque a con-sumare di più. Questi infatti sanno che (i loro discendenti, cui dovrebbero lasciare un'ere-dità) dovranno pagare più tasse in futuro.

RENDIMENTI DI AZIONI E TITOLI DI STATO 53 riodi di Barsky (1989) e Weil (1990). Tuttavia, nel presente studio, si introduce un'offerta esogena strettamente positiva di titoli del de-bito pubblico con rendimento «a rischio nullo». Si mostra che, nel-l'ambito di questo modello, un aumento del debito pubblico porta ad una riduzione delYequity premium.

Si assume che tutti gli individui appartenenti ad una stessa gene-razione siano identici. Le uniche imperfezioni nei mercati sono quel-le necessariamente colquel-legate alla struttura a generazioni sovrapposte, la quale è utilizzata al fine di ottenere che il debito pubblico costitui-sca ricchezza reale.

Alla nascita, ciascun individuo è in possesso di un «albero» che produrrà un «frutto» solo nel periodo successivo, quando l'individuo sarà «vecchio». Le dimensioni del frutto costituiscono una variabile aleatoria. Dopo aver dato il suo frutto, l'albero muore. Tale ipotesi semplifica il problema, in modo da evitare di dover analizzare la di-stribuzione del reddito sia nel tempo, sia a seconda della realizzazio-ne dell'incertezza. Gli «alberi» potrebbero rappresentare la capacità imprenditoriale. Si assume che tale capacità non possa essere tra-smessa ad altri individui: essa muore con il suo «proprietario». Al fi-ne di astrarre da questioni legate al rischio idiosincratico, si assume che la realizzazione delle dimensioni del frutto sia la stessa per tutti gli individui appartenenti alla stessa generazione, così da renderli identici, sia ex-ante che ex-post6. La distribuzione statistica del frut-to è, inoltre, indipendente dalla politica fiscale. Il numero di alberi esogenamente disponibili per ciascun individuo è normalizzato ad uno.

Il consumo da parte di un «giovane» nato al tempo t è uguale a:

clt = e-Tt + p,{l-xt) - qtbt+i (1)

6. Questa ipotesi non è necessaria. L'importante è che il «rischio» sia possibile ogget-to di scambio in mercati perfetti e dunque possa essere redistribuiogget-to. Gli «alberi» dei vari individui potrebbero dare «frutti» diversi: qualcuno sarebbe «fortunato», qualcuno no. Tuttavia, in mercati perfetti, vi sarebbe scambio ex-ante di diritti ai vari «frutti», e tutti gli individui deterrebbero lo stesso portafoglio. Questo diverrebbe il «frutto» nel modello. Non è peraltro necessario nemmeno che tutti gli individui siano identici. Qualcuno potreb-be essere più ricco alla nascita. Ipotizzando che la funzione di utilità sia del tipo Hyperbolic absolute risk aversion (HARA), si avrebbe comunque two-fund monetary separation: ciascun individuo si comporterebbe, cioè, come se stesse scegliendo il proprio portafoglio fra titoli «a rischio nullo» e un mutuaifund con proporzioni fisse dei vari «frutti». Tale fondo co-mune sarebbe dunque il «frutto» unico nel modello.

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dove e sia il quantitativo del bene di consumo di proprietà dell'indi-viduo alla nascita, x sia il numero di alberi che l'indidell'indi-viduo sceglie di detenere sino al suo secondo periodo dei vita, p sia il prezzo di un albero, q sia il prezzo di un titolo a rischio nullo, emesso dal Tesoro, che pagherà un'unità del bene di consumo nel secondo periodo di vi-ta, b sia il numero di titoli del debito pubblico che il «giovane» sceglie di detenere sino al secondo periodo di vita, e x siano tasse

[lump-sum). Si ipotizza che il debito pubblico sia interamente costituito da titoli che durano per un solo periodo. Tutti gli assets hanno durata finita, dunque non si possono avere bubbles. Lo stesso individuo con-sumerà, da vecchio:

Czt+l + (2)

dove dt+1 sia il «frutto» aleatorio ottenuto nel periodo t+ 1 da cia-scun vecchio nato al tempo t.

I «giovani» massimizzano:

Max u(cJ + Et[v(c2t+1)], cu,c2t+1>0 (3) Le condizioni del primo ordine per la scelta di xt e bt+1 sono:

p, u'{c

u

) = E

t

[d

t+

! v

/

(c

21+

1)] (4)

q,u'{cià = Elv/(c2t\i)] (5)

II tesoro deve finanziare la differenza fra il debito in scadenza ed il prelievo fiscale, tramite l'emissione di nuovi titoli (per semplicità, si ipotizza che la spesa pubblica, g, sia sempre pari a zero):

qjht+i=bt-it (g, = 0 Vf) (6)

In equilibrio, l'offerta (esogena) e la domanda di «alberi» devono essere uguali:

xt = 1 V t (7)

Sostituendo (6) e (7) in (1) e (2), si ottengono i valori di equilibrio del consumo:

RENDIMENTI DI AZIONI E TITOLI DI STATO

Dunque, in equilibrio, i rendimenti ex-ante saranno:

55 .7, 8 Et(Rt+1) = Et(-^±l) = Pt t+i Et(dt+1) u'(e - bt) E T Ó U A I R I L I ) ] ( 9 ) RF = 1 _ u'(e - bt) qt Ey&+1+bt+1)] (10) 11 = Et(Rt+1) _Et(dt+]) E y d ^ + b^x)] RF E,[dt + 1 v/{dt+1 +bt+1)] ( 1 1 )

Se (e solo se) la funzione di utilità è caratterizzata da Decreasing

absolute risk aversion (DARA), l'equity premium scenderà al salire del debito pubblico. DARA è una proprietà estremamente plausibile del-la funzione di utilità9. Arrow (1965) mostra che si tratta di un con-cetto semplice, che implica che l'ammontare assoluto di ricchezza de-tenuta nella forma di titoli soggetti a rischio salga al salire della ric-chezza totale. Nel caso estremo di Constant absolute risk aversion (cioè, v(c) = (~l/ò)e~Sc), allora Yequity premium, II, sarebbe indi-pendente da bt+

La ragione per cui è naturale attendersi che Yequity premium scenda al salire del debito pubblico, nell'ambito di questo modello, può essere descritta in termini intuitivi: date le ipotesi adottate, il de-bito pubblico rappresenta ricchezza reale; vale a dire, una diminuzio-ne delle tasse finanziata da un aumento del debito porta gli operatori economici a sentirsi più ricchi; come conseguenza dell'ipotesi di utili-tà DARA, pertanto, questi diventano meno avversi al rischio; dun-que un minor rendimento atteso sulle azioni (titoli a rendimento

in-7. (10) mostra che, se l'utilità marginale del consumo è positiva, un aumento del debi-to pubblico porta ad un aumendebi-to dei tassi d'interesse. Osservando (11), si nota che v"> 0 è condizione sufficiente affinché Yequity premium ex-ante sia maggiore di 1, cioè, I I , > 1.

8. Espressioni analoghe si derivano utilizzando un modello a due periodi con un albe-ro che palbe-roduca «frutti incerti» e un albealbe-ro che dia un «frutto certo». Le dimensioni del secondo albero potrebbero essere interpretate come le dimensioni del debito pubblico, mentre le dimensioni del primo continuerebbero a rappresentare le imprese quotate sul mercato azionario. Si presenta la versione del modello a generazioni sovrapposte, perché questa rappresenta il ruolo della politica fiscale del governo in modo esplicito.

9. Si veda Weil (1992) per ulteriori riferimenti bibliografici sulla plausibilità dell'ipo-tesi DARA.

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certo), rispetto al rendimento (certo) sui titoli di stato, sarà sufficien-te a persuadere gli investitori a desufficien-tenere lo ssufficien-tesso dato ammontare di azioni. Una semplice prova di questa proposizione è fornita in ap-pendice.

Qualora si modificassero le ipotesi del modello in modo da impli-care equivalenza ricardiana, una diminuzione delle tasse finanziata con un aumento di debito non sarebbe percepita come un aumento di ricchezza reale. Uequity premium diventerebbe dunque indipen-dente dalle dimensioni del debito pubblico.

3 . DESCRIZIONE DEI DATI.

I dati sui rendimenti per i dodici paesi OC SE qui utilizzati si rife-riscono al periodo 1960-8810. I rendimenti dei vari mercati azionari sono tratti da Morgan Stanley capital intemational, e i rendimenti dei titoli di stato a breve durata provengono da World asset module di Ibbotson Associates11. Nella forma originale, i dati erano a frequen-za mensile. Ai fini di questo studio, i rendimenti mensili sono stati convertiti in annuali come medie aritmetiche, dato che le variabili fi-scali si evolvono molto lentamente e sono comunque solitamente di-sponibili con frequenza annuale. Le definizioni dei rendimenti sono le stesse adottate da Cutler et al. (1991). Il rendimento reale delle azioni è dato da In [(St + DJ/StJ - In (pjpt-i), dove St sia l'indice dei prezzi delle azioni al termine dell'anno t, Dt siano i dividendi distri-buiti durante l'anno, e pt sia l'indice dei prezzi al consumo a fine anno. Il rendimento reale sui titoli di stato a breve durata viene cal-colato come In (1+iIn (pjpt.i), dove i è il tasso d'interesse. I paesi OC SE scelti sono quelli per i quali tali dati sono disponibili, e sono gli stessi utilizzati da Cutler et al. (1991).

I dati per gli otto paesi in via di sviluppo qui utilizzati sono tratti dall'Emerging markets factbook pubblicato dall' International Einance

10. Il campione OCSE analizzato in questo studio è composto da Australia, Austria, Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Olanda, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. I dati sulle variabili fiscali del Giappone non sono disponibili in «International fi-nancial statistics» del Fondo Monetario Internazionale.

11. Per l'Italia e la Svizzera, si sono tratti i dati sui rendimenti dei titoli del debito pubblico a breve da «International financial statistics», invece di utilizzare i tassi di sconto come avevano fatto per questi paesi Cutler et al. (1991). I rendimenti sui titoli di stato variano molto più liberamente, a seconda delle condizioni di domanda e offerta nel merca-to dei timerca-toli, mentre il tasso di sconmerca-to è talora mantenumerca-to fisso per lunghi periodi.

RENDIMENTI DI AZIONI E TITOLI DI STATO 57 Corporation, e si riferiscono al periodo 1976-199012. I dati sui ren-dimenti dei titoli di stato a breve durata sono tratti da «International financial statistics», pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale. Tutti i dati su debito pubblico, prezzi al consumo e prodotto na-zionale lordo per il periodo 1959-91 provengono da «International financial statistics».

Le medie e le deviazioni standard delle variabili sono riportate nella Tavola 1 (a pag. 58) per i paesi OCSE e nella Tavola 2 (a pag. 59) per i paesi con mercati azionari «emergenti». Tutti i rendimenti sono denominati in valuta locale.

4 . RISULTATI DELL'ANALISI EMPIRICA.

In questo paragrafo si presentano i risultati dell'analisi empirica sul legame fra il rapporto debito pubblico/PIL e Yequity premium. Si mostra come tale legame sia positivo e significativo. Questo risultato è sorprendente non solo per i sostenitori della teoria dell'equivalenza ricardiana, ma anche dal punto di vista di chi pensa che il debito pub-blico costituisca ricchezza reale. Si è infatti mostrato nel paragrafo 2 che i primi si aspetterebbero che non esista alcun legame fra debito ed equity premium, mentre i secondi si aspetterebbero un legame

ne-gativo fra le due variabili.

Nel paragrafo 2, si assume che non esista alcun rischio di ripudio sui titoli del debito pubblico, e che dunque i titoli di stato a breve durata costituiscano veramente uno strumento finanziario privo di ri-schio. Alesina et al. mostrano che il premio per il rischio di ripudio sui rendimenti dei titoli di stato è piuttosto basso, anche in paesi alta-mente indebitati come l'Italia o il Belgio, ed è comunque positivaalta-mente legato al rapporto debito pubblico/PIL. Questo ulteriore meccanismo può solo rafforzare la previsione teorica sviluppata nel paragrafo 2,

12. Il campione analizzato per i paesi in via di sviluppo comprende India, Giordania, Corea del Sud, Malesia, Pakistan, Filippine, Tailandia e Zimbabwe. L'International Vìnance Corporation pubblica dati sui rendimenti azionari di venti paesi con mercati azionari «emer-genti», in alcuni casi a partire dal 1976. Tuttavia, dati per tutte le variabili necessarie ai fini del presente studio sono disponibili per più di tre osservazioni annuali solo per questi otto paesi, e per l'Argentina. Quest'ultima costituirebbe un outlier, dato che durante l'ipe-rinflazione il suo equity premium ha assunto valori estremamente negativi, e dunque non vie-ne introdotta vie-nel campiovie-ne.

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TAVOLA 1: 12 paesi OCSE: medie e deviazioni standard

Equity premium Rendimenti Nominali sulle Azioni Rendimenti Nominali sui Titoli di Stato Inflazione Debito

Pubblico/PIL Crescita del Tasso di PIL Reale Varianza dei Rendimenti sulle Azioni* Australia 0.001 (0.258) 1970-88 0.102 (0.228) 1960-88 0.097 (0.034) 1970-88 0.066 (0.039) 1960-88 0.278 (0.072) 1939-87 0.039 (0.021) 1961-89 0.0044 (0.0053) 1960-88 Austria 0.013 (0.179) 1961-88 0.075 (0.189) 1960-88 0.048 (0.009) 1961-88 0.043 (0.020) 1960-88 0.246 (0.120) 1970-87 0.032 (0.019) 1963-89 0.0014 (0.0025) 1960-88 Belgio 0.058 (0.183) 1961-88 0.129 (0.188) 1960-88 0.079 (0.024) 1961-88 0.048 (0.031) 1960-88 0.612 (0.187) 1939-87 0.033 (0.021) 1961-89 0.0020 (0.0018) 1960-88 Canada 0.029 (0.144) 1961-88 0.102 (0.136) 1960-88 0.075 (0.035) 1961-88 0.053 (0.032) 1960-88 0.330 (0.078) 1939-87 0.043 (0.021) 1961-89 0.0023 (0.0019) 1960-88 Francia 0.016 (0.228) 1961-88 0.099 (0.224) 1960-88 0.082 (0.033) 1961-88 0.065 (0.034) 1960-88 0.172 (0.060) 1939-87 0.037 (0.018) 1961-89 0.0034 (0.0021) 1960-88 Germania 0.018 (0.234) 1961-88 0.080 (0.233) 1960-88 0.052 (0.023) 1961-88 0.033 (0.020) 1960-88 0.120 (0.058) 1939-87 0.030 (0.022) 1961-89 0.0027 (0.0022) 1960-88 Italia -0.018 (0.276) 1960-88 0.087 (0.282) 1960-88 0.105 (0.045) 1960-88 0.086 (0.061) 1960-88 0.496 (0.165) 1939-87 0.038 (0.025) 1961-89 0.0043 (0.0034) 1960-88 Olanda 0.047 (0.197) 1961-88 0.098 (0.192) 1960-88 0.051 (0.022) 1961-88 0.046 (0.028) 1960-88 0.343 (0.112) 1939-87 0.033 (0.026) 1961-89 0.0024 (0.0017) 1960-88 Svezia 0.065 (0.220) 1963-88 0.137 (0.220) 1960-88 0.079 (0.031) 1963-88 0.065 (0.029) 1960-88 0.306 (0.162) 1970-87 0.029 (0.019) 1961-89 0.0027 (0.0024) 1960-88 Svizzera 0.019 (0.234) 1960-87 0.070 (0.230) 1960-88 0.045 (0.101) 1960-87 0.037 (0.023) 1960-88 0.119 (0.038) 1960-87 0.027 (0.027) 1961-89 0.0024 (0.0019) 1960-88 Regno Unito (0.286) 0.036 1964-88 0.122 (0.265) 1960-88 0.090 (0.027) 1964-88 0.075 (0.051) 1960-88 0.491 (0.046) 1970-86 0.025 (0.020) 1961-89 0.0038 (0.0050) 1960-88 Stati Uniti 0.025 (0.156) 1961-88 0.089 (0.149) 1960-88 0.064 (0.027) 1961-88 0.048 (0.033) 1960-88 0.339 (0.071) 1939-87 0.034 (0.026) 1961-89 0.0019 (0.0015) 1960-88

I valori in parentesi sono deviazioni standard. Le date (in corsivo) indicano il periodo per il quale i dati sono disponibili. È possibile che la media dell'equity premium non sia uguale alla differenza tra

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