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2. CHRÉTIEN DE TROYES: FOCUS SULL'AUTORE

2.1.2 PERCEVAL O LE CONTE DU GRAAL

Il Perceval è l'ultimo romanzo scritto da Chrétien de Troyes tra il 1168 e il 1190, rimasto incompiuto a causa della sua morte.

Esso racconta principalmente la storia di un giovane e della sua crescita dall'infanzia alla maturità, passando attraverso una serie di errori e sofferenze che lo prepareranno alla vita adulta.162

Il Perceval quindi può essere interpretato come la «genesi di un cavaliere»163, ma non solo, poiché il romanzo propone una triplice formazione: alla cavalleria, all'amore e alla religione. È la prima volta inoltre in cui il mito del Graal entra nella letteratura cortese, mito che verrà ripreso in molti scritti successivi da diversi autori e diventerà un tema estremamente indagato ed importante anche a livello religioso. Chrétien non definisce in maniera precisa questo oggetto mistico, lo lascia il una sorta di limbo indefinito che lo rende ancora di più intangibile e sacro.164

Il romanzo si apre con un esordio tipicamente primaverile, tipico della lirica trobadorica165, dove la freschezza della natura è funzionale ad introdurre il protagonista nella fase infantile e spensierata della sua vita, immagine che costituisce un classico tòpos letterario.

Mentre lancia per gioco dei giavellotti nella foresta, vede venire verso di sé dei cavalieri splendenti nelle loro armature, questa visione, che gli apparirà quasi angelica, accende dentro di lui il desiderio di diventare cavaliere, mondo dal quale la madre lo aveva tenuto lontano per timore di perderlo, come aveva perduto il marito e i figli prima di lui.

Incurante del sentimento materno Perceval commette il primo errore di una lunga serie,

160 Egli fu quindi tra i primi ad accogliere le storie arturiane e a lui dobbiamo, più che ad ogni altro scrittore, la coloritura con cui la materia Bretone è giunta fino a noi. Cfr. Lewis 1969, pp. 24-32.

161 Cfr. Agrati-Magini 2018, p. V.

162 Quella di Perceval è stata definita una «storia di colpa e di espiazione». Cfr. Mancini 2014, p. 209.

163 Cfr. Micha in Agrati-Magini 2018, p. XXXVII.

164 «Se pur sembra probabile che Chrétien, componendo il suo romanzo, abbia avuto presenti tradizioni relative alla preziosa reliquia della Passione (…) certo noi avvertiamo, più o meno chiaramente, che quei sacri misteriosi oggetti il grande romanziere intende rilegare a un mondo ben diverso da quello della tradizione ecclesiastica, di essi oggetti, delle loro vicende del loro significato intende egli dare una interpretazione, una figurazione nuova e diversa. E di questa interpretazione egli non offre alcun indizio concreto: tanto che i suoi continuatori non sanno e non possono fare altro che riferirsi alla tradizione ecclesiastica» Cfr. Viscardi 1944, vol. VIII.

abbandonando la madre svenuta per la smania di compiere la propria ascesa come cavaliere. Verrà investito della cavalleria da re Artù in persona, dopo aver sconfitto il Cavaliere Vermiglio in uno scontro e aver adottato la sua armatura.

Il suo percorso procede verso la maturità grazie all'incontro con Gornemar di Gorhaut che diventa il suo maestro, dal quale acquisisce una serie di insegnamenti pratici sull'uso delle armi e dell'armatura in generale, fino alle massime di comportamento da adottare per essere un cavaliere virtuoso.

Lascia il maestro con una maggiore consapevolezza dello stare al mondo ed infatti sente la necessità di tornare dalla madre, per accertarsi delle sue condizioni di salute.

Sulla strada per casa si imbatte in un castello molto povero, dove chiede ospitalità per la notte e viene accolto da Biancofiore, che gli insegna cosa è l'amore e lo mette nelle condizioni di far valere gli insegnamenti del maestro nell'aiutare le persone in difficoltà, dimostrando di aver interiorizzato il codice di comportamento cavalleresco.

Lascia il castello con la promessa solenne di un suo ritorno, dopo essersi ricongiunto alla madre.

Lungo il suo cammino si imbatte in un fiume molto pericoloso, impossibile da guadare, chiede quindi l'aiuto di due uomini su una barca e uno di essi, dopo averlo aiutato nella traversata, lo invita a passare la notte nel suo castello: è il Re Pescatore.

Presso di lui il giovane assiste al passaggio del Graal, la lancia dalla quale scorgano gocce di sangue, in più occasioni egli ha la possibilità di chiedere spiegazioni al vecchio re circa l'essenza di quell'oggetto misterioso ed il luogo dove esso veniva portato ma, mal interpretando gli insegnamenti del maestro, egli tace, silenzio che avrà delle conseguenze disastrose.

Il giorno dopo egli si sveglia in un castello deserto, dopo averlo lasciato incontra una ragazza, che si rivela essere sua cugina, la quale lo aggiorna sulla morte della madre e sulle conseguenze delle sue azioni. Discorso che troverà conferma nell'apparizione di una donna mostruosa, non appena il giovane si è ricongiunto con la corte di re Artù. Ella lo accusa di aver causato: la morte del Re Pescatore, che avrebbe potuto salvare se avesse formulato le giuste domande, e la relativa decadenza del regno.

Perceval cade quindi in un periodo di crisi identitaria e spirituale, dove dimentica Dio e si lancia in continue avventure senza alcun criterio.

Ecco quindi che viene ora introdotto il secondo personaggio principale del romanzo: Galvano166.

Egli è il nipote di re Artù, il cavaliere perfetto per eccellenza, aspetto che lo pone in grande opposizione rispetto all'ancora immaturo Perceval167.

La narrazione si divide ora in due parti: una segue le avventure di Perceval, l'altra di Galvano, anche se le vicende di quest'ultimo mancano spesso di profondità e sembrano essere tirate per le lunghe.

È il caso ad esempio del conflitto tra le figlie di Tebaldo, dove Galvano viene chiamato in causa in aiuto nella sorella minore, contro il comportamento maleducato e violento della maggiore, così come delle molteplici prove che una damigella sarcastica gli impone, apparentemente senza ragione e dello scontro contro Guingambresil, che lo sfida a mettersi sulle tracce del Graal168.

Il ritorno torna quindi a Perceval che, smarrito in se stesso a causa della profonda crisi interiore, finalmente il Venerdì santo incontra dei pellegrini che lo indirizzano verso una grotta, dove alloggia un eremita. Egli gli svela in motivo delle sue disgrazie: l'aver abbandonato la madre morente, ma paradossalmente è proprio grazie all'amore di lei che può essere perdonato.

Riavvicinandosi a Dio egli compie finalmente il passaggio all'età adulta e così termina la sua storia.

Vari sono gli incontri che Galvano fa lungo il cammino, tutti funzionali a mettere in rilievo la sua grande virtù cavalleresca. L'episodio culmine che lo riguarda è la prova del Letto della Meraviglia, dove mette alla prova la sua forza e ottiene così la gloria indiscussa, oltre che la liberazione dell'isolamento delle dame che vivono nel castello, che scoprirà essere: sua madre, sue sorella e la madre di re Artù. Il racconto termina con l'arrivo al castello della corte di Re Artù ed il ricongiungimento famigliare.

Non sappiamo purtroppo come Chrétien avesse intenzione di far finire le avventure di questi personaggi, a causa dell'incompiutezza del romanzo.

appartenere a storie diverse.

167 Al cavaliere in formazione Chrétien ha opposto un cavaliere che ha raggiunto la perfezione, «colui che ha il premio di tutte le qualità». Cfr. Micha 2018, p. XLI.

168 Dei novemila versi del Perceval, Galvano ne occupa più della metà e in questo modo l'unità del testo ne risulta molto compromessa. Sembra che Chrétien abbia collocato qui delle pagine inedite, rimaste tra le sue carte. Ibid.