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IV. L‟antieroe in Solinas: indifferenza, efficienza e opportunismo sociale

IV. 1 Paul Robin

Al di là di questa suggestione, è con Paul che si delinea in

primis il personaggio dell‟indifferente e opportunista. L‟opportunismo di Paul Robin, è la sottile logica che guida ogni sua scelta. Egli, ex ufficiale dei parà francesi che ha combattuto durante

i sette sanguinosi anni di guerra in Algeria, ritorna ad Algeri pochi giorni prima del referendum come fotoreporter alla ricerca di uno

scoop, nei giorni che precedono l‟indipendenza algerina. Bello,

giovane e disinvolto, così ce lo presenta la sceneggiatura, non appare fin dal suo arrivo minimante turbato dal caos che anima l‟aeroporto, e di seguito seguirà su questa linea di comportamento nel suo iter entro la terra algerina martoriata da lotte intestine, sommari regolamenti di conti, attentati e rappresaglie da una parte e dall‟altra. Una serie di flashback ci mostrano Paul in divisa, sorridente e deciso mentre, senza dare l‟impressione di alcun moto di pietà che non sia necessario per addolcire la sua vittima, guida alcuni interrogatori, condotti attraverso agghiaccianti torture. L‟estrema professionalità di Paul (lo si vedrà più precisamente nel capitolo dedicato a Parà) da l‟impressione di un personaggio freddo, immune all‟orrore di cui è strumento, e altresì pare quasi suggerire l‟inconsapevolezza di Paul, inconsapevolezza della perdita di umanità che la fredda pratica della professione mostra in modo eclatante, che l‟efficienza sottolinea grazie allo stridente paragone con la realtà. In verità in Paul, come anche in Klein, c‟è una ricerca di inconsapevolezza: l‟egoismo, il tentativo di sfruttare l‟opportunità che la circostanza drammatica offre, non lasciano senza segni il protagonista, che cerca dunque una via di fuga attraverso la non considerazione del significato delle sue azioni. L‟indifferenza non come atto di ignoranza o codardia ma come scelta, una conditio sine

qua non per poter proseguire in un percorso di individualismo e

ricerca esclusiva del proprio vantaggio, senza rimorso, o per lo meno questa è l‟illusione che sia il personaggio che il

lettore/spettatore vivono fino all‟epilogo, che è un vero e proprio smascheramento. Questi personaggi mettono sul primo gradino della loro personale scala di valori l‟interesse personale, e celano dubbi e incertezze dietro il mito dell‟efficienza di cui sono irreprensibili rappresentanti.

Paul fugge si muove in un mondo che egli stesso costruisce a sua misura, e sfrutta dove e quando può, ignorando realtà che si palesano a ricordargli a tratti il peso delle responsabilità e la crudeltà delle sue scelte. Tuttavia è impossibile sfuggire alla realtà quando questa presenta il suo conto coinvolgendo direttamente il protagonista della sceneggiatura. Così per Paul arriverà l‟obbligo di guardare, di vedere, l‟impossibilità di essere indifferente, e il suo opportunismo estremizzato lo costringe all‟errore. Ed è in questo frangente che Paul si scopre quale indifferente apparente, la sua non è una mancanza di informazioni, né un‟incapacità di agire, l‟indifferenza di Paul è appunto una scelta consapevole, una tensione tutta diretta verso il proprio io, orientata all‟individualismo estremo, all‟opportunismo politico in una contingenza storica dove però l‟individuo si fonde nella massa e forma parti contrapposte sulle quali è civile fare una scelta. Non prendere parte è di per sé un‟autocondanna, «non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città –scrive Antonio Gramsci- chi vive certamente non può non essere cittadino e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita»126. In Solinas c‟è un

aggiornamento del discorso gramsciano, perché non c‟è abulia

126 Antonio Gramsci, “Indifferenti”, da La città futura 11/2/1917, S.C., in

Giansiro Ferrata e Niccolò Gallo (a cura di), 2000 pagine di Gramsci vol.1. Nel

nell‟indifferenza dei suoi personaggi, ma cecità, incapacità di vedere, e volontà di non vedere, ovvero l‟indifferente non è semplicemente il peso morto della storia, ma è bensì colui il quale sceglie la parte sbagliata della storia, decide di non vedere per ricavarne un vantaggio immediato, trova nella contingenza storica una opportunità di accrescere il proprio tornaconto. Tanto più è indifferente Paul, tanto più vicini a lui si fanno le vicende della sceneggiatura di Parà, tanto Paul si mostra impassibile, quanto il suo amico Jean entra in una spirale di violenza che lo vedrà soccombere. Jean è l‟opposto di Paul, e la dialettica tra i due, oltre a rendere conto delle parti in campo nella reale vicenda storica, non fa che mettere in rilievo l‟apatia del protagonista quanto la poco lucida scelta partigiana del suo amico.

Jean è infatti un membro dell‟OAS. Partecipa, organizza e vive stragi e attentati contro chiunque si azzardi a varcare il silenzioso confine della Casbah. Paul lo cerca e lo trova, pare che egli abbia l‟intenzione di rinverdire i fasti di una antica e, dal loro punto di vista, gloriosa amicizia nata tra le fila dell‟esercito francese. La realtà è che Paul si mostra anche indifferente al sentimento di amicizia, nonché pronto per sfruttare anche questo: egli è intenzionato a convincere il suo amico a compiere un attentato, l‟omicidio di una giovane algerina, che dovrà passare interamente sotto l‟occhio della sua macchina fotografica, nella speranza di quest‟ultimo di realizzare così il suo scoop. Nell‟esitazione di Jean sembra esserci anche la consapevolezza che vi sia ben poca amicizia in questa richiesta dell‟amico, non motivata da intrinseche ragioni politiche, quanto dalla fredda determinazione di ottenere un

successo personale. La scena del delitto è rapida quanto sintomatica: Paul è glaciale, commissiona e “registra” il delitto con la stessa indifferenza con cui torturava i prigionieri durante la guerra. La soddisfazione per la missione portata a termine sarà però breve per l‟ex parà francese che si vede presto costretto a fare i conti con il precipitare degli eventi: Jean muore, sequestrato dagli algerini all‟indomani dell‟attentato e a vittoria ottenuta. Paul dovrà affrettarsi ad organizzare la fuga, insieme a Giselle, la moglie di Jean che il protagonista tiene all‟oscuro di quanto accaduto al marito, mentre fuori intanto gli algerini esultano. Si arriva dunque alla scena finale: la felicità degli arabi che scendono in piazza riempiendo festanti le strade è un occasione che il fotoreporter Paul non può lasciarsi sfuggire. Egli va dunque in strada e inizia a scattare fotografie. È indifferente alla gioia degli arabi perché lui non ha mai creduto a quella guerra. Non sente su di sé il peso della sconfitta e perciò sorride e scherza con gli algerini festanti. Tra la folla c‟è però anche un algerino che Paul aveva torturato. Gli occhi dell‟algerino instillano in Paul un sentimento di paura. Paura, voglia di fuga, non presa di coscienza, questa la reazione del protagonista: Paul Robin è e resterà un individualista, solo con qualche fantasma in più da cui scappare.