Dal punto di vista tattico e strategico, ciò che aveva dimostrato la Prima Guerra Mondiale in ambito marittimo e navale, era che il sommergibile avrebbe potuto essere l’arma idonea ad una strategia di interruzione del traffico marittimo. Risultava quindi possibile che una marina, anche se inferiore nel complesso, grazie all’utilizzo dei battelli, potesse negare ad una marina superiore il libero uso del mare e quindi ottenere un potere navale che, seppur limitato dalle capacità della propria marina, potesse essere comunque determinante nell’economia generale della guerra.
Per fare tutto ciò, era però necessario trovare soluzioni operative che consentissero al sommergibile di recuperare tutti quei vantaggi tattici che, a causa dei convogli e l’ingresso in campo degli idrofoni23 e degli ecogoniometri24 (il primo ASDIC fu usato dagli inglesi in
gran segreto già verso la fine della guerra), sembrava aver perso.
Dai risultati conseguiti nella Grande Guerra era risultato che contro le navi militari o in funzione di difesa delle coste o delle basi, cioè in operazioni di agguato, il sommergibile non aveva dato risultati di carattere strategico ed i successi che aveva ottenuto vennero, purtroppo, mal valutati al punto da confondere le idee sul suo possibile futuro impiego. È ovvio che al giorno d’oggi, dopo la Seconda Guerra Mondiale e dopo tutti gli sviluppi tecnologici e strategici del caso, è abbastanza facile criticare le conclusioni che furono tratte dall’esperienza della Prima Guerra Mondiale; occorre però tenere presente che quell’esperienza fu diversa per ogni Marina e che, per molti anni, le previsioni di guerra furono anche esse diverse da quelle che poi si verificarono. Da noi, per esempio, i sommergibili erano stati impiegati (come visto nei capitoli precedenti) esclusivamente in agguati più o meno stazionari, in compiti difensivi o di avvistamento, mai furono usati contro convogli nemici, che in effetti neanche erano presenti nel tratto di mare di nostro interesse. Tra l’altro c’è da aggiungere che per anni, almeno fino al 1935, la politica italiana, essendo antigermanica, non prevedeva affatto un impiego dei sommergibili contro il traffico mercantile, semmai sarebbe stata una sua protezione.
Tutto ciò fra l’altro contribuì a far si che i nostri sommergibili fossero disegnati e costruiti con criteri che, come vedremo, mal corrispondevano alle necessità delle nuove tattiche della
23 Un idrofono ( greco antico : ὕδωρ + φωνή , lett . "Acqua + suono") è un microfono progettato per essere
utilizzato sott'acqua per registrare o ascoltare suoni sott'acqua.
24 L’ecogoniometro è un apparecchio elettronico che scopre la presenza di un corpo sommerso nell'oceano
mediante l'impiego del suono. L'ecogoniometro stabilisce la posizione del corpo sommerso trasmettendo vibrazioni. È comunemente chiamato SONAR dall’inglese sound navigation and range.
guerra contro il traffico mercantile. Queste tattiche non furono mai approfondite dalla Marina Militare Italiana fra le due guerre proprio per l’esperienza acquisita e per le previsioni (quelle errate di prima) che vennero fatte nel post guerra. Furono però fatti sforzi per un impiego, anche coordinato, di sommergibili contro unità militari del genere di quello attuato in Adriatico ma allargato al mediterraneo. E ciò era ovvio e comprensibile perché ci si preparava sia ad una possibile guerra alla Francia e poi, dopo il 1935, anche alla Gran Bretagna25, infatti, da quanto sostenuto dai Tedeschi, sembrava che Francia e Inghilterra
avessero segretamente stipulato un patto per il riarmo e la ripresa di un conflitto.
Intanto alla Germania il trattato di Versailles26 aveva proibito di possedere sommergibili e, quindi, fino all’avvento di Hitler (che venne meno a quanto scritto nel trattato di pace) la Marina Tedesca ne fu priva ma comunque continuò gli studi ed alcune produzioni in Finlandia e Spagna.
Inglesi, francesi ed americani invece trassero dalla terra lezioni quasi simili e tentarono soluzioni tattiche originali che ben presto, però, si dimostrarono tecnicamente difficili e tatticamente fallimentari. Giudicando che ormai il sommergibile avesse poche possibilità di successo in un attacco convenzionale col siluro a convogli scortati, progettarono e costruirono alcuni esemplari di un incrociatore sommergibile che già Cuniberti aveva proposto nel 1913. Nacquero così, per esempio, l’inglese X1 con quattro cannoni da 133 mm, gli americani della classe “V” con sei cannoni da 152 mm ed il francese Surcouf con due cannoni da 203 mm.
Per i francesi, che in quel periodo erano gli unici a pensare ad un’altra guerra al traffico, (quello inglese ovviamente per i conflitti di interesse dovuti alla politica coloniale), il costruire un incrociatore sommergibile che potesse sostenere un combattimento in superficie contro i caccia di scorta di un convoglio, poteva avere un senso. Non lo aveva invece per gli inglesi e per gli americani, che pensavano ancora di impiegarlo con la flotta; un impiego per il quale però si era già dimostrato inadatto, sia per velocità sia per difficoltà di coordinamento.
25 Il 28 ottobre 1938 il ministro degli esteri tedesco Joachim von Ribbentrop incontrò a Roma Benito
Mussolini e il ministro degli esteri italiano Galeazzo Ciano. Durante il colloquio, Ribbentrop parlò di un possibile patto di alleanza fra Germania e Italia, argomentando che, forse nel giro di tre o quattro anni, un confronto armato contro Francia e Regno Unito sarebbe stato inevitabile
26 Il Trattato di Versailles è uno dei trattati di pace che pose ufficialmente fine alla prima guerra mondiale.
Fu stipulato nell'ambito della conferenza di pace di Parigi del 1919 e firmato da 44 Stati il 28 giugno 1919 a Versailles, in Francia, nella galleria degli specchi del palazzo di Versailles
Alle conferenze per la riduzione degli armamenti navali di Washington nel 1921 e di Londra del 1930, la Gran Bretagna propose, senza successo, l’abolizione del sommergibile. In effetti, il numero di sommergibili in dotazione alle varie marine andò aumentando dopo ogni conferenza (diminuì solo nella Marina Britannica), dimostrando così che l’arma era ormai considerata componente fondamentale e necessaria della flotta.
Dal punto di vista strategico, però, ognuno intendeva utilizzare l’arma sommergibilistica in modo diverso, sia per ovvii motivi di carattere geopolitico e di rapporto di forze, sia per la diversa esperienza acquisita fino ad allora.
Per la Gran Bretagna invece, che considerava ormai l’ecogoniometro come la risposta finale al sommergibile, i battelli servivano praticamente per l’addestramento delle unità antisommergibile di superficie, anche se alcuni esperimenti furono effettuati per l’uso degli stessi battelli contro i sommergibili avversari.
Giappone, Francia e Italia ritenevano invece ancora di dovere usare i sommergibili per compensare la loro inferiorità in navi di superficie (fidandosi quindi del concetto fondato dai tedeschi di poter fronteggiare una Marina più numerosa e forte mettendola in difficoltà con i sommergibili). Gli Stati Uniti intendevano usarli al solo scopo di difesa delle coste continentali, del Canale di Panama e delle Filippine, quindi usare il battello come una fonte di avvistamento occulta e quindi una sorta di trappola.
In Francia rimaneva sempre viva infatti anche l’opzione di una guerra di corsa al traffico mercantile, e i suoi sommergibili erano, in buona parte, idonei a quest’uso.
L’URSS, che nel 1939 aveva la flotta sommergibilistica più grande del mondo27, pensava di
usarli essenzialmente a difesa delle coste. Si trattava, infatti, non solo di battelli di ridotto dislocamento ma anche di unità situate in gran parte in mari chiusi quali il Baltico, il Mar Nero ed il Mar del Giappone.
Solo la Germania aveva nel 1939 un programma di costruzione di sommergibili indirizzato alla guerra al traffico mercantile, programma che però sarebbe stato completato solo nel 1943.
27 Proprio in quell’anno entrarono in servizio gli 11 sommergibili della Classe K, conosciuta anche come
1.3) WWII
1.3.1) Scenario geopolitico
Le tattiche di impiego dei sommergibili nella Seconda Guerra Mondiale risentirono moltissimo dei diversi teatri operativi. Strategicamente era chiaro che 1’obiettivo principale della guerra sottomarina avrebbe dovuto essere il traffico mercantile avversario, ma non sempre fu possibile utilizzare i battelli in questo tipo particolare di guerra, sia per necessità contingenti sia per mancanza di traffico nemico. In Mediterraneo, per esempio, i convogli inglesi diretti a Malta furono pochi e solo dopo lo sbarco in Nord Africa si ebbe un certo incremento del traffico.
Tratteremo, quindi, distintamente le operazioni in Atlantico, nel Pacifico ed in Mediterraneo, per osservarne le caratteristiche peculiari dal punto di vista strategico e tattico.
Una premessa è tuttavia indispensabile. La Prima Guerra Mondiale era stata anche la prima guerra industriale28 ed aveva visto 1'impiego di grandi masse di uomini e di materiali, in misura fino ad allora inimmaginabile. Tuttavia, durante la guerra poche erano state le novità scientifiche applicate direttamente sul campo: in pratica, di veramente nuovo la guerra aveva visto solo i gas asfissianti ed i1 carro armato. Gli Stati Maggiori avevano richiesto sempre maggiori quantità di mezzi già noti e che, seppur migliorati, non rappresentavano novità se non nel loro numero.
La Seconda Guerra Mondiale vide invece l’applicazione diretta della scienza alla guerra e il suo impatto fu determinante per le sorti del conflitto. C'è da aggiungere che la sola scienza non era tuttavia sufficiente, era necessario anche che 1'industria potesse rapidamente trasformare in prodotto ciò che la scienza proponeva.
Dei campi operativi nei quali ciò fu più significativo e determinante, quello della guerra sottomarina è probabilmente i1 principale. E' qui che Gran Bretagna e Stati Uniti riuscirono a mantenersi sempre un passo avanti alla Germania, unica nazione del Tripartito che, in qualche modo, cercò di usare la scienza in guerra , non solo e non tanto nel campo delle nuove invenzioni quanto in quello della capacità di renderle rapidamente applicabili.
Strategia e tecnologia furono così intimamente legate e influirono sulla tattica costringendo Comandi e Comandanti ad un continuo adattamento alle nuove situazioni
28 In effetti la prima guerra industriale fu la Guerra Civile Americana, ma fu talmente poco studiata in
Europa da far si che i suoi insegnamenti incidessero solo sulla strategia americana ma non si quella degli stati europei.
ed ai nuovi mezzi. Ma, sopra a tutte e tre, strategia, tattica e tecnologia, imperava la logistica nelle sue varie branche (ideazione, produzione e distribuzione dei mezzi) delle quali l’ultima , la distribuzione dei mezzi e degli uomini, era l’obiettivo della guerra sottomarina.
La battaglia in Atlantico si svolse in diverse fasi, che però non tratteremo singolarmente, ma consistette essenzialmente in una lotta di produzione e in una lotta scientifica tra le parti.
Il programma navale tedesco del 1938 prevedeva di portare a 300, per il 1943, il numero dei sommergibili. Questo era il numero considerato necessario dall’Ammiraglio
Donitz29 per poter condurre con successo la guerra al traffico mercantile.
Allo scoppio delle ostilità la Germania possedeva cinquantasette (57) battelli, di cui trenta (30) di piccolo tonnellaggio. Un numero di unità assolutamente inadeguato per le operazioni che si aveva l’intenzione di attuare. Dall’altro lato, gli inglesi riponevano (come già accennato in precedenza) estrema fiducia sull’ecogoniometro, allora altamente segreto, ma la cui esistenza era invece, con ogni probabilità, nota ai tedeschi. Possiamo già qui fare il primo di numerosi esempi, che seguiranno, di adozione di tattiche da parte dei sommergibili tedeschi per aggirare, almeno parzialmente, i progressi tecnici avversari. Infatti, fin dal 1937 Donitz aveva sperimentato che l’ecogoniometro, con le caratteristiche di allora, aveva poca possibilità di scoprire un bersaglio in superficie. Da qui l’opportunità di ritornare al vecchio concetto del sommergibile usato come torpediniera notturna in superficie. Inoltre se il convoglio rappresentava un concentramento delle difese, sembrava logico concentrargli contro le offese.
Da questi due aspetti del problema nasceva la tattica dei “Branchi di lupi”30, ma
nascevano anche le specifiche particolari da richiedere ai costruttori di sommergibili. In altre parole i sommergibili dovevano essere costruiti appositamente per poter adottare questo tipo di tattica.
In caso di una tale ricerca di prede ogni U-Boot, a distanza di circa 8 miglia nautiche uno dall'altro, "batteva" una determinata zona del mare. Quando uno di loro aveva individuato un convoglio nemico, avvertiva agli altri con un breve segnale di 20
29 Karl Dönitz (Grünau, 16 settembre 1891 – Aumühle, 24 dicembre 1980) è stato un ammiraglio e politico
tedesco, che fu Reichspräsident dal 1º al 23 maggio 1945, a seguito del suicidio di Adolf Hitler.
Il Großadmiral Dönitz servì come comandante della flotta sottomarina (Befehlshaber der U-Boote) nella campagna degli U-Boot tedeschi durante la seconda guerra mondiale.
30 Branco di lupi (Wolfsrudeltaktik in lingua tedesca) è il nome dato alla tattica di guerra sottomarina
adottata dai sommergibili tedeschi nella seconda guerra mondiale, nome che deriva dalla configurazione dei battelli in mare che richiamava la tattica di attacco di un branco di lupi.
caratteri, indicando tempo atmosferico, punto, rotta, velocità, numero di navi e scorta del convoglio, informandoli anche sulla disponibilità di carburante da parte sua. Queste informazioni venivano ripetute dall'U-Boot in questione ogni due ore e teneva così il contatto, mentre gli altri U-Boot accorrevano in direzione del convoglio.
Vi sarà infatti sicuramente capitato di imbattervi in libri di diversi autori che criticarono i sommergibilisti italiani considerandoli incapaci di adattarsi alla tattica dei Branchi di lupi, ma nessuno però tenne conto del fatto che i nostri sommergibili non vennero costruiti con le specifiche tecniche tali da permettere ai nostri Comandanti di impiegarli in questo modo. Ansi considerando questo deficit, possiamo considerare ancora più valorose le imprese da loro compiute.
Ma ora la domanda sorge spontanea: “quali erano queste caratteristiche?”.
In primo luogo, una velocità in superficie superiore a quella media dei convogli (anche a scapito della velocità in immersione), per poterli seguire e superare durante il giorno, fuori della distanza alla quale il convoglio poteva avvistare il sommergibile. Secondo, ridotte dimensioni della torretta, proprio per ridurre la possibilità di scoperta, sia di giorno che soprattutto di notte. Terzo, raggi di evoluzione molto ridotti, in modo da poter manovrare facilmente all’interno dei convogli; a questo scopo, per esempio, i tipi “VII”31 avevano un solo tubo di lancio poppiero, perché le forme dello scafo per ottenere
un raggio d’evoluzione ridotto ad un’alta velocità in superficie non consentivano più di un tubo lancia siluri. Quarto grandi allagamenti per una rapida immersione quando e se scoperti durante l’attacco.
31 Lo U-Boot Tipo VII è stata una classe di sommergibile oceanico tedesco, attivo tra la seconda metà degli
Tutte caratteristiche, queste, che non potevano essere introdotte in battelli che non fossero stati progettati e costruiti appositamente. E questo spiega, in gran parte, il motivo per il quale i nostri sommergibili non furono che raramente impiegati insieme a quelli tedeschi nella tattica dei branchi di lupi.
Questa tattica fu adottata solo a partire dal giugno 1940, sia per mancanza di numero adeguato di battelli sia per la necessità di dover destinare tutti i sommergibili disponibili alla campagna di Norvegia fin dal marzo 1940. Per inciso, durante questa campagna i siluri con acciarino magnetico si dimostrarono inadeguati alle alte latitudini, per cui circa il 25% di essi non esplose, privando i tedeschi di circa 300 000 tonnellate di naviglio silurato ma non affondato.
La reazione inglese all’attacco in superficie notturno, attacco che riduceva enormemente le possibilità di contatto all’ecogoniometro, fu quella di incrementare le scorte, di convogliare i piroscafi per tutto il percorso atlantico (ciò però avvenne solo dal maggio 1941) e, soprattutto, di dotare di RADAR32 tutte le unità navali ed aree. Questo rappresentò, in effetti, assieme ai punti deboli della tattica tedesca, l’elemento fondamentale nella lotta al sommergibile.
La tattica tedesca richiedeva, per essere efficace, la scoperta dei convogli e la trasmissione di ordini e dati (come già accennato prima) sia da terra sia da bordo dei sommergibili.
Per quanto riguarda l’avvistamento dei convogli, i tedeschi non riuscirono mai ad avere una sufficiente collaborazione area che, da sola, avrebbe potuto risolvere in modo adeguato il problema. Non la ebbero per la mancanza di un’aviazione navale che comprendesse a pieno le esigenze della Marina. Basti infatti notare che ciò che non è stato preparato, organizzato e sperimentato in tempo, difficilmente può essere improvvisato in tempo di guerra, se non altro perché la mentalità acquisita è troppo resistente alle modifiche (questo fu un altro dei motivi, anche se non il principale, che ridusse le nostre possibilità di adottare la tattica tedesca). Inoltre solo se si conosce a priori l’impiego a cui un mezzo è destinato è possibile costruire quel mezzo con le caratteristiche necessarie; ed i tedeschi non avevano praticamente alcun aereo per il pattugliamento navale a grande raggio. Quando tentarono l’impiego del quadrimotore
32 Il radar (acronimo dell'inglese «radio detection and ranging», in italiano: "radiorilevamento e misurazione
di distanza") è un sistema che utilizza onde elettromagnetiche appartenenti allo spettro delle onde radio o microonde per il rilevamento e la determinazione (in un certo sistema di riferimento) della posizione (coordinate in distanza, altezza e azimuth) ed eventualmente della velocità di oggetti (bersagli, target) sia fissi che mobili, come aerei, navi, veicoli, formazioni atmosferiche o il suolo.
“FW 200” (un aereo costruito per uso civile), ne rilevarono tutte le limitazioni, ivi
incluse le difficoltà di comunicazione.
Questo tipo di tattica richiedeva un elevato volume di comunicazioni radio che, ovviamente, erano intercettate dai britannici. Ora sappiamo che erano anche decrittate, il che rappresenta un vantaggio pari a quello del radar nella sconfitta del sommergibile in Atlantico.
L’intera organizzazione tedesca dipendeva dal Comando dei Sommergibili a Parigi, il quale, alla notizia di avvistamento di un convoglio, ordinava ai battelli in mare nelle vicinanze (ma potevano benissimo essere 700 miglia di distanza) di convergere su di esso e dava l’ordine di attacco quando un certo numero di battelli era in posizione per non rendere inefficace l’attacco e vulnerabile il battello solitario una volta scoperto. Ciò significava che il sommergibile che avvistava il convoglio doveva seguirlo e trasmetterne i dati del moto con una certa regolarità. I battelli dovevano comunicare la loro posizione, le previsioni di arrivo in zona, le riserve di combustibile e siluri ancora disponibili; tutte comunicazioni preziose per l’avversario, che poteva dirottare il convoglio, costringendo così i sommergibili ad estenuanti rincorse ad alta velocità, con conseguente elevato consumo di nafta.
I tedeschi adottarono alcuni provvedimenti, come quello dei sommergibili rifornitori, ma non risolsero mai il problema principale della scoperta dei convogli e delle comunicazioni. Non lo risolsero perché entrambi erano legati all’impiego dell’aereo e, senza un’aviazione navale, questo impiego era praticamente impossibile.
Ma soprattutto, non riuscirono a cambiare in tempo la tattica una volta che il RADAR centimetri o a bordo degli aerei di scorta ai convogli impediva ai sommergibili di seguirli con continuità navigando in superficie. Il radar aereo costringeva il sommergibile ad immergersi e quindi a perdere il contatto visivo con il convoglio; il radar navale lo costringeva invece ad attaccare in immersione, esponendolo così al contatto
ecogoniometrico. E poiché i sommergibili erano stati costruiti per attaccare in superficie,
erano, se non pessimi, cerco poco idonei battelli subacquei33.
I motivi per i quali il Comando tedesco non riuscì a risolvere in tempo il problema furono essenzialmente due: non ci si rese subito conto dei cambiamenti sostanziali avvenuti già alla fine del 1941, anche perché i successi del 1942 li offuscarono e distrassero in parte
33 Soltanto dopo la seconda guerra mondiale, come vedremo in seguito, vennero progettati e varati i primi
sottomarini, ovvero unità progettate per la navigazione in immersione per lunghi periodi con necessità di emergere solo in rari casi.
e , secondo, non si diede alla guerra in Atlantico la priorità che aveva nell’economia generale della guerra.
Come noto, la soluzione contro il radar aereo fu lo snorkel3435 e contro l’ecogoniometro fu l’alta velocità in immersione, possibile solo con sommergibili che fossero più sottomarini che torpediniere notturne. Il tipo “XXI”, se fosse entrato in servizio in buon numero alla fine del 1942, avrebbe forse avuto un peso determinante su tutto il conflitto. Ma il ritardo, soprattutto, nel comprendere la necessità di cambiamento della tattica e la relativamente ridotta capacità costruttiva dei cantieri tedeschi determinarono il fallimento della guerra al traffico in Atlantico.
Queste considerazioni non sono considerazioni del tipo possibili solo con il senno di poi, perché già nell’agosto del 1941 era chiaro che le forze antisom stavano rapidamente aumentando in numero e qualità, al punto che, in quello stesso mese, Donitz ordinò ai