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CAPITOLO 3 La normativa italiana attuale in tema di OPG

3.4 La perizia psichiatrica

A perizia psichiatrica in manicomio giudiziario sono sottoposti tutti coloro che, dopo aver commesso un reato (o subito dopo che l'autorità giudiziaria presume che l'abbiano commesso) oppure nel corso del procedimento penale, danno segni di malattia di mente73.

In questa fase il giudice richiede al perito il giudizio di pericolosità sociale del reo. Al termine dell'indagine peritale, se il giudice ritiene che l'imputato, al momento in cui commise il fatto, non fosse nella condizione di intendere e di volere, ne pronuncia il proscioglimento per difetto di imputabilità. A questo punto, se ritiene che il soggetto non sia socialmente pericoloso, la persona esce dal circuito penale ed è libero ad ogni effetto di Legge. Se invece la pericolosità sociale è riconosciuta, il giudice ordina che gli venga applicata la misura di sicurezza di ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario e la competenza passa al magistrato di sorveglianza. Poiché in genere intercorre un certo periodo di tempo tra l'emanazione della sentenza e la sua esecuzione, il magistrato di sorveglianza deve accertare la perdurante pericolosità sociale del soggetto. Se questa sussiste, il condannato inizia a scontare la misura, in caso contrario egli viene messo in libertà.

Una volta che sia iniziata la concreta esecuzione della pena, il soggetto interessato può in qualsiasi momento chiederne la revoca. Il magistrato valuta la persistenza della pericolosità del richiedente e, se questa è effettivamente cessata, dispone la revoca della misura di sicurezza. Se la revoca avviene prima della scadenza del termine di durata minimo stabilito per legge si parla di “revoca anticipata”, se è richiesta alla scadenza del periodo di reclusione previsto, si parla di “revoca a termine”, mentre quando la misura viene revocata dopo una o più proroghe si parla di “revoca dopo proroga”.

La revoca, come già detto, può essere disposta in ogni caso anche su iniziativa 72 A. Manacorda, Op. Cit., 1997, p. 107.

del magistrato di sorveglianza stesso. Nel caso egli valuti che la pericolosità sociale non è cessata ma è sensibilmente diminuita, può, su istanza sua o dell'interessato, sottoporlo al regime di libertà vigilata. Contro le istanze del magistrato di sorveglianza l'interessato può fare appello al Tribunale di sorveglianza e, se necessario, alla Corte di cassazione per motivi di legittimità.

La perizia psichiatrica (art. 220 c.p.p.) è ammessa quando serve: 1) svolgere indagini per acquisire dati probatori:

2) selezionare ed interpretare i dati acquisiti; 3) valutare i dati assunti.

E' ammessa quando lo svolgimento di queste funzioni esula dalle competenze del giudice, attraverso di essa il giudice acquisisce le competenze tecniche che gli mancano. La scelta del giudice di disporre la perizia è discrezionale e di solito egli sceglie tra i periti esperti in materia ed iscritti all'albo professionale. Dopo averlo formalmente nominato, il giudice formula i quesiti peritali, in accordo con le parti, che in ambito di perizia psichiatrica solitamente sono: “Dica il perito, esaminati gli atti di causa, visitato (nome e cognome), eseguiti tutti gli accertamenti clinici e di laboratorio che ritiene necessari ed opportuni, quali fossero le condizioni di mente di (nome e cognome) al momento del fatto per cui si procede; in specie se la capacità di intendere e di volere fosse per infermità, esclusa o grandemente scemata”. Il secondo quesito attiene la pericolosità sociale: “In caso di accertato vizio di mente dica altresì il perito se (nome e cognome) sia persona socialmente pericolosa”. Il terzo quesito attiene la capacità processuale: “dica il perito, esaminati gli atti, visitato (nome e cognome), eseguiti tutti i rilievi clinici e di laboratorio che ritiene opportuni e necessari quali siano le attuali condizioni di mente di (nome e cognome) e, in particolare, se sia in grado o meno di partecipare coscientemente al processo”74.

La perizia è un atto medico, perché svolto da un medico, basato su esami clinici

e di laboratorio, sul colloquio psichiatrico, sulla somministrazione di test. Al contempo deve elaborare una diagnosi che in realtà diagnosi non è, perché non deriva da un rapporto terapeutico col paziente che ha una sofferenza psichica ma dal bisogno di indagare su un fatto ipotizzato come reato, dovendone poi desumere l'eventuale responsabilità morale75.

A questo proposito, si è rilevato che non sono pochi i casi in cui c'è discordanza 74 G. Giordano, “Il contributo della perizia psichiatrica alla valutazione della responsabilità penale”,

Cap. II , pp. 1-4, in La perizia psichiatrica, www.altrodiritto.unifi.it. 75 G. Giordano, Op. Cit., p. 4

tra il parere espresso dai periti e il giudizio emergente dalle valutazioni degli psichiatri penitenziari che seguono il caso per un tempo più lungo e attraverso una modalità differente che si colloca all'interno della relazione terapeutica. Questa problematica deriva principalmente dall'assenza di collaborazione e comunicazione tra perito e specialista del servizio psichiatrico penitenziario76.

L'uso della perizia psichiatrica nel processo penale ha sollevato non pochi problemi a partire dagli anni '70, anni in cui la scienza giuridica e quella psichiatrica hanno incominciato a “marciare a velocità differenti”. Come si è visto, in passato psichiatria e diritto si muovevano con prospettive comuni di difesa sociale, mettendo in pratica un rigido e stereotipato controllo sulla società.

Oggi una larga parte della cultura psichiatrica rifiuta la concezione del malato mentale come persona compromessa in tutte le sue funzioni e rifiuta l'uso improprio della nosografia, che attraverso una diagnosi non permette di mettere a fuoco le diverse e possibili caratteristiche, abilità, potenzialità che sono insite in ogni essere umano. Il problema dell'accertamento della pericolosità è un nodo critico ancora irrisolto. L'articolo 203 del codice Rocco non indica le qualità in base alle quali bisogna ritenere una persona socialmente pericolosa, ammesso che queste esistano, e si limita a rinviare all'articolo 133 c.p., per cui il giudizio di pericolosità va espresso in base alla considerazione della gravità del reato. Gli psichiatri si trovano nella complessa situazione di “fare una scommessa sul futuro di una persona”, senza avere l'effettiva certezza di come si comporterà una persona, se sceglierà di intraprendere una strada oppure l'altra. Questa incertezza porta di frequente a fargli “mettere le mani avanti”, emettendo giudizi di pericolosità per non trovarsi un anno dopo di fronte alla reiterazione del reato77.

3.5 Le due sentenze della Corte Costituzionale: le misure alternative all'OPG