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2.6. Le peculiarit€ delle due ondate

Confrontando l’emigrazione della Grande Aliyah (1989-2002) con quella degli anni settanta si pu„ rilevare alcuni caratteristiche distintive. Innanzitutto bisogna prendere in considerazione il fatto che queste due ondate di emigrazione si sono verificate in due periodi di sviluppo politico, sociale ed economico dell’URSS e della Russia molto diversi.

Gli immigranti dall’ex-URSS arrivarono in Israele in due grandi ondate. La prima iniziŠ nel 1971 dopo la Guerra di Sei Giorni e terminŠ piˆ o meno alla fine degli anni settanta. Circa 150.000 persone arrivarono in questo periodo. Avvenne nel momento in cui l’Unione Sovietica fu, o almeno sembrava di essere al culmine della sua potenza politica e militare. Il regime totalitario presupponeva i controlli molto rigidi e dimostrŠ una estrema ostilit„ nei confronti dei cittadini ebrei che hanno optato per il rinnovo della cultura nazionale ebraica e per l’emigrazione in Israele. Molti di questi attivisti diventarono refuseniks, ed erano soggetti di sanzioni o, addirittura, imprigionamento seguiti dalla presentazione della domanda di immigrazione in Israele.

Queste lotte crearono nel 1970 una popolazione d'‹lite che consisteva sia degli attivisti che delle persone ordinarie che hanno subito il processo di autoselezione. I piˆ determinati e devoti all’idea dell’aliyah, l’immigrazione in Israele, diventarono i leader del movimento e per primi lasciarono l’Unione Sovietica, quando ciŠ fu consentito. Era l'‹lite culturale ed ideologica che velocemente spazzŠ via dall’URSS decine di migliaia amici-ebrei. Quando questa fonte dei seguaci si era esaurita, soprattutto dopo la Guerra di Kippur del 1973 – una causa importante della riduzione dell’aliyah – ebbe inizio il fenomeno di drop-out. Gli ebrei continuarono a lasciare l’Unione Sovietica, ma non per l’Israele. La destinazione preferita sono diventati gli Stati Uniti.

Nel decennio successivo, 1979-89 soltanto 20.000 ebrei sovietici arrivarono in Israele. Anche se aggiungiamo a questa l’immigrazione dagli altri Paesi, il decennio sembra comunque il periodo piˆ debole dell’immigrazione ebraica in Israele dai tempi della crisi della seconda meta degli anni venti. Per una parte, in questo periodo il bilancio dell’immigrazione ‰ stato addirittura negativo.

La seconda ondata iniziŠ alla fine del 1989. Per il gennaio del 1993 circa 532.000 immigranti arrivarono dall’ex-URSS e possiamo assumere che per la fine del 1994 questo numero ha raggiunto approssimativamente 550.000. Questa immigrazione ebbe inizio quando l’Unione Sovietica si stava gi„ sciogliendo come unit„ politico-militare. In piˆ, ognuno dei nuovi Stati della nuova aggregazione subiva trasformazioni politiche ed economiche molto profonde, che aumentava la tendenza di emigrare tra coloro chi aveva la possibilit„ di farlo (ebrei e “tedeschi etnici”). Le persone che sono arrivate in questa ondata di immigrazione in quantit„ di gran lunga superiori rispetto agli anni settanta cercavano il rifugio economico e non il posto adatto per realizzare le loro aspirazioni nazionali e culturali.

Le cause concrete dell’aumento rapido dell'emigrazione negli anni ‘90 sono le seguenti:

- Cause universali: il paese versa in una lunga crisi economica, la gente ha cessato di sentirsi protetta da un punto di vista sociale;

- Cause etnonazionali: le difficolt„ constanti di integrazione e di autonomia stimolano gli ebrei a cercare la felicit„ nella patria dei loro antenati;

- Cause di carattere personale: matrimoni con cittadini stranieri, riunificazione con i parenti che vivono all'estero;

- Impossibilit„ (per scienziati, artisti, sportivi ecc) di realizzare le proprie capacit„.

Fu piˆ la migrazione che non aliyah - un’ascesa ideologicamente motivata nella Terra d’Israele. In altre parole, fu il movimento della popolazione il cui legame alla collettivit„ ebraica nel loro paese d’origine e allo Stato d’Israele era estremamente vago. In piˆ, era una migrazione senza l'‹lite, poich‹ la fine della necessit„ di lottare per il diritto di emigrare ha posto fine alle condizioni che nel passato incoraggiarono ed animarono la crescita della leadership. Non vi ‰ stato un rimpiazzamento per gli attivisti dell’aliyah. Pertanto, la seconda ondata dell’immigrazione era organizzata e guidata nel modo semi-formale nella sua prima met„ e formalmente e apertamente – dopo, con la partecipazione degli israeliani – l’Agenzia ebraica, la “Liason Bureau” (un’operazione coperta, lanciata dall’Ufficio del Primo Ministro) e l’Ambasciata Israeliana.

Gli arrivati nel 1990 erano motivati, piˆ che altro dai fattori push (il desiderio di lasciare l’ex-URSS) che non dai fattori pull (l’attrazione per Israele). Tre fattori principali hanno “spronato” questa migrazione: alti livelli di sofferenze personali e familiari, la percezione della crisi nelle principali sfere dell’esistenza – l’ordine sociale, regime politico, economia, e uno sguardo pessimistico sul futuro dell’URSS sia dal punto di vista familiare-personale che dal punto di vista generale, relativo a tutte le sfere appena menzionate.

La maggior parte dei nuovi arrivati hanno optato per lo spostamento in Israele “in contumacia”: avrebbero preferito gli USA o altri maggiori paesi occidentali (Canada, Germania, ecc.). La direzione verso Israele ‰ stata “approvata” per motivi sia negativi che positivi: l’ingresso in questi altri paesi era ristretto, mentre l’Israele adottava la politica delle “porte aperte”, e le raccomandazioni degli amici e parenti che hanno gi„ messo radici in Israele avevano un peso rilevante.

Nonostante la maggior parte dei nuovi arrivati si identificassero piˆ come ebrei che non come russi o israeliani, la loro identit„ e l’attaccamento in questo senso sono piuttosto formale ed esterno (“il Giudaismo immaginario”), derivante dalla loro quasi totale definizione ed identit„ etnica nei loro posti d’origine. Bisogna tenere a mente che la vita “sensata” di una comunit„ ebraica in termini sia di sussistenza che di organizzazione, era vietata nell’Unione sovietica durante l’intero periodo del governo comunista; qualsiasi manifestazione dell'identit„ ebraica nell’aspetto nazionale o religioso era denunciata e perseguita dalle autorit„. Nello stesso modo,

sul piano informale delle tradizioni familiari i contenuti ebraici sono stati scarsamente tramandati. CiŠ in parte era il risultato dei processi della modernizzazione e sovietizzazione che hanno coinvolto diverse generazioni. Tuttavia, la causa maggiore era l’annientamento delle concentrazioni tradizionali degli ebrei nell’Unione Sovietica occidentale durante l’Olocausto. Nonostante le gravi perdite umane ed un quasi totale sradicamento della religione e cultura ebraica, a partire dal 1994, vi ‰ stata una significativa crescita dell’interesse, specialmente tra i giovani, verso la vita ebraica. Questo interesse ‰ stato dimostrato sia nei nuovi arrivati che negli ebrei rimasti nell’ex-URSS ed era espresso in una loro crescente partecipazione alle attivit„ relative alla vita ebraica organizzate dai gruppi ebraici locali nonch‹ dalle istituzioni situate fuori dall’ex-URSS, quelle israeliane incluse.

Nelle loro attitudini e comportamento sociale e culturale gli ebrei provenienti dall’ex-URSS sono “prodotti” della socializzazione e controllo sociale sovietici, mischiati con la cultura russa evoluta dalla seconda met„ del 19mo secolo. A prescindere dal gruppo relativamente piccolo degli immigranti dalle comunit„ tradizionaliste delle regioni ex-sovietiche sud-orientali (Georgia, Caucaso, Bukhara), la maggior parte degli ebrei sovietici inclusi quelli non-originari della Federazione Russa, consideravano se stessi appartenenti all’orbita culturale russa. Lontani dalla rinnegazione della societ„ e cultura della loro patria, nel momento in cui erano gi„ immigrati in Israele, hanno continuato a mantenere la cultura russa come un elemento significativo e positivo della loro identit„ e immagine, anche se si sentivano costretti di lasciare il loro paese di nascita. Questi immigranti, di cui pochissimi hanno ricevuto l’istruzione ebraica erano una parte integrante della classe media russa e servivano come agenti della cultura russa nell’impero sovietico. In piˆ, tra il 1989 e 1995, l’immigrazione ha contenuto il numero relativamente alto degli ebrei (attorno ai 80.000) da Mosca e San Pietroburgo, i centri culturali, governativi e scientifici piˆ importanti dell’URSS. Questo gruppo non solo si trovava fuori da tutto il resto dell’immigrazione per le loro attitudini professionali ed educative, ma si definiva anche l'‹lite oppure “intelligenzia” della comunit„ ex-sovietica. I suoi membri sono rappresentati in modo sproporzionato nella leadership politica, culturale e scientifica della comunit„ nonch‹ nei mass media di lingua russa, che rappresenta il cemento che unisce la comunit„ russa in Israele attorno a questa ‹lite.

Capitolo 3