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Il terzomondismo di Franco Solinas: dal riscatto dei “dannati della terra” alla

disillusione.

Voler affrontare l‟opera di Franco Solinas, significa soprattutto dover fare i conti con quella che Gianni Olla ha definito “l‟iperidentità”93 politica dello scrittore. Considerando dunque la

sua identità politica ci si imbatte, senza possibilità di ignorarlo in alcun modo, col terzomondismo quale aspetto tematico centrale di buona parte dell‟opera dell‟autore sardo, presenza determinante in tutta la filmografia di Franco Solinas, tale da racchiudere in sé il significato della maggior parte dei suoi film. Il terzo mondo nella filmografia di Franco Solinas si affaccia già all‟inizio degli anni ‟60 col suo contributo ad Ombre Bianche di Nicholas Ray, di cui lo sceneggiatore sardo curò l‟adattamento, insieme ad Hans Ruesch, autore del romanzo Il paese delle ombre lunghe da cui è tratta la sceneggiatura. La decisa virata di Solinas verso temi riguardanti il terzo mondo già a partire dal 1962, «anticipava dunque passioni intellettuali e talvolta anche velleitarismi d‟autore che sarebbero maturati qualche anno più tardi. Ma soprattutto saldava questo tipo di maturazione politico culturale a necessità produttive legate alla crescita del mercato in una dimensione internazionale»94. La svolta

verso il terzomondismo non rappresenta infatti solamente una scelta tematica, ma costituisce una vera e propria spinta ad uscire

93 Gianni Olla, Franco Solinas. Uno scrittore al cinema, op. cit., p. 109. 94 Ivi., p. 77.

dal localismo cinematografico italiano. Ciò consente a Solinas di misurarsi con produzioni cinematografiche internazionali progressivamente con maggiore intensità fino al completo abbandono dell‟ambiente cinematografico italiano, tra la fine degli anni ‟60 e l‟inizio del decennio successivo.

Vero è però che il terzomondismo di Solinas nasce con il lavoro su Parà, come si specifica più precisamente nel capitolo incentrato sulla sceneggiatura mai realizzata, e al quale si rimanda. È importante segnalare a tal proposito che il lavoro su Parà, siamo negli anni che vanno dal ‟62 al ‟63, segue non di molto la pubblicazione in Italia dell‟opera I dannati della terra di Frantz Fanon. Solinas che certamente, viste le sue frequentazioni internazionali soprattutto in Francia, ha già bene presente l‟autore, resta, a detta dello stesso Pontecorvo suo compagno di lavoro al tempo, molto colpito dal testo dello psichiatra della Martinica, tanto da essere spinto a pensare ad un film che potesse rappresentare, in piena contiguità con l‟attualità storica, il volto reale del terzo mondo, le aspirazioni di popoli in lotta diretti verso una difficile e sanguinosa indipendenza, le contraddizioni insite nelle terre colonizzate. La scelta per il nuovo film cade dunque sul terzo mondo, una realtà, per dirla con Solinas,

[…] di cui allora non si parlava ancora molto, e in Italia quasi niente: un umanità sconosciuta che non appare nella storia, fatta di uomini affamati, sporchi, piccoli, che escono dal fango della loro

condizione umana e diventano protagonisti.95

Non va dimenticato d‟altronde che la Conferenza di Bandung96, in cui si ufficializza l‟emancipazione dei popoli asiatici e

africani dal giogo del colonialismo (ma dalla teoria alla prassi lo scarto è sempre da valutare), ha avuto luogo solo pochi anni prima, nel 1955, producendo, progressivi cambiamenti a livello storico politico, ma anche nell‟immaginario artistico. Le parole di Solinas non fanno che confermare la forte influenza fanoniana sulla scelta di raccontare “i dannati della terra”, e ricalcano quanto lo stesso Sartre disse a proposito di Fanon e dei suoi scritti. Sartre, nell‟introduzione al testo dello psichiatra martinicano saluta la presa di coscienza del terzo mondo, che «si scopre e si parla»97 con la voce

95 Franca Faldini, Goffredo Fofi, op. cit., pp. 400, 401.

96 La conferenza afroasiatica di Bandung si tenne dal 18 al 24 aprile 1955, in

Indonesia. Essa fu convocata su iniziativa di India, Pakistan, Birmania, Ceylon, Repubblica Popolare Cinese e Indonesia (vi parteciparono in tutto 29 Paesi del Sud del mondo) allo scopo di cercare una coesione fondata sui caratteri comuni di povertà e "arretratezza" e di riunire tutti i paesi neutrali durante la guerra fredda. I protagonisti dell'incontro al vertice furono l'indonesiano Sukarno, lo jugoslavo Tito, l'indiano Nehru e il cinese Zhou Enlai. Il più prestigioso leader del mondo arabo che prese parte alla conferenza fu l'egiziano Nasser, che nello stesso anno aveva rifiutato di aderire al Patto di Baghdad. Nella dichiarazione finale essa proclamò l'eguaglianza tra tutte le nazioni, il sostegno ai movimenti impegnati nella lotta al colonialismo, il rifiuto delle alleanze militari egemonizzate dalle superpotenze e alcuni principi fondamentali di cooperazione politica internazionale fra i Paesi aderenti. La conferenza segnò l'affermazione del Terzo Mondo e del movimento dei non allineati sulla scena mondiale.

97 Jean Paul Sartre, Prefazione a Franz Fanon, Les damnes de la terre, François

Maspéro éditeur, Paris, 1961 (trad. it. I dannati della terra, Einaudi, Torino 1962), p. VIII.

di Fanon, e facendo questo si presenta all‟occidente, senza chiedere alcun riconoscimento, professando il distacco dalla logica occidentale, la necessità di un auto-riconoscimento che escluda dunque l‟occidente. La logica occidentale, attraverso il filtro della lente di Fanon, sporcata dalle nefandezze secoli di colonialismo, è vista come una sorta di morbo del quale il terzo mondo deve liberarsi, e ancora come una strada forzata dalla quale affrancarsi per pensare ad una vera autonomia. Nel testo di Fanon si racchiudono tutti i “terzomondismi” di Franco Solinas, perché non possiamo certo considerare il tema come un monolite che immutato popola le sceneggiature dell‟autore maddalenino. Al contrario, in ogni copione è presente uno sviluppo, una situazione, una diversa fase del processo che Fanon descrive, articolato, non lineare, denso di differenti stadi non solo legati alla contingenza storica ma anche (questo è l‟aspetto che Solinas recepisce con particolare attenzione dal testo fanoniano) dallo stato psicologico che ordina i rapporti all‟interno di una terra dipendente: il rapporto tra colonizzatore e colonizzato, che dal particolare dei personaggi si spande all‟universale rispecchiando sempre una dinamica di legami tra stato coloniale e popolo colonizzato; il rapporto tra coloni, uniti nell‟odio verso il colonizzato ribelle, incapaci di comprendere le nascenti istanze di indipendenza, irrigiditi su posizioni di assoluta chiusura, affannati alla continua ricerca di mantenere “il proprio” e se possibile ottenere nuovi guadagni; il rapporto tra colonizzati, sia tra i «metropolitani» (la classe borghese colonizzata e perciò spesso legata al riconoscimento dei colonizzatori) e i «rurali»98

nell‟ambito rurale che nasce la prima vera, spontanea spinta alla rivolta, in Queimada ben rappresentata), sia quello tutto interno agli ambiti di lotta, dove la colonia combatte significativamente contro se stessa, nel tentativo di debellare la micro criminalità che scredita le istanze di indipendenza, innescando un percorso di decadimento morale favorito dalla potenza coloniale (quale miglior esempio di

La battaglia di Algeri); e ancora le finte conquiste dell‟indipendenza, e

l‟incidenza della colonizzazione economica (L’amerikano ne rappresenta in pieno le dinamiche); e infine, e possiamo dire che in questo caso l‟influenza di Fanon sia minore se non addirittura nulla, il fallimento delle speranza di rivalsa di un popolo colonizzato, espresso attraverso l‟amara riflessione di Hanna K. (che ricalca le strutture dei copioni terzomondisti per rendere conto della certamente complessa guerra israelo-palestinese, in un disegno in cui gli israeliani si delineano come colonizzatori e i palestinesi quale popolo colonizzato che man mano perde i diritti sulle proprie terre). Hanna K. sarà la prima e unica commedia scritta da Franco Solinas, per quanto elementi di amara commedia siano rilevabili anche in Il cormorano.

A questi motivi, tra le ragioni che spingono Solinas a prediligere storie di respiro internazionale che riguardassero il terzo mondo si aggiunge certamente la contingenza storica di un periodo in cui, è ancora Solinas99 a rendercene conto, le politiche europee

andavano stagnando, sia perché la classe lavoratrice si era ormai

traspare con grande naturalezza.

99 Cfr. Pier Nico Solinas (a cura di), Gillo Pontecorvo's "The Battle of Algiers": A

integrata attestandosi progressivamente su posizioni borghesi e dunque allontanandosi dalla causa rivoluzionaria, sia perché una profonda, quanto amara analisi della situazione politica europea sembrava ormai escludere la possibilità di una rivoluzione nel

vecchio continente. Perciò, l‟esplosione delle istanze

indipendentiste e delle contraddizioni coloniali che dilagavano da Cuba all‟Algeria e in generale nel terzo mondo, stimolarono l‟interesse degli intellettuali di sinistra, alimentando le loro speranze di cambiamento dello status quo. Un‟Europa, «così veloce -sono ancora parole di Sartre- così pazza, così disordinata […] che va verso abissi da cui è meglio allontanarsi»100, come Josè Dolores in Quemada (titolo della sceneggiatura del film Queimada di Pontecorvo)

sembra ripetere a Walker: «Dicevi che la civiltà è dei bianchi… ma quale civiltà? E fino a quando?...»101. Dolores non intende fare una

domanda, ma bensì instilla un dubbio in Walker, ovvero il

rappresentante della “civiltà dei bianchi” che vede

progressivamente sfuggire il suo potere di fronte alla consapevolezza del colonizzato. Dolores, appunto, non cerca conferme nella controparte occidentale, ma semplicemente si afferma, rifiutando il riconoscimento dell‟occidente di cui non ha più bisogno, e in virtù di ciò rinuncia ad una facile libertà per andare incontro alla morte, conscio di rappresentare un esempio di eroismo per la sua gente, una ragione di riscatto.

100 Jean Paul Sartre, Prefazione a Franz Fanon, Les damnes de la terre, op. cit.

p.VIII.

101 Franco Solinas, Quemada, sceneggiatura, 1968. Il testo, dattiloscritto di 264

Da Parà ad Hanna K. (che nella sceneggiatura presente nell‟archivio del Fondo Franco Solinas si chiama Miriam Zemer), con le sole eccezioni di Missione nell’Italia fascista, Mr. Klein e La vita è

come un treno, come un treno… (uno dei tanti progetti che Solinas non

vedrà realizzati), la filmografia dello scrittore maddalenino ha come tema e ambientazione storico-geografica la presenza del terzo mondo. Se una buona regola da manuale di sceneggiatura vuole che i personaggi principali di un conflitto (il conflitto e l‟antagonismo in senso lato sono da ritenersi la base del racconto classico) debbano essere distinti, opposti e contrapponibili102, Solinas, rigoroso

nell‟ubbidire a tale regola almeno quanto lo è nella ricerca del tema (rispettoso così della regola pudovkiana103), trova nel terzo mondo il

palcoscenico perfetto per scrivere sceneggiature che abbiano in sé, naturalmente, il conflitto già insito nel contesto storico. La contrapposizione tra civiltà è perciò il principale elemento di contrasto nelle sceneggiature terzomondiste. Non si tratta però di una contrapposizione esclusivamente di carattere ideologico o politico, ma rientra anche nella sfera del personale e dei costumi. Oltre al contrasto tra una potenza “esterna” (sia essa la Francia, gli Stati Uniti o Israele) che reclama il controllo di un territorio e un popolo che al contrario intende liberarsi dal giogo dell‟oppressore, emerge il contrasto tra i personaggi che si estrinseca negli atteggiamenti, nelle preferenze, nei gusti, ma anche e soprattutto nell‟esplicazione delle differenti radici culturali e sociali.

102 Cfr. Michel Chion, Ecrire un scénario, Cahiers du Cinéma, Paris, 1985.

103 Cfr. Vsevolod Pudovkin, Kinostsenari, Kinopeciat, Moska 1926, (trad. it. a

cura di. Umberto Barbaro, Il soggetto cinematografico, Le Edizioni d'Italia, Roma 1932).

Si pensi, a questo proposito, alle “carte d‟identità” che delineano i personaggi principali in La Battaglia di Algeri, presentando dunque in netta contrapposizione le figure di Alì La Pointe e Mathieu, rendendo evidenti le ragioni del contrasto, proiettato oltre la contingenza dell‟attuale, e segnalato invece alla radice. Là dove Mathieu è descritto come un militare pluridecorato che ha preso parte a tutte le campagne della seconda guerra mondiale, distinguendosi anche tra le fila della resistenza anti nazista, riportiamo di seguito la carta d‟identità di Alì, la contrapposizione tra le due identità esacerba lo scontro e rappresenta le differenze tra le parti in campo:

SPEAKER

Omar Alì, detto Alì La Pointe, nato a Miliana il 1° marzo 1930.

Grado di istruzione: Analfabeta.

Professione: manovela, bracciante, boxeur, attualmente disoccupato.

Precedenti giudiziari: 1942: Tribunale dei minorenni di Orano, un anno di riformatorio per atti di vandalismo. 1944: due anni di riformatorio per furto. 1949: Tribunale di Algeri, 8 mesi per sfruttamento della prostituzione e resistenza alla forza pubblica, recidivo.104

In Algeri risulta dunque immediata la differenza di atteggiamenti tra Ali La Pointe e Mathieu, dove il primo è istintivo, violento in prima persona, e il secondo invece si mostra costantemente calmo, ragionatore e demanda la pratica della violenza ai suoi sottoposti. In Quemada, William Walker, la controparte occidentale, è curiosamente anche il mentore di Dolores. Egli infatti è il rappresentante dell‟Inghilterra, e ha il compito di istruire Dolores alla pratica rivoluzionaria, nella speranza che questi possa essere l‟uomo che guida il popolo dell‟isola di Quemada alla rivolta contro il regno di Spagna. Compiuta questa sua missione, Walker si ritrova dopo anni, ci riferiamo alla seconda parte della sceneggiatura, nella necessità dover contrastare Dolores, visti i successi di colui che ormai è divenuto il leader di un popolo in rivolta, che rischiano di mettere in discussione i capisaldi del capitalismo sui quali si fonda il “nuovo” sfruttamento delle terre di Quemada: non più colonia sotto il dichiarato controllo politico del regno spagnolo, ma colonia economica sotto la “protezione” delle compagnie inglesi, di fatto un ulteriore e rinnovato controllo coloniale. Tra i due protagonisti si instaura, almeno inizialmente, un rapporto d‟amicizia che tuttavia non appiana le forti contrapposizioni insite negli ambiti culturali degli antagonisti (un antagonismo descritto in modo mai manicheo, ma sempre dialettico, in grado di far emergere buone ragioni nell‟una e nell‟altra parte). Ecco una scena utile ad esemplificare le distanze che separa i due amici/antagonisti: William Walker e Josè Dolores terminano di pianificare la rapina dell‟oro spagnolo e il

luogo di incontro dopo il colpo. Dolores recepisce le indicazioni dell‟inglese e propone un brindisi.

[Josè Dolores] previene William, che sta per bere dalla borraccia, e gli porge la ciotola del rum

JOSE‟ DOLORES Prova il rum, una volta…

William accetta a malincuore, per complimento, e ricambia, porgendo la borraccia…

WILLIAM

E, allora, assaggia il whisky.

Anche Josè Dolores accetta con la medesima diffidenza.

William ha sollevato la ciotola nel gesto del brindisi… Josè Dolores lo imita.

JOSE‟ DOLORES All‟Inghilterra! WILLIAM All‟Africa! JOSE‟ DOLORES Y al mundo!

Bevono, ma interrompono subito. Mascherano inutilmente un‟espressione di disgusto. Si scambiano una occhiata e senza una parola, si restituiscono i propri recipienti. Li sollevano nuovamente per il brindisi. Sorridono. E poi, ciascuno beve la propria bevanda tradizionale…105

Il confronto-scontro si esprime anche attraverso le descrizioni fisiche. Sono già chiare e lampanti le differenze fisiche tra gli opposti in La battaglia di Algeri, ma il disegno diventa uno schema consolidato a partire dagli western (Quien Sabe?, La resa dei

conti, Il mercenario e Tepepa), per poi esprimersi ancora e nella sua

forma più nobile in Quemada, reiterarsi nel confronto tutto interno all‟occidente di Il Cormorano e trovare una sua nuova rappresentazione in Etat de Siege: Santore, a faccia scoperta, è ben differenziato dai Tupamaros il cui viso è protetto da un passamontagna. Tuttavia, per entrambe le parti vi è il problema e la necessità di nascondere la propria identità, se scopriamo progressivamente le ragioni della presenza in un paese del Sudamerica (probabilmente l‟Uruguay) dell‟occidentale a viso scoperto, così come i motivi del suo rapimento e della sua condanna, si intuisce facilmente che dietro le maschere dei Tupamaros, si nascondono proletari, studenti e intellettuali. Già in

La grande strada azzurra (la sceneggiatura presente nell‟archivio del

Fondo Franco Solinas si intitola ancora come il romanzo, Squarciò) è presente una accentuata differenza fisica tra i poli opposti della

narrazione. Questo ultimo non è certo da considerarsi un copione terzomondista, per quanto le condizioni di arretratezza della Sardegna post bellica si possano paragonare a quelle di un terzo mondo ante litteram nel quale lo scontro principale si produce tra l‟arcaica e individualistica società dei pescatori, tra i quali si distingue il proto anarchismo di Squarciò (allergico al progresso sociale), l‟ingerenza dello stato che reclama il rispetto delle proprie leggi, e le nuove idee socialiste che spingono i pescatori a unirsi in cooperativa, isolando definitivamente Squarciò. Se Squarciò è un pescatore “di pasta dura”, con la pelle bruciata dal sole e i capelli scuri, il maresciallo Riva «è un giovane alto, biondo, elegante, dai lineamenti delicati ma dall‟espressione decisa»106. La descrizione del

maresciallo Riva, antagonista di Squarciò è certo, con delle differenze che si riscontrano di sceneggiatura in sceneggiatura, la stessa per molti antagonisti occidentali. Delineare i personaggi calcando su determinate caratteristiche fisiche della controparte occidentale (ma si noti anche che in Tepepa addirittura si fa riferimento alle teorie lombrosiane per individuare i criminali, così come, siamo fuori dal terzomondismo, resta assolutamente significativa in tal senso la prima scena di Mr. Klein107) naturalmente non fa altro che accentuare le differenze tra primo mondo e “dannati della terra”. In Parà, Paul Robin avrà le stesse sembianze

106 Franco Solinas, Squarciò, 1957, p.107. Sceneggiatura dattiloscritta, con

correzioni autografe di 327 pagine, reperibile presso l‟archivio del Fondo Franco Solinas.

107 Un medico, freddo e professionale, controlla una signora per stabilire,

del maresciallo Riva e anche Bill Tate in Quien Sabe? è descritto in modo identico:

Il viso di Bill Tate: un volto giovane, ben rasato, pallido… Gli occhi chiari, uno sguardo indolente e distaccato, che si volge con lentezza ad esplorare un luogo che non conosce e non gli piace…108

Douglas in Il mercenario ha le stesse caratteristiche di Tate (nonostante solo il soggetto del film sia ascrivibile a Solinas): «Biondo, asciutto, sulla trentina: due taglienti occhi azzurri su un volto bruciato dal sole»109 e allo stesso modo si assomigliano Steve

Morrison che ha “ meno di trent‟anni, un volto da ragazzo, con gli occhi chiari, innocenti.”110 e William Walker, descritto come

asciutto, elegante, con lunghi capelli (che nel film sono biondi) che scendono lungo le spalle.

Al conflitto “pubblico” e alla contrapposizione di carattere fisico, lo scrittore maddalenino aggiunge sempre il conflitto interiore, che a sua volta non fa che acuire la distanza tra il

108 Franco Solinas, Quien Sabe?, 1967, p.2. Sceneggiatura dattiloscritta di 234

pagine, conservata presso l‟archivio del Fondo Franco Solinas.

109 Adriano Bolzoni, Sergio Corbucci, Sergio Spina, Luciano Vincenzoni, Il

mercenario, 1968, pp.3, 4. Sceneggiatura dattiloscritta di 259 pagine, conservata

presso l‟archivio del Fondo Franco Solinas.

110 Franco Solinas, Il Cormorano, stesura definitiva, 1977. Sceneggiatura

dattiloscritta di 193 pagine, conservata presso l‟archivio del Fondo Franco Solinas.

personaggio e la realtà per rendere in un secondo momento più fragorosa la deflagrazione dei due elementi. Se di Paul in Parà sottolineiamo il vuoto interiore, il disinteresse, l‟egoismo e l‟opportunismo come crimine nei confronti di un mondo in continuo divenire, ma anche la menzogna e il tradimento di una decennale amicizia come sconfitta dell‟uomo, Alì La Pointe e Josè Dolores, i due “eroi” di Algeri e Quemada, si trovano a dover fare i conti con una vita di stenti che li vede barcamenarsi (e combattuti) tra la malavita locale e gli umili mestieri consentiti ad un indigeno (vediamo Dolores vestito di stracci prima come porta valige e in seguito come venditore d‟acqua), per poi prendere coscienza, al prezzo della vita, della realtà che li circonda e della possibilità di cambiare il corso della Storia. Allo stesso modo negli western di ambientazione messicana Solinas descrive invece “i dannati” come personaggi dal sapore picaresco più che in qualità di veri e propri guerriglieri pronti ad una rivoluzione. Essi combattono una battaglia tutta interiore tra basse pulsioni (l‟accumulo di denaro, il sesso e il cibo) e istanze rivoluzionare irrefrenabili, o meglio altrettanto pulsanti in quanto suggerite dalla miseria che questi incontrano nel loro peregrinare di villaggio in villaggio tra fughe e razzie, per poi giungere, in linea con la tradizione del romanzo picaresco, ad acquisire una maturità che però, e qui sta lo scarto con